![Aconitum [by VivyPotter]](https://fanfictionbook.net/img/nofanfic.jpg)
Capitolo 1
Harry non era sicuro di come fosse finito a Nocturne Alley.
No, quella era una bugia: sapeva perfettamente come c’era finito. Era incespicato nel camino mentre Ginny strillava e gli tirava dietro disparate pentole e padelle, aveva afferrato una manciata di Polvere Volante e sperato di finire a Diagon Alley.
Non era finito a Diagon Alley.
“Perché deve sempre andare così?” si lamentò Harry, spolverandosi le vesti e ripulendo gli occhiali dalla fuliggine. Non era mai stato bravo con la Metropolvere.
In un angolo del negozio, dietro un piccolo bancone polveroso, il Signor Sinister borbottò qualcosa riguardo l’“usare il camino senza permesso. Dovrei fargli pagare una dannata tassa-”
“Io non ci proverei,” disse Harry ad alta voce. “A meno che non voglia scoprire di preciso quanta di questa robaccia è illegale.” Fece un gesto per indicare lo spazio intorno a lui: quella bettola di negozietto comprese tutte le nicchie e le fessure stipate di oggetti che Harry sapeva il Dipartimento degli Artefatti Magici avrebbe ucciso per confiscare.
Il signor Sinister si stizzì e si erse in tutta la sua altezza (che non era molta). “Mi scusi, signor Potter, prima si prende la mia Mano della Gloria e ora viene nel mio negozio e mi minaccia. Voi Auror balordi siete tutti uguali.”
Poi sputò e lo scaracchio atterrò da qualche parte vicino alla scarpa di Harry.
Harry aggrottò le sopracciglia. Poteva ricordare vagamente di aver preso parte al raid da Magie Sinister e di aver sequestrato una mano rinsecchita. (Cosa avrebbe dovuto fare? Era un artefatto oscuro di ottava classe, per amor di Merlino.)
Si tolse gli occhiali, massaggiandosi la radice del naso. Poteva percepire l’arrivo di un mal di testa e quel posto non era dove aveva voluto finire. Sospirò. “Sì, mi spiace per quello. Uhm… me ne vado.”
Si voltò per andarsene, poi si fermò ricordandosi di Ginny che urlava con il viso coperto di muco.
“Ehm anzi,” disse in imbarazzo, “sa se c’è un negozio di fiori qui vicino?”
S’immerse in Nocturne Alley, abbassando lo sguardo e tirandosi su il bavero del cappotto. Non era una buona idea farsi beccare mentre si usciva da un posto del genere, specialmente se si sta cercando di scalare i ranghi all’interno del corpo Auror. Non si può mai sapere cosa potrebbe arrivare alle orecchie di Kingsley e Harry non è che ci teneva particolarmente a spiegare come era finito accidentalmente da Magie Sinister dopo che Ginny aveva lanciato una padella verso la sua testa.
Seguì le istruzioni del signor Sinister, girando a sinistra alla fine del vicolo sul retro, scivolando oltre una figura oscura avvolta in un mantello pesante e allontanando educatamente una ragazzina che aveva cercato di vendergli una ‘zampa di tartaruga magica’.
“Aconitum, Aconitum,” mormorò, scansionando con lo sguardo i negozi polverosi. “Dove – oh, wow.”
Sarebbe stato difficile non vedere il negozio di fiori: era così diverso dagli altri sulla strada. Sembrava un’enorme serra che si estendeva e si stagliava sugli altri negozi nella forma di un grande edificio di vetro. Le cornici erano come di rame brunito e si attorcigliavano in un modo che sfidava la gravità. Le piante al di là dei vetri luccicanti spingevano contro i riquadri delle finestre, ondeggiando e pulsando in un modo che semplicemente ti diceva che quello era un negozio magico.
“Complesso d’inferiorità,” borbottò Harry tra sé, sbuffando.
Aggrottò la fronte alla vista dell’insegna: il testo era così ricco di riccioli e delicato che Harry poté a malapena distinguere “Aconitum” e “negozio di fiori ed erbe” stampato al di sotto.
“Decisamente un complesso d’inferiorità.”
Riuscì a sopprimere una risatina – poteva proprio sentire la voce piena di disapprovazione di Hermione chiedere “hai ventisette anni o due? Seriamente.”
Comunque, il negozio sembrava più luminoso e accogliente del resto della via e Harry era piuttosto certo di star ricevendo sguardi strani, quindi si spicciò a entrare.
Il campanello che segnalava l’apertura della porta gli ricordò un po’ la campana di Hogwarts e di conseguenza stava già sorridendo mentre si avvicinava al bancone. Ed era anche una buona cosa perché l’uomo dietro esso gli fece congelare l’espressione sul viso.
Era attraente. Molto attraente. Del genere che puoi vedere solo sul Settimanale delle Streghe sotto la didascalia ‘ultima conquista’, tutto capelli scuri ondulati e occhi brillanti. Harry si sentì immediatamente a disagio con i suoi capelli incasinati e gli occhiali sporchi e cercò di raddrizzarsi con disinvoltura le vesti.
“Salve,” disse l’uomo sfoggiando un sorriso educato.
Harry avrebbe voluto rispondere con un “salve” o un “buongiorno”, ma invece gli scappò un improvviso “è il tuo negozio?”. In tutta onestà, era piuttosto confuso sul perché un uomo con quell’aspetto stesse lavorando in un negozio di fiori qualunque a Nocturne Alley.
“Sì, sono il proprietario dello stabile.” Il sorriso dell’uomo divenne un po’ più divertito e squadrò Harry dall’alto in basso come se lo stesse notando per intero per la prima volta. “Posso aiutarti?”
“Oh, uhm – fiori!” disse velocemente Harry. “Ho bisogno di fiori.”
“Beh, di sicuro sei nel posto giusto,” gli rispose l’altro sollevando un sopracciglio.
“Sì,” concordò Harry in imbarazzo. “Presumo di esserlo.”
Ci fu una lunga pausa.
“Quindi… per cosa ti servono i fiori?” chiese l’uomo puntualmente e Harry si rese conto che probabilmente si stava comportando come un idiota.
Sei sposato, si disse severamente. Però poteva guardare.
“Ehm per mia moglie,” spiegò.
“È stata lei a darti quello?”
Indicò con un cenno della testa il petto di Harry che realizzò all’improvviso di star giocando di nuovo con il medaglione.
“Oh, sì,” Harry abbassò lo sguardo, stringendo tra le dita il piccolo leone d’argento. “Entrambi ne abbiamo uno. “Sai quella cosa romantica di mettere una ciocca di capelli in ognuno – l’intera faccenda. Dovrebbe ricordarci che ci amiamo anche quando litighiamo.” Fece una smorfia. “Cosa che facciamo. Un sacco.”
L’altro prese chiaramente nota della sua reazione. “Problemi in paradiso?”
Il ghigno di placido intrattenimento dell’uomo faceva cose alle interiora di Harry e lo distraeva un po’.
“Ho dimenticato il nostro anniversario,” ammise Harry. “Di nuovo. Non penso di poter rientrare in casa senza un’offerta di pace.”
“Ah,” disse l’altro chinandosi per trafficare con qualcosa sotto il bancone. “‘Di nuovo’? Sento che c’è una storia dietro.”
“Sono solo stato distratto dal lavoro,” rispose Harry, il senso di colpevolezza che era come un macigno in fondo al suo stomaco. “Non è una scusa, ma...”
“Immagino essere un Auror porti via molto tempo.”
“Sì, ma non è solo quello – aspetta, come sai che sono un Auror?” chiese all’improvviso Harry stringendo gli occhi. Il negozio parve all’improvviso più piccolo, più stretto e claustrofobico e divenne improvvisamente conscio di dove si trovasse di preciso. Gettò automaticamente uno sguardo indietro, alla porta, pronto per correre fuori in Nocturne Alley.
“La tua foto era sul Profeta,” disse l’uomo, apparentemente all’oscuro del panico di Harry. “il più giovane Auror ad aver raggiunto la tua posizione. La tua famiglia deve essere fiera.”
“Oh,” soffiò Harry. Perché era così paranoico? “Sì, lo è. Mamma mi ha quasi sfondato i timpani e penso papà abbia pianto.”
“Deve essere bello avere una famiglia che ti supporta.”
“Sì. Potrebbe essere più bello se Ginny non volesse maledirmi, però,” fece una smorfia.
“Presumo dovremmo cercare i tuoi fiori, allora,” rise l’altro piano e Harry giurò di non aver mai sentito un suono più piacevole. Merlino, quest’uomo era almeno reale?
“Suppongo di sì.”
Dopo quell’incitamento da parte sua, l’uomo uscì da dietro il bancone rivelando così il resto del suo corpo. Il cuore di Harry sprofondò.
Fanstastico, pensò. È fisicamente perfetto.
L’altro attraversò il negozio fino a raggiungere uno dei muri più lontani e disegnò un simbolo nell’aria con la sua bacchetta, mormorando qualcosa di impercettibile. Fece un gesto e un grande libro volò nell’aria fino a posarsi sulla sua mano. Lo aprì per avere un riferimento e iniziò di nuovo a pronunciare incantesimi.
“Hai un bel negozio,” disse Harry a disagio, cogliendo l’occasione per dare un’occhiata in giro visto che al momento non era a diretto confronto con quel bellissimo ma sviante viso.
“Grazie. L’ho costruito io stesso.”
“Oh?”
“Mmh,” modulò l’uomo. “Lavoravo da Magie Sinister –”
“Che è quello che mi ha raccomandato questo negozio” Lo interruppe Harry eccitato.
“Davvero? Strano.”
“Sinister mi odia un po’ quindi ho pensato che forse mi avrebbe mandato in qualche sorta di quartier generale per maghi oscuri, ma apparentemente mi sbagliavo.”
“Perché sei venuto, allora, se pensavi di essere stato mandato verso il tuo destino?”
“Perché sarebbe stato più rischioso tornare a casa senza un regalo di scuse,” disse amaramente. “Ginny mi ha tirato gli attrezzi da cucina finché non sono riuscito a scappare. Probabilmente mi avrebbe spaccato la testa se fossi tornato a casa a mani vuote.”
L’uomo rise piano, voltando pagina. “Comunque, mentre lavoravo da Magie Sinister ho scoperto presto che l’antiquariato non faceva per me. E quindi ho messo su questo negozio.”
“È davvero bellissimo,” disse Harry – e lo era. Riportava alla memoria le serre di Hogwarts, con i soffitti alti e un’eleganza d’epoca. Foglie larghe e verdeggianti pendevano da ogni angolo del negozio, ma non c’era l’umidità che ti saresti aspettato da un ambiente in stile foresta pluviale. Invece sembrava caldo e confortevole, brillanti scoppi di colori che arrivavano da inaspettati boccioli sparsi qua e là.
“Grazie.”
“È un po’ come le serre di Hogwarts, non pensi?”
“L’ispirazione viene da lì. Non c’è nessun posto come Hogwarts, dopo tutto,” disse l’uomo con un sospiro nostalgico e Harry poteva decisamente condividerlo.
“No, non c’è nessun posto come Hogwarts.”
Hogwarts era stata una benvenuta via di fuga per lui durante gli anni di separazione dei suoi genitori, diventando una casa più di quanto non lo fosse stata Godric’s Hollow. Anche se poi i suoi genitori alla fine avevano ricostruito il loro matrimonio, Hogwarts avrebbe sempre conservato un posto speciale nel suo cuore.
“Ecco qua!” disse l’uomo con soddisfazione e il muro ruotò per rivelare una fila di mazzi di fiori tutti arrangiati in modo magnifico.
Gli occhi di Harry si spalancarono: c’erano così tanti colori e sfumature, era quasi destabilizzante. Fu, comunque, subito attratto da un singolo mazzo, dai colori sui toni del blu e del viola. I volti di alcuni fiori parevano vivi, imbronciati e a un’occhiata sommaria avevano un tono di scusa che Harry pensò Ginny avrebbe trovato ridicolmente calzante. Il resto del mazzo era piuttosto carino, specialmente i fiori che sembravano campane in un chiaro azzurro.
“Quello,” disse Harry e lo indicò.
“Ottima scelta,” si complimentò l’altro ed estrasse il mazzo dalla fila. “Molto appropriato.”
“Cosa stavi facendo con il muro e il libro?” chiese Harry incuriosito mentre tornavano alla cassa.
“Non ho gli stessi limiti dei fiorai Babbani. Ciò significa che posso tenere i miei prodotti in un’area dalla temperatura e dall’umidità controllate e separata dal negozio. Questo,” gesticolò per indicare la vegetazione intorno a loro, “è più che altro per figura. Le piante interessanti le tengo in un capanno a miglia di distanza – coltivo anche alcune nuove specie. Il libro è il mio diario. È piuttosto esaustivo.”
“E il muro eri tu che…”
“Sì, Evocavo i fiori. È un buon metodo e permette più possibilità di scelta.” L’uomo riuscì a rendere elegante anche una scrollata di spalle.
“Amo la magia,” sospirò Harry.
Pagò alla svelta e a malincuore disse che sarebbe stato meglio tornare velocemente a casa. Non sarebbe stata una buona idea lasciare Ginny a ribollire – avrebbe potuto andare alla Tana e dopo avrebbe avuto due donne Weasley furiose con lui.
“Stavo pensando,” disse Harry fermandosi con il bouquet tenuto fermamente tra le braccia, “che tu sai il mio nome e io non conosco il tuo.”
“Beh, possiamo porre rimedio alla cosa abbastanza in fretta,” rispose l’altro inclinando la testa e sorridendo. “Sono Tom Riddle.”
“Harry Potter,” disse Harry porgendogli la mano. “Anche se presumo tu lo sappia già.”
“È sempre un piacere essere formalmente introdotti,” gli rispose Tom – sì, pensò Harry, gli si addice – agilmente, prendendo la sua mano e scuotendola. “Posso prenderlo come un segno che tornerai a visitare di nuovo il mio piccolo negozio?”
“Forse,” sorrise Harry. “Se sopravvivo.” Indicò vagamente il mazzo di fiori.
“Sono sicuro che ci riuscirai,” gli rispose l’altro e gli aprì la porta. “Tua moglie non può essere spaventosa come la dipingi.”
“Non l’hai incontrata,” borbottò Harry e passò oltre la soglia facendo attenzione a non strapazzare i fiori nell’uscire.
All’improvviso il suo medaglione rimase impigliato a un gancio nel muro, venne tirato via dal suo collo e la catenina si ruppe. Prima che Harry potesse provare a chinarsi goffamente per raccoglierlo, Tom si chinò e mormorò piano un incantesimo per poi porgergli il medaglione riparato con un gesto esagerato.
“Grazie,” gli disse Harry grato rimettendoselo al collo.
“Spero di rivederti,” gli rispose Tom con un leggero incurvamento delle labbra, indicandogli l’uscita. “E buona fortuna.”
Harry aprì la porta del loro appartamento con nervosismo, chiamando il nome di Ginny. “Uhm, Gin? Sei ancora qui? Guarda, mi dispiace per ieri. Ho portato dei fiori?”
All’improvviso la porta della camera da letto si aprì e apparve Ginny, gli occhi in fiamme quasi quanto i suoi capelli. “Sarà meglio che siano dannatamente spettacola-”
Si bloccò, guardando con occhi sgranati il mazzo tra le braccia di Harry. La sua espressione divenne illeggibile per un minuto.
“Vanno bene?” chiese Harry esitante.
“Oh Harry, sono bellissimi,” scoppiò, precipitandosi verso di lui e prendendo i fiori in braccio. “Devo trovare un vaso.”
Harry ammiccò. Di solito quando litigavano Ginny lo faceva soffrire per qualche giorno nell’incertezza del non sapere se l’aveva perdonato o meno. Questa reazione pareva decisamente non da lei.
“Sono davvero dispiaciuto,” promise Harry seguendola in cucina.
“Va bene. Non mi aspettavo sul serio che tu te lo ricordassi e so che sei occupato con il lavoro al momento.”
“Sì, ma lo sei anche tu. Non è una scusa,” disse Harry, un po’ irritato dalla sua calma. “Non penso dovremmo semplicemente ignorare quanto accaduto… credo dovremmo parlarne. E davvero, ci sono cose che ho davvero bisogno di spiegare.”
Ginny si voltò verso di lui con espressione indulgente. “Allora parliamo.”
“Oh. Okay, allora.” Lui si accigliò e si mosse a disagio. Ginny non era mai così… passiva. “So che sono stato un po’ schivo nei mesi passati, ma non mi sono occupato solo della roba da Auror. Ho questo progetto a cui sto lavorando – e potrebbe far saltare l’intero Ministero. Ci sono così vicino.”
Ginny aprì un armadietto e ne tirò fuori un vaso, a malapena gettando a Harry uno sguardo. “Su che cos’è il progetto?”
“Il Ministro – il Ministro Malfoy – ho scoperto qualcosa su di lui.” Parlò più veloce e il suo tono prese un’inclinazione leggermente ossessiva. Si sporse in avanti eccitato. “Tre mesi fa, uno dei suoi gufi è venuto da me – per sbaglio, penso; avevano preso qualche sorta di virus quella settimana – e aveva istruzioni scritte all’interno, Gin. Previsioni. Ogni legge proposta dal Wizengamot, se sarebbe stata promossa o bocciata… e poi, in qualche modo, il giorno dopo era diventato tutto vero. Malfoy è corrotto, qualcuno sta tirando i fili e lo proverò.”
“E come hai intenzione di farlo?”
“Ho qualcuno nel suo dipartimento, troveranno presto qualcosa. Ho controllato possibili donazioni fatte per corrompere il Ministero, ma le entrate paiono piuttosto regolari. Pensavo che – Ginny, che stai facendo? Pensavo saresti stata più, non so, interessata.”
Lei fece un vago suono d’interesse, intenta a organizzare i fiori e sistemare bene le foglie con un veloce incantesimo. “Lo sono. Solo che non capisco come questa faccenda mi riguardi.”
“Ginny, qualcuno sta controllando il Ministro! E peggio ancora, è Malfoy!”
“I politici saranno sempre corrotti, Harry. Non è che stia facendo qualcosa di male, no? La Registrazione dei Nati Babbani è l’unica grossa cosa che Malfoy ha attuato e ha fatto un sacco di bene.”
Harry si accigliò. “Ma di che stai parlando? Hai visto alcuni dei ragazzini che escono da quel programma. Stavano meglio dov’erano.”
“Con i Babbani?” rise Ginny. “E cosa dovrebbero fare i Babbani quando i loro bambini iniziano a far Levitare tavoli e ad Apparire sopra i tetti? I bambini magici non sono al sicuro con i Babbani, Harry, e tutti lo sanno. Perfino Malfoy.”
“Cos’hai che non va?” disse Harry scuotendo la testa in confusione. “Odi la Registrazione dei Nati Babbani, mi hai detto –”
“No, Harry, tu la odi e quindi ho detto che la odio anche io, perché ti amo. Guarda, so che sei sensibile verso i bambini che si sentono abbandonati dopo che i tuoi genitori si sono separati –”
“– Non ha niente a che fare con quello –”
“ – Ma i tuoi sono felici, adesso, no? E così anche i bimbi della Registrazione. Hermione sta bene, giusto?”
“Hermione è stata fortunata,” brontolò Harry.
“E così anche migliaia di altri bambini. Stai cercando di incolpare Malfoy, ma non dovresti. Concentrati su di noi. Forse così non ti dimenticheresti del nostro anniversario e io non sarei lasciata a piangere fino alle due del mattino con un pollo che si raffredda in forno.” disse Ginny in tono pimpante, salutando e facendo le moine a una delle imbronciate faccette dei fiori.
Harry si morse il labbro, sentendosi scoraggiato. “Sei sicura di stare bene, Gin? Sei… fin troppo contenta riguardo tutto questo.”
Ginny smise di canticchiare a bocca chiusa e sollevò un sopracciglio, bloccandosi di colpo. “È un problema?”
“No,” squittì Harry. “Certo che no.”
“Bene,” disse lei soddisfatta e rivolse di nuovo la sua attenzione al mazzo di fiori.
“Ricordi che ti avevo accennato di voler andare a trovare i miei genitori?” chiese Harry a disagio, gettando un’occhiata al camino. “Pensavo di farlo. Proprio ora.”
“Divertiti, caro.”
E Harry volò dentro le fiamme verdi per la seconda volta in ventiquattro ore. Quella stava diventando proprio una giornata strana.
“...E poi se n’è uscita con un “divertiti, caro”, come se non avesse mandato in pezzi il mio intero mondo,” proclamò Harry, lasciando cadere la testa sul tavolo.
“Penso tu stia facendo un po’ il drammatico,” disse sua madre, condividendo uno sguardo divertito con suo padre. “Suona come se stesse solo cercando di essere onesta.”
“Mi ha detto che è d’accordo con l’atto di Registrazione. Un odio condiviso verso la politica di Malfoy è ciò che letteralmente ci ha portato a metterci insieme!”
“Beh, spero non sia l’unica cosa che ti piace di lei,” disse Lily con una sbuffata. “Le persone cambiano, Harry. E mentre sai che non beccherai mai me a decantare Lucius Malfoy, non è neanche Mordred reincarnato. Non è un crimine sostenerlo.”
“Ma lei non ha neanche visto qualcuno dei bambini che escono da quel programma. Io so che Colin Canon non si è mai ripreso. Si è suicidato lo scorso anno e gli Avery non sono neanche venuti al suo funerale.”
“E io non sto dicendo che sia un metodo senza falle, ma ha fatto del bene. Hermione se l’è cavata, no?”
“Hermione è un genio,” la liquidò Harry. “‘se la caverebbe’ anche se venisse cresciuta in una caverna. E Malfoy ha fatto altre cose. Odia gli Weasley – Ron ha avuto seri problemi a trovare un lavoro al Ministero dopo Hogwarts.”
“Questo perché ha fallito i suoi G.U.F.O., caro,” gli ricordò Lily.
“Ma si era dato davvero da fare con i M.A.G.O.!”
“Ascolta, figliolo,” disse James per placarlo, “né io né tua madre stiamo difendendo Lucius Malfoy. È il motivo per cui io ho lasciato il dipartimento Auror, dopotutto – così non sarei stato tentato dall’idea di dargli un pugno in faccia. Eppure è finita bene, no? Ho lasciato e mi sono trovato un lavoro serio.”
Lily grugnì. “Gestisci un negozio di scherzi con i tuoi migliori amici.”
“Paghiamo le tasse!” Si difese James.
“Io semplicemente non posso credere che fosse tutta una bugia,” borbottò Harry, prendendo un deprimente sorso di tè.
Lily sospirò. “Tesoro, sono sicura di no. So che hai… problemi con Malfoy, non ultimo a causa della breve separazione tra me e tuo padre –”
“È durata nove anni. E perché pensano tutti che sono rimasto traumatizzato?!”
“– Ma non permettergli di rovinare il rapporto tra te e Ginny, okay?” Finì James. “Hai una bella cosa tra le mani.” Sorrise e portò un braccio a circondare Lily. “È proprio da Potter accalappiare una strafiga rossa.”
Lily gli scoccò un’occhiataccia. “Non sono stata accalappiata da nessuno, James Potter, mi hai supplicato di prenderti. Due volte.”
“Vero,” James scrollò le spalle.
“Era così contenta,” disse Harry depresso. “Tutta calma e soddisfatta. Non è mai così. Sembrava un’altra persona.”
I suoi genitori si scambiarono un’Occhiata e Harry sentì un brivido correre lungo la spina dorsale.
“Beh, Harry,” iniziò Lily, tentennante. “Hai pensato che potrebbe – beh, non sono sicura che tocchi a me – ma potrebbe essere...”
“Potrebbe essere cosa?”
“...Incinta?”
Harry sbatté le palpebre. “Eh?”
“Gravida,” lo aiutò suo padre. “Pagnotta nel forno. Mangiare per due. Metter su famiglia–”
“Sì, grazie, James,” disse Lily seccamente. Addolcì il tono prendendo la mano di Harry. “Quello che sto dicendo, caro, è che ricordo di essermi comportata in modo davvero strano quando ero in dolce attesa –”
“Un mostro totale,” disse James in tono confidenziale, schivando la forchetta che Lily gli aveva tirato.
“–E Ginny potrebbe essere in attesa della stessa cosa.”
“Ma – ma usiamo gli incantesimi contraccettivi.” Disse lentamente Harry. “E siamo stati attenti –”
“Succede,” scrollò le spalle suo padre. “Si sbaglia. Gli ovuli vengono inseminati. Le mogli vengono messe incinta –”
“Grazie, James! L’importante Harry caro è che probabilmente Ginny sta passando qualcosa che è dieci volte tanto quello che stai passando te. E, come padre, è tuo dovere supportarla. A meno che entrambi non decidiate di interrompere la gravidanza, ovvio.” Aggiunse Lily.
“Parlatene tra voi,” suggerì James.
“Non so se voglio parlare ancora. Sembra che renda tutto peggio,” rifletté Harry, ma annuì obbediente. Se Ginny fosse stata incinta, sarebbe stato il dannato miglior padre mai esistito.
Ginny, come venne fuori, non era incinta.
“Non riesco a credere che lo hai pensato!” si lamentò, premendo una mano contro la sua pancia e osservandosi attentamente allo specchio. “Sembro grassa?”
“No,” Harry scese di corsa dal letto per consolarla. “Ti stavi solo comportando in modo strano ieri –”
“Avevo il ciclo,” ringhiò lei. “Perché non sono incinta.”
“Okay” disse Harry ad alta voce. “Quindi non sei incinta. Ottimo. Felice di aver chiarito la cosa.”
Ancora non risolveva la questione del perché si fosse comportata in modo così strano il giorno prima, perché Harry doveva ancora vedere un ciclo che rendesse Ginny piùfelice.
Continuò. “Ma riguardo l’altro giorno, quando hai detto che sei d’accordo con la Registrazione –”
“È quello che penso,” disse Ginny con tono affilato. “Non me lo rimangio. E penso che Silente fosse un ingenuo in cerca di attenzioni senza alcun obiettivo realistico. Ma certo, forse sono solo incinta.”
Marciò fuori dalla camera, scoccandogli una trionfante e pericolosa occhiataccia.
Harry quasi desiderò di non aver aperto bocca.
Le poche settimane successive furono un incubo. La rivelazione dei veri sentimenti di Ginny riguardo la Registrazione dei Nati Babbani aveva spinto la loro già instabile relazione sull’orlo del baratro. La calma momentanea che Ginny aveva sembrato mostrare quel giorno se n’era andata ed era diventata brutale, rivelando una bugia dopo l’altra come una sorta di asso nella manica. Neanche Harry era del tutto innocente e finivano per litigare in modo orribile facendo un uso spropositato delle urla.
I loro poveri vicini dovevano essere terrorizzati.
Era come se quella sera avesse strappato via la pellicola protettiva: dove prima, dopo le discussioni, si rifugiavano nella loro bolla di ‘va tutto bene, mi ama’, in quel momento c’erano solo un insito senso di tradimento e lunghi silenzi.
Harry doveva sapere il motivo.
Forse, pensò, sarebbe dovuto tornare da Aconitum. Era iniziato tutto quando aveva comprato i fiori, dopotutto. Forse Tom aveva delle risposte.
“Ehilà?” chiamò Harry spingendo la porta del negozio di fiori. Curiosò all’interno e rimase ancora una volta affascinato – si chiese quanto aveva impiegato Tom a costruirlo. Era davvero come essere di nuovo a Hogwarts. Fece un incerto passo avanti nel negozio, insicuro se fosse permesso o meno. Per un momento non riuscì a ricordare se era ammesso entrare nelle botteghe quando non c’era nessuno dietro il bancone. Per l’amor di Merlino, perché era nervoso –
“Ciao, Harry,”
“Merlino!”sussultò, voltandosi e premendosi una mano contro il cuore che batteva all’impazzata. “Dannazione, Tom! Non ti piace proprio fare delle entrate a effetto.”
Tom sorrise ironico, chiudendo la porta. “Mi è stato detto che ho uno stile drammatico.”
Harry poteva immaginarlo. Tom era l’unico fioraio che Harry aveva mai visto in vesti di ottima fattura, stirate alla perfezione – sembrava più un politico di un venditore di fiori. I suoi vestiti non sarebbero stati fuori luogo addosso a Lucius Malfoy.
“Quindi cosa ti riporta nel mio umile negozio? A tua moglie sono piaciuti i fiori?”
“Ehm questo è quello di cui volevo parlarti,” disse Harry a disagio, passandosi con un gesto nervoso la mano tra i capelli. “Quel giorno, quando sono tornato a casa, Ginny era… molto calma.”
Tom inarcò un sopracciglio. “E questa è una brutta cosa perché...”
“Innaturalmente calma. E poi ha detto cose che sicuramente non direbbe mai a cose normali, il che è stato un po’ uno shock – ma, va beh, non è questo il punto.” Harry prese un respiro profondo. “Il punto è: i fiori avevano qualcosa di strano? Hai combinato qualcosa? In che modo? Non ha mai reagito così prima d’ora.”
Harry pensò che il fatto che Tom non lo avesse maledetto su due piedi fosse un buon segno; invece strinse le mani di fronte a sé mentre ponderava la domanda.
“Sì,” disse alla fine. “e no.”
Harry alzò gli occhi al cielo. “Non è affatto una risposta vaga.”
“Il bouquet appartiene al gruppo di quelli di scuse. I fiori hanno incantesimi e legami che incoraggiano calma mentale e onestà in una coppia, ma in nessun modo creano emozioni o risposte che non siano già lì. Porta solo un po’ di trasparenza.”
“E non hai pensato di dirmelo prima che li comprassi?”
Tom scrollò le spalle. “Sono incantesimi deboli. Durano appena qualche ora e di solito non hanno effetti visibili a meno che la coppia non abbia già seri problemi di comunicazione.” Si fermò e gli offrì un debole sorriso. “Senza offesa.”
Harry optò per una semi-sentita disapprovazione e il patentato ‘cipiglio da Auror’. “Vendere a qualcuno un oggetto senza informarlo di qualsiasi incantesimo che possa alterare le emozioni è illegale. Potrei arrestarti.”
Almeno adesso sapeva perché il negozio di Tom si trovasse a Nocturne Alley.
Tom lo guardò da vicino, piegando la testa da un lato. Harry si chiese quand’è che Silente aveva trovato il tempo di tramandare il suo ‘sguardo ai raggi x’ prima di morire.
“Non lo farai,” disse Tom con sicurezza. “Stai solo lottando per processare tutto ciò di cui sei venuto a conoscenza.”
Ci fu un momento di tensione dove entrambi erano consapevoli delle differenti direzioni che quella conversazione avrebbe potuto prendere.
D’improvviso, Harry sospirò e collassò su una comoda sedia. “Sapevo che avevamo dei problemi, ma non che fossero così gravi.”
“Sono sicuro –”
“È solo che non riesco a credere che sia d’accordo con lui!” urlò Harry. “E ancora peggio che abbia mentito al riguardo. Odio che mi si menta,” borbottò arrabbiato, fissando con furia le proprie mani.
“Con chi è d’accordo?” chiese Tom incuriosito, appoggiandosi al bancone e apparendo rilassato senza sforzo.
“Malfoy” rispose Harry disgustato. “Io penso sia uno stronzo.”
Non era mai stato timido riguardo il suo orientamento politico e onestamente non gli importava se Tom non la pensava come lui. Inoltre, non c’era alcun dubbio che al momento fosse Harry quello in vantaggio sulla scala morale.
Tom, comunque, deluse le sue aspettative e si limitò a dire: “Questa sì che è un’opinione interessante sul nostro Ministro,” in tono pacato.
“Io non l’ho votato,” borbottò riottoso. “Sono contro tutto ciò che rappresenta.”
“Pensavo che la Registrazione dei Nati Babbani fosse un successo su larga scala.”
Harry lo fulminò. “Qualcuno lo è: va bene per chi viene assegnato a Purosangue decenti, come la mia amica Hermione – a lei sono toccati i Paciock. Ma per altri –” Harry rabbrividì. “Alla Gazzetta del Profeta non piace pubblicizzare la cosa, visto che stiamo vivendo in una ‘nuova era di magica cooperazione ed eguaglianza’, ma i più tradizionalisti continuano a odiare i Nati Babbani. Non importa se vengono cresciuti dalla Regina d’Inghilterra Babbana o dallo stesso Godric Grifondoro, restano ‘sporchi’. Restano comunque inferiori. Mettere uno di loro in una famiglia come gli Avery – è come gettare un agnellino ai leoni.”
“Ma i Babbani non sono neanche sempre la più sicura delle opzioni,” disse Tom, l’espressione neutrale. “Ho vissuto nel mondo magico con mia madre finché non è morta e poi sono stato mandato in un orfanotrofio babbano. Avrei fatto di tutto pur di rimanere con la mia famiglia magica.”
“Mi dispiace,” disse Harry esitante, insicuro se dovesse dare una pacca sul braccio di Tom o qualcosa di simile.
“È okay, sono passato oltre. Non posso fare a meno di pensare, però, che la Registrazione avrebbe potuto salvarmi quando ero bambino.”
Harry lo guardò aspettandosi di vedere disgusto o rabbia, ma Tom si limitò a guardarlo con curiosità, come se lo avesse detto solo per osservare la sua reazione.
“Beh, perché non lo ha fatto?”
Tom parve colto di sorpresa. “Cosa?”
“Beh, Lucius Malfoy e i suoi idioti sono al potere da quasi diciotto anni e l’atto di Registrazione è stato introdotto a meno di un anno dalla sua elezione. Io avevo nove anni e –” Harry giudicò in modo raffazzonato, “noi puoi essere così tanto più grande di me. Dovresti essere stato uno dei primi a essere ‘riaccomodati’.”
“Mi ha mancato.” Disse Tom lentamente, sembrando intendo a osservare Harry con più interesse che mai.
Harry fece velocemente due calcoli e i suoi occhi si sgranarono dalla sorpresa. “Hai trentacinque anni? Dannazione, sembri uno appena uscito da Hogwarts!”
“Invecchio bene.”
“Invecchi come un vampiro,” Harry sbuffò e poi socchiuse gli occhi insospettito. “Non sei un vampiro, vero?”
“Volio bere tvuo sangue,” intonò Tom in un basso accento della Transilvania e la risata che seguì spedì un brivido caldo lungo la schiena di Harry.
“Okay, quindi non lo sei,” Harry roteò gli occhi, le guance che si arrossarono. “È solo...” Sospirò. “A volte rifletto sul fatto che se i miei genitori fossero stati non-magici non avrei avuto la possibilità di conoscerli. Non sul serio. Sarei stato separato da loro e messo in un posto con estranei a caso. Nessuno dovrebbe vivere una cosa simile.”
“Se i tuoi genitori fossero stati non-magici,” puntualizzò Tom, “avrebbero potuto non volerti conoscere.”
“No,” negò Harry. “I miei genitori non sarebbero persone diverse senza la magia. Ed è questo il punto! Tutta questa merda della Registrazione significa solo che ci stiamo isolando sempre e sempre più dai Babbani e ci dimentichiamo che non sono mostri – sono persone, come noi. Non si meritano di vedere le loro famiglie andare in pezzi.”
“Questo è un pensiero pericoloso da avere.”
“Esatto. ‘Nuova età d’eguaglianza’ di sto cazzo,” grugnì Harry.
“È un argomento che ti appassiona proprio,” osservò Tom, la luce nei suoi occhi indecifrabile.
“Mia mamma è una Nata Babbana e i miei nonni sono Babbani. Lottare contro i valori di Malfoy è stata la mia intera carriera a Hogwarts,” sbuffò. “Avevamo un club e tutto il resto – l’Esercito di Silente, in lotta per i diritti di Babbani e Nati Babbani fino alla fine. Leggevamo la trascrizione dei suoi discorsi in modo quasi religioso.” Harry fece spallucce. “Ma poi Silente è morto e noi siamo diventati sempre di meno – sai come va. La rivolta, per la maggior parte delle persone, è eccitante finché si hanno tempo e angoscia adolescenziale da spendere. Alla fine, devono crescere.”
“Ma non te.”
“Non io,” disse Harry risoluto. “Mai.”
“Suppongo che tua moglie non condivida le tue stesse idee?”
Harry si alzò di scatto mentre un’ondata di energia ansiosa lo colpì e si passò una mano nei capelli. “Pensavo di sì. È stata anche una dei primi membri dell’ES. Ma immagino di no.”
“Lucius Malfoy ha un alto indice di gradimento,” suggerì Tom. “A un certo punto è più semplice seguire la corrente. A volte le persone prendono vie opposte. E, scusa se lo dico, non pare che tu e tua moglie siate troppo bravi a interagire l’uno con l’altra.”
“Pensavo lo fossimo,” disse Harry scoraggiato, poi si afflosciò. “No, è una bugia. A essere onesti, la amo ma a volte mi intimidisce. E immagino valga lo stesso per lei,” fece un sorriso storto e leggermente amaro. “Non vorrei mai che fingesse di credere in una causa –” un sospiro spezzato, “è solo che non riesco a credere che abbia mentito. Se non fosse stato per quella roba dei fiori dell’onestà… non l’avrei mai conosciuta.”
“È strano quanto, spesso, si conosca poco delle persone che amiamo,” concordò Tom.
Harry sorrise. “Sicuro di non avere qualcuno di quei fiori nascosti qui in giro? Queste sono cose parecchio pesanti di cui parlare tra persone che sono praticamente estranee tra loro.”
“Mi è stato detto che ho la faccia di uno alla mano.” Sorrise Tom. “E niente fa abbassare la guardia delle persone come i fiorai.”
Harry ridacchiò. “Suona quasi malefico.”
“Fa tutto parte del mio piano per la conquista del mondo magico,” disse Tom con tono serio e Harry si lasciò andare a una risata deliziata.
“Governare il mondo magico da un piccolo negozio di fiori a Nocturne Alley.”
Tom sorrise. “Già.”
“Beh, è meglio che vada,” disse Harry controllando l’orologio. “Volevo andare a lavoro e occuparmi di un po’ di scartoffie – e poi accertarmi di far sparire quei fiori, senza offesa. Ginny calma è più inquietante di Kreacher. È l’Elfo Domestico di casa Balck,” spiegò Harry vedendo la confusione di Tom. “Mi portava un topo ogni volta che ci andavo da bambino.”
“È piuttosto dolce come cosa.”
“Lo sarebbe stato di più se fossimo riusciti a trovare l’altra metà del topo.”
“Probabile,” convenne Tom. Iniziò a gironzolare intorno al bancone, accovacciandosi dietro di esso. “Prima che tu vada, saresti interessato a un nuovo mazzo di fiori per rimpiazzare quello vecchio? Gratis e senza ‘fiori della verità’ questa volta, lo prometto.”
Harry si fermò, occhieggiandolo con leggero sospetto. Probabilmente non avrebbe tentato lo stesso trucco due volte. “Sicuro.”
Tom si alzò tenendo in mano un bouquet composto di un vibrante mix di rossi e arancioni, la sua sola presenza sembrava illuminare la stanza. Uno dei fiori aveva esattamente lo stesso colore dei capelli di Ginny.
“Fai attenzione con quello,” Tom indicò proprio quello che aveva notato Harry mentre gli passava il mazzo. “Il polline finisce ovunque.”
“Grazie,” annuì Harry, rimpicciolendo il bouquet per poterselo infilare in borsa. “E grazie per l’improvviso consulto psicologico.”
“Sono stato in parte la causa del problema, dopotutto; il minimo che potessi fare era ascoltarne le conseguenze,” ammise Tom. “Anche se sono grato che tu ne abbia ricavato un po’ di sollievo.”
“Sì. Beh, meglio andare ora,” disse Harry avvicinandosi alla porta, ma stranamente restio ad andarsene. “Il Ministero non aspetta nessun mago, eccetera eccetera.”
Tom annuì e gli porse la mano. “Tornerai? Mi è piaciuta la nostra chiacchierata. Sento che questo potrebbe essere l’inizio di una fantastica amicizia.”
Harry considerò la mano e la prese, scuotendola con decisione. “Sì. Anche io.”
Poi Harry colse l’opportunità per affrettarsi a uscire, forzandosi a non guardare indietro mentre se ne andava lungo la strada. Perché si lasciava distrarre così facilmente? Aveva una moglie bellissima a casa che lo aspettava. Certo, non farebbe mai niente… ma il macigno dato dal senso di colpa gli pesava nello stomaco. E lui e Ginny avrebbero probabilmente dovuto parlare quella sera… urgh, non è che vedesse l’ora di farlo.
Quando sentì la sua mente schiarirsi un po’, afferrò saldamente la bacchetta, girò sui tacchi e si Smaterializzò.
Harry si stava dirigendo verso la sua scrivania quando incrociò lo sguardo con quello di Zacharias Smith. Smith era un Auror di basso livello, brillante in Erbologia ma con una condotta tale che sarebbe stato licenziato se non fosse stato davvero bravo in quello che faceva. Lui e Harry tendevano ad andare ragionevolmente d’accordo.
Harry prese la sua decisione.
“Ehi Smith,” disse avvicinandosi alla scrivania dell’Auror.
“Potter,” Zacharias fece un cenno amichevole con la testa, il suo ghigno presente come al solito.
“Mi chiedevo se tu potessi controllare una cosa per me.” Harry si frugò nella borsa e tirò fuori il mazzo di fiori, riportandolo alle sue normali dimensioni. “Potresti controllare se ci sono degli incantesimi sopra? O qualcosa di, non so, strano? Una cosa veloce, eh?”
Zacharias alzò gli occhi al cielo, ma prese comunque il bouquet e brontolò a Harry di aspettare un attimo. Poi andò oltre una porta, urlando che gli serviva una delle pozioni del magazzino.
Harry aspettò ubbidientemente, facendo un cenno a Gregory Goyle quando passò di lì.
Alla fine, Zacharias riemerse, apparendo disinteressato come al solito anche se, pensò Harry, forse un pochino pallido.
“Sono a posto,” strascicò. “Non hanno niente di strano. Sono per Ginny?”
“Il piano è quello,” disse Harry, riprendendosi il mazzo con gratitudine. Ci fu uno scoppio di calore dentro di lui quando realizzò che Tom non aveva mentito. Era solo un normale, bellissimo mazzo di fiori.
“Sai, ieri alla radio ho sentito tua moglie mentre faceva interviste per la Coppa del Mondo di Quidditch,” menzionò l’altro Auror, stranamente loquace.
“Sì,” concordò Harry con un sorriso orgoglioso. “Ha tentato di ottenere quel lavoro per mesi.”
“Sembrava stranamente amichevole con Viktor Krum nella sua ultima intervista. Uno potrebbe anche… sospettare qualcosa.”
Harry rise, anche se non si sentiva sicuro quanto lo sarebbe stato un mese fa. “Ginny non lo farebbe mai.”
Zacharias sollevò un sopracciglio con aria compiaciuta. “Oh sì?” Agitò la bacchetta verso una radio vicina e la voce gracchiante di Ginny ne uscì.
“Beh, eccomi qui con il Campione del Mondo di Quidditch Viktor Krum che sta avendo un percorso al limite dell’incredibile in questa stagione. Come ti senti, Viktor?”
“Uhm bene. Sarà dura ma crediamo di riuscire a battere la squadra Portoghese.”
“Sono sicura che ce la farai – quelle spalle non possono essere solo per figura.” Seguì una risatina da ragazzina del tipo che Harry non sapeva neanche che Ginny potesse fare. “Ma dicci qualcosa riguardo alla tua scheda di allenamento.”
“Beh, per essere Cercatori è importante che non metta su peso quindi non faccio molto uhm – come si dice? – allenamento intenso, più che altro corro.”
“Ho sempre pensato che i corridori avessero gambe fantastiche – non sei d’accordo, Viktor?”
“Non credo di poter commentare, Signora Potter, ma le mie gambe fanno ciò che devono fare.”
“Ti prego, chiamami Ginny – sono sicura che a Harry non dispiace.”
Mentre la frase aleggiava nell’aria, con tutti nell’ufficio che apparivano palesemente a disagio, Harry aveva già afferrando la sua borsa e stava marciando fuori dalla porta. Ginny gli doveva alcune spiegazioni.
Harry sbatté la porta d’ingresso dietro di sé, il mazzo di fiori stretto forte in una mano. Vide Ginny appoggiata contro il bancone della cucina, impegnata a leggere un giornale con un lieve cipiglio sul viso. Un dolore improvviso gli fece fare una smorfia e guardare in basso. Del cazzo di sangue. La spina gli aveva penetrato la pelle.
“Ehi Gin,” disse con finta nonchalance. Doveva provare a rimanere calmo, altrimenti il discorso non sarebbe andato da nessuna parte.
“Sei rientrato in anticipo. A cosa è dovuto?” chiese gelidamente lei voltando una pagina del Profeta.
“Mentre ero in ufficio ho, uhm, sentito la tua ultima trasmissione sportiva.”
“Mmh. È una buona.”
Harry digrignò i denti. “...Eri piuttosto amichevole con Victor Krum.”
“Sì, mi chiedevo se lo avresti colto,” disse Ginny mantenendo lo sguardo fisso sul giornale.
“Cosa intendi con ‘se lo avresti colto’?” esplose lui, dirigendosi verso di lei. Non era mai stato bravo alla cosa del ‘resta calmo’. “Non era proprio discreto!”
“Non ascolti mai le mie trasmissioni –”
“Lo sai che sono occupato. Ma questo non ti dà il diritto di lanciarti tra le braccia di Viktor Maledetto Krum!”
Ginny roteò gli occhi, finalmente girandosi a guardarlo. Harry notò che aveva le guance molto rosse. “Non mi stavo ‘gettando tra le braccia’ di nessuno. Viktor sapeva perfettamente cosa stava succedendo.”
“E cosa stava succedendo allora?”
“Giornalismo.”
Harry sbuffò.
“No, ascoltami,” disse Ginny rabbiosamente. “Allock mi ha chiamata nel suo ufficio la scorsa settimana, mi ha detto che hanno assunto una donna solo per questioni ditensione sessuale. A quanto pare non stavo ‘portando abbastanza pepe’. Mi avrebbero licenziata se non avessi cambiato regime, Harry – e non preoccuparti, ho spiegato chiaramente a Viktor il perché all’improvviso mi stavo complimentando per le sue ‘spalle magnificamente ampie’; sembra un Asticello, per amor di Morgana.”
“Sono sicuro che il complimento non gli sia dispiaciuto,” replicò acidamente Harry.
“No, ma a te non dispiace quando ti dico che i tuoi capelli sembrano ‘scompigliati dal vento’–”
“Noi siamo sposati, Gin! C’è una cazzo di differenza!” sbraitò, le unghie che si piantavano nella ferita nel palmo della mano. “E perché non mi hai raccontato di questo? Non è giusto – lo sai. Non dovresti dover flirtare con nessuno in qualsiasi caso, sei una professionista, per Merlino –”
“Pensi che non lo sappia?!” gridò Ginny, perdendo infine il controllo. “Pensi che non sia dannatamente umiliante sentirsi dire che la mia voce non è abbastanza ‘arrapante’? Ma lo fanno tutti, Harry! Hermione si è messa il rossetto per ottenere il suo tirocinio, Luna è sempre a qualche benedetta premiere a rispondere a una domanda dopo l’altra sul genere ‘chi stai indossando’ e io devo fare finta di essere attratta dal naso esageratamente largo di Viktor Krum. Si chiama ‘guadagnarsi da vivere’.”
“La vecchia Ginny non lo avrebbe detto,” disse Harry risoluto. “Non si sarebbe mai arresa così. Avrebbe detto loro di andarsene a fanculo –”
“La ‘vecchia Ginny’ non doveva pensare a come poter crescere i suoi figli con uno stipendio da impiegato ministeriale,” gesticolò furibonda. “So che non ti piace ammetterlo, Harry, ma guadagni falci. Questo semmai tu decidessi di scomodarti con dei figli o con me.” Ginny si voltò dall’altra parte e iniziò a camminare in preda alla rabbia. “E forse mi è piaciuto flirtare. Forse mi è piaciuto sentirmi voluta per una volta. Non facciamo sesso da mesi, Harry! Mesi!”
“Ho provato a iniziare qualcosa la scorsa settimana!” protestò Harry.
“Come modo per chiedere scusa! Non voglio del sesso di scuse. Voglio che tu mi voglia. Mi vuoi?” Ginny aveva le mani aggrovigliare nei suoi capelli e lo guardava quasi con disperazione.
Ci fu una lunga pausa tra loro e, per qualche ragione, il viso di Tom apparve nella mente di Harry. Ma quello era diverso, Harry non aveva fatto niente. Non aveva neanche flirtato.
Tom era solo un fioraio.
“Voglio solo che ti importi,” disse Ginny in un mormorio.
“Ma certo che mi importa,” insisté Harry. “Se solo tu me lo avessi detto prima, se tu mi avessi detto quello che ti chiedevano di fare, avrei potuto fare –”
“Cosa?” Ginny alzò le mani in alto. “Avresti potuto fare cosa, di preciso? Saresti andato alla carica come una furia e mi avresti fatto perdere il lavoro? Non voglio che tu carichi ‘con tutta la furia del Ministero’ su di loro, Harry, e questo è precisamente quello che avresti fatto. Inoltre,” si mosse a disagio, “mi ha detto di non dirlo a nessuno.”
“E se Lucius Malfoy ti dicesse di buttarti da un burrone lo faresti, allora?”
“Oh santa Morgana,” sibilò lei, ringhiando per la frustrazione. “Perché deve sempre ricollegarsi tutto a Lucius Malfoy –”
“Perché è malvagio. E sei sempre stata d’accordo con me, ancora non capisco perché all’improvviso tu abbia –”
“Beh, non c’è ragione di tenere ancora su la messinscena, no?” disse Ginny con amarezza. “Il gatto è uscito dal calderone.”
“Volevo solo un po’ di onestà.”
“Vuoi l’onestà?” sibilò lei. “D’accordo. Ecco cosa penso di Lucius Malfoy. È solo un politico, Harry! Non è buono, non è cattivo e certamente non è malvagio. A volte, giuro su Merlino, potrei strangolarti,” e chiuse le mani come se si stesse immaginando di avvolgerle attorno al suo collo.
“Almeno a quel punto non dovrei vivere con una bugiarda!”
“Sei così paranoico” ringhiò Ginny. “Sei pazzo e paranoico e ti odio! Perché ti importa così tanto di Lucius Malfoy? Stai combattendo una guerra che non esiste. Nessuno sta combattendo dall’altra parte!”
“Il suo slogan nella campagna elettorale era ‘mantenere la magia pura’,” sputò Harry, “Non posso lperdonare una cosa simile.”
“Ha detto quello che volevamo sentirci dire per essere eletto e ora è al potere e farà quello che va fatto. E io non ho problemi al riguardo. Abbiamo visto una riduzione dei crimini basati sull’odio verso i Babbani –”
“No,” la interruppe Harry adamantino. “Penso scoprirai, Gin, che abbiamo visto una riduzione delle investigazioni per crimini legati all’odio verso i Babbani. Accade ancora: nessuno è al sicuro, il mondo non è diventato un posto migliore – è solo che a nessuno importa più.”
“A me importa,” disse Ginny, con voce piccola.
Harry non riuscì a fermare il sorriso beffardo che si stava formando sul suo viso. “Non abbastanza.”
Ci fu un momento di silenzio che si dilatò tra loro e Harry e Ginny si fissarono separati da una soglia che sembrava essere una distanza di milioni di anni. La verità era uscita fuori e faceva male.
“Ci siamo sposati troppo giovani,” disse alla fine Ginny, tremando. “Avremmo dovuto capirlo con quello che è successo tra i tuoi genitori.” Avvicinò le mani al collo e si sganciò il medaglione, lasciando penzolare pigramente la catenina dal pugno serrato.
“Lascia i miei genitori fuori da tutto questo,” disse Harry, ma la sua voce suonava debole. “Mi hai mentito per undici anni. Hai fatto finta di essere un’altra persona per tutto questo tempo. Mi hai intrappolato in una relazione con una persona che non è neanche reale.”
“Sono reale, Harry,” obiettò Ginny con tenacia e lasciò cadere a terra il medaglione. “Solo che non sono chi pensavi che fossi. Non è colpa mia se sei così dannatamente preso da certe cose che non posso neanche parlarti –”
“Non ci hai mai provato.” Poi Harry sollevò il mazzo di fiori, li posò sul bancone e disse freddamente: “Ti ho portato questi” e se ne andò.
Si mise a sedere sul gradino davanti alla porta d’ingresso, alzò il viso al cielo e pianse.
“Ginny è tornata a vivere con i suoi. Si è pure presa i cazzo di fiori – ha detto che hanno fatto sorridere Molly,” raccontò Harry a Tom mentre se ne stava seduto in quella che ormai era diventata ‘la sua sedia’.
Dopo che lui e Ginny si erano lasciati, aveva avuto bisogno di qualcuno con cui passare il proprio tempo e, in qualche modo, si era ritrovato a tornare da Aconitum. E perciò visitava il negozio quasi tutti i giorni, seduto in compagnia di Tom, e semplicemente parlava. Era un posto strano – Tom sembrava non avere mai clienti, ma Harry gli era comunque grato per la sua amicizia.
Era facile chiacchierare con l’altro: non saltava sulla scopa come Ginny quando sentiva qualcosa che non le andava a genio. Tom era calcolatore, uno stratega, misurato – Harry trovava tutto questo paradossalmente confortante. Aveva bisogno di qualcuno che non fosse un amico comune a entrambi, qualcuno che non prendesse le difese di Ginny o che spostasse lo sguardo in modo colpevole quando Harry diceva qualcosa di poco carino su di lei, qualcuno che conoscesse Harry come persona a sé e non come Harry&Ginny. Aveva bisogno di qualcuno che fosse completamente, solamente e sfacciatamente suo.
“Ti tieni l’appartamento, allora?” domandò Tom sollevando lo sguardo verso Harry mentre lucidava il bancone. Preferiva fare le pulizie alla maniera babbana e Harry si chiedeva se fosse il risultato del suo crescere in quell’ambiente.
“Sì. Ginny ha detto che si troverà un altro posto. Guadagna comunque più di me. Questo era un… un’altra delle ragioni per cui ci siamo lasciati.” Harry si fissò le mani, una sensazione di malessere causato dalla rabbia che nasceva in lui.
Tom si accigliò, fermando le sue pulizie. “Qual è il problema?”
“Ha detto che non voglio bambini,” sbottò Harry. L’accusa gli era rimasta impressa, sepolta in fondo al cuore. “Io voglio dei bambini, li voglio. Solo… ho altre cose a cui pensare. Cose di lavoro.” Si appoggiò all’indietro di botto, irrigidendo la mandibola. “Sa che voglio avere figli, ne abbiamo parlato. Ho detto che voglio essere… essere…”
“Un padre migliore,” finì per lui Tom, pacato.
“Sì,” concordò Harry. “Voglio dire, non fraintendermi, mio papà è fantastico e gli voglio bene, ma… Io voglio poterci essere sempre per i miei figli e loro potranno parlarmi di qualsiasi cosa. Sono sempre stato più attaccato a mia madre.”
“Mio padre ha abbandonato mia madre quando ha scoperto che era incinta,” disse Tom con tono piuttosto tranquillo. “Non l’ho mai conosciuto.”
“Oh Merlino, Tom, mi dispiace,” realizzò Harry, facendo una smorfia in solidarietà. “Mi dimentico sempre, sai, del tuo passato. È solo che sembri così ben piantato...”
“È tutto a posto,” rispose Tom con noncuranza. “Mi madre mi parlò di lui quando ero ancora piccolo. Da quello che mi ha detto di lui, non è una grande perdita. Non gli do tutte le colpe per essersene andato, comunque. Le azioni di mia madre avevano poco di perdonabile.”
“Davvero?” chiese esitante Harry.
“Ha usato un filtro d’amore.”
“Oh.”
I filtri d’amore erano tenute sotto stretto controllo nella società magica ed erano stati, infatti, i primi artefatti magici a essere resi illegali dal Ministro Malfoy. Era stato uno dei pochi provvedimenti di Malfoy su cui Harry si era detto d’accordo. Sapeva che una volta l’opinione al riguardo era diversa: venivano visti come scherzi, venduti apertamente nei negozi ed erano un po’ un modo per farsi una risata nel giorno di San Valentino. Ma Lucius Malfoy aveva cambiato le cose: era stato il primo a paragonarle alla maledizione Imperius.
Ora le cose erano diverse. Era quasi un segno della vecchia generazione quello di trattare i filtri d’amore come una cosa da poco. Una volta Harry aveva speso uno scomodo pomeriggio con la signora Weasley ad ascoltarla mentre discorreva di come ne avesse somministrata una a un suo compagno di classe quando era più giovane. Nessuno a quel tavolo aveva avuto il cuore di ricordarle quanto fossero illegali.
“È terribile,” soffiò Harry.
“Sì. Era piuttosto disperata e veniva abusata senza tregua, ma non è una scusa per le sue azioni,” disse Tom con tono piatto. “Me lo raccontava ogni giorno finché non è morta. Era un po’ ripetitiva.” Le sue labbra si arricciarono.
“Come, uhm, com’è morta se non ti dà fastidio che lo chieda?”
“Polmonite,” rispose lui, tornando a lucidare. “È stato piuttosto brutto.”
“Oh,” Harry sbatté le palpebre, facendosi un po’ indietro. “Giusto.”
“Mi sono occupato di lei finché non è morta e poi è arrivato il Ministero, si è preso la nostra casa e mi ha abbandonato in un orfanotrofio babbano. È stato il professor Silente a lasciarmi lì, in realtà.” Tom fece un sorriso freddo. “Un anno dopo venne con la mia lettera per Hogwarts e quando lo vidi fu il primo incontro con un mago da quando lei era morta.”
“Ricordo il giorno in cui è morto,” rifletté Harry. I giornali ne avevano parlato per settimane: politico senza peli sulla lingua trovato misteriosamente assassinato nel suo letto, freddo come se fosse stato modellato nel marmo. E anche una delle poche figure politiche di spicco a opporsi a Lucius Malfoy e alla sua campagna separazionista. L’ES era stato inconsolabile. “È stato così triste. Sarebbe dovuto rimanere in circolazione per almeno altri vent’anni.”
“Già,” concordò Tom. “Tragico.”
Harry osservò come il suo viso si contorse in modo strano e si ricordò che aveva menzionato l’aver conosciuto Silente di persona. Forse era andato al suo funerale.
“Molly crede che io e Ginny si debba provare con la terapia di coppia,” butto lì cercando di riempire il silenzio. “Pensa che si sia solo allontanati. A quanto pare, ci sono passati anche lei e Arthur.”
“Immagino che Arthur e Molly non abbiano mai mentito l’uno all’altro riguardo le proprie idee politiche per tutta la durata della loro relazione,” rimarcò Tom. “Ma non saprei – non li ho mai conosciuti.”
“No,” gli dette ragione Harry. “Immagino di no. Sono entrambi fermamente anti-Malfoy, che è il motivo per cui non capisco...” si interruppe, borbottando tra sé di malumore.
“I figli non sempre condividono gli ideali politici dei genitori.”
“Sì, ma di solito sono più liberali, non meno.”
“Malfoy non è totalmente privo di idee liberali,” puntualizzò Tom. “Era completamente a favore dell’atto di parità dei matrimoni.”
“Quello perché è gay,” sbuffò Harry.
Tom inarcò un sopracciglio.
“Oh scusa,” si corresse sarcasticamente, ringhiando leggermente. “Mi sono completamente dimenticato che è felicemente sposato e con un figlio. Ciò non gli impedisce di provarci con me ogni volta che è in ufficio,” farfugliò amaramente.
“Flirta con te?” Tom parve sorpreso, che significava ‘completamente sotto shock’ in Tom-espressiolese. “Ma è una completa mancanza di professionalità. Ed è inappropriato.”
Harry ridacchiò in modo torvo. “A Lucius Malfoy non importa di essere appropriato.”
“Beh, dovrebbe,” sibilò Tom, sembrando quasi – poteva Harry osare dirlo? - omicida.
“Non importa,” scrollò le spalle. “Sono diventato piuttosto bravo con le mie fatture Pungenti. Comunque, neanche Ginny vuole fare terapia di coppia – almeno concordiamo su una cosa. Penso stia spingendo per un divorzio – Molly è inorridita.”
“E tu cosa vuoi?”
“Non so,” disse Harry cupamente. “Non voglio continuare a stare insieme, ma non avrei mai immaginato di divorziare a ventisette anni, sai? Dovevamo arrivare fino alla fine. Sembra un po’ di gettare la spugna.”
“E tu non ti sei mai arreso davanti a qualcosa prima d’ora, vero?” rifletté Tom con un sorriso beffardo.
“No. E ne vado piuttosto fiero. La tenacia Grifondoro la spunta sempre alla fine.”
“Forse dovresti vederla più come l’aver completato un capitolo della tua vita,” suggerì Tom. “Finire qualcosa che hai iniziato e passare oltre.”
“Questo è un bel modo di guardare alla cosa,” ammise Harry e roteò gli occhi. “Abbiamo acconsentito a qualche sessione di terapia, solo per il bene di Molly ma,” Harry scrollò le spalle senza speranza, “non penso cambierà qualcosa.”
“Se è la relazione il problema, nessuna terapia potrà risolverlo.”
“Non l’ho detto a Molly,” disse piano Harry, sentendosi colpevole, in appena più di un bisbiglio. “Ma non penso di voler sistemare il rapporto. Non penso di poter tornare a vivere con Ginny.”
“E allora non farlo.”
Non era così semplice. Ginny era stata parte della sua vita per quasi undici anni – avevano iniziato a uscire insieme a Hogwarts. Harry non sapeva come funzionare senza di lei. Non sapeva cosa ci si aspettava che facesse o dicesse o sentisse. Continuava a preparare due fette di toast la mattina e a lasciare uno spazio vuoto accanto alle proprie scarpe – la sera prima aveva anche quasi baciato l’aria per l’augurio della buonanotte. A volte giaceva nel suo letto vuoto e piangeva.
“Sì,” concordò piano, strapazzando tra le dita il tessuto delle sue vesti. “Forse. È solo che… non so chi sono senza di lei.”
“Beh, non pensi sia ora di scoprirlo?”
(Qualche giorno più tardi, Lucius Malfoy offrì a Harry delle scuse formali e promise di rispettare i rapporti di professionalità. Molto strano.)
Recalcitrante, qualche settimana dopo Harry si presentò alle sessioni di consulenza matrimoniale, dopo aver assicurato alla signora Weasley che ci sarebbe stato – no, non sarebbe andato da loro a pranzo, pensava sarebbe stato alquanto strano; sì sapeva che sarebbe sempre stato il benvenuto in casa loro e che non importava se lui e Ginny stavano o meno insieme; no non sarebbe comunque andato da loro per pranzo.
La conversazione tra lui e la signora Weasley riguardo la terapia era durata più della sessione in sé.
La loro terapista (o ‘guaritrice del matrimonio’, come le piaceva chiamarsi) era una giovane strega ‘figa’ e ‘alla moda’, appassionata di frasi come ‘superare la distanza emotiva’ e ‘partecipazione comunicativa’ mentre Harry e Ginny facevano a turno nel dirsi cosa provavano davvero. Tutto quello che sembrava fare era rendere la distanza tra di loro ancora più ovvia e grande, ma almeno erano uniti nel loro astio verso la terapista.
“Fallo per mamma,” brontolava Ginny con l’angolo della bocca prima di dire a Harry che era sempre stato troppo geloso dei suoi precedenti ragazzi. Harry ripeteva che non ne avrebbe avuto motivo se loro non le avessero mandato dei fiori per ogni San Valentino e a quel punto Ginny lo accusava di non vederla come desiderabile.
Le discussioni, da quel punto in poi, si erano inasprite.
Lui sentiva che la terapista spesso non capiva che la verità era stata ciò che li aveva separati. Non avevano bisogno di altra.
Quella volta, però, Ginny era molto più sommessa. Rispose alle domande in modo pacato e lasciò condurre a Harry la conversazione, cosa che era molto insolita. Anche la terapista lo notò (un piccolo miracolo) e le chiese se era tutto a posto.
“Sono solo stata un po’ male nei giorni scorsi,” disse Ginny, scuotendo una mano come a chiudere l’argomento (anche se Harry potè giurare che il movimento era più lento del solito). “Ignoratemi.”
“Non possiamo farlo davvero, cara,” disse la terapista, il suo accento irlandese suonò stupefacentemente accondiscendente. “Un matrimonio è tra due persone, dopotutto.”
“Non ce lo abbiamo più un matrimonio,” brontolò lei irritata massaggiandosi la testa.
“Ma è proprio quello che stiamo cercando di risolvere, no?”
“Certo,” replicò Ginny e gemette. “Vado al bagno.” Si alzò in piedi, un po’ instabile, e cominciò a barcollare verso la porta. Harry non riuscì a capire perché avesse deciso di mettere i tacchi.
Prima che potesse raggiungere la maniglia della porta, inciampò. Poi fu come guardare al rallentatore la scena di Ginny che cadeva a terra come morta, con lo scricchiolio dato dall’impatto della sua testa contro un angolo del tavolincino, sbattendo contro il pavimento mentre il suo corpo crollava.
Harry corse al suo fianco, inginocchiandosi e controllandole il polso. Dopo averlo trovato, anche se i battiti erano più deboli del solito, le sbottonò il colletto per farla respirare. Fu lì che trovò uno sfogo, un marchio di un rosso rabbioso che si espandeva sul suo petto. Sotto la sua testa, una pozza rossa di sangue di diffondeva come una macabra aureola. Harry non voleva sapere quanto fosse profonda la ferita.
“Per Merlino, Gin,” mormorò a pezzi, voltandosi verso la terapista. “Chiami il San Mungo.”
“Io – io non –” balbettò quella apparendo sotto shock.
“Chiami il dannato ospedale!”
La donna corse in un’altra stanza, presumibilmente diretta verso un camino. Harry tornò a concentrarsi sul corpo, togliendosi il mantello e piegandolo per metterlo sotto la testa. “Non preoccuparti, Gin. Starai bene.”
Mentre gli afferrava la mano – così fredda, perché non aveva notato prima quanto fosse fredda? - sperò disperatamente di avere ragione.