![Aconitum [by VivyPotter]](https://fanfictionbook.net/img/nofanfic.jpg)
Capitolo 2
Capitolo 2
Harry entrò nella stanza d’ospedale, un mazzo di fiori stretti fermamente in mano. Tom era stato così paziente, gli aveva offerto parole gentili e altri fiori d’arancio - “offre la casa,” aveva insistito – anche se in quel momento Harry era fuori di sé. Pensava di aver avuto ancora il sangue secco di Ginny sulle sue mani quindi Tom aveva reagito piuttosto bene, considerato tutto.
Sorprendentemente, i suoi genitori si trovavano già lì, seduti di fianco al letto di Ginny. Lily appariva triste, ma James era distrutto – lui e Ginny erano sempre stati vicini. Avevano scoperto di avere un sacco di cose in comune.
“Harry,” disse Lily dolcemente adocchiandolo mentre stallava sulla soglia. Sua madre non disse altro, semplicemente si alzò e aprì le braccia.
Harry si gettò su di lei, seppellendosi nella sicurezza del suo abbraccio. Non c’era niente di meglio dell’abbraccio di una madre e respirò a fondo, intossicato da quell’aroma familiare di calore, di dolce sicurezza. Non era sicuro di quando avesse iniziato a piangere, ma neanche di come fare a smettere.
Fu pervaso dall’improvviso bisogno di spiegarsi – non voleva che lei fraintendesse, doveva comprendere –
“La amo ancora,” disse, strozzato, e si tirò leggermente indietro per incontrare disperatamente il suo sguardo.
“Ma certo,” gli rispose sua madre sorridendogli in modo triste. “È una dei tuoi migliori amici.”
Harry si afflosciò, sommerso da un’ondata di puro sollievo. Avrebbe dovuto sapere che sua mamma avrebbe capito, anche se Harry stesso non riusciva a comprendere quando aveva smesso di essere innamorato di Ginny. Era almeno mai stato innamorato di lei prima di tutto o lo era stato di un’idea? Non lo sapeva.
“Come sta?” chiese guardando malvolentieri verso il letto. Ginny sembrava così pallida e ferma, come fosse già morta.
“Non lo sanno per certo,” James appariva sconfitto mentre si passava una mano nei capelli. Qualche chiazza grigia brillò alla luce di candela. “A quanto pare non hanno mai visto una malattia del genere. È in coma per il momento. Potrebbe svegliarsi...”
“Oppure no,” finì Lily con gentilezza.
“Non sanno da cosa è stata provocata?”
James sospirò. “Potrebbe essere una maledizione o un qualche tipo di reazione allergica – non ne sono sicuri. Potrebbe essere stanchezza per il cazzo che ne sanno.”
“Ma siamo in un ospedale!” protestò Harry. “Siamo in un ospedale e non sanno neanche diagnosticare una malattia?!”
Lily sospirò. “Stanno facendo del loro meglio-”
“Ma il loro meglio non vale un cazzo,” la interruppe James con fermezza.
“Ti pregherei di ricordare, tesoro,” disse Lily severamente, immobilizzando James con uno sguardo colmo di disapprovazione, “che siamo in un ospedale e un po’ di sensibilità sarebbe apprezzata.”
“Merlino,” James si tirò visibilmente indietro. “Quello sguardo te lo ha insegnato Molly?”
Lily si limitò a sorridere in modo enigmatico per poi rivolgere nuovamente la sua attenzione verso Harry.
“Quelli sono dei bei fiori, caro,” provò a dire con tono leggero, ovviamente nel tentativo di rendere l’atmosfera meno pesante. “Prendo un vaso, mh?”
“Eh, sì, grazie.”
Lily agitò la sua bacchetta e apparve un vaso, che Harry riconobbe essere dei tempi della sua infanzia, già pieno di acqua fresca. Gli tolse i fiori di mano e lanciò un veloce incantesimo di taglio prima di passarli a James con aspettativa.
“Fallo te. Non sono mai stata troppo brava in campo estetico.
“Sono solo uno servo per te?” si lamentò lui posizionando in modo artistico i fiori nel vaso e agghindando le foglie con un veloce incantesimo.
“Uno schiavo, caro,” lo corresse Lily dolcemente. “Non vieni pagato.”
“Non in denaro,” James mosse le sopracciglia in modo suggestivo e schivò la fattura Pungente della moglie.
“Ecco fatto,” disse lei esaminando la composizione floreale con soddisfazione. “Dove li hai presi? Sono meravigliosi.”
“Da Aconitum,” rispose Harry prima di realizzare che non era un granché come spiegazione. “Oh, ehm, è questo nuovo negozio in Nocturne Alley che ho scoperto per caso. Sono diventato...” poté sentire il viso andare a fuoco, “amico del proprietario.”
“Amico, eh?” ghignò James punzecchiandolo.
“Papà, sono sposato!” protestò Harry ridendo.
I loro sorrisi si gelarono spostando gli occhi verso il corpo immobile di Ginny e l’atmosfera tornò pesante.
Lily gli strinse la spalla. “Sai che non devi mettere la tua vita in pausa, vero, caro? Il non divertirti non aiuterà Ginny.”
“Lo so,” gli rispose poco convinto. “Lo so.”
I mesi passarono, mesi che Harry riempì con il lavoro e con le sue – ormai abituali – visite ad Aconitum. Erano lunghe e miserabili e Harry si sentiva colpevole ogni volta che andava al San Mungo. E se Ginny fosse finita in quelle condizioni per colpa sua? Se fosse stata colpa dello stress? E se fosse morta arrabbiata con lui?
E poi, alla fine, mesi dopo ci fu un cambiamento e Harry si ritrovò a correre da Aconitum per ragioni che non conosceva fino in fondo (o che non voleva ammettere).
“Ginny si è svegliata!” annunciò deliziato entrando a passo di carica nel (sempre vuoto) negozio.
Le sopracciglia di Tom si sollevarono e spinse da parte una rivista. “Sì?”
“È stato completamente inaspettato – i medici erano tutti sconvolti. A quanto pare la sua magia sta combattendo.” sorrise Harry.
“Sanno già cosa ci fosse di sbagliato in lei?”
“No. Pensano sia qualche tipo di virus ma tutto qui.”
“Sicuramente lei sa cos’è successo, però.”
“Non proprio – dice che si ricorda solo di essersi ammalata e poi un po’ della sessione di terapia prima di svenire. Non riusciva a dire molto, era piuttosto roca. Insisteva nel dire che sembravamo tutti manici di scopa.”
Tom rise. “Manici di scopa?”
“È sempre stata una patita di Quidditch, anche più di Ron. Poteva battere Oliver Baston a livello di passione e una volta mi disse di buttarmi dalla mia scopa se significava catturare il boccino. Praticamente vive e respira Quidditch.” Harry sorrise con dolcezza. “Ha sempre detto di essersi innamorata del mio modo di volare.”
“Forse era quello il problema,” suggerì Tom. “Troppa distanza tra voi. Non può esserci troppa intimità in una partita di Quidditch.”
“Ne saresti sorpreso.” Harry poteva ancora ricordare il rassicurante brillio dei capelli di Ginny nella luce del tramonto, la libertà e la salvezza date dal sapere che potevi precipitare a terra e qualcuno ti avrebbe preso.”
“Non sono mai stato un granché a volare,” disse Tom. “Ho sempre preferito rinchiudermi in biblioteca. Ero, lo ammetto, un po’ asociale.”
“Suona solitario,” commentò Harry che aveva sempre avuto un grande gruppo di amici-per-la-vita. Finire a Grifondoro era un po’ come guadagnare una rumorosa e non richiesta famiglia allargata.
“Avevo alcune conoscenze,” replicò Tom sembrando assorto. “Ero concentrato e alla fine ha funzionato. Ho ottenuto ciò che volevo.”
“Eri un Serpeverde, giusto?” ricordò Harry. “Lo dimentico sempre. Sembra un po’ strano per un Serpeverde finire a lavorare in un negozio di fiori.”
“L’ambizione può essere trovata in tutto,” disse meditabondo. “I fiori più dolci nascondono le spine più pungenti.”
Harry sbuffò. “Metafore floreali.”
“Sì,” concordò Tom, il suo sorriso molto saputo. “Metafore. Comunque, sono sicuro che Ginny si riprenderà presto. Pare stia ancora combattendo con tutta se stessa.”
“Già,” Harry sorrise con affetto. “È sempre stata una combattente. Ne siamo tutti sollevati – per un po’ abbiamo pensato...” represse un brivido e provò a dire qualcosa di più allegro. “Sì, beh, forse adesso Molly smetterà di scoppiare a piangere. La situazione diventa un po’ scomoda quando state tutti cenando e lei inizia a singhiozzare sulle patate.”
“Immagino.”
“Ginny lo trova esilarante. Continua a offrirle fazzoletti.”
“Ginny ha un bel senso dell’umorismo.”
Harry era distante mentre guardava in basso alla pila di steli di rosa recisi. “È una delle cose che mi hanno fatto innamorare di lei.”
“È davvero un peccato che ci si possa disinnamorare con la stessa facilità con cui ci si innamora,” mormorò Tom e quando Harry alzò lo sguardo colse qualcosa in quello dell’altro. Era quasi magnetico e gli occhi di Tom parevano dire qualcosa su cui Harry non riusciva a posare il dito.
“Già,” mormorò con voce roca Harry. “Un peccato.”
“Ti piacerebbe identificare i fiori?” chiese all’improvviso Tom rompendo l’incantesimo. Gesticolò verso il bancone, dove Harry notò una pila di rose fresche di potatura. Parevano normali – non capiva perché avessero bisogno essere ‘identificate’.
Harry tossì. “Ehm, sì, certo. Posso farlo… ma non sono solo delle rose?”
Tom rise e Harry si sentì come se non avesse colto una battuta. “Non sono mai solo delle rose.”
Tom mosse la bacchetta (Harry non si sarebbe mai abituato a quanto fosse elegante) e un libro, quello che Harry aveva visto in quelli che sembravano anni fa, apparve di fronte a lui. L’Auror guardò Tom per avere il permesso e ricevette un incoraggiante cenno di risposta.
Sollevò la copertina e girò gentilmente le pagine, i suoi occhi che si allargavano alla vista dei diagrammi e delle note meticolosamente scritte e disegnate a mano da Tom. Solo gli appunti di Hermione potevano competere con quella chiarezza.
“Merlino,” mormorò.
La sua attenzione venne attirata da una pagina particolarmente vibrante che mostrava fiori della stessa tonalità di blu argenteo di un Patronus. Aveva un qualche tipo di nome latino che Harry non provò nemmeno a pronunciare ma i suoi occhi si fissarono sul riassunto del loro scopo.
“Aiuta per la perdita di memoria,” bisbigliò. “Non sapevo ci fossero dei fiori per quello.”
Scorse il resto del libro, notando titoli accattivanti tipo “Papaveri Spioni” e ‘Thurthurinthiums’. Alla fine arrivò alla pagina giusta e – spostando lo sguardo tra l’immagine e i fiori di fronte a lui per controllare che combaciassero – chiese a Tom se erano rose Sunshine.
“Perfetto,” disse Tom avvicinandosi molto a Harry e poggiando una mano sopra la pagina, le dita che toccavano appena le sue. Sembrò un gesto d’approvazione. “Presto sarà come se tu lavorassi qui.”
“Hey Gin!” si annunciò allegramente Harry entrando nella stanza d’ospedale. Erano passate quasi due settimane dal suo risveglio e ogni giorno sembrava stare meglio.
“Scopa-scope,” brontolò nascondendosi sotto le coperte per evitare la luce accecante quando Harry aprì le persiane.
“Questo linguaggio è del tutto inappropriato,” sorrise Harry, “Siamo in un ospedale.”
“Lo so,” lo fulminò Ginny gli gettò un’occhiata malevola, apparendo con la testa da sotto le coperte. “Sono io la paziente.”
“Suppongo quindi che tu non voglia la colazione...” Harry ridimensionò e scongelò una colazione inglese tirata fuori dalla sua borsa e la mandò ad aleggiare sopra il letto.
Quello catturò la sua attenzione.
“Dammi.” Ginny gesticolò impazientemente, tirando finalmente le coperte giù fino alla vita e Harry lasciò che il piatto le atterrasse in braccio insieme a un paio di posate.
Lei non ci mise molto a tagliare il bacon e a infilarselo in bocca, subito seguito da una forchettata di fagioli stufati.
“Il ci’o ‘ui sa di pa’le,” spiegò mentre masticava. “Sto morendo di fame.”
“In questo momento somigli paurosamente a Ron,” commentò Harry pensosamente e schivò il cuscino che lei tirò nella sua direzione.
“Ho portato anche dei fiori,” disse tirandoli fuori dalla borsa. “Da Tom.”
“Altri fiori da parte di Tom?” sottolineò maliziosa, guardando Harry mentre toglieva i vecchi fiori e li rimpiazzava con quelli freschi. “Oggi sono diversi.”
“Ha detto che si sentiva di cambiare,” fece spallucce lui.
“Sono di un colore magnifico,” commentò Ginny.
Aveva ragione: la tonalità rosa dei petali era lussuosa e ricca, e questo secondo Harry che associava qualsiasi sfumatura di rosa a ricordi spiacevoli di visite di famiglia a casa di sua zia e suo zio.
Ginny tornò a mangiare e Harry si mise a sedere vicino al letto.
“Allora, come va quell’indagine?” chiese alla fine facendo una breve pausa durante il suo banchetto.
“Eh?”
“L’indagine che hai menzionato tempo fa. Quella sul ministro.”
“Hai ascoltato?” domandò Harry, molto sorpreso e piuttosto emozionato.
“Senti, non dico di crederti e continuo a non pensare che Lucius Malfoy sia un qualche tipo di Dissennatore, ma sembravi piuttosto preso dalla cosa. Pensavo di vedere cos’hai da dire al riguardo.”
La momentanea eccitazione di Harry si spense e lui si afflosciò. “Ho un po’ sbattuto contro un muro,” ammise. “Ricordi che ti ho parlato di quel gufo? Beh, ho passato la lettera a questo tipo che aveva detto di poterla tracciare fino al mittente. Era passato un po’ da quando avevo ricevuto un aggiornamento, quindi ho dato un’occhiata. Viene fuori che è morto quando la sua casa ha preso fuoco mesi fa, questo spiega il silenzio.”
“Questa è sfortuna.”
“Io penso sia stato premeditato. Gli è semplicemente ‘capitato’ di morire bruciato la sera che gli ho inviato la lettera,” Harry aveva lo sguardo torvo, “ma il Ministero non è d’accordo. Quindi la lettera è andata e Malfoy ha coperto le sue tracce irritantemente bene. Mi sono ridotto a frugare nei giornali della sua vecchia campagna elettorale per cercare qualcosa di sospetto.”
“Beh, se qualcuno può trovarlo, quello sei tu,” concesse Ginny generosamente. “Non credo di aver mai conosciuto qualcun altro così battagliero e testardo.”
“Grazie,” sorrise Harry.
Ginny roteò gli occhi, ma sorrise ugualmente. “Sai, il nostro matrimonio va molto meglio quando non siamo insieme per davvero,” commentò.
“Sei sempre stata la mia migliore amica, Gin,” disse Harry con sincerità. “Sei sicura di te e hai un perverso senso dell’umorismo – riesci a farmi sentire vivo più di chiunque altro, seriamente. Solo che non penso tu sia fatta per essere mia moglie.”
“Divorzieremo appena esco da questo posto dimenticato da Merlino,” disse Ginny con tono decisivo. “Non permetterò a mamma di continuare a farci sentire miserabili. E poi, Dean è apparso l’altro giorno ed è davvero in forma.”
I due si sorrisero in modo quasi maniacale, riconoscendo una facilità di apertura che non era presente nella loro relazione da anni.
“Esci tra una settimana,” le rispose Harry. “Resisti fino ad allora e poi puoi saltare addosso a Dean.”
“E tu puoi prenderti quel tuo fioraio sexy,” ribatté Ginny, alzando e abbassando le sopracciglia. “Sono quasi certa che nessuno di questi fiori sia davvero per me.”
“Certo che lo sono,” insisté Harry, arrossendo. “Me lo ha detto lui.”
“Nessun uomo etero manda così tanti fiori alla ‘quasi ex moglie’ di un suo amico,” lo stuzzicò Ginny. “o è un serial killer o gli piaci tanto. O entrambi.”
Harry alzò gli occhi al cielo e si bevve l’immagine di Ginny, in salute e sorridente. Questo è come voleva che andassero le cose. Un capitolo stava per finire.
“Mi dispiace,” disse Ginny all’improvviso. “Per aver mentito. Per tutto. È solo… a Hogwarts tutti sapevano che se volevi avere una possibilità di conoscere Harry Potter dovevi essere nell’ES. E non capivo davvero l’ES... ma volevo te. Quindi mi sono unita al club e poi ho mentito e dopo siamo andati a diversi appuntamenti e come potevo tirar fuori un ‘oh scusa, a dir la verità non mi dispiace Lucius Malfoy’?”
Harry sospirò. “Sai cosa non fai? Non mi sposi, Ginny.”
“Ma volevo spostarti,” disse agguerrita. “Più di ogni altra cosa. Ma poi siamo andati a vivere insieme e parlavamo di figli e ho pensato di poter continuare così, anche se eri distante – poi c’è stato quello stupido giorno quando ho buttato fuori tutta la verità. Non so neanche cosa mi sia preso.”
Harry sì.
“E poi neanche mi toccavi, Harry!” aggiunse Ginny infervorata. “E a malapena tornavi a casa – mi guardavi come se fossi stata sporca. Solo perché non odio Lucius Malfoy – ”
“Non è per quello!” protestò Harry. “Non dovevi fare niente di tutto questo, Gin. Volevo solo qualcuno che mi ascoltasse… volevo una relazione. Non una recita. E non un qualche mio clone.”
“A volte mi manca quella versione di me,” ammise Ginny. “Era più facile.”
“A me no. Era una bugia.” Harry prese un respiro profondo. “Suppongo sia in parte anche colpa mia. Sei sempre sembrata così forte e composta – ma penso che forse ti stessi solo nascondendo. E non ho mai davvero provato ad andare oltre, vero?”
“Forse.” Ginny guardò in basso e parve così triste e persa che Harry le si avvicinò.
“Tieni duro, Gin,” disse dolcemente e la abbracciò stretta. Era come abbracciare un ricordo. “Sarai presto come nuova.”
Harry non avrebbe potuto sbagliarsi di più.
GIORNALISTA DI QUIDDITCH MUORE ALL’OSPEDALE SAN MUNGO
Nelle prime ore di questa mattina, la giornalista di Quidditch Ginny Potter è deceduta all’ospedale San Mungo a causa di una malattia sconosciuta.
“La signora Potter era in via di guarigione,” ha dichiarato il Capo Guaritore Maximus Rue, “ma per qualche ragione i suoi sintomi sono peggiorati all’improvviso ieri notte e la signora Potter è deceduta solo qualche ora più tardi.”
La sua morte ha causato un improvviso panico tra il pubblico dato che è stata la prima paziente a morire di un male ignoto in quarantadue anni, dal drammatico scoppio di una maledizione del sangue che aveva preso la vita di circa trenta streghe e maghi finché una cura non era stata creata dal famoso Guaritore Horace Lumacorno.
Un portavoce dell’ospitale ha riferito alla Gazzetta del Profeta che “il San Mungo è completamente al sicuro, non c’è bisogno di allarmarsi. Questo è stato un caso isolato e non è in alcun modo sintomo di un’epidemia o di un delitto. La cosa migliore per il pubblico è di mantenere la calma.”
La signora Potter viene ricordata dalla sua amata famiglia e da suo marito, Harry Potter, ora vedovo e che lavora per il Ministero nel Dipartimento Auror. Lo stesso dipartimento Auror che presto lancerà un’inchiesta per accertarsi che non siano stati commessi errori da parte dello staff ospedaliero o, appunto, che non sia stato un atto criminale.
Tom incontrò i suoi genitori al funerale. Harry non era sicuro del perché lo avesse invitato – aveva solo voluto un amico, lì, che non lo guardasse e non compiangesse il suo perfetto matrimonio con Ginny e il loro meraviglioso futuro insieme. Qualcuno che capisse.
“Mi dispiace molto per la vostra perdita,” disse educatamente Tom presentando a Lily un arrangiamento di rose nere.
“Oh, sono bellissime,” disse lei con gratitudine, adocchiandole con piacere.
“Tu devi essere Tom,” rispose James e gli tese la mano. Sembrava vagamente contrario e a Harry ricordò la prima volta che aveva portato Ginny a casa loro.
James parve più amichevole una volta separati e Harry decise che gli uomini erano stupidi. Bastava una stretta di mano e suo padre era tutto sorrisi per il suo nuovo raga- per il nuovo ragazzo. Amico. [*]
Per l’amor di Merlino, era il funerale di sua moglie.
Il vento nel cimitero divenne improvvisamente più freddo.
“Penso che la funzione stia per iniziare,” disse cupamente Harry gettando un’occhiata verso l’officiante che sembrava sempre più animatamente ‘triste’.
I suoi genitori gli diedero un abbraccio di congedo e s’incamminarono verso Molly e Arthur per scambiarsi le condoglianze.
“Io sarò qui,” promise piano Tom, stringendogli una mano. Era come se Harry stesse stringendo un tizzone nel palmo della sua mano; prese un bel respiro. Poteva farcela.
La cerimonia parve volare. La bara venne abbassata nel terreno, l’officiante blaterò e Molly fece un intervento toccante prima di scoppiare in lacrime. A Harry era stato chiesto di dire qualche parola, ma aveva rifiutato. Non avrebbe saputo cosa dire.
Qui giace Ginny: stavamo per divorziare ma mi manca così tanto che ogni volta che penso a lei vorrei strapparmi il cuore dal petto e ridurlo in polvere.
Meglio di no.
Spese la maggior parte del tempo durante la sepoltura sentendosi come stordito. Guardava dritto davanti a sé, notando il mondo in cui il vento muoveva i rami degli alberi dando l’impressione che stessero salutando in segno di addio.
Fu solo dopo il rinfresco, quando si erano tutti spostati alla Tana, che Harry iniziò a sentire. Che la situazione lo colpì. La realizzazione pungente che non avrebbe mai più parlato con Ginny si fece come largo in lui, battendogli debolmente su una spalla per poi coprirlo. Il suo petto sembrò all’improvviso più stretto e le mani iniziarono a tremare.
Il mondo rallentò, le voci sfumarono in un basso, minaccioso rombo e le persone intorno a lui si muovevano in lontananza e con pesantezza, come se le stesse guardando attraverso uno strato spesso di vetro. I suoi polmoni si contrassero e fece un respiro tremolante. Provò a guardarsi intorno alla ricerca di qualcuno – Tom – che potesse aiutarlo, ma ogni volta che spostava la testa di pochi centimetri lo faceva sentire come se stesse per scoppiare in lacrime. O a fuoco.
Improvvisamente, dal nulla, un paio di braccia si avvolsero strette attorno a lui. Harry si sentì come congelato, le proprie braccia attaccate ai fianchi. Non poteva muoversi. A malapena poteva respirare attraverso i denti.
“Mi dispiace così tanto!” dichiarò una voce, molto vicina al suo orecchio e così forte (fece una smorfia) e la riconobbe vagamente. Hermione.
“G - Ginny è morta,” balbettò con voce lontana. “Se n’è andata.”
“Lo so,” disse lei con empatia. “Neanche io riesco a crederci. Ti ricordi a Hogwarts, quando avevamo un incontro dell’ES e scappavamo per andare al campo da Quidditch? Ginny rubava sempre una scopa e tu la sfidavi -”
Hermione continuò a parlare ma Harry non riusciva a sentire una parola, gli occhi fissi su qualcosa alle spalle di lei.
A un tratto venne estratto dalle braccia di Hermione, gentilmente ma con fermezza. La mano che lo guidava un’ancora che lo riportò al presente.
“Devi essere Tom,” disse Hermione. “Ti sei occupato tu dei fiori per il funerale. Erano deliziosi.”
“Grazie,” le rispose lui educatamente. “Ho solo pensato di venire a salvare Harry. Sembrava un tantino sopraffatto.”
“Oh!” Lei sussultò, sbiancando. “Oh, Harry, scusa. Stavo facendo di nuovo quella cosa in cui parlo più del necessario, vero? Ron me lo dice sempre. Ti sta cercando, comunque. Anche se penso sia stato distratto dal buffet.”
“È okay.” Aveva la voce roca, secca e sanguinante. “Mi – mi sento...” Non riuscì a finire la frase.
“So che tu e Ginny non eravate felici,” disse piano Hermione. “Non… non riesco a capire come possa essere per te. Mi dispiace così tanto, Harry.” E gli poggiò una mano sulla guancia sorridendo tristemente. “Ti meriti di essere felice.”
Harry si strozzò e realizzò di star piangendo.
“Lo sarà,” disse Tom. “Baderò io a lui.”
“Ah quindi è con lui che sei stato” disse Hermione pensosa, posando una mano sul braccio di Harry e analizzando Tom con occhio critico.
Harry non riuscì a costringersi a rispondere.
Hermione sospirò e gli diede un leggero bacio sulla fronte. “Chiamami, okay? Non ti vedo al Ministero da una vita. Potresti venire a cena da noi. A Ron farebbe piacere vederti.”
Harry annuì in silenzio e lei se ne andò gettandogli uno sguardo preoccupato da dietro le spalle. Mentre bisbigliava all’orecchio di Neville, dall’altra parte della stanza, questi fece una smorfia preoccupata e incrociò lo sguardo con Harry mimandogli un: “stai bene?”
Harry provò ad annuire di nuovo ma probabilmente venne fuori come uno spasmo. Le lacrime erano ancora bagnate sulle sue guance e si voltò dall’altra parte rispetto alla coppia con una dolorosa fitta al petto. Doveva andarsene.
“Lo so che non stai ‘bene’, quindi non provare neanche a dirmelo,” disse Tom seguendolo mentre si avventurava in un corridoio per poi infilarsi all’interno di un sottoscala raramente usato. La Tana teneva fede al proprio nome: un’infinita riserva di piccoli spazi interconnessi.
“È solo che… non avevo realizzato che fosse morta,” balbettò Harry incespicando mentre le lacrime tornavano a riempirgli gli occhi. “Non avevo realizzato che è andata.”
E cadde in avanti, addosso a Tom, quasi gemendo.
“La odio,” rantolò, a malapena capace di vedere attraverso le lacrime. “La odio. Si è fatta odiare da me e poi se n’è andata.”
Tom lo avvolse in un abbraccio e Harry praticamente si sciolse nelle sue vesti, le dita che si attorcigliavano al colletto di Tom. Singhiozzò per quella che doveva essere stata mezz’ora, finché non rimase a tirare piano su con il naso e a tremare, completamente senza energia.
“Non voglio tornare in quell’appartamento vuoto,” mormorò esausto. “Sapendo perché lo è.”
“Trasferisciti da me.”
Harry avrebbe potuto pensare a un miliardo di ragioni per cui quella era un’idea terribile . Si conoscevano solo da pochi mesi dopotutto, ma in qualche modo, guardando il viso gentile e bellissimo di Tom, gli sfuggì un piccolo “okay” dalla bocca.
E così fu. [**]
Venne fuori che Tom viveva in uno spazioso appartamento sopra Aconitum in cui Harry si trasferì il fine settimana successivo.
“Perché non sapevo della sua esistenza?” si lamentò trascinando scatole su per le scale.
(Tom aveva suggerito che Harry le facesse Levitare, cosa che aveva lo aveva spinto a lanciarsi in una lunga campagna riguardo il perché i maghi non dovevano diventare dipendenti dalla magia. Tom aveva in realtà offerto alcune antitesi ben ragionate che lo avevano lasciato a sbattere gli occhi dalla sorpresa. Nessuno aveva mai risposto alle sue filippiche. Nessuno le aveva mai ascoltate abbastanza a lungo – tranne Hermione, ovvio, ma lei tendeva a dargli ragione.)
“Non passo molto tempo nell’appartamento,” gli rispose Tom dal piano di sopra. Aveva Levitato la sua parte di scatoloni e in quel momento guardava Harry fare lo stesso con un certo divertimento. “C’è una cucina adiacente al negozio, come sai, quindi il piano di sopra lo uso solo per dormire.”
Harry unì mentalmente le immagini di Tom e di un letto insieme e provò a nascondere il suo rossore.
Ci fu un improvviso bussare al piano di sotto.
Strano. Non c’erano mai clienti da Aconitum.
Il viso di Tom cambiò espressione: d’un tratto era più scuro di quanto Harry lo avesse mai visto prima. Fu solo un attimo, il momento dopo Tom era tornato normale, ma lasciò Harry sbigottito.
“Mi occupo io della porta,” disse Tom, palesemente irritato.
Poi scivolò oltre Harry, giù per le scale e verso il negozio, e all’improvviso sembrò molto più di un semplice fioraio. Le sue vesti fluttuarono attorno a lui come onde che s’infrangono sulla costa, le sue spalle squadrate in una linea che esprimeva rabbia e forza -
Harry distolse lo sguardo dalle spalle fastidiosamente ben piazzate di Tom e continuò a salire le scale. Quella non era una via che voleva percorrere. Inoltre, perché mai Tom avrebbe volutoHarry? Aveva avuto a che fare con le sue lamentele senza fine riguardo il matrimonio – dubitava morisse dalla voglia di gettarsi in quel ruolo lui stesso.
Continuò a trasportare le scatole al piano di sopra e le gettò nella camera degli ospiti. Poi tornò di sotto per vedere con chi stesse parlando Tom.
Che c’è? Non sia mai che Harry Potter permetta a qualcosa come la privacy di impedirgli di soddisfare la propria curiosità.
“Sono stato paziente, Smith, ma la mia pazienza ha dei limiti.”
“Ci sto provando ma non è facile trovare cosa ha lasciato – ”
La voce si interruppe appena Harry entrò nel negozio, ma la riconobbe comunque. Zacharias Smith, penitente ma sulla difensiva, se ne stava in piedi davanti a Tom mentre entrambi fissavano lui.
Harry alzò la mano in un saluto imbarazzato.
“Potter?” Smith aggrottò la fronte. “Che ci fai tu qui?”
“Harry si sta trasferendo da me,” replicò Tom.
“Sul serio?” Le sopracciglia di Smith si sollevarono e spostò lo sguardo tra Tom e Harry.
“No,” disse sarcasticamente Tom. “Sto mentendo, ovviamente.” E la sua mano si spostò di fianco.
“È – è meglio che vada,” disse Smith dal nulla, gli occhi che seguivano la mano di Tom. Harry non aveva idea del perché. “Ci vediamo in ufficio, Potter.”
“In realtà,” gli rispose Harry, prendendo la decisione su due piedi. “Mi prendo un po’ di tempo dal lavoro. Non penso di riuscire a gestire… sai.”
L’altra mano di Tom era una presenza confortante alla base della sua schiena.
“Sì, le indagini sulla morte di Ginny inizieranno presto, vero?” disse Smith senza un briciolo di tatto e poi divenne improvvisamente molto bianco: pallido e privo di colore. “Meglio che vada. Adesso.”
E poi si voltò e scappò via.
“Che strano omuncolo,” disse Tom simpaticamente.
Harry sbuffò e gli diede un pugno sul braccio. “Stai zitto. È bravo con le piante, però. Presumo fosse quello il motivo per cui stavate parlando?”
“Sì. Qualcosa del genere.”
Un dolce trillo fece alzare lo sguardo a Harry per notare un particolare gufo bianco appollaiato sulle gronde. Sembrava familiare – Harry pensò che forse gli aveva consegnato una lettera prima.
“È un bel gufo.”
“Mmh?” disse Tom incuriosito seguendo il suo sguardo. “Oh, sì. Fa qualche consegna a lunga distanza per me, a volte.”
“Ha un nome?”
“Mi piace chiamarlo Mendacium.”
“È un bel nome.”
Le labbra di Tom si contrassero e i suoi occhi brillarono. “Vero?”
“Hai visto questo?” chiese Harry emozionato, correndo giù per le scale e saltando per accomodarsi sul bordo del bancone. Brandiva un giornale verso Tom che appariva educatamente interessato.
Harry scosse drammaticamente il giornale e si schiarì la gola prima di leggere l’articolo ad alta voce. “Ieri il Ministro Malfoy ha annunciato la decisione di introdurre una branca del Dipartimento per la Registrazione dei Nati Babbani che si occuperà formalmente di porre veto e monitorare le case dei Purosangue in cui i Nati Babbani vengono posti. Nonostante le obiezioni riguardo l’incremento delle tasse e le ulteriori restrizioni alle famiglie Purosangue, il Ministro ha assicurato al pubblico che ciò è necessario per contrastare la ‘possibile connessione tra l’alto tasso di suicidi e la sfortunata assegnazione dei Nati Babbani’. Chiede comunque ai lettori di tenere a mente il severo calo di casi di abusi verso i Nati Babbani e di crimini d’odio verso i Babbani che sono seguiti alla Registrazione.”
Tom sollevò un sopracciglio in modo elegante. “Straordinario.”
“È fantastico,” disse Harry con forza. “Voglio dire, fanculo Malfoy per aver detto che è una ‘possibile connessione’ - sa dannatamente bene cos’è successo con Colin Canon – ma questo è un grande passo avanti nella giusta direzione.” Non riusciva a smettere di sorridere.
Tom non pareva altrettanto eccitato, ma sorrise della gioia di Harry. “Sono contento che tu sia felice. Di sicuro adesso hai poche ragioni per odiare il Ministro, no? Pare che stia facendo buone cose.”
Harry corrugò le sopracciglia e la sua gioia sfumò un po’. “Ma non sono sicuro che sia Malfoy.”
“Che intendi?”
Harry si morse il labbro e considerò Tom, saltando giù dal bancone. “Vieni,” mormorò e lo condusse verso la cucina tenendolo per il polso. Tom lo seguì ubbidientemente anche se con un sottile ghigno. come se pensasse che l’altro fosse leggermente ridicolo.
Quando Harry chiuse la porta alle loro spalle si guardò intorno, anche se non era sicuro di cosa si aspettasse di vedere – forse delle fatine del Ministero che aleggiavano alle sue spalle per ascoltarlo.
Tom parve divertito. “È davvero necessario?”
“Sono informazioni riservate,” disse alla fine. “E importanti.”
“Ti ascolto.”
E quello fu tutto ciò che Harry ebbe bisogno di sentire. Raccontò a Tom della ricezione di quel misterioso gufo quel giorno al Ministero e dei suoi sospetti su Malfoy e di quella strana morte quando aveva provato a tracciare la lettera e della sua inspiegabile, assoluta certezza che Malfoy non fosse ciò che sembrava.
Alla fine, Tom inclinò la testa di lato e parve pensarci su.
“Sicuramente,” iniziò piano, “se questa misteriosa persona fosse dietro le azioni di Malfoy, sarebbe una buona cosa. Pare sia... solidale verso i Nati Babbani.”
Qualcosa passò negli occhi di Tom che Harry non riuscì – non volle – decifrare (non sembrava davvero disgusto, no).
“E quindi, forse,” continuò, “potrebbe essere saggio lasciargli fare certi cambiamenti indisturbato.”
Harry alzò gli occhi al cielo. “Ma non se è chi se n’è uscito con la Registrazione in primo -” Harry si bloccò, il cuore che quasi si congelò insieme a lui, e guardò Tom con occhi enormi.
“Che c’è?”
Harry si accorse all’improvviso di quanto fosse piccola e costrittiva la piccola cucina; la distanza tra i loro petti era a malapena la lunghezza di una bacchetta. Il respiro di Tom era caldo e intimo sulla sua pelle. “Mi credi?”
“Perché non dovrei?” disse Tom con semplicità.
E qualcosa nel petto di Harry si accese – l’eccitazione e l’attrazione fecero ingigantire quella fiamma e il suo respiro divenne corto.
“Tu… pensi che abbia ragione.”
Tom annuì.
“Mi credi,” soffiò Harry.
All’improvviso Harry colmò quella breve distanza tra loro, facendo scivolare i suoi occhiali e inclinando la testa.
E poi si stavano baciando.
Per un breve istante Harry andò nel panico – oddio, stava baciando Tom e se Tom lo avesse odiato, se Ton non – ma poi Tom gli rispose in modo affamato e il mondo di Harry implose. Tom era spietato e passionale e bruciante mentre stringeva una mano attorno ai capelli di Harry in un gesto che chiaramente diceva ‘mio’.
I suoi denti tirarono forte il suo labbro inferiore e Harry gemette nel bacio, la sua pelle calda e arrossata. Le sue braccia andarono a circondare la vita dell’altro e lo attirarono più vicino mentre faceva correre una mano avida sul suo petto.
“Oddio,” ansimò quando si separarono, ma Tom gli diede a malapena il tempo di respirare prima di spingerlo all’indietro. Harry grugnì un po’ mentre la sua schiena andava a sbattere contro il muro, ma prima che potesse fermarcisi a pensare, la bocca di Tom era nuovamente sulla sua.
Quando alla fine si separarono, la mente di Harry sembrava andata in cortocircuito e ammiccò verso Tom. “Io…”
“Pensavo non mi volessi,” disse Tom e Harry non lo aveva mai sentito così vulnerabile. Non poteva vedere bene – era cieco come una talpa senza gli occhiali – ma pensò ci fosse un po’ di rosso sul viso dell’altro.
“Chiaramente avevi torto,” sorrise Harry mesto.
“Lo avevo,” rispose Tom guardando Harry come stupito e poi premette le loro labbra di nuovo insieme. Fu gentile e dolce quella volta e si muovevano in tandem, bevendo il calore l’uno dell’altro.
Quando il bacio finì, la fronte di Harry era contro quella di Tom e sorrideva come un cretino. “Immagino che non avrò bisogno della camera degli ospiti, alla fine.”
“No,” concordò Tom stringendogli la mano. “Non ti servirà.”
“Sono così felice che tu sia riuscito a venire, Harry,” disse Hermione mentre chiudeva la porta d’ingresso dietro di lui e lo attirava in un abbraccio. “Non ti vedo abbastanza in questi giorni.”
“Beh, sai,” Harry scrollò lo spalle. “Sono successe tante cose, no?”
“Sì, davvero. Come stai?” si preoccupò lei mentre lo conduceva verso il salotto. La casa Paciock-Weasley era molto diversa dalla Tana, tutta spazi aperti e piena di luce, con tocchi moderni qua e là.
Harry prese posto sul divano, afferrando una tazza in aria quando questa fluttuò verso di lui sotto l’ordine di un movimento della bacchetta di Hermione. Prese un sorso e chiuse gli occhi per la soddisfazione. Il suo preferito.
“Sto bene,” disse Harry, le parole che suonavano più vere rispetto al funerale. “Cerco di tenermi occupato.”
“Non sei ancora tornato a lavoro, vero?” Hermione fece una smorfia pensosa. “Hai qualche idea riguardo il quando rientrare?”
“Non so,” rispose Harry. “Non credo di riuscire ad avere a che fare con le indagini sulla morte di Ginny, quindi probabilmente tornerò quando quelle saranno concluse. Mi sto godendo la vacanza, però. È bello lavorare nel negozio di Tom.”
Hermione sbatté le palpebre, presa in contropiede. “Lavori con Tom?”
“Sì, beh, ora vivo con lui.”
“Vivi con lui?!” strillò lei.
“Beh, stiamo uscendo insieme.”
“COSA?!”
Il grido di Hermione fu così forte da attirare Ron nella stanza, a passo di carica, imprecando e brandendo la sua bacchetta.
“Miseriaccia, Hermione!” annaspò, cogliendo lo sguardo shockato di Harry e Hermione.
“Che stai facendo?” domandò lei inarcando le sopracciglia in un inequivocabile ‘sei un idiota’ Hermionesco.
“Pensavo ti stessero aggredendo! O mia mamma quando Fred e George fanno qualcosa di stupido.”
Harry sbuffò piano dal naso.
“Ti ho chiesto di smetterla di paragonarmi a tua madre, Ronald,” disse rigidamente lei, le guance che si coloravano di rosa. “Non hai sposato lei.”
“Lo so,” rispose Ron con affetto mettendo via la sua bacchetta e dando un veloce bacio sulle labbra di sua moglie. “Mia madre non indosserebbe mai quello che ti sei messa la notte scorsa -”
“Ron!” disse Hermione con voce stridula, diventando di un bel color bordeaux. “Abbiamo ospiti.”
“Ho notato,” le diede ragione Ron tutto contento sedendosi accanto a lei. “Ehi amico.”
“Ehi Ron,” gli sorrise Harry di rimando. “E senza offesa, ma non voglio sapere cosa si era messa Hermione. Alcune cose è meglio tenerle private, suppongo.”
“Mi sembra giusto,” scrollò le spalle Ron. “Ci perdi te, però, amico. Il più bel momento della mia vita.”
“Ron!” Ripeté Hermione, ma il suo sorriso era piuttosto soddisfatto. “Non ora.”
“Qualsiasi cosa tu dica, mia cara moglie. Come sempre sei sia terrificante che fonte di ispirazione.” Ron le diede un bacio sulla guancia.
“Non sei affascinante come credi di essere,” disse lei affilata, ma non riuscì a nascondere un ghigno. “Inoltre, ci sono cose ben più importanti di cui discutere. Harry si sta frequentando con Tom Riddle.”
Ron gelò. “Frequentando?” balbettò. “Ma tu e Gin-”
L’atmosfera gioviale svanì per un minuto e Harry vide l’ombra del lutto danzare dietro gli occhi di Ron. Ma il momento passò e il sorriso tornò al suo posto.
“Il tipo del negozio di fiori? Bel colpo.” Ron alzò una mano per farsi battere il cinque, cosa che Harry fece un po’ controvoglia. L’aria era improvvisamente carica di tensione e Ron era l’unico che si rifiutava di riconoscerlo.
Il suo amico si sporse verso il divano, ignorando come Hermione si fosse irrigidita. “È belloccio? Non so cosa guardi in un ragazzo. Bel culo? Addominali? Capezzoli? Penso che Charlie si sia fatto i piercing ai capezzoli una volta e lui c’è dentro a quella roba gay. È stato fantastico: mamma non poteva neanche dare di matto perché doveva essere ‘di supporto per lo sviluppo della sua identità’-”
“Caro,” disse Hermione ad alta voce. “Perché non fai un salto fuori e prendi un po’ di latte? E torna a casa camminando, per favore, sai che non mi piace il latte dopo un’Apparizione.”
“Certo. Torno in un attimo,” rispose Ron alzandosi in piedi e dando a Harry un piccolo abbraccio. “Torna a trovarci, okay? Porta anche Tom – possiamo andare a farci una pinta. Hermione è un mostro.”
“Ho solo un’alta tolleranza,” protestò lei.
Ron sbuffò, mettendosi la giacca. “Mercoledì scorso ha vinto contro tre tipi ormai ubriachi sotto al tavolo e poi ci ha dato una spiegazione sul processo di manifattura del Firewhskey.”
“Gli aspetti legali sono affascinanti,” assicurò Hermione mentre spingeva suo marito fuori dalla porta. “Porta un po’ di quello parzialmente scremato!” gli urlò dietro e poi chiuse di colpo.
Tutto il corpo di Harry perse tensione nell’ascoltare il suono dei passi di Ron che si allontanavano.
“Lui come sta?” Si crucciò Harry.
“Prova ad andare avanti,” disse Hermione. “Ovviamente sono tutti devastati– quello lo sai – ma Ron e Ginny sono sempre stati molto vicini. I due più piccoli, eccetera.”
Harry annuì e si chiese se dovesse sentirsi in colpa per non essere a pezzi.
“No, non starci male,” aggiunse rapidamente Hermione, sedendosi accanto e a lui e prendogli una mano con le sue. “È fantastico che tu stia superando la cosa. E il tuo rapporto con Ginny era naturalmente ben diverso da quello che lei aveva con Ron. Stai andando avanti a modo tuo.”
Poggiò la testa sulla sua spalla e a Harry tornarono prepotentemente alla mente le intime serate nella Sala Comune di Grifondoro, riuniti attorno al camino, tutti ammassati sulle comode poltrone. Avevano dovuto aspettare il settimo anno per poterci mettere mano. Avevano dovuto guadagnarle.
“Vogliamo solo che tu sia felice,” mormorò Hermione.
“Lo sono,” rispose Harry, un sorriso che gli illuminava i lineamenti in modo involontario. “Davvero. Tom è fantastico.”
Hermione si scostò da lui e strinse gli occhi alla sua espressione distante prima di sgranarli per la comprensione “Sei innamorato,” soffiò piano, come se quel sentimento potesse spezzarsi se avesse parlato troppo forte.
“Non sono ‘innamorato’, ‘Mione,” disse Harry un po’ esasperato. “È un po’ presto per quello, no?”
“Segnati le mie parole, Harry Potter,” proclamò lei. “Non ti ho mai visto fare qualcosa a metà. Ti renderai conto di essere innamorato di quel ragazzo abbastanza in fretta. Aspetta e vedrai.”
“Penso tu stia esagerando -”
“Aspetta. E. Vedrai.”
Harry, venne fuori, era follemente innamorato.
Lui e Tom si stavano frequentando da qualche mese ma sembrava come se fossero passati sia anni che secondi. Suo padre e i suoi amici erano stati sorpresi di vederlo perdere la testa così presto dopo… la morte di Ginny ma Lily gli aveva offerto un sorriso dolce e detto che lo aveva sempre saputo e Hermione si era assicurata di mostrargli pieno supporto finché fosse stato felice.
E lo era.
Harry guardò Tom, sdraiato sull’altro lato del letto, la coperta raccolta attorno alla vita, mentre sfogliava una copia della Gazzetta del Profeta, e sorrise.
Tom era brillante, come aveva appreso in fretta. Il suo cervello funzionava in modi che Harry non poteva neanche provare a capire, saltando da una conclusione all’altra. Stava al passo degli ultimi giornali accademici e i suoi saggi la facevano sempre da protagonisti. Leggeva perfino Teoria della Trasfigurazione prima di andare a letto. Diceva che ‘lo rilassava’.
Harry davvero non riusciva a comprendere cosa ci facesse Tom in un negozio di fiori. Certo, era un negozio di sua proprietà… ma con il cervello di Tom e il suo fascino avrebbe potuto benissimo essere Ministro. O un davvero terrificante Signore Oscuro.
Harry ridacchiò all’idea, dando un’occhiata a un vecchio articolo sull’incarcerazione di Grindelwald. Tom un Signore Oscuro – quello sì che era un pensiero assurdo.
Mise un altro articolo da parte, non più in grado di sopportare la faccia soddisfatta di Malfoy. Si era portato di nuovo a letto gli articoli che riguardavano la campagna elettorale di Malfoy, nella speranza che qualcosa lo avrebbe attirato nel riguardarli. Ancora non era successo, ma Harry era alquanto disperato. Doveva sapere chi era a controllare Lucius Malfoy.
“Stai ancora controllando quella roba?” chiese Tom con tono assente, girando un’altra pagina. “Non troverai niente di nuovo alla terza volta in cui la controlli.”
“Potrei,” disse Harry testardo nonostante la vista gli si stesse appannando.
Tom si inaspriva ogni volta che Harry portava gli articoli o i verbali a letto. Gli piaceva dichiarare che lui non avrebbe mai portato il lavoro tra le lenzuola e Harry puntava utilmente il dito contro l’Albero del Drago nell’angolo.
“Per l’amor di Merlino,” Tom roteò gli occhi e guardò verso Harry. Il suo corpo parve ondeggiare sopra le lenzuola finché a un tratto non fu accoccolato sopra Harry, la sua pelle nuda che sfiorava appena il suo petto. Suo malgrado, il respiro di Harry accelerò.
“Vuoi davvero passare la notte così?” mormorò Tom contro il suo collo, premendo un leggero bacio sotto il suo orecchio. “Potremmo divertirci così tanto facendo altre cose.”
Harry si lasciò scappare un lamento e i suoi fianchi ruotarono. Tom ghignò contro la sua clavicola.
No. Doveva fermarlo. Tom cercava di distrarlo.
Si prese un momento per ricomporsi e spinse via Tom. “No, non ora. Lo sai che è importante.”
L’altro parve deluso ma annuì condiscendente. Le sue sopracciglia scattarono verso l’alto quando vide l’articolo che giaceva ancora tra le mani di Harry.
“Uh.”
“Che?”
Tom fece capolino da sopra la sua spalla. “Posso dargli un’occhiata? Credo che Sinister abbia detto qualcosa a proposito di questo, l’altro giorno.”
“Sicuro,” concesse Harry, le guance ancora un po’ rosse, e gli passò il ritaglio.
“E ti scoccerebbe molto prepararmi un po’ di tè? Ho un mal di testa orribile.”
Harry sbuffò e suggerì che allora, forse, Tom non avrebbe dovuto leggere con la luce soffusa, ma gli baciò la fronte e si trascinò obbediente verso le scale.
“Poi rimettilo nel mucchio!” gli urlò.
“Lo farò!”
Ma, ovviamente, tutte le cose belle hanno una fine.
Successe mentre stava ricontrollando di nuovo gli articoli di giornale.
Harry era stanco, Tom stava selezionando alcuni campioni di vite da qualche parte e quindi aveva deciso di scorrere di nuovo la sua collezione di ritagli del periodo della campagna elettorale di Malfoy per la centesima volta. Forse gli era sfuggito qualcosa.
E quindi, nelle tarde ore della sera, quando Harry stava quasi per addormentarsi, notò uno strano brillio su uno degli articoli. Quello che Tom aveva chiesto di visionare. Non era particolarmente interessante – per lo più parlava del rinnovo di Nocturne Alley, un qualche tipo di opera di carità iniziale di Malfoy. Era proprio dell’inizio della campagna, prima che annunciasse l’entrata in politica, il che lo rendeva vecchio di quasi trent’anni. Il brillio che aveva notato era sopra la foto che mostrava un giovane e sornione Lucius Malfoy mentre dava la mano a un più che entusiasta commerciante.
Harry poteva ricordare Ginny che gli parlava di quel preciso effetto, quando pensava di orientarsi verso i giornali invece che sulla radio. Il brillio era indice che la foto era stata alterata dalla magia dopo la pubblicazione, che significava che potevi ricostruire la foto originale…
Beh, la curiosità uccise il gatto.
“Pictura restituatio,” mormorò Harry e diede un colpetto con la bacchetta.
L’inchiostro si sollevò dalla pagina e brulicò sulla carta come una colonia di formiche, cambiando e assumendo una nuova forma. Quando alla fine si posò, la foto era più o meno uguale.
A parte per i negozi sullo sfondo: tra loro figurava uno spavaldo Aconitum.
Non poteva essere.
Tom avrebbe dovuto avere solo cinque anni al tempo in cui quella foto era stata scattata e, a meno che non lo avesse costruito a quell’età, quella foto era sbagliata.
...O Tom lo era. [***]
Harry socchiuse di più gli occhi per osservare le finestre del piccolo, piatto negozio. E poco ma sicuro quello che stata vicino a esse e sogghignava sovraintendendo ai lavori era Tom, identico a quando quella mattina Harry gli aveva un bacio di commiato.
La bocca di Harry si spalancò in una piccola ‘o’ dallo shock e aggrottò la fronte mentre avvicinò un dito per coprire l’immagine del viso dell’altro. Ma no, quando lo tolse di nuovo era sempre lì. Il piccolo sorriso soddisfatto di Tom.
Poi realizzò.
Tom gli aveva mentito.
E tutto andò al suo posto, in qualche modo, magicamente. Come se avesse trovato l’ultimo pezzo del puzzle sotto il divano.
Tom era il burattinaio che muoveva il Ministro.
Non sapeva perché all’improvviso ne era così sicuro, ma lo era.
Qualcuno doveva aver contraffatto la foto e Tom era nella posizione ideale per raspare tra le sue cose. E Molfoy si era scusato solo dopo che Harry si era lamentato con Tom e quei recenti Emendamenti alla Registrazione… avevano ‘Tom’ scritto da tutte le parti.
Perché c’era Harry scritto ovunque in quei testi.
Aveva tutto senso: per quale altro motivo uno brillante come Tom lavorava in un negozio di fiori?
A meno che non fosse tutto ciò di cui si occupava.
Tom aveva mandato il gufo, quel fatidico giorno. Harry aveva anche rivisto quello stesso animale mentre svolazzava tra le gronde del negozio quando c’era Smith. Solo che non lo aveva ricordato.
Mendacium.
Harry non capiva perché Tom avesse apparentemente almeno sessant’anni, non capiva perché era coinvolto in tutto quel sotterfugio, non capiva perché – ma solo una cosa importava davvero.
Tom gli aveva mentito.
Harry doveva controllare se c’era qualcos'altro di sospetto.
Doveva sapere.
Scese le scale con i sensi offuscati, come in un sogno, guidato da una tremolante stretta sulla ringhiera. Girovagò per il negozio, stordito dallo shock mentre quello cadeva come un’onda di acqua gelida lungo la sua spina dorsale.
Non stava accadendo davvero.
Richiamò il Registro dei Fiori – se c’era qualcosa che meritava di essere trovato, sicuramente Tom lo teneva lì. E mentre scorreva il libro, ora che quel velo era stato sollevato, ora che poteva vedere, iniziò a riconoscere cose.
I fiori arancioni – portati con amore a Ginny alla vigilia della loro rottura – si attaccavano al nucleo magico di una persona e lentamente ne annientavano il sistema immunitario. Erano responsabili del collasso di Ginny.
Smith aveva mentito quando aveva detto che erano innocui. Certo che lo aveva fatto.
Harry a malapena si accorse di star collassando.
La pagina dopo mostrava i fiori rosa, quelli che aveva portato la sera prima dell’improvviso peggioramento di Ginny – causavano una rapida e dolorosa morte.
Tom aveva fatto tutto ciò.
E poi i Papaveri Spioni… i fiori che spiavano.
“Erano in quel primo mazzo,” soffiò Harry piano, inorridito. Erano i fiori con quelle adorabili faccette.
Tom aveva sentito tutto quello che Harry aveva detto dal momento in cui si erano incontrati.
“Stavo ascoltando, Harry. Tutto ciò che dicevi, in effetti.”
Quella voce non aveva mai fatto precipitare il cuore di Harry, ma in quel momento si voltò con qualcosa di simile all’orrore nel vedere il suo compagno appoggiato casualmente all’ingresso. Proprio come in quel primo giorno.
“Inizialmente,” ammise con facilità Tom, “avrei voluto più uccidere te.”
“Tom,” disse piano Harry, la sua voce come un singhiozzo. “Perché?”
“Perché sono stato io a inviare quel gufo, come sono sicuro avrai già capito,” scosse le spalle. “Quella prima lettera che ha dato inizio alla tua indagine. Ed ero curioso di vedere quanto lontano saresti andato e in quanto tempo avrei dovuto farti fuori. Ma puoi essere terribilmente affascinante, Harry, e i piani sono cambiati. C’erano… modi diversi in cui avrei potuto controllarti.”
“Controllarmi?” Harry rise in modo feroce. “Io sono innamorato di te!”
“L’amore è una cosa terribile,” Tom fece un sorriso perverso. “Probabilmente è la ragione per cui sei sempre vivo.”
“Hai ucciso tu Ginny?”
Tom non disse niente per un momento, guardando Harry come se il suo crollo fosse la cosa più intrigante che avesse mai visto.
“Tom,” ripeté Harry distrutto. “Hai ucciso tu Ginny?”
“Sì.”
Harry emise quello che voleva essere un ruggito ma che uscì più come un lamento. La sua testa pendeva, bassa, ma raccolse la forza per bisbigliare. “Ma… come sapevi che non sarei morto anche io?”
Tom si chinò in modo da essere alla pari con gli occhi di Harry, poi ghignò con noncuranza. “Il tuo medaglione, quel giorno. Quello che si è ‘impigliato’ nel gancio.”
“...Aveva i suoi capelli all’interno.”
“Era la cosa più semplice da rubare e, dopo, quello che restava da fare era legare il veleno alla sua firma magica. È stato dolorosamente semplice, Harry – mi hai reso tutto davvero troppo facile.”
Harry singhiozzò, i suoi arti che tremavano. Come aveva potuto, Tom, fare tutto ciò? “Non capisco. Perché tutta quella segretezza? Perché non hai semplicemente tentato di diventare Ministro come prima cosa?”
Si sentiva congelato sul posto, impossibilitato a muoversi mentre Tom si avvicinava sempre di più e alla fine si sedette accanto a lui, tirando Harry in un abbraccio laterale.
“Forse sarebbe potuta andare in modo diverso,” disse piano Tom, “se mia madre fosse morta più giovane. Forse sarei diventato Ministro, un simbolo per tutti. Ma sono andato in quell’orfanotrofio sapendo del Mondo Magico. Sapevo che un tocco leggero, una guida sottile e un burattinaio nascosto nell’ombra erano l’unico modo per governare davvero. Sono andato in quell’orfanotrofio conoscendo Albus Silente. E così ho iniziato a pianificare.”
“Ma perché fare il fioraio?” la voce di Harry era poco più di un sussurro.
“Perché mi piacciono i fiori. E chi sospetterebbe mai del fioraio?” lo stuzzicò Tom inarcando un sopracciglio. “Tu non lo hai fatto.”
Harry, ormai esausto, si rannicchiò a fianco di Tom, perdendo completamente il controllo dei suoi arti. “Ho finito,” mormorò. “Uccidimi e basta.”
“Non voglio ucciderti.” Tom sembrò genuinamente offeso, ma gli offrì comunque un sorriso. “Dobbiamo solo fare un piccolo passo indietro.”
Poi Tom tirò fuori uno degli ultimi fiori che Harry aveva riconosciuto e Harry iniziò finalmente a ribellarsi. Allungò una mano verso la sua bacchetta, ma Tom gliela strappò facilmente di mano e quella finì gettata sul pavimento.
“No, no, non voglio dimenticare -”
Tom lo zittì piano e resisté nonostante lo scalciare di Harry. O Tom era più forte di quanto Harry ricordasse o lui era già stato drogato con qualcosa. I suoi arti in effetti sembravano un po’ più pesanti del solito.
“No,” protestò e Tom gli poggiò un dito sulle labbra.
“Non dimenticherai le cose belle, te lo prometto,” gli assicurò. Poi gli tolse gli occhiali con mano attenta, gli portò un petalo blu con della polvere sopra davanti agli occhi e soffiò.
Fu come essere colpiti da una Pozione Soporifera e Harry si sentì crollare ancor prima che la polvere si posasse sulle sue guance.
“Perché?” chiese Harry, un ultimo sforzo prima di chiudere gli occhi e affondare in quel dolce oblio.
“Perché ottengo sempre quello che voglio,” disse Tom amorevolmente, premendo un caldo bacio sulle sue labbra. “E questo non cambierà presto.”
Quando Harry si svegliò il mondo pareva un po’ fuori-fase – più luminoso in qualche modo. Emise un gemito e si sfregò la fronte. Quello sì che era un mal di testa.
“Stai bene?” la mano di Tom passò nei suoi capelli e lui la sbatté via, intontito.
“N’n toc’armi,” borbottò e Tom gelò. “Mi fa male tutto,” si lamentò Harry e l’altro parve rilassarsi.
“Stavo facendo Levitare un vaso e ci hai sbattuto,” spiegò Tom, esitante, e Harry alzò gli occhi al cielo perché – sì, era una cosa da lui. Solo, ahi, no, non doveva muovere gli occhi perché faceva davvero, davvero male.
“Ho bisogno di un po’ di tè,” mormorò e provò ad alzarsi. Ondeggiò leggermente, come una tartaruga che cerca di raddrizzarsi, e poi si arrese.
“Ci penso io.”
Harry sollevò una palpebra e guardò Tom preparare il tè solo con l’uso della sua bacchetta, spedendo bustine oltre il bancone e verso l’acqua bollente in una sorta di strana danza irlandese. Tom faceva sempre sembrare la magia semplice – anche il viaggio della tazza che fluttuava nell’aria pareva un balletto.
Come Harry strinse le mani attorno alla tazza e prese un bel sorso, la sua testa si schiarì un po’. Lo spazio dietro i suoi occhi pulsava ancora, però. “Penso di avere una commozione.”
“Forse dovrei farti qualche domanda. Per vedere il livello di attività cerebrale,” suggerì Tom e Harry si disse d’accordo.
“Non può certo fare male,” borbottò. A differenza della sua testa.
“Come ti chiami?”
“Roonil Wazlib.” Fece una piccola pausa e poi alzò gli occhi al cielo sorridendo leggermente. “Scherzo – Harry James Potter.”
“E quand’è il tuo compleanno?”
“Il 31 luglio.”
“E qualcosa di più specifico: ti ricordi di quel gufo sospetto che hai ricevuto qualche mese fa, quando il sistema del Ministero prese un virus?”
“Non ho idea di che cosa tu stia parlando,” disse Harry piattamente. “Sei sicuro di non aver sbattuto tu la testa contro un vaso?”
“Forse questo era troppo specifico. Cosa pensi di Lucius Malfoy?” chiese Tom e la domanda parve stranamente penetrante.
“Malfoy è un coglione,” rispose immediatamente Harry e Tom rise con qualcosa che sembrava sollievo.
“Beh, presumo siamo d’accordo sul non pensarla allo stesso modo.”
“Già,” disse Harry con affetto avvolgendo un braccio attorno alla sua vita. “D’accordo sul non pensarla allo stesso modo.”
“Bene, credo tu non sia ferito – il che significa che puoi dormire. Si è fatto piuttosto tardi.” Tom gettò uno sguardo oltre la finestra, alla notte là fuori, che brillava più di quanto Harry riuscisse a ricordare. Si sentiva più leggero, più felice – non si sentiva così noncurante da anni.
“Sì,” mormorò Harry, riposando la testa sulla spalla forte di Tom. “Andiamo a letto.”
---- NOTE FINALI ---
[*] Qui in inglese giocava con la parola ‘boyfriend’. “all smiles for the new boy- for the new friend. Friend.” Non potevo mantenerlo, ma ho fatto del mio meglio.
[**] La frase inglese “And that, in the end, was that” può voler dire sia un semplice “e questo è quanto” sia avere una connotazione più “fatale”. Ho cercato di mantenere quell’ambiguità anche in italiano.
[***] Frase fantastica a cui non posso dare il valore che vorrei. In inglese dice: “this photo was wrong. …Or Tom was wrong.” Quindi non solo nel senso di Tom in errore ma proprio di Tom come persona sbagliata e distorta.