
09. Fuochi d'artificio
4 luglio 2001
I suoi amici si stavano comportando in modo strano. Era da qualche giorno che avevano ridotto le battute nei suoi confronti e non lo punzecchiavano per il fatto che stava uscendo con Natasha Stark. Uscendo davvero. Come una coppia. Anche se nessuno dei due aveva ancora dato una vera definizione a quello che stavano vivendo. Si conoscevano da davvero poco tempo, neppure un mese. Avevano però avuto qualche appuntamento. Più di uno. Quasi ogni giorno, se doveva essere onesto con sé stesso.
La prima volta Tasha lo aveva aspettato fuori dalla galleria d’arte dove lavorava. Era appoggiata contro il muro e guardava qualcosa sul cellulare. Sembrava una ragazzina qualsiasi che passava troppo tempo a messaggiare con le amiche.
“Signorina Stark, mi può fare un autografo?” Aveva visto il terrore nei suoi occhi a quella domanda e aveva riso. Lei non era stata altrettanto divertita, gli aveva detto. Aveva il terrore che qualcuno la riconoscesse per strada e la fermasse.
Aveva preso la metropolitana per arrivare fino a lì, aveva aggiunto, e stava scrivendo un messaggio a Jarvis per dirgli di essere arrivata sana e salva fino a Manhattan.
Era la prima volta che prendeva i mezzi pubblici, gli aveva detto mentre abbassava lo sguardo imbarazzata. Voleva fargli una sorpresa, e non voleva attirare l’attenzione presentandosi con una delle macchine che possedevano. Neppure farsi accompagnare da Jarvis, che l’avrebbe portata con una Rolls Royce Phantom.
Steve aveva soltanto sorriso. La trovava davvero carina per quel gesto. E non aveva resistito dal allungare un braccio e accarezzarle il viso.
Era tutto così strano, così ridicolo, ma quando Natasha Stark lo guardava sentiva davvero le farfalle nello stomaco.
E avevano passato la serata a Central Park, seduti su una panchina come una coppia di anziani. Avevano mangiato qualcosa e poi Steve l’aveva accompagnata a casa. Ancora una volta si era soffermato a guardare le sue mani. Erano così piccole. Sembravano così gracili, ma di questo si era presto ricreduto.
Il giorno dopo aveva passato il pomeriggio in quello che Tasha aveva chiamato il suo santuario, ma che in realtà era solo un’officina ai suoi occhi. C’era un braccio meccanico in un angolo che faceva più danni che altro e Tasha non faceva che insultarlo. Lo aveva costruito lei, gli aveva spiegato. Aveva vinto il primo premio alla gara di progettazione robotica con quel prototipo.
La osservava mentre smontava la sua preziosa moto. Se Bucky avesse scoperto cosa le stava permettendo di fare, lo avrebbe ucciso. Quella moto era preziosa per entrambi, anche se ormai era più lui ad usarla che Bucky. Osservava le mani di Tasha che si muovevano senza difficoltà mentre allentava bulloni e ispezionava con cura tutto quello che toglieva e glielo spiegava a voce alta. Ne sapeva davvero molto più di lui. Ed era solo una ragazzina. Una ragazzina dell’alta società per di più.
Le brillavano gli occhi. La osservava o non poteva non notare quanto le piacesse quello che stava facendo. E avrebbe tanto voluto avere con sé il suo blocco da disegno per poterla raffigurare in quel momento.
E quando aveva raccontato ai suoi amici di quel pomeriggio era stata la fine. Per Bucky e Clint quei tre appuntamenti, se così li potevano definire, erano la prova che stavano insieme. Almeno per quanto riguardava lui. Loro due non stavano con nessuno fino a quando le cose non si facevano serie. Clint spesso neanche quando le cose si facevano serie. Bucky aveva trovato Nat. E trovando Nat aveva trovato il suo angolo di paradiso.
“Potresti approfittarne per perdere la verginità.” Gli aveva detto il suo migliore amico mentre facevano la spesa per la grigliata del giorno dopo e Steve gli stava esprimendo i suoi dubbi sul frequentare Natasha Stark. Era tutto così strano e surreale che non riusciva a crederci che stesse succedendo davvero.
“L’ho già persa, Bucky.”
“Ultimo anno di liceo. Con il capo delle cheerleader. Come si chiamava?”
“Kristen. Ma non voglio parlare di Kristen.” Aveva messo una cassa di birra nel carrello. Tasha gli aveva detto di occuparsi del bere. Al resto ci pensava lei. Questo lo preoccupava. “Non so se sia la cosa giusta uscire con Tasha. Ci ha anche invitati a casa sua per domani.”
“La Stark Mansion ha la piscina e un giardino enorme. Quando mai ci ricapiterà di festeggiare il 4 luglio così, Stevie? E approfittane per fare sesso.”
“Ha 17 anni e usciamo da neanche due settimane.”
“Io credo nella regola del terzo appuntamento e voi ne avete avuti più di tre.”
“Non erano dei veri appuntamenti, Bucky.” Aveva sbuffato e guardato male il ragazzo che lo ignorava per scegliere altra birra da portare per il giorno dopo.
“Steve, tu le piaci e lei ti piace, non vedo dove sta il problema. E prima che tu dica qualsiasi cosa, ho visto come la guardi. Se c’è lei nei paraggi non le togli gli occhi di dosso. L’altra sera mi hai quasi fatto venire il diabete. E poi parli sempre di lei. Tasha ha fatto questo. Tasha ha detto quello. Se non ti conoscessi così bene da sapere che non credi nel colpo di fulmine, oserei dire che ne sei innamorato. Ma proprio cotto.” Bucky si era voltato solo allora verso di lui e gli aveva sorriso. Voleva dargli torto subito. Voleva dirgli che si immaginava le cose. Ma non ci riusciva. Perché forse non si stava immaginando tutto.
“Non siamo come te e Nat.”
“Guarda che Nat ci ho messo due mesi per invitarla anche solo a bere una cosa. Quella ragazza fa paura e lo sai anche tu.” Bucky aveva sorriso spingendo il carrello verso le casse. Avevano abbastanza alcool per almeno due dozzine di persone e loro sarebbero stati in 6.
“Ma ormai state insieme da più di un anno e per te è un record.” A lui non era mai successo. Le ragazze con cui stava si stancavano velocemente di lui e in un paio di mesi finiva tutto. Perché lui non era Bucky. Bucky conquistava tutte le ragazze su cui posava gli occhi. Lui non era così. Non ci riusciva proprio. Anche se negli ultimi anni erano molte le ragazze che gli si erano avvicinate.
“E tu hai stai uscendo con Tasha Stark, direi che mi hai battuto. Non stiamo parlando della figlia del fioraio all’angolo. Ma della figlia di Howard Stark.”
“Se la metti così mi ha fai venire un attacco panico. In questo preciso istante.” Era più o meno così sul serio. L’attacco di panico iniziava a farsi largo nei suoi organi interni che avrebbero finito per contrarsi in pochi attimi. Bucky aveva ragione. Cosa stava pensando di ottenere da quella storia? Era un qualcosa di impossibile. E loro non erano in un film. Non avrebbe mai potuto funzionare.
“Ehi, non sono un gran esperto in queste cose, ma il modo in cui quella ragazzina ti guarda è serio. E l’ho vista solo una volta da quando state uscendo.” Steve lo aveva guardato. Bucky era improvvisamente serio, e ricordava bene la serata di cui parlava. Lui era uscito con Tasha, e questa aveva insistito affinché raggiungessero Bucky e Nat. E lui non sapeva dirle di no, si era reso conto. “Può avere quell’aria sempre strafottente e arrogante, ma quando ti guardava le brillavano gli occhi. E posso dire lo stesso di te. Quindi per quel che vale, hai la mia benedizione. Sposatela, facci tanti figli, e goditi la sua futura eredità.”
“Eri partito così bene…” Aveva scosso la testa mentre il suo migliore amico scoppiava a ridere. Ma era felice che Bucky fosse dalla sua parte, nonostante non avesse idea cosa avrebbe comportato quella relazione con Natasha Stark.
❀❀❀
Ad aprire la porta quel mercoledì pomeriggio non erano stati né Jarvis né Tasha. Un ragazzo di colore, più o meno della sua età, aveva aperto la porta e lo aveva guardato male. Lo aveva scrutato in silenzio per qualche istante e solo allora aveva parlato.
“James Rhodes. Tu devi essere Steve, immagino.”
Steve gli aveva subito porto una mano, che l’altro ragazzo aveva stretto. Era il migliore amico di Tasha. Quello di cui lei parlava in continuazione. Quello di cui avrebbe potuto essere geloso in effetti.
“Proprio io. Scusate il ritardo, ma Clint a volte è peggio di una donna quando deve prepararsi.” Steve aveva indicato il ragazzo che stava dietro di lui, e Rhodes aveva sorriso.
“Nessun problema. Tasha è ancora in officina anche se è da un’ora che le ripeto di andare a cambiarsi. Forse ci raggiungerà tra un po’, speriamo. Dai, entrate. Ho acceso la griglia intanto che vi aspettavo.”
“Io voglio subito tuffarmi in piscina e bermi una birra fresca.” Clint era stato il primo ad entrare in casa e non se n’era stupito affatto. Lo aveva però visto bloccarsi subito all’ingresso e guardarsi attorno. Lo aveva fatto anche lui la prima volta in cui era entrato in casa Stark. Sembrava di essere in una villa uscita direttamente da un qualche film ed era la prima volta che entrava in una casa simile.
“Clint, stai attento a non rompere qualcosa. Non potresti mai ripagarlo.” Nat era entrata prima di Bucky che aveva chiuso la porta. Se era stupita dalla casa lo stava nascondendo fin troppo bene. Bucky al contrario osservava tutto con la bocca spalancata dallo stupore.
Lo avrebbe sfottuto a vita per questo.
“Steve, se vuoi provare a farla uscire tu dall’officina, ti prego, fallo.” Rhodes li aveva guidati fino al giardino e Steve ne era rimasto meravigliato. Nelle poche settimane che stava frequentando quella ragazza, aveva visto solo l’ingresso della casa e la sua officina. Ma ora che vedeva anche il giardino si rendeva sempre più conto che quello era un mondo a cui non credeva si sarebbe mai avvicinato, figuriamoci entrato. Molto probabilmente quello era tutto uno scherzo. Quella ragazza doveva essere annoiata e aveva trovato in lui un nuovo passatempo. Non poteva crederci che fosse davvero interessata a lui.
“Farò il possibile.” Aveva lasciato i suoi amici con Rhodes ed era sicuro che Clint sarebbe stato davvero il primo a buttarsi in piscina. Poteva già sentire le sue urla quando Bucky lo avrebbe raggiunto cercando di annegarlo.
Aveva raggiunto l’officina e sentiva la musica sparata a tutto volume. Aveva bussato ma ovviamente non aveva avuto alcuna risposta dalla ragazza che vedeva seduta a terra e che stava saldando qualcosa. Solo lei poteva continuare a lavorare il 4 luglio, quando tutti facevano festa e si divertivano. Ma forse quello era semplicemente il suo modo di divertirsi.
Era rimasto in disparte, osservandola senza darle fastidio fino a quando non l’aveva vista spegnere la saldatrice e spostare gli occhiali da lavoro. Studiava soddisfatta ciò su cui stava lavorando.
“Hai una casa piena di ospiti e ti nascondi qui?”
Tasha si era subito voltata verso di lui e il sorriso che aveva esibito aveva cancellato tutti i dubbi che aveva avuto fino a quel momento. Non era il sorriso da giornale di Tasha Stark. Era il sorriso di una ragazzina che amava passare le sue serate in un vecchio pub di Brooklyn.
“Steve! Quando siete arrivati?”
“Poco fa. Rhodes ci ha aperto la porta.”
Tasha gli era accanto in un attimo, e voleva tanto dirle qualcosa riguardo all’abbigliamento poco adatto da tenere in officina, ma era sicuro che gli avrebbe risposto che faceva troppo caldo, che quei shorts e la canotta erano fin troppo adatti e che aveva anche i guanti e gli occhiali. Ne era così sicuro che la cosa gli faceva paura visto che si conoscevano da così poco tempo.
“Avete portato la birra?” La ragazzo gli sorrideva e lui non poteva fare diversamente.
“Credo l’abbiano messa in frigo. Io sono venuto a prendere te.”
“Detta così, Steve.”
Aveva sentito le guance andare a fuoco non appena aveva notato il sorriso malizioso sulle labbra di Tasha. Doveva sapere di dover star attento alle parole che pronunciava in sua presenza. Quella ragazza sapeva essere peggio di Bucky e Clint messi insieme.
Tasha aveva ridacchiato, prima di mettersi in punta di piedi e dargli un bacio sulla guancia. E lui aveva agito d’istinto. Aveva passato un braccio attorno alla sua vita e l’aveva baciata. Sapeva di cioccolata e caffè, e questo non gli dispiaceva affatto.
“Steve, se mi baci così finisco per mandare a casa tutti.”
“Sei peggio di Bucky. Lo giuro.”
La ragazza aveva riso di nuovo e lui non poteva fare a meno di guardarla. Vederla ridere così gli piaceva. E di certo non l’aveva mai vista ridere così in televisione. Quando veniva ripresa era sempre seria e composta. Al massimo sorrideva in quel modo strano così tipico di lei. Ma non rideva. E doveva ammettere che gli piaceva vederla così spensierata.
“Andiamo prima che Rhodey venga a cercarci di nuovo.” Gli aveva dato un altro bacio e poi si era allontanata di un passo.
L’aveva seguita subito. Aveva osservato la sua figura minuta e un giorno le avrebbe davvero chiesto di posare per lui. Magari mentre lavorava.
❀❀❀
“Dunque. Tra poco farà buio pesto e io ho una sorpresa.” Tasha si era alzata dallo sdraio che stava occupando con lui e si era messa in un punto in cui tutti dovevano per forza guardarla. Sembrava che fosse nata per stare sempre al centro dell’attenzione e le veniva così naturale. “Una sorpresa per il nostro Steven, più che altro.”
Lo aveva guardato inarcando un sopracciglio e indicandolo con la bottiglia di birra che teneva in mano.
“Una sorpresa per me?”
“Se è uno spogliarello, io me ne vado.” Rhodes aveva mormorato dallo sdraio accanto al suo e sembrava stanco. Come se avesse avuto una lunga discussione al riguardo con Tasha.
“Quello era il piano B. Non rovinare tutto, Rhodey.”
Poco lontano da lui, Bucky aveva riso così forte che probabilmente aveva risvegliato anche i morti del cimitero più vicino. Che non era per nulla vicino. E forse loro avevano tutti bevuto troppo. Forse doveva alzarsi e recuperare Tasha per mandarla a dormire. Solo che era troppo carina mentre metteva il broncio ed arrossiva.
Avevano passato la giornata mangiando, bevendo, e giocando in piscina. Clint si era ustionato sotto il sole rifiutandosi di mettere la crema protettiva di Nat. Bucky aveva bevuto l’equivalente per il doppio del suo peso e rideva troppo per qualsiasi cosa. Rhodes si era dimostrato un ottimo babysitter quando si trattava di controllare cosa stesse facendo Tasha. E questa aveva fatto amicizia con Nat. Gli aveva fatto molto piacere vederle parlare in continuazione di qualcosa. Aveva paura di sapere cosa fosse il loro argomento di discussione e non avrebbe quindi indagato. Anche se il modo in cui più volte lo avevano guardato gli aveva dato un’idea.
“Bucky, stai zitto, altrimenti ti sparo nella vastità infinita dell’universo!”
Bucky aveva solo riso di più alla minaccia e Steve voleva solo fermarli entrambi. Tasha alzava la voce per farsi sentire e Bucky rideva sempre di più. Si chiedeva quando avessero fatto amicizia. Ma la risposta gli era venuta in mente subito dopo. Bucky sapeva della grigliata ancora prima che lui gliene parlasse. Dovevano essere stati in contatto per organizzare la giornata. E poteva esserci un solo motivo. Uno che lui non aveva preventivato perché non lo riteneva importante. Qualcosa che per Bucky era importante ogni anno e stranamente quell’anno non aveva ancora detto o fatto nulla.
“Stevie, hai la mia benedizione con questa pazza, sappilo. Vale il consiglio di prima. Sposatela, facci tanti figli, e spendi i suoi soldi!”
Il suo migliore amico aveva riso ancora di più, mentre la sua ragazza gli mostrava il dito medio e gli dava le spalle. L’aveva osservata chinarsi e trafficare con qualcosa. Lavorava sempre con qualcosa. Aveva quasi la sensazione che quella ragazza lavorasse anche mentre dormiva.
Voleva richiamarla. Voleva capire cosa stesse facendo per poi farla sedere di nuovo accanto a sé. Ma Tasha era sempre una sorpresa continua.
Giusto quando stava per aprire bocca si era sentito il primo botto. Aveva guardato in alto e il cielo era rischiarato da fuochi d’artificio colorati. Blu. Rosso. Bianco.
Quando l’aveva guardata di nuovo, Tasha era di fronte a lui. Sorrideva e lui non poteva fare altro che imitare il suo sorriso. Continuavano a sentirsi i botti, e il cielo era illuminato da decine e decine di fuochi d’artificio.
E lei se ne stava in piedi, e gli sembrava la cosa più bella che avesse mai visto al mondo.
“Buon compleanno.”