
Tradimenti e Nuove Alleanze
«Quindi secondo il tuo simpatico elfo domestico cosa dovremmo fare? Far finta di niente? Scendere urlando a tutti che sta per accadere qualcosa di brutto e che solo noi siamo, forse, protette? O barricarci nel tuo letto sino a quando qualcuno si farà qualche domanda e verrà a cercarci?» la voce fintamente calma di Ginny ricordava fin troppo quella di Molly, si trovò a pensare Hermione mentre un milione di pensieri le affollavano la testa.
«Ad Hogwarts i letti non possono essere stregati,prima o poi ci toccherà uscire» commentò automaticamente Hermione, alzando le mani di fronte all’espressione furiosa dell’amica «Ok, va bene, scusami. Dobbiamo avvertire Harry, qualunque cosa stia per accadere di certo riguarda anche lui, la Umbridge lo odia»
«Credi che ci sia lei dietro gli attentati alla sua vita?Onestamente mi sembrava fin troppo seccata l’ultima volta… o torniamo all’idea della Montemorcy?» incalzò la rossa, fremendo sul letto, era evidente che con ogni fibra del suo essere voleva uscire da quel dormitorio e correre alla ricerca dei suoi fratelli e di Harry.
«Devo avvertire Draco…e Pansy. Oddio, sicuramente qualsiasi cosa stia accadendo qualcuno a Serpeverde deve sapere qualcosa. Hai notato che la Bulstrode sembrava particolarmente intelligente ultimamente? Odore di catrame di betulla…ho fatto delle ricerche…non è niente di buono, Ginny»
«E quando pensavi di dirmelo, Hermione? O forse volevi prima parlarle prima con la tua nuova amichetta?» scattò la giovane Weasley. Poi,quasi immediatamente, sbuffò passandosi una mano tra i capelli. «Scusami, non volevo fare la figura dell’amica gelosa, ma per Godric Grifondoro… ce ne stiamo qui a fare nulla ed Harry, i miei fratelli, Neville e tutti i nostri amici sono lì fuori ignari … e giuro che se ribecco quell’elfo le spremo ogni goccia di pozione…»
«Aspetta… la pozione… ha detto esplicitamente che deve darla a me, te e Pansy. Perché? Cosa abbiamo in comune noi tre?»
«E Astoria… non l’ho mai sentita nominare tanto come oggi sebbene sia nel mio stesso corso da quattro anni. Certo, non è che di solito con gli inquilini dei sotterranei corra buon sangue, ma a quanto pare è diventata un po’ l’amica di tutti…anche se a Corvonero non fa piacere che si socializzi troppo con i Serpeverde.» Nello stesso momento in cui le parole le uscivano di bocca, una strana luce si era illuminata negli occhi di Hermione, la stessa che si era accesa anche nel suo cervello. «Fin troppo vero? E lei e la Bulstrode non sono le uniche strane ultimamente.»
Un’ombra di preoccupazione e tristezza passò sul volto di Hermione: se solo non fosse stata presa dalla sua stupida ed inutile gelosia, forse si sarebbe accorta prima del cambiamento dell’atteggiamento della Edgecombe. Avrebbe di certo notato quel dannato libro che la tormentava da settimane e che sembrava essere sparito dalla Biblioteca, neanche le sue suppliche a Madame Prince o le incursioni notturne con il Mantello dell’Invisibilità erano riusciti a farlo saltare fuori. Se non ci fosse stato il libro di Lucius Malfoy forse non ci avrebbe mai neanche pensato.
Con la speranza che lasci perdere quella stupidaggine di Beda il Bardo. Era stato l’appunto scritto con una calligrafia lineare e priva di svolazzi nella prima pagina che in un primo momento le aveva fatto venire voglia di andare sino a Malfoy Manor e tirarglielo in testa. Certo, poi aveva pensato che probabilmente avevano già inserito le protezioni anti mezzosangue e quindi a quel punto tanto valeva dargli una letta. D’altronde quando le sarebbe capitato di riprendere in mano una raccolta di favole magiche antiche che si diceva esistesse solo in pochissimi esemplari?
Una delle storie raccontava di una strana malattia che colpiva i maghi che sembravano perdere il lume della ragione. Ogni volta che qualcuno veniva attaccato perdeva un pezzetto della sua anima, fino a quando qualcuno non riusciva a liberarle, uccidendo l’ombra che si celava in una sorta di limbo.
«Hermione! Ginny!Dove diavolo vi siete cacciate? La Umbridge ha detto che tra mezz’ora ci vuole tutti in Sala Comune! Sbrigatevi»
Per Godric Grifondoro, doveva pensare e doveva farlo in fretta. Come diavolo avevano fatto a sprecare tutto quel tempo?
***
Da quando Lucius le aveva confidato della maledizione che incombeva su Draco le sembrava che niente fosse più come prima: il cibo era insapore e mangiava più per dovere che per reale fame, i fiori del giardino avevano perso ogni profumo, le ore si raggrumavano in un incessante tentativo di scoprire qualcosa, qualsiasi cosa, potesse spezzare quell’incubo..
Non era valso a nulla che Lucius le elencasse ogni singolo esperto di Arti Oscure che avesse contattato. E quel quaderno… come diavolo era finito in casa sua?
Dopo giorni e giorni di ripensamenti aveva trovato il coraggio di andare alla casa di Hogsmeade in cui Lucius aveva trovato il sigillo,la stessa di cui tante volte aveva sentito parlare Bellatrix da ragazza. Esattamente quando si era persa anche lei? Faceva fatica a ricordare l’esatto momento in cui Bellatrix non era stata più lei ma solo un involucro divorato dalla smania di compiacere l’Oscuro Signore. Chissà forse era stato proprio in quella casa. Quando Andromeda l’aveva accusata di aver sempre fatto finta di niente le aveva risposto che era lei a non capire, che non poteva sapere come avesse cercato di mantenere almeno un filo sottile con Bellatrix, incapace di perdere anche lei, troppo doloroso essere lei a distruggere anche l’ultimo brandello di promessa che si erano fatte.
Ora, però, seduta immobile con la testa reclinata sulle ginocchia, sentiva di dover ammettere almeno con sé stessa la verità. Andromeda aveva ragione: si era sempre girata dall’altra parte, accettando di ignorare la follia di Bellatrix e le azioni di Lucius, pur di non perdere l’unica cosa cui avesse realmente tenuto, l’unica che aveva sempre detto di volere nonostante la prendessero per pazza: la sua famiglia.
Aveva setacciato ogni angolo di quella stanza, cercando di allontanare i fantasmi del passato che le continuavano a farle visita, sussurrandole che era tutta colpa sua, che era solo una stupida troppo intenta a guardarsi allo specchio per rendersi conto di quello che stava accadendo, che tutto quello che era successo era perché si era messa in mezzo tra Cassandra e Lucius. Lo aveva messo subito in chiaro con lui: lei voleva una famiglia, proprio quella che lui sembrava così terrorizzato dal creare. Quante volte Andromeda e Bellatrix l’avevano presa in giro, dicendole che si comportava da irrazionale, che non doveva sprecare i suoi talenti solo per rinchiudersi a fare la moglie e la madre?
Non erano mai riuscite a capire davvero…lei non era come loro, non lo era mai stata. E adesso l’unica cosa che avesse davvero voluto nella vita, qualcosa che i suoi soldi e il suo nome non potevano comprare, ore le stava per essere strappato via: sarebbe stato meno doloroso se l’avessero lasciata morire quel giorno ad Hogwarts.
«Ci siamo già passate da questo punto, non credi?Tu con i capelli dritti sepolta tra fogli e pergamene. Ora, però, seduta nel mezzo di una camera da letto sventrata e setacciata in ogni angolo, sentiva di dover ammettere almeno con sé stessa la verità. Andromeda aveva ragione: si era sempre girata dall’altra parte, accettando di ignorare la follia di Bellatrix e le azioni di Lucius, pur di non perdere l’unica cosa cui avesse realmente tenuto, l’unica che aveva sempre detto di volere nonostante la prendessero per pazza: la sua famiglia? Peccato che visto che tuo marito ci ha trascinati fuori di casa neanche avesse un esercito di Auror alle calcagna, non sono neanche riuscita a prenderti qualcosa di dolce. Per Salazar Serpeverde, sembri non mangiare da giorni»
Narcissa alzò di scatto la testa, trovandosi di fronte i grandi occhi scuri di sua sorella che la scrutavano preoccupati. Era stanca, lo poteva dire dai solchi scuri che intravedeva dietro il trucco, così come dalla piega della bocca che non era riuscita a sorridere veramente. Ma il suo tono era dolce come quando da bambina le accarezzava i capelli sino a farla addormentare di nuovo dopo un incubo. D’istinto l’abbracciò stretta,lasciandosi stringere a sua volta nella rassicurante illusione che fosse anche quello solo uno scherzo della sua mente.
«I miei capelli non sono dritti. E neanche tu hai un gran bell’aspetto, sai?» mugugnò staccandosi dal suo abbraccio e dandosi una veloce sistemata allo specchio. «Hai detto che Lucius vi ha trascinati fuori… ti sei portata dietro Ted?»
«Mio marito e il padre di mia figlia scomparsa, dici? Nah… sono passata a prendere il primo babbano che mi capitava» la prese in giro la sorella alzandosi a sua volta, cingendole le spalle. «E ora andiamo, non ti fa bene stare in questa camera. Dobbiamo parlare di una cosa…Lucius non mai stato granché bravo a spiegare e l’unica cosa che ho capito è che avrei dovuto uccidere Cassandra nel bosco due decenni fa. Anche se non mi è ben chiaro cosa c’entri con mia figlia»
Narcissa tirò su col naso in modo molto poco signorile, cosa che non faceva da quando aveva all’incirca cinque anni «Credo che faccia parte del suo progetto di vendetta. Si vuole prendere Draco, ti vuole togliere Nymphadora…vuole distruggerci»
Un brivido corse lungo la schiena della maggiore delle Black… avrebbe davvero potuto evitare tutto quello? Sua figlia incinta sparita nel nulla era solo la conseguenza di una scelta razionale che aveva fatto nel passato? Forse avrebbe dovuto dare retta a Bellatrix quella notte, quando aveva proposto di farla sparire nella foresta per sempre o di farle fare la stessa fine di quella sanguesporco. Quello era stato il momento in cui Andromeda aveva definitivamente capito di averla persa per sempre: la fiamma ardente di Bellatrix era ormai fuori controllo, incapace di rimanere nei limiti del vivere civile. A dire il vero anche lei aveva provato ardentemente il desiderio di far fare a quella dannata strega psicopatica la fine che lei aveva pensato per Narcissa, se non peggio. Ma poi aveva pensato agli occhi di Ted quando gliel’avrebbe raccontato: l’aveva capita e persino aiutata quando aveva portato avanti un rituale di magia oscura ma uccidere una persona, una loro stessa compagna… non era certa che Ted non meritava di amare una persona simile.
Lo avrebbe pensato ancora, sapendo che la loro Dora era stata vittima di un gioco iniziato vent’anni prima?
«Quindi è lei l’anima malvagia di cui parlava Remus? Quella nascosta nell’ambra?» Ted era apparso sulla porta e le squadrava con uno sguardo indecifrabile. Per la prima volta da quando aveva incrociato la sua strada, Narcissa si soffermò a guardarlo senza chiedersi cosa avesse trovato Andromeda in lui: l’aveva sempre considerato di aspetto piacevole, nonostante il passare del tempo, ma non si era mai fermata a considerarlo, troppo inferiore nella sua mente rispetto alla sua meravigliosa sorella. Dopo averli visti insieme a casa loro, tuttavia, era cresciuta la consapevolezza di quanto si completassero e sostenessero a vicenda. Anche ora che era li fermo a guardarle con il viso segnato dalla preoccupazione di quei mesi, sentiva che irradiava una sorta di pacata fermezza che l’attirava inspiegabilmente.
«Quale ambra? Quale anima malvagia? Ma di cosa stai parlando?» chiese Narcissa stupita ma prima che potesse continuare con le domande venne interrotta da un grido.
«Tonks!» la voce di Lucius che urlava dal piano di sotto ebbe l’effetto di scuoterla dalle sue riflessioni. «Vieni immediatamente qui!Subito!»
Neanche quello sembrò scalfire la corazza di Ted che si limitò a sogghignare «Non preoccuparti,credo che siano appena arrivati i rinforzi..»
«Per Merlino, Ted… quando hai chiamato Sirius e Remus?» il tono di Andromeda era tra lo stupito e l’ammirato.
«Oh, credimi non è solo per infastidire tuo cognato, quello è solo un bonus»rispose calmo, spostandosi per far passare le due donne. «E’ giunto il momento di mettere tutte le carte in tavola: sappiamo che a voi non interessa nulla di Hogwarts e di Dora...»
«Ted!»
«Fammi finire, ti prego. Come dicevo non credo neanche per un secondo che se non foste stati in pensiero per Draco vi sareste degnati anche solo di muovere un dito. Ma visto che a quanto pare la scomparsa di mia figlia è collegata alla dannata ex fidanzata di tuo marito morta da un anno e, mi ci gioco quello che vuoi, alla vostra insana passione per la magia oscura e a quel verme che chiamavate Oscuro Signore, direi che posso persino passare sopra al fatto che tua sorella abbia ucciso i miei genitori.E posso persino tollerare di stare in una stanza in cui tuo marito evidentemente si è divertito parecchio da ragazzo e grazie alle sue pessime scelte ora ne paghiamo tutti le conseguenze» frecciò, facendo segno di seguirlo. «E quindi anche se dovessero venire tutti i Weasley voi ve ne starete buoni e direte tutto quello che serve per ritrovare mia figlia. Oppure il vostro prezioso figlio morirà… è questo che succederà, vero?»
«La sua anima verrà divorata pezzo a pezzo fino a quando non ne resterà nulla, grazie per avermelo ricordato» sibilò Narcissa furiosa ingoiando il rospo. Ma l’avrebbe fatto, si sarebbe persino umiliata a chiedere aiuto pur di salvare Draco. Sospirando richiamò il quadernino che aveva trovato in casa sua, passandolo ad Andromeda senza staccare gli occhi da Ted, quasi fosse pronta ad attaccare. «Direi che è il caso di considerare anche questo, allora… visto che sono praticamente certa che sia questo che ha dato il via alle aggressioni. Ma non lo toccare Ted…sai… alcuni oggetti non sono fatti per quelli come te»
«Quelli non attratti dalle Arti Oscure?» commentò sarcastico, mentre il sorriso di Narcissa si allargava in un sorriso di compassione.
«Natibabbani, per essere esatti. Non mi stupirei se Regulus avesse messo qualche incantesimo di protezione. In fondo non sarebbe il primo oggetto appartenente alla famiglia Black che provoca la morte di qualche Sanguesporco » celiò prima di superarlo e scendere le scale. Dietro di lei il grande letto a baldacchino dalle tende vermiglie iniziò a tremare, fino a ripiegarsi su se stesso come se fosse fatto di sabbia.
«Non dire niente… te la sei cercata.» lo ammonì Andromeda. Poi si avvicinò per dargli un bacio sulla guancia, prendendogli la mano. «Ed è stato magnifico.Da quant’è che ti tenevi pronto per una cosa del genere eh?E ora andiamo… Qualsiasi cosa accada non abbiamo più tempo».
***
Quando entrarono nella sala Grande la sensazione che provarono fu l’esatto opposto della prima volta in cui avevano varcato quella soglia la prima volta: se cinque anni prima ciascuno di loro, seppur provenendo da contesti sociali ed addirittura mondi differenti, si era sentito a casa, questa volta non c’era niente di familiare ad accoglierli.
I tavoli delle case erano ora disposti a ferro di cavallo attorno a quella che sembrava un’enorme vasca d’acqua proprio al centro della sala, mentre dal soffitto le solite candele fluttuanti erano state in parte sostituite da decine e decine di sonagli composti da semi di zucca che frusciavano spinti da un vento invisibile.
Pansy arricciò il naso al sentore acre e catramoso che sembrava pervadere la stanza. Ne era certa, era esattamente lo stesso che avevano sentito quel giorno a lezione di Pozioni. Non poteva essere una coincidenza, Piton non era certo tipo da fare cose a caso. E poi c’era qualcos’ altro…un odore di umidità, come se si trovasse in una caverna o in una delle prigioni della Residenza. E in fondo, giusto in fondo un odore di legno e di fumo. Eppure non vedeva niente bruciare
Lo sguardo spaziò verso il tavolo dei professori, leggermente rialzato rispetto a loro. La Umbridge era al centro, dietro al leggio con la fenice dorata ma non c’era traccia del loro Capocasa. O della McGranitt, tra l’altro. Il che era già abbastanza strano, senza contare il fatto che il ghigno del rospo rosa non lasciava presagire nulla di buono.
«Prego sedetevi» chiocciò la Umbridge benevola, quasi li stesse invitando alla cena di Natale. Cosa diavolo stava succedendo? Quella brutta sensazione alla bocca dello stomaco peggiorò notevolmente quando, dopo qualche secondo, il ghigno della Umbidge si fece ancora più inquietante. Forse aveva ragione la Montmemorcy, avrebbero semplicemente dovuto rinchiudersi nella stanza delle necessità e tanti saluti a chi era rimasto fuori.
Istintivamente il suo sguardo si spostò verso il tavolo dei Grifondoro, alla ricerca di Ron e dovette impedirsi di sorridere quando notò che anche lui la stava cercando nella sala.
Doveva avvertirlo, stava per accadere qualcosa di terribile e lei non sapeva cosa fare. Per tutta la vita era scappata da situazioni come quelle e ora… ora ci si era ficcata volontariamente.
Per la seconda volta, per giunta. Non le era bastato il viaggio nel passato quando avevano rischiato di farsi staccare la testa da Bellatrix nei corridoi delle segrete di Malfoy Manor?
Già il passato.. era vero c’era un modo con cui poteva cercare di comunicare con Weasley…lo stesso che aveva già usato con successo. Certo, non gli sarebbe affatto piaciuto ma d’altronde neanche lei era esattamente entusiasta della piega che stava prendendo la serata. Anche se doveva ammettere di aver provato una certa soddisfazione quando aveva visto il suo straccione preferito toccarsi l’avambraccio come se bruciasse.
La Umbridge era una dilettante con le sue frasi incise sulla pelle. Non era niente di nuovo. O almeno niente di nuovo per qualcuno cresciuto come era stata cresciuta lei.
Certo, poteva essere un filo più discreto ma la Preside sembrava presa da tutt’altro, incapace di staccare lo sguardo dall’anello con la grossa goccia d’ambra che continuava a toccarsi nervosamente.
Ora doveva solo sperare che la Granger fosse davvero la strega più intelligente della sua generazione. E in quel momento la Natababbana, come se fosse la cosa più naturale del mondo, tirò fuori dalla sua borsa una peonia e se l’appuntò tra i capelli, usandola come con quella pessima abitudine di usare le matite al posto degli spilloni per capelli, esattamente identica a quella che Draco aveva regalato alla madre nel passato, scatenando la gelosia di Lucius.
.E brava Granger… forse davvero era intelligente come dicevano tutti. Ed iniziava persino ad avere buon gusto.
L’intera sala era avvolta in un’aria tesa tanto quanto quello che aveva seguito la mattina della notizia della morte di Lisa Turpin, tutti gli sguardi rivolti al grande dipinto alle spalle della Umbridge: era una riproduzione fedele del Castello di Hogwarts e allo stesso tempo sembrava un luogo del tutto diverso, con i muri di pietra squarciati e avvolte da fiamme nere che si innalzavano nel cielo. A quella visione Hermione sentì torcersi lo stomaco… scambiò un’occhiata con Pansy, di fronte a lei altrettanto tesa.
«L’arredatore precedente era più bravo, dobbiamo ammetterlo» dal tavolo dei Grifondoro la voce di Fred Weasley si era distinta nel silenzio.
«Decisamente. E poi mi sembra un po’ vuoto il tavolo lì in fondo, non è vero Preside? Dove è la McGranitt? E Piton? Non mi dica che gli ha dato il giorno libero» aveva commentato sarcastico George strappando una risata ai suoi compagni.
«Silenzio!Non è il momento per fare commenti fuori luogo. Cosa ne volete capire voi di arte…voi sporchi…» ma non finì la frase, all’ultimo sembrò riacquistare un minimo di contegno, sforzandosi di sorridere mentre l’insulto le rimaneva in gola.« La professoressa McGranitt e il Professor Piton sono…impossibilitati a venire, al momento. Ma sono certa che alla fine saranno decisamente soddisfatti. E ora, vi prego di fare silenzio… oppure posso incollarvi la lingua al palato, che ne dice Signor Gazza? »
La luce maligna di soddisfazione negli occhi del custode non aveva bisogno di spiegazioni.
«Stupido magonò» borbottò Draco accanto a Blaise,rigirandosi nervoso l’anello che aveva ripreso a portare alla mano sinistra. Il cambiamento non era sfuggito.
«Non ti sarai rimesso con la Sanguesporco, vero?» chiese Goyle lanciandogli un’occhiata sdegnata.
«Sta zitto Greg, mi basta un maiale parlante per oggi.Che vuol dire che Piton è impossibilitato?Lui non è mai impossibilitato. Mai. E la McGranitt? Avrà cent'anni e non ha mai saltato una cena qui a scuola».
«C’è sempre una prima volta…o forse sono scappati insieme? Non vedi quanto sembra incazzata la Montmorency? Cazzo, non credevo possibile che una come lei stesse con uno come…»
«Sta zitto»
Blaise aveva osservato la scena con il solito distacco…eppure era così strano che sia Draco che Theo avessero reagito in quel modo nello stesso momento. Certo, Draco non aveva mai avuto un bel carattere neanche da bambino e, soprattutto, aveva sempre odiato quando qualcuno lo interrompeva mentre parlava. Ma Theo…che diavolo stava succedendo? E perchè Pansy continuava a guardare nervosamente verso i dannati Grifondoro.
Spaziò con lo sguardo lungo i tavoli, rendendosi conto che non erano solo i due Capocasa a mancare. Da loro non c’era traccia di Millicent ed Astoria, un connubio piuttosto improbabile per pensare che stessero insieme ad intrecciarsi i capelli.
Se solo si fosse mai preso la briga di imparare i nomi degli altri studenti…forse si sarebbe reso conto che in ogni tavolo che mancava più di due studentesse.
Il rumore sordo ed inquietante dei sonagli di zucca divenne sempre più assordante,unito a quell’odore umido e canforato della Sala, provocandogli un moto di nausea che cercò di respingere concentrandosi su tutto quello che di sbagliato c’era in quella stanza.
«Prego, ragazze, venite pure, prendete posto. E’ quasi l’ora» squittì la Umbridge passando soddisfatta in rassegna tutti i tavoli mentre sei ragazze, tra cui le sue due compagne di Casa disperse facevano la loro entrata, vestite con lunghi abiti da sera fittamente decorate, con al collo di ciascuna un medaglione d’argento con delle grandi ali incise.
Istintivamente lo sguardo tornò a Theo,ancora più pallido del solito eppure impassibile, anche quando gli aveva sussurrato in tono appena udibile Quando te lo dico, scappa,senza staccare lo sguardo dalle otto ragazze.
Le ragazze si erano disposte a gruppi di due lungo il perimetro della vasca: Millicent ed Astoria erano di fronte a loro , unite da una linea invisibile ad altre due studentesse di cui non sapeva neanche di che Casa fossero dall’altro lato della vasca, accanto alla Umbridge. Ad est del centro c’erano invece le due lamentose Grifondoro di cui Pansy si lamentava sempre.
Blaise deglutì a vuoto, lanciando uno sguardo a Draco seduto poco distante che si limitò ad annuire. La cosa che lo preoccupava però di più era Pansy. Le aveva già visto quello sguardo…la sera che era tornata da lui dopo aver ucciso il padre.
Ma che cazzo avevano fatto quei tre?
***
Era uscito alla ricerca di aria, tenendo tra le mani il quaderno che era appartenuto ad un fratello con cui non aveva scambiato una parola da quando era andato via di casa senza guardarsi indietro, chiedendosi se forse non lo avesse sottovalutato. Senza studenti Hogsmeade sembrava vuota. Aveva girato a lungo ma alla fine era ritornato nel giardino della Villa della Carrow, fermandosi su una panchina nel giardino.
«E’ un incantesimo davvero potente. E pensare che non aveva neanche vent’anni quando l’ha scritto» Remus si era affiancato a lui senza dire una parola sino a quando non aveva sentito la sua corazza creparsi impercettibilmente.
«E’ un maleficio, Ramoso, copiato da una stupida favola che ci raccontavano da bambini. Qualcosa per cui una ragazzina è morta. Ed ancora una volta è tutta colpa della mia famiglia» commentò senza voltarsi a guardarlo.
«Ma Regulus non l’ha mai usato, anzi… non ti pare strano che questo quaderno sbuchi improvvisamente dal nulla dopo tanti anni? Credo che abbia fatto di tutto per proteggerlo» tentò di nuovo l’amico senza però riuscire a superare la sua delusione.
«Si, certo… tu non lo conoscevi Remus.Lui non era…»
«James Potter?Oh sta zitto Sirius… sei sempre il solito egoista e pallone gonfiato»
Non l’aveva sentita arrivare, troppo immerso nella sua cupa disperazione.E ora sua cugina minore era davanti a lui, con gli occhi azzurri fiammeggianti di rabbia. Se non fosse stato per l’altezza, i capelli e la mancanza di sangue sui vestiti avrebbe potuto scambiarla per Bellatrix.
«Detto da te, Narcissa, è quasi un complimento. Mi vuoi forse dire che tu invece lo conoscevi? Che ti sei presa il tempo di stare con lui, tra un ricevimento e una tortura?» di fronte alla sfida gli occhi di Sirius erano tornati a brillare gelidi.
«Insultami quanto ti pare, razza di sfigato. Ma non osare mai più parlare male di Regulus. Se ti fossi preso la briga di leggere quello che ti ho dato avresti visto che ha messo un meccanismo di protezione, possiamo salvarli.»
«Narcissa ha ragione, non tutto è perduto, dobbiamo trovare l’anfora dove confluiscono le energie di chi viene maledetto e tutto sarà finito. Liberiamo chi è prigioniero e tutto tornerà come prima»
«Il problema è solo arrivare ad Hogwarts, a quanto pare non sarà così facile»
«Malfoy, puoi anche camminare sai? Non ti farà male, non mi sembri in gran forma.»
Lucius scosse la testa guardandolo con sufficienza, poi senza dire una parola guardò Andromeda con fare eloquente.
La donna alzò gli occhi al cielo, esasperata ma Ted fu più rapido: «Per una volta ha ragione… siamo andati a dare un’occhiata al punto più vicino in cui ci si può smaterializzare… »
«E’? C’è per caso un cartello con su scritto vietato ai genitori preoccupati?Andiamo Ted, avrai pur fatto di peggio in vita tua. In ogni caso non preoccuparti… andiamo io e Remus, tu resta qui con queste serpi»
Ted non mosse un muscolo,limitandosi a ghignare «Prego, vai. Ti aspetto qui. Scommettiamo che tra dieci minuti sarai di ritorno?»
Dannazione, non era affatto un buon segno. Senza aspettare altro Sirius si smaterializzò.
E come previsto non erano buone notizie.
Cazzò, pensò. Cazzo ci avevano messo troppo.
Remus apparve di nuovo accanto a lui, come sempre, limitandosi a fissare con aria preoccupata quella che fino a quel momento era stata la visione di un posto conosciuto e amato.
«Hanno licenziato il giardiniere? Tagli al budget?» si limitò a commentare gettando via la sigaretta prima di farla sparire stizzito.«Cazzo, quando sono entrato da evaso giuro che era stato più facile…»
A quel ricordo Remus non poté fare a meno di sorridere. Ma durò solo un minuto, poco dopo entrambi i maghi si trovarono a guardare preoccupati la fitta rete di rovi scuri che si erigevano contro una muraglia sinuosa e sibilante davanti a loro.
«Non basterà qualche Incendio, vero?» chiese Sirius poco convinto.
Remus scosse la testa «No, decisamente no. E ora che facciamo?»
Sirius diede un’occhiata al suo orologio da polso, l’ultimo regalo di Fleamont Potter per il suo diciassettesimo compleanno «Aspettiamo sette minuti e poi torniamo e cerchiamo di fare gli adulti responsabili»
«Dici sette minuti perché ne sono già passati quattro e quindi hai superato il limite di dieci che ti ha dato Ted?»
Sirius scrollò le spalle, accendendosi una nuova sigaretta con noncuranza «Ovvio, Ramoso. Non mi piace la piega che sta prendendo mia cugina… sta passando troppo tempo con quei due stronzi. E Ted la segue a ruota…da quando parla con Malfoy? Che spreco di tempo»
Un plop leggero «Disse quello che si nasconde come un bambino di cinque anni. Muovi il cu lo, Sirius, c’è un posto dove dobbiamo andare»
«Ma che linguaggio…E dove di grazia?»
Andromeda sorrise, dandogli un pizzicò sul braccio «In un posto dove chi chiede aiuto lo trova sempre… a casa della Professoressa McGranitt e del suo defunto marito,se proprio lo vuoi sapere.»
«Direi che ne abbiamo decisamente bisogno…cosa diavolo è quello?». Non c’era traccia di ironia o di scherno nella voce di Sirius, non davanti alla visione di un grosso serpente nero ti che si avvicinava con sempre maggiore velocità ad Hogwarts. Il grosso cane nero argentato scaturitò immediatamente dalla bacchettà si infranse contro lo spesso strato di rovi, dissolvendosi in una nebbia lattea.
«Ma quelle sono…» chiese Andromeda sbattendo le palpebre e sperando che la stanchezza e la preoccupazione le stessero giocando un brutto scherzo. Quelle squame, erano troppo vive, troppo brulicanti per essere solo un’illusione o qualche riverbero. Le decine di migliaia di falene dalle grossi ali carnose e scure si muovevano all’unisono, fremendo di energia repressa.
Poi con un un ultimo sibilò che fendette l’aria, il mostro si lanciò su Hogwarts, sparendo all’interno delle mura antichissime, mentre la barriera davanti a loro diventava sempre più fitta quasi a non voler permettere che neanche un soffio d’aria potesse raggiungerli.
«Spero che tu abbia ragione, Andromeda…lo spero davvero» commentò di nuovo Sirius senza riuscire a staccare gli occhi dal castello.
La strega si morse il labbro, scambiando appena uno sguardo preoccupato con Remus.
«Lo spero anche io, Sirius. Lo spero davvero»
***
La Umbridge sorrise, il volto distorto dall’eccitazione, mentre tra le mani rigirava il grande anello dorato con l’ambra. Si avvicinò a piccoli passettini, i tacchetti che riecheggiavano nel silenzio innaturale della sala grande.
Si girò verso la platea, allargando le braccia con fare materno:
«Miei cari ragazzi… tra poco il nostro caro Cedric tornerà tra di noi e la scuola tornerà alla normalità. Niente più minacce di distruzione, nessuna oscura profezia falsa a turbare le vostre giovani menti» pigolò soddisfatta attendendo un’ovazione che tuttavia non avvenne. Strinse le labbra dipinte di rosa mostrando il suo disappunto, poi si rivolse a Cho alla sua destra che si torceva le mani, guardando i suoi compagni avvolti dai rampicanti con crescente terrore «Oh andiamo mia cara, non fare così... ci vuole un po’ di impegno per realizzare i nostri desideri , lo sai vero? E smettila di piangere, non mi pare di averti chiesto nulla di così sconvolgente… hai fatto solo un servizio alla scuola. In fondo il professor Flitwick aveva davvero bisogno di riposare» sorrise rivolgendo un cenno a Vicious, pietrificato in terra accanto al tavolo dei Corvonero, ai piedi della ragazza con la bacchetta ancora in mano.
«Traditrici schifose» ruggi Angelina dimenandosi mentre i tralci di edera si stringeva sempre di più attorno al collo sottile.
«SIlenzio , signorina Johnson…questo è un momento di gioia. E il tuo caratteraccio non ti porterà a nulla di buono.» la riprese la Umbridge scuotendo la testa, poi si rivolse verso il tavolo di Tassorosso «E se spera nell’improvviso arrivo della sua cara professoressa McGranitt mi dispiace dirle che al momento è un filo impegnata. Vero signor Finnegan?»
Seamus aprì e chiuse la bocca senza emettere un suono, solo i grandi occhi castani che si allargavano in preda al terrore, come se si risvegliasse da un incubo.
«E ora.. vi prego di concentravi. Ho bisogno della vostra piena concentrazione. Vi ricordo che in caso di collaborazione in questo momento della scuola non ci sarà possibilità di giustificazione. Chiunque cercherà di ostacolare il ritorno del vero campione della scuola sarà Eliminato. Fisicamente intendo»
Si avvicinò ancora di un passo, mentre la selva di rampicanti attorno a lei sembrava avvilupparsi tra i tavoli come serpenti.
«Eh mai che diavolo…»Ron cercò di prendere la sua bacchetta ma un ramo marrone scuro gli avvolse il braccio, legandolo stretto alla panca.
«Molto sciocco, signor Weasley» chiocciò la Umbridge con un sorriso sempre più grande. Poi si avvicinò alla grande vasca di acqua scura che ora ricopriva la parte centrale della sala comune,facendo segno ai ragazzi agli angoli di fare lo stesso. Lavanda, Daphne, e Hannah rabbrividirono nelle sottovesti di seta bianca, troppo leggere in quella sera di maggio troppo fredda per essere normale, le sottili corde di luce provenienti dalle bacchette di quelle che erano le loro compagne di casa che rilucevano come metallo.
«Muiono le mandrie, muoiono i parenti, tutti sono mortali» Ma il buon nome di colui che ha fatto del bene non muore mai.Muiono le mandrie, muioiono i parenti, sono tutti mortali. Una cosa conosco che non muore mani: la gloria di chi è morto grande*» disse gettando l’anello nell’acqua, che inizio a vorticare, violacea e densa.»
«E ora mie care fanciulle è tempo di passare al passo successivo. Forza gettate in acqua i recipienti »disse sorridendo battendo le mani eccitata come una bambina la mattina di natale.
Lavanda si girò verso Cali, immobile a pochi passi da lei «Ma di cosa diavola parla? Quali recipienti?» pigolò.
Padma le sorrise, i grandi occhi scuri che si addolcivano per un attimo. Le si avvicinò fino a stringerla, accarezzandole i lunghi capelli biondi.
«Andrà tutto bene, Lavanda. Sei speciale, lo sai, vero? Lo sei sempre stata» le sussurrò in un orecchio. La ragazzina si rilassò nell’abbraccio dell’amica, smettendo di lottare contro quella forza che la spingeva verso il bordo della vasca. Per questo neanche se ne accorse quando lo sguardo di Padma si fece duro come l’acciaio. Pochi secondi dopo e sentì il suo corpo farsi così leggero da staccarsi dal suolo, il rumore viscido del gorgo che si faceva sempre più vicino.
Poi l’impatto con l’acqua, una mano vischiosa che la trascinava a fondo, i polmoni che si riempivano di quel liquido bollente come lava. Cercò di lottare per tornare in superficie, l’eco delle urla di terrore della Abbott che le arrivavano come attraverso un muro di gomma.
Infine il buio si impadronì di lei, mentre le sembrava di sprofondare in un abisso senza fondo.