Moth Goth

Harry Potter - J. K. Rowling
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Moth Goth
Summary
Finalmente Draco ed Hermione sono pronti a rendere pubblica la loro relazione e a concludere in pace il quinto anno, schivando al massimo qualche gossip. Ma una maledizione sta per abbattersi su Hogwarts, tra succubi, omicidi, incubi in rosa...e ovviamente il tentativo di far fuori il Bambino Sopravvissuto.
Note
https://www.pinterest.it/Flo_flo_fy/moth-goth/ .Anche in questo caso ho fatto un'unica bacheca Pinterest dalla quale prendere ispirazione che ti lascio qui, nel caso ti venga voglia di capire un po' il mood di questa storia.Sarà anche questa decisamente Serpeverde e con un Draco infantile e capriccioso continuamente alla ricerca di conferme?Decisamente sì.Ci saranno morti e torture? Certo.Troverai mischiati elementi dei libri, dei film e riferimenti a head e fan canon in ordine sparso e assolutamente non coerenti con l'originale? Ovvio.Infine come sempre ci saranno rifermenti alla cultura celtica, alle saghe, al voodoo e tanto altro ma nessuno di questi va preso alla lettera e soprattutto non è inteso a sminuire alcuna filosofia, religione o tradizione. Semplicemente è un gran calderone in cui butto tutto quello che mi ispiraAl momento in cui sto pubblicando su ao3 su efp ho pubblicato sino al capitolo 10.Entro venerdi , quando ci sarà il prossimo aggiornamento, caricherò anche qui i capitoli mancanti.. poi i due siti saranno aggiornati contemporaneamente.
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Un solo passo per cadere. Un solo passo per capire.

«Oh andiamo, muoviti! Alla preside non piace che stiamo qui a perdere tempo e guardare quattro quadri inutili.Non vorrai mica farci finire tutti in punizione, vero?Ehi Weasley, fai attenzione… … i miei libri» imprecò Marietta Edgecombe mentre saliva insieme ad Ava e Cho verso la torre Ovest.

«Ops… sai com’è… senza allenamenti sto perdendo il mio senso dell’equilibrio» disse Ginny scusandosi con talmente tanta poca convinzione mentre scendeva verso Luna, rimasta imbambolata davanti ai quadri, che neanche si premurò di fingere di essere dispiaciuta. 

In realtà  la sua intenzione era quella di sgattaiolare verso  la Stanza delle Necessità. C’era infatti qualcosa che non le tornava in quella stanza e non era il fatto che l’avesse trovata Neville per caso un paio di anni prima e che da allora fosse stata usata per lo più per incontri clandestini. C’erano stati un paio di episodi che non le tornavano: maledizioni che venivano deviate all’ultimo, cibo mai visto ad Hogwarts prima che continuava ad apparire dal nulla, la sensazione che qualcuno li osservasse. E c’era un’altra cosa che aveva notato: accadeva sempre e solo quando erano presenti i Serpeverde. Ed era assolutamente certa di aver trovato un fiocco rosa dietro la poltrona dove era seduta Hermione, una volta. Ovviamente la sua razionale e attualmente impegnata nel tentativo di rovesciare il regime della Umbridge amica sembrava non averlo notato. Così come non aveva notato che era evidente che tra Draco e Theo ci fosse della tensione. E che Fred e George fossero fin  troppo tranquilli per non stare tramando qualcosa, ma quello di certo era l’ultimo dei problemi.

Era li, a pensare a come superare il fiume di studenti che sembravano aver preso d’assalto le scale per tornare ai dormitori, quando aveva sentito una serie di commenti sprezzanti da parte di alcune ragazze di Corvonero rivolti verso Luna. Le piaceva Luna, e non solo da quando aveva preso parte all’Esercito di Silente. Le era piaciuta dal primo anno, quando erano salite sulla stessa barca e aveva passato l’intera traversata del Lago con il naso all’insù e con addosso quegli assurdi occhiali rosa. Le era piaciuta ancora di più quando era stata l’unica a non trattarla come una povera derelitta dopo la questione del diario di Tom Riddle. Si era solo seduta accanto a lei in infermeria e le aveva fatto domande sul diario, sinceramente incuriosita.Senza quella traccia di rimprovero per essere stata così stupida da non bruciarlo appena era apparsa la prima parola. Anzi se n’era uscita con un “figo” quando le aveva detto che quel ragazzino sembrava capirla «Forse a quel tempo era ancora normale. Beh non proprio normale… diciamo non così… Voldemort»

Era stata la prima volta che aveva riso di cuore da tanti mesi, la morsa gelida che le stringeva il petto ogni volta che pensava a quello che sarebbe potuto accader che si scioglieva., mentre Luna cercava di togliersi le perline colorate che le si erano incastrate tra i capelli, una maglia rosa con un vermicolo africano color verde acido disegnato sopra, e una scarpa sola…l’altra dispersa chissà dove.

Per questo aveva trovato sempre piuttosto irritante il modo in cui la trattavano le sue compagne di casa. Aveva cercato anche di intervenire qualche volta, ma Luna l’aveva sempre fermata, incapace di portare rancore. O forse era troppo superiore persino per accorgersi di quelle frecciatine.

Lei no però e non aveva alcuna intenzione di diventarlo a breve. Anzi, si complimentava con sé stessa per non aver buttato quelle due direttamente giù per le scale, esattamente come Fred e George le avevano insegnato a fare da bambina. E al diavolo i libri, tanto ormai era evidente che la loro preparazione in Difesa contro le Arti Oscure quell’anno fosse  andata a farsi benedire.

C’era qualcosa però di strano nel modo in cui la Edgecombe si era quasi buttata a rincorrere il libro che era scivolato lungo i gradini di marmo. Perché non aveva usato un accio?

Tante ore di esercitazione e poi aveva i riflessi di una lumaca carnivora. N, non era esatto… sembrava quasi assente, uno strano sguardo negli occhi.

Le ricordava qualcosa..no qualcuno…

Ma certo! Il pomeriggio in cui Ron era apparso sul campo da Quidditch sbraitando come un matto contro lei ed Harry. Gli stessi movimenti rallentati, di pochissimo eppure il suo occhio abituato a prevedere le mosse degli avversari non la ingannava. La scala decise di muoversi in quel momento ruotando sino ad incastrarsi bruscamente con il pianerottolo del corridoio dal lato occidentale, poco prima del corridoio dell’aula di Trasfigurazione da dove stavano sciamando gli studenti del quinto anno preceduti da un corrucciato gatto fulvo dalle ragguardevoli dimensioni ed un carattere affatto conciliante.

A riprova che la sua nomea non fosse affatto immeritata Grattastinchi superò agilmente una serie di studenti, facendone inciampare più di qualcuno, prima di saltare soffiando e ringhiando neanche fosse un cane da guardia sino a giungere ai piedi della scalinata. Annusò con fare sospettoso la pila di libri che era ora distesa in terra, cercando di mordere la Corvonero che tentava di riprendersi le sue cose.

«Ma di chi diavolo è questo gatto indemoniato?» si lamentò Marietta, evitando per un soffio che gli artigli del felino  mettessero in atto quello l’accusa che gli si era rivolota, guardandosi attorno alla ricerca di aiuto.

Ginny si accovacciò dietro la balustra, fingendo di doversi allacciare le scarpe e sbirciando attraverso le fessure di legno, sperando che nessuno l’avesse vista. Di certo Grattastinchi era noto per non essere proprio un gatto amichevole ma quella reazione era esagerata persino per lui. E già in passato aveva dimostrato di avere un ottimo intuito… forse se davvero gli avessero permesso di mangiare Crosta a quest’ora sarebbero stati a programmare le vacanze estive e a pensare alla finale della Coppa di Quidditch della scuola.

«Credo che sia solo nervoso. Come i quadri… vedi? Sono sempre più scuri, Astoria aveva ragione» Luna aveva sceso le scale saltellando continuando ad osservare i pochi dipinti rimasti alle pareti di Hogwarts e che erano sopravvissuti alle manie della Umbridge. Poi si era rannicchiata sulle ginocchia all’altezza di Grattatastinchi, i lunghi capelli biondi che le ricadevano davanti gli occhi. Rimase immobile per qualche secondo, quasi stesse ingaggiando una conversazione privata. Qualunque cosa fosse, parve funzionare perchè, seppur di malavoglia e con un ultimo miagolio di disappunto, il felino si spostò dal libro, prima di girarsi sdegnato e iniziare a correre verso i piani inferiori, mentre Luna si rialzava porgendo il libro a Marietta che quasi sembrò strapparglielo dalle mani.

«Smetti di parlare con i Serpeverde. Non ne esce mai nulla di buono. Chiedilo alla Granger se hai dubbi» sibilò con acrimonia Ava Quirditch, apparsa dietro Marietta «E se Merlino vuole, da domani non dovremmo neanche più lavorarci insieme, finalmente questa stupida farsa del lavoro in coppia finirà»

«A me piace Astoria. E’ divertente» si limitò a rispondere Luna con una scrollata di spalle «Interessante il tuo libro comunque, me lo presti? Mi piace il disegno del cavallo»

Marietta non rispose limitandosi ad alzare gli occhi al cielo, prima di affrettarsi verso la sala comune eppure anche da dietro il suo nascondiglio a Ginny non era sfuggita la sua espressione turbata. Né il modo il cui la Qurditch le stringeva il braccio,cupa in volto.

E Luna aveva ragione, c’era qualcosa di strano nei quadri: la maggior parte era vuota e liì dove fino a poco tempo fa i colori erano vividi e brillanti ora tutto sembrava ammantato da una patina di fumo denso.

La Stanza delle Necessità doveva aspettare. Ora doveva assolutamente parlare con Hermione.

 

***

 

Dall’altra parte della scuola, anche Pansy cercava un modo di sgattaiolare via dai sotterranei. Prima le piaceva la Sala Comune di Serpeverde: era ricca, elegante, senza quegli stupidi orpelli di dubbio gusto che sicuramente c’erano nelle altre Case. Niente stupide stelle decorate sul cielo, niente motti inneggianti al coraggio e soprattutto niente copertine patchwork. Legno scuro, divani in pelle, quadri eleganti. E il rumore rassicurante delle acque del Lago Nero che li proteggeva e che riluceva rassicurante dalle vetrate incastonate nella pietra.

Ora invece le sembrava di essere in una tomba, rinchiusa tra persone che non la capivano e che sembravano parlare una lingua diversa dalla sua. Anche l’acqua del Lago Nero sembrava essere inquieta, Pansy poteva quasi sentirla. Non le parlava più come se le stesse cantando una ninnanna, lasciando che il suono ritmico la calmasse. Ora era come se stesse urlando, sempre più impetuosa.I gorghi che prima erano solo nel punto più profondo del Lago, ben lontani dal Castello, ora invece lambivano sempre più le mura di pietra dei sotterranei, ben visibili attraverso i vetri.

Aveva passato innumerevoli ore a guardare il ritratto della Dama del Lago, sperando che le parlasse. Finalmente ricordava la sua voce, quel tono caldo e ipnotico che l’aveva fatta sentire  a casa, il profumo dolce di quella eterna primavera che per un attimo le aveva fatto desiderare non tornare più indietro. E a,dire la verità, se avesse saputo che le cose sarebbero andate così, che si sarebbe di nuovo trovata prigioniera delle aspettative degli altri avrebbe lottato con le unghie e con i denti pur di non farsi riportare indietro.

Forse c’era un altro modo per raggiungere il bosco di Hogsmeade, oltre il quadro di Serpeverde che ora sembrava essere svanito. Aveva cercato più volte in quel corridoio, ma tutti i quadri sembravano spariti, sostituiti dai messaggi motivazionali della Umbridge. E poi non era neanche certa che potesse funzionare al di fuori della notte di Samhain.

Ma doveva esserci un modo. Forse la Granger avrebbe potuto usare quel suo tanto decantato cervello per trovarlo invece di concentrarsi solo sul detronizzare la Umbridge. Aveva detto che scappare non era una soluzione. I problemi si affrontano, Pansy.

Stupida Grifondoro che non era altro. Possibile che tre mesi a Serpeverde e un anno con il Serpeverde più Serpeverde che le venisse in mente non le avessero insegnato niente.

Aveva addirittura provato a coinvolgere Lenticchia.

Non possiamo lasciare gli altri in questa situazione,Pansy. Sono nostri amici. E Harry è precoccupato che Sirius faccia qualcosa di sciocco se venisse a sapere cosa sta succedendo.

Quindi loro dovevano essere ostaggio della stupidità di un ultratrentenne mai cresciuto? Ma cosa davano da mangiare a Grifondoro? Pane e stupidità?

Allora aveva provato con Potter. Di sicuro convinto lui quegli altri due imbecilli si sarebbero accodati, piuttosto che lasciarlo solo.

No, io ho un conto in sospeso con quella li. E poi devo…

E si era interrotto. Come aveva fatto anche solo a credere che avrebbe potuto farlo ragionare?

Ma dagli stupidi Grifondoro poteva aspettarselo. Anzi era stata una stupida anche solo a pensare di trovare persone ragionevoli.

Quello che invece non si aspettava era che la stupidità fosse così contagiosa.

Quando lo aveva proposto a Draco, praticamente costringendolo sotto minaccia di raccontare alla Granger ogni singolo momento imbarazzante della sua infanzia che cercava di nascondere ma di cui lei aveva conservato delle prove proprio per poterglielo rinfacciare in caso di necessità.

L’aveva guardata con quegli occhioni grigi da cucciolo indifeso, quello sguardo che le faceva venire voglia di colpirlo ripetutatemente con il libro di Pozioni fino a fargli tornare sulla faccia un’espressione normale, chiedendole se non fosse impazzita per caso.

E per andare dove scusa? E poi io non lascio la Granger con quella pazza.

Non aveva neanche fatto finta di dispiacersi quando gli aveva dato un gran pugno sul braccio che sapeva fargli ancora male, assicurandosi di pestargli un piede con il tacco quadrato delle scarpe prima di scomparire. Stupide regole della Umbridge. Se avesse avuto ancore i suoi tacchi, quelli si che avrebbero fatto il loro dovere nel punire quello che una volta era una persona, se non intelligente, perlomeno furba.

A proposito di tacchi… dove diavolo aveva tirato fuori quel paio di stivali degni del gigante barbuto Astoria Greengrass arrivata a passo di marcia di fronte a lei? Di certo non era stata mai tipa da scarpe vertiginose…ma per Salazar Serpeverde, un minimo di decenza.

«Ti sta cercando la Montemorcy, Pansy» le disse senza troppe cerimonie.

«Merlino, ma nessuno intende lasciarmi in pace una volta tanto che vorrei ripassare per i Gufo?»borbottò, chiudendo senza troppa convinzione il libro che teneva in grembo e che, ovviamente, non aveva minimamente a che fare con gli esami.

«Ancora con questa storia dello studio, Pansy? Andiamo, sai bene che la Umbridge non permetterà ai professori di metterci voti bassi quest’anno visto che il suo voto di condotta vale il quaranta percento del voto totale» Millicent  ed Elettra erano entrate in quel momento, seguite da una Daphne piuttosto immusonita.

«Non abbiamo già fatto questo discorso Millie? E poi per Merlino ma cosa ti sei messa in faccia?» aveva replicato Pansy rimasta per un attimo a bocca aperta nel vedere quello che secondo la sua compagna di casa evidentemente doveva essere un trucco per una serata importante e che piuttosto sembrava reduce da una lezione con la Sproute.

«Devi avere ancora qualche residuo di Weasley addosso che non ti fa ragionare. Domani sarà una serata importante e Millie vuole essere perfetta» rispose la Forbisher accarezzando la stoffa del divano prima di piantare lo sguardo su Astoria «A te invece non sembra interessare molto. Daphne non ti ha detto che è arrivato il tuo vestito? La Preside si è raccomandata così tanto.. E smettila di fare comunella con quell’idiota di Corvonero,credi che non ti abbiano visto?»

«Sai com’è.. a casa nostra ci hanno sempre insegnato ad essere cordiali con tutti. Dovresti provare, non ti ucciderà mica» Daphne aveva risposto stizzita, prendendo la sorella per il polso e trascinandola via. Stranamente, però, Astoria sembrava oppore una resistenza notevole, quasi preferisse restare a sentire il resto della conversazione. E per una che di solito non aveva un gran feeling con la maggior parte delle sue compagne di casa non era di certo un comportamento usuale.

«Ma cosa c’è domani? E soprattutto perchè IO non ho un vestito?» aveva rimbeccato Pansy imbronciata,nella perfetta imitazione della sé stessa frivola e irritante che aveva sempre mostrato agli altri. 

«Oh non preoccuparti, lo vedrai. Sarà una giornata speciale. Davvero, davvero, speciale. Ma non preoccuparti sono certa che anche tu avrai il tuo momento di gloria. Non è questo che cerchi sempre? DI stare al centro dell’attenzione?» gli occhi di Millicent erano diventati due fissure che la fissavano facendola sentire a disagio. O forse non era lo sguardo della sua ottusa compagna di casa a farla sentire così. C’era qualcosa nell’aria, una cappa pesante che non riusciva ad ignorare. E in più le era sembrato di vedere un’ombra nello specchio sopra al camino.

«C’è chi è nato per farsi notare, Millicent. E ora scusami, devo proprio scappare, non vorrei far arrabbiare l’unica professoressa con cui ho degli ottimi voti. Io.» commentò tagliente salendo velocemente i gradini di pietra ricoperti dal tappeto verde.

Dietro di sè la voce di Astoria

«Nervosette oggi eh? Io vado… sia mai che vi calmiate un po’. Suggerirei un uso delle bacchette più creativo… o delle piume di zucchero se proprio volete» 

Rimase un attimo sulla porta, perplessa. Dove l’aveva già sentita quella storia delle piume di zucchero? E soprattutto da quando Astoria Greengrass, la brava bambina del quarto anno, parlava in quel modo?

Ma non c’era tempo, doveva sbrigarsi ad andare alla Montmemorcy. E poi aveva decisamente altro a cui pensare.

 

***
 

Quando Severus le aveva detto della storia del bucaneve nero sulla pelle di Ginny Weasley per un attimo aveva pensato che fosse definitivamente impazzito dopo aver passato troppo tempo nella mente del giovane Potter. Come se lei già non lo sapesse. Aveva riflettuto molto su quel tatuaggio eppure non era riuscita a trovare una spiegazione logica. Non aveva neanche provato a spiegargli che in realtà Nymphadora Tonks l’aveva già avvertita. Beh perché dicendoglielo avrebbe dovuto ammettere parte di un piano che era stata ben attenta a nascondergli.

D’altronde a volte sembrava davvero incapace di mantenere la calma e pensare lucidamente.

Come quando,dopo averle raccontato dei tatuaggi di Weasley, Parkinson e Granger aveva camminato avanti indietro infuriato blaterando di stupide streghe che prendevano pessime decisioni e che non lo stavano mai a sentire. Dopo una buona mezz’ora di imprecazioni e commenti di cui non aveva capito niente, alla fine era venuta a capo della faccenda: a quanto pareva sua zia Narcissa aveva un tatuaggio speculare a quello che era apparso sulle ragazze.

Conosceva bene quel tipo di magia e sapeva per certo che c’era lo zampino di sua nonna. Che poi fosse una cosa assolutamente idiota e che sua madre si sarebbe infuriata quando le avrebbe raccontato cosa aveva fatto il suo prezioso fratello minore e quella nuora che sembrava adorare, era tutto un altro paio di maniche.

Se non fosse stata per quella situazione di catastrofe imminente, sarebbe stato quasi divertente.

Cockey si materializzò accanto a lei con una tazza fumante di infuso di lavanda e miele e un paniere pieno di dolcetti alla cannella, i suoi preferiti. Di certo non era un buon segno.

«Miss… la nostra ospite… non credo che stia bene. Continua ad urlare che vuole andare a casa» borbottò guardandola con occhi lacrimosi.

Come se fosse così facile farle cambiare idea.

«E tu le hai detto che lo facciamo solo per proteggerla? E che fintanto resterà dentro quella stanza nessuno le potrà fare del male? E che se decidesse di collaborare sarebbe più facile per tutti noi?»chiese pigramente mordendo un biscotto, il sapore del burro e delle spezie che le riempiva il palato.

«Si, Miss. Ma non vuole sentire ragioni. Dice che si staranno preoccupando per lei…mi ha chiesto di mandare un messaggio, uno piccolino piccolino per far sapere che sta bene. Che dice Miss, possiamo mandare un messaggino?» chiese speranzosa, sventolandole sotto il naso i biscotti fragranti e deliziosi anche in quel periodo dell’anno.

«No.» rispose secca, facendo sparire un altro paio di dolcetti, prima che l’elfa delusa li portasse via da quello che sembrava essere il suo umano non serpeverde preferito. «Piuttosto,è vero che la Umbridge ha chiesto agli elfi di preparare una cena speciale per domani?»

Il grande fiocco color melanzana oscillò pericolasamente mentre Cockey annuiva «Si, Miss. Ma soprattutto ci ha chiesto di svuotare la Sala Grande. E di prepare le giare d’acqua, Miss. Decine di giare ripiene d’acqua. Anche con la magia è un gran lavoro, lo sa Miss? E Dobby continua a dire che non è un buon segno, che il professor Silente non avrebbe mai fatto prendere l’acqua dal Lago Nero. Non si fa, Miss. No, no»

Per un attimo Niamh rischiò di strozzarsi. Come diavolo osava quello stupido rospo vestito di rosa pensare anche solo per un attimo di rubare l’acqua del Lago Nero?

Poi l’attraversò un secondo pensiero. Il veleno, lo stesso che sembrava aver colpito il suo mondo e per cui era risalita in superficie alla ricerca del catalizzatore di quell’energia negativa… e se fosse proprio quello che cercava la Umbridge? 

Sentì un brivido alla base del collo. Quando Nymphadora le aveva parlato della data di un giorno e un anno dalla morte di Lord Voldemort aveva avuto un pessimo presentimento. E le ultime notizie non avevano fatto altro che confermare i suoi sospetti: Severus le aveva fatto leggere i compiti dei ragazzi.

Le loro pozioni ovviamenti erano solo degli specchietti per le allodole. Non come i cerchi di rune incisi sotto le loro sedie e che avevano controllato dopo che se ne erano andati.

Granger, Potter, Weasley, Longbottom, così come suo cugino e i suoi amici avevano sentito distintamente l’odore di catrame di Betulla, l’odore caratteristico di chi era posseduto da un’anima malvagia.

Molti altri, troppi, invece non avevano notato niente. Inclusa la dolcissime Hannah Abbot, la stessa cucciola Tassorosso che aveva accusato Nymphadora.Compresi fin troppi membri di quello che avevano chiamato sEercito di Silente.

Nymphadora aveva detto che c’era una terza persona con lei quella sera, una che dava gli ordini. Troppi però gli indiziati e senza l’appoggio della Preside non era rimasta che una sola cosa da fare, visto che ormai il tempo a loro disposizione era finito: organizzare il suo, di esercito.

Ma prima c’era una persona con cui voleva parlare, qualcuno con cui nonostante tutto aveva un legame di sangue.

Theodore Nott Junior. Il suo fratellastro.

 

***

Essere un Prefetto aveva sempre i suoi indubbi vantaggi, quali quello di potersene andare in giro pressocché indisturbato. Essere membro della Squadra di Inquisizione ancora di più, visto che la Umbridge non sembrava granché preoccuparsi di dove andasse o cosa facesse, al contrario della maggior parte degli studenti. Ma il privilegio maggiore sembrava provenire ancora una volta dal suo nome e da quello della sua famiglia. 

All contempo era la cosa che gli procurava i maggiori fastidi: la Umbridge l’aveva costretto ad ascoltare per ore uno sproloquio su come, secondo le astruse percezioni di quella psicolabile, dopo il grande evento finalmente tutto sarebbe tornato al suo posto. Addirittura gli aveva comunicato gongolando che quando tutto sarebbe stato apposto, era certa che Narcissa avrebbe fatto di tutto per starle affianco nella sua nuova e fulgida carriera.

Era evidente che non conosceva sua madre. Pur volendo soprassedere sugli standard piuttosto stringenti dell’ultima Black non diseredata, era certo che sua madre mai e poi mai si sarebbe fatta anche solo fotografare accanto a quell’orrido rospo vestito di rosa. Neanche se suo padre l’avesse pregata in ginocchio, pur di salvare le apparenze con il Ministro.

In mezzo a quel discorso delirante , tutto ciò su cui Draco riusciva a focalizzarsi era la data che lampeggiava in lettere rosa metalizzate nel grande calendario da muro dietro di lei. Era già passato un anno? Com’era successo?

Se solo chiudeva gli occhi gli sembrava di essere di nuovo li, nella stanza senza finestre in cui era tenuto prigioniero, a cercare di elimare un ricordo dopo l’altro. Piccole fiale colorate in cui imprigionare tutto ciò che lo aveva reso felice. Ricordava bene la sensazione che lo colpiva alla bocca dello stomaco, quella consapevolezza che non se la sarebbe cavata con qualche Cruciatus.

La Umbridge parlava e lui sentiva solo la voce melodiosa e crudele allo stesso tempo di Cassandra che rideva, il suono che sovrastava persino il comando della Cruciatus di suo nonno.

Finalmente sarai utile a qualcosa- gli aveva mormorato reinnervandolo dopo che aveva perso i sensi, mentre sentiva la ferita sul collo bruciare come se ci avesse passato il sale.

Si portò istintivamente la mano sulla nuca, trasalendo sentendo una lieve irregolarità della pelle. Com’era possibile? Era certo che suo nonno non lo avesse mai colpito in quel punto. E anche la cicatrice di quella sera… era sul collo, poco sotto la mascella. I suoi l’avevano portato dai migliori medimaghi che fossero riusciti a trovare ma per quanto avessero provato era rimasto un segno bianco appena percettibile, come sul costato e sull’addome. Ma sulla nuca… li non aveva mai avuto niente a quanto ricordava.

La voce di Cassandra nella sua mente semprò aumentare di volume, quel tono fintamente materno con cui lo scherniva ogni volta dopo uno dei loro incontri « Chissà cosa direbbe la tua mammina, sapendo che razza di figlio ha»

 

No. Doveva smetterla. Stava diventando un’ossessione. Ormai gli sembrava di vedere la sua ombra negli specchi, sentire il suo profumo nelle stanze, la voce che lo rincorreva nel sonno. Eppure era certo che non fosse il solo a sentirsi così.

Aveva provato nelle settimane passate a parlare con Theodore ma non c’era stato niente da fare, ogni volta sembrava volatilizzarsi. Parlargli in camera poi, era diventato impossibile, tra Blaise che lo seguiva come una dannata occamy con le uova e quell’erumpent di Goyle che sembrava imporvvisamente aver imparato a comprendere la loro lingua.

 

Finalmente la Umbridge sembrò finire il suo sproloquio lasciandolo libero, congendandolo con un : «Puoi andare a prepararti mio caro ragazzo, saranno dei giorni estramemente ricchi di emozioni»

 

Chiuse la porta dietro di sé, limitandosi ad un cenno della testa, segno che aveva compreso, anche se in realtà gli sembrava di aver tenuto la testa sott’acqua tutto il tempo .

Grattastinchi lo aspettava fuori dalla porta, gli occhi gialli che brillavano nell’oscurità. Fece per accarezzarlo ma il gatto gli sfuggì miagolando e correndo forsennato per le scale. Arrivato a metà si fermò, fissanadolo.

«Sei testardo come la tua padrona», borbottò  decidendosi a seguirlo. «Chi mai me l’avrebbe detto che avrei preso ordini da un gatto. O da una Grifondoro. O da una natabbabbana. Per Salazar Serpeverde… sto diventando un cazzo di Weasley. Fortuna che almeno sono ricco»

Grattastinchi sembrò non scomporsi dei suoi commenti, limitandosi a rallentare e a fargli strada ondeggiando la grossa coda fulva, ancheggiando soddisfatto.

Arrivato in cima però si fermò, appiattendosi nell’ombra. Ancora una volta il gatto aveva avuto ragione, quasi riuscisse a leggergli nella mente: nel corridoio c’era Theo, finalmente solo. O meglio, senza Blaise e senza altri Serpeverdi.

Peccato che ci fosse qualcun altro con lui. O almeno così sembrava. Con chi diavolo stava parlando?.

Velocemente si acquattò dietro una colonna , cercando di non fare rumore. Raramente aveva provato invidia per qualcuno, visto che c’erano ben poche cose che non potesse comrparsi. Ma per avere il mantello dell’invisibilità di Potter in quel momento avrebbe volentieri svuotato la sua camera alla Gringott. Tanto, male che andava, c’era quella dei suoi ad aspettarlo.

 

«Dovete smetterla, le cose stanno andando troppo oltre» la voce di Theo era bassa e minacciosa, come mai l’aveva sentita. Di solito era calmo, educato, il perfetto bravo bambino che nessuno pensava potesse stare a Serpeverde.

Una voce femminile, che l’irrideva : «Non provarci, Nott. Ci sei dentro quanto noi. Anzi, se proprio dobbiamo essere onesti sei stato tu a dare il via a tutto»

«Io non lo sapevo… io… lei mi ha costretto… non pensavo che saremmo arrivati a questo punto» aveva ringhiato Theo. Anche da quella distanza poteva vedere che aveva tirato fuori la bacchetta.

Di nuovo una risata, quasi innaturale « Sempre pronto con una scusa, eh. Ti sei nascosto dietro la tua facciata da piccolo orfano maltrattato. Di un po’ …lo sanno i tuoi amichetti di quello che hai combinato?O darai la colpa a qualcun altro anche di questo?Abbassa questa bacchetta, tesoro. Sai bene che non servirebbe a niente»

Silenzio.

Di nuovo la voce di una ragazza, quasi distorta: «Tu pensa a Malfoy, Nott. Io penso alla Granger»

Un bagliore e le sue peggiori paure si avverarono: con chiunque stesse parlando Theo aveva i colori di Grifondoro.Ma quella voce… si maledisse per non aver mai prestato attenzione a quegli stupidi dai colori oro e giallo che non fossero Potter e la sua cricca.

Poi per un attimo sentì il cuore fermarsi.

Hermione era in pericolo.

Doveva avvertirla.

A qualunque costo

 

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