Moth Goth

Harry Potter - J. K. Rowling
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Moth Goth
Summary
Finalmente Draco ed Hermione sono pronti a rendere pubblica la loro relazione e a concludere in pace il quinto anno, schivando al massimo qualche gossip. Ma una maledizione sta per abbattersi su Hogwarts, tra succubi, omicidi, incubi in rosa...e ovviamente il tentativo di far fuori il Bambino Sopravvissuto.
Note
https://www.pinterest.it/Flo_flo_fy/moth-goth/ .Anche in questo caso ho fatto un'unica bacheca Pinterest dalla quale prendere ispirazione che ti lascio qui, nel caso ti venga voglia di capire un po' il mood di questa storia.Sarà anche questa decisamente Serpeverde e con un Draco infantile e capriccioso continuamente alla ricerca di conferme?Decisamente sì.Ci saranno morti e torture? Certo.Troverai mischiati elementi dei libri, dei film e riferimenti a head e fan canon in ordine sparso e assolutamente non coerenti con l'originale? Ovvio.Infine come sempre ci saranno rifermenti alla cultura celtica, alle saghe, al voodoo e tanto altro ma nessuno di questi va preso alla lettera e soprattutto non è inteso a sminuire alcuna filosofia, religione o tradizione. Semplicemente è un gran calderone in cui butto tutto quello che mi ispiraAl momento in cui sto pubblicando su ao3 su efp ho pubblicato sino al capitolo 10.Entro venerdi , quando ci sarà il prossimo aggiornamento, caricherò anche qui i capitoli mancanti.. poi i due siti saranno aggiornati contemporaneamente.
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Giochi di strategia

 

«Non dirmi che sei preoccupata per i GUFO» Lavanda sembrava aver ritrovato il suo buon umore e decisamente un tono molto più conciliante dopo che Pansy era stata eliminata dalla visuale sua e soprattutto da quella di Ron. Eppure anche un’idiota si sarebbe accorta di come lui guardava di soppiatto la Serpeverde durante le lezioni, o di come sembrava sentirne la presenza appena entrava in una stanza. 

E,anche se ovviamente non poteva dirlo a Lavanda, anche Pansy sembrava ossessionata da quella che considereva una svenevola arrivista e bigotta che metteva troppo burrocacao aromatizzato alla ciliegia ( che, per inciso,secondo lei era talmente antiquato che neanche la signora grassa se lo sarebbe messo, come aveva commentato più volte a voce neanche troppo bassa). Senza contare tutti i piacevoli nomignoli con cui chiamava la Brown ogni volta che si riferiva a lei, direttamente o indirettamente, tamburellando sulla spilla da membro della Squadra di inquisizione appena  che la povera grifondoro provava a replicare.

«Tu decisamente dovresti essere più che preoccupata, Citronella. Sei una tale frana che se non sei ancora saltata in aria con tutto il calderone è solo per merito di Millicent… il che è tutto dire.»borbottò la suddetta Serpeverde al suo fianco tamburellando sul tavolo per attiarre l’attenzione della Granger. Se per i primi quattro anni di scuola aveva sperato che sparisse da un giorno all’altro e soprattutto che le rivolgesse meno parole possibili, ora si era trovata  con suo grande disappunto a rimpiangere non solo quello stupido di Lenticchia ma persino qualla sapientina della Granger. Le mancavano i pomeriggi passati a discutere su ogni virgola di un articolo, cercando di alzare la voce sempre più dell’altra in modo da avere l’ultima parola, avere una finta crisi isterica accusandola di rendere la sua perfetta visione di Ambwitchious una serie di filipicche adatte per ottuagenari filobabbani costipati. A dire la verità aveva scoperto che la suddetta prefetto perfetto Granger aveva un vocabolario piuttosto vasto di insulti, tanto che in una frase una sera d’autunno mentre discutevano se inserire o meno un inserto sulle figure femminili di maggiore ispirazioni per le giovani streghe, palesemente un tentativo della Natababbana di intervistare la sua professoressa preferita, nonché quella di cui tessava incessantemente le lodi, ne aveva usati ben diciotto in un’unica frase. Senza neanche riprendere fiato.

«Lavanda, razza di idiota. L-a-v-a-n-d-a. Cos’è è troppo difficile?» rimbeccò la Brown scuotendo i morbidi riccioli color miele.

«E’ solo noioso. Come chi lo porta» rispose Pansy con una scrollata di spalle, approfittando per pizzicare il braccio della Granger, aggiungendo a voce bassa: « E tu, piantala di guardare la Greengrass sbagliata e concentrati sulla pozione, non ho nessuna intenzione di prendere un brutto voto per causa tua»

«Io non prendo brutti voti Parkison» sibilò esasperata Hermione riprendendo a triturare la pelle dri grilacco, continuando ad osservare di sottecchi la nuca elegante di Daphne.«E potresti fare qualcosa anche tu, no?»

«Potrei ma probabilmente sarebbe meglio di no, anche perché significherebbe sorbirmi decine e decine di minuti di un tuo snervante blaterare su come stia sbagliando a girare la pozione» continuò Pansy avvicinando lentamente la bacchetta verso il calderone e guardando Hermione con un sorrisetto  mentre muoveva il polso agitandola in aria.«E tre…due..uno..»

«Credi che sia cosi stupida? Non fai sul serio…anche perché non ti puoi permettere un brutto voto in Pozioni, e perfino Piton dovrebbe ammettere che non è colpa mia. E cosa stavi blaterando della Greengrass sbagliata?»

Il sorrisetto di Pansy si fece più intenso: «Ahah. Sapevo che mi avevi sentito. Per farla breve: secondo Millicent ci sarà una nuova coppia alla firma delle promesse»

Sentendo il suo nome la Bulstrode, che a malapena grugniva nei confronti di Parvati, chiusa in un altrettato risentito silenzio, si girò a guardarla con un sorrisetto di sufficienza..

«Non preoccuparti Granger, non sei invitata. Non voglio quelli come te intorno. Già  condividere le stesse aule è un supplizio sufficiente. Almeno l’hai smessa di cercare di infilarti nel letto di Draco. Di’ la verità…lo avevi maledetto vero? O gli  hai rifilato qualche stupida pozione? Caso vuole che ora che non gli stai più appicciata sia rinsavito.Lo sappiamo tutti che gli è sempre piaciuta Astoria, anche se ai suoi i Greengrass non vanno a genio.» gongolò ridacchiando.

«Non ti azzardare a parlare così ad Hermione, Bulstrode» gli occhi di Lavanda, solitamente dolci, brillavano di rabbia. «Non ti conviene.»

«Sennò cosa fai, Brown? Chiami la McGranitt.. sai che paura… » la canzono la Frobisher seduta alla fine del grande tavolo delle ragazze, accanto ad Hannah Abbot. « Che ne dici se parliamo con la Preside invece?»

«Chiudete il becco. Sto cercando di concentrarmi» ringhiò Daphne girandosi di scatto verso la compagna di banco meritandosi un’occhiata lunsingata da Hermione « Capisco che a te non interessi nulla degli esami ma ci sono persone tra noi che vorrebbero prendere dei buoni voti ai GUFO»

Il battibecco che stava per nascere tra le due Serpeverdi fu interrotto da una serie di startnuti piuttosto poderosi provenienti dal bancone dei ragazzi poco dietro di loro.

«Longbottom sei per caso diventato un dannato Erumpet ?» sbottò Piton alzando a malapena gli occhi dal grosso tomo che stava sfogliando, prestando poca o nulla attenzione alal classe, o almeno fingendo di farlo. «Cinque punti in meno a Grifondoro»

«Ma ha solo starnutito!» sbuffò Ron accigliato mentre la pozione sua e di Zabini assumeva un malsano color grigio topo .«Neanche quello possiamo fare?»

«Nella mia aula? NO. E ringraziate i commenti poco interessanti del Signor Weasley per altri cinque punti in meno alla sua casa» continuò secco.«E,Signor Malfoy, ti ho visto»

Draco sbatté gli occhioni grigi con fare innocente,facendo scivolare  con nonchalance le dieci bacche di ellodoro che avrebbero salvato la pozione dell’amico sul tavolo di marmo «Weasley ha perso le sue, Professore, e Blaise me le ha chieste in prestito. Potevo forse rifiutargliele?»

«Sarebbe molto poco carino professore. Non è colpa mia se sono stato appaiato con un decerebrato goffo come Velenottero» chiosò Blaise prendendole ed aggiungendole velocemente alla pozione che iniziò a sobbollire di un bel color porpora.

«Vedo che il professor Hagrid vi ha dato una cultura eccellente non’è che dire. Addirittura ho scoperto che i velenotteri hanno degli arti prensili.» borbottò Piton, senza però azzardarsi a togliere neanche mezzo punto alla sua casa.

Di nuovo un potente startuto.

«Scusi Professore, è che c’è un odore un po’ forte oggi» si scusò Neville lanciando un’occhiata ad Harry che però ricambiò perplesso.

«In una aula di Pozioni con una dozzina di calderoni accesi e studenti dalle  capacità discutibili? Non c’è che dire, oggi è un giorno pieno di sorprese» commentò laconico il Professore indugiando con il suo sguardo enigmatico sui grandi tavoli. «Vorrei poter togliere altri cinque punti a Grifondoro per questo commento idiota ma ho paura che se continuate così vi ritrovereste con un punteggio sotto lo zero…e onestamente mi sembrerebbe fin troppo imbarazzante persino per voi»

Hermione aveva seguito in silenzio lo scambio di battute. Nonostante Piton  lo avesse liquidato come un idiota Neville aveva ragione: c’era un odore strano nell’aria. E anche quella pozione.. perché Piton aveva fornito loro solo una lista di ingredienti senza spiegare nulla? Aveva detto che si trattava solo di un compito di preparazione per gli esami ma non aveva detto a cosa serviva, neppure il nome della pozione. Ingredienti e procedimento, quello era  tutto. 

«Certo che è davvero un idiota»ghignò la Frosbisher girandosi verso la Abbott alla sua destra:«Ehi di un po’ tu senti niente? E voi gemelline inquietanti?»

Hannah scosse la testa titubante mentre Padma e Cali si limitarono a guardarla con sufficienza.

«E ora silenzio, voglio che scriviate una pergamena sulle vostre impressioni sulla pozione. Provate ad indovinare a cosa serva e descrivetela nei particolari. Nei particolari ho detto, non fatemi leggere cose ancora più idiote di quelle che ho già sentito oggi. Avete mezz’ora a partire da adesso. E non voglio più sentire una parola.» 

Hermione si girò verso Neville che la stava ancora guardando e sorrise dentro di sè.

E bravo Neville. Era evidentemente figlio dei suoi genitori.

Scribacchiò di nascosto un orario sul quaderno fino a quel momento pressocché intonso di Pansy. Avevano bisogno di parlare.




****




«E’ arrivata questa,Padrona. Da Hogwarts» Krippy era entrato porgendole una busta dal forte odore di rose appassite e rossetto lasciato al sole, guardandosi intorno di sottecchi «Krippy può portarle altro, padrona? Non vuole mettersi seduta per rispondere padrona? Starà più comoda…»

Narcissa lo liquidò con un gesto stizzito della mano, bevendo l’ultimo sorso disponibile della pozione che le aveva lasciato Andromeda,mentre l’emicrania che l’affliggeva si allentava solo di pochissimo. L’incontrodi quel pomeriggio da Imma Bulstrode era stato un incubo esattamente come si aspettava ma quello era il momento di stringere a sé tutti i lacci che aveva tessuto nel corso degli anni. Dopo quello che era successo lo scorso anno c’erano state molte voci sul fatto che la strage e la mancata rinascita di Lord Voldemort fossero state colpa sua e di Lucius, ma non essendoci nessun testimone non avevano mai potuto formulare le loro accuse apertamente. Quando la Granger era stata ammessa ufficialmente al galà di Natale i commenti acidi e stizziti non erano mancati ma anche in quel caso erano stati messi a tacere senza troppi problemi, lasciando intendere non troppo velatamente che era stata costretta dalla Scuola a supportare il progetto di Pansy. E poi sempre meglio di sentirla blaterare sugli stupidi elfi domestici , commentava sempre con un sorrisetto? E poi se il magazine fosse andato male potevano sempre dare la colpa a lei e salvare la reputazione di Pansy.

Ovviamente quando poi Draco aveva deciso di presentarsi mano nella mano con la Natabbabbana davanti a tutta Hogwarts il caso era esploso. Era stata invasa di lettere, chiamate tramite camino, visite inaspettate e sicuramente poco gradite per chiedere come stessero lei e Lucius, se fosse quello il motivo della loro crisi coniugale e se avessero intenzione di prendere provvedimenti. C’era voluto tutto il suo autocontrollo per non finire sulla Gazzetta del Profeta come la perfetta erede di Bellatrix Black.

Lei li aveva ascoltati fingendosi annoiata e liquidando il tutto come un’infatuazione giovanile, limitandosi a sorridere composta ogni volta che questa dannata storia usciva, vale a dire praticamente ogni volta che Eliza Parkinson apriva bocca ed assicurando tutti che il suo matrimonio stava benissimo, al contrario dei loro in cui a malapena sopporavano di stare sotto lo stesso tetto. Sempre considerando quelle i cui mariti non erano deceduti, ovviamente.

Qualche giorno dopo la lettera di Draco in cui aveva annunciato di aver messo fine alla sua storia con la Granger (alla quale per inciso non aveva creduto neanche per un attimo: troppo corta, troppo laconica e decisamente un cambio di rotta troppo repentino per il suo volubile ma testardo figlio che aveva passato un mese a recriminare per lettera dopo aver scoperto che la Granger era ancora in contatto con Viktor Krum, proponendo al padre di corrompere il ministro dello Sport Bulgaro per farlo cacciare dalla squadra. E l’aveva scritto sul serio, nero su bianco) era ricominciato  il via via pigolante alla sua porta.

Poi però aveva cominciato ad osservarle, ad ascoltarle veramente. E si era resa conto di una cosa: nessuna di loro sembrava preoccupata di quello che stava accandendo, anzi, sembravano tutte in preda ad una strana isteria collettiva.  Ad essere onesti, all’incontro di oggi sembravano in preda ad un’inspiegabile euforia collettiva.

Irma non aveva fatto altro di parlare di quell’assurdo fidanzamento, vantandosi di come Millicent e Vincent fossero i primi della loro classe ad annunciare un evento del genere che di sicuro sarebbe stato l’evento sociale dell’anno. Narcissa si era costretta ad ingoiare un sorso di té troppo caldo e infuso direttamente nella teiera per non fare una serie di commenti sul fatto che già il fatto che i nomi dei due insieme fossero quantomeno ridicoli, senza contare l’altissima probabilità che nascessero bambini molto brutti oltre che non particolarmente intelligenti. E per i suoi standard, neanche abbastanza ricchi da compensare. Quando avevano ricevuto l’invito alle promesse l’unico commento di Lucius era stato che almeno ora Imma avrebbe smesso di cercare di convincerli di far fidanzare Draco con la figlia, nonostante le avessero detto a chiare lettere che c’erano più probabilità che Draco decidesse di sposarsi con Blaise. Almeno era di bell’aspetto. Quando lo aveva raccontato ad Andromeda le aveva detto che erano due superficiali, viziati ed arroganti ma non aveva potuto fare a meno di lasciarsi sfuggire una risatina. Era certa che anche lei al suo posto avrebbe fatto esattamente lo stesso commento solo che Ted, da noioso Natobabbano Tassorosso qual era, di certo non avrebbe condiviso la sua ironia.

Come erano sopravvissuti quei due per più di due decenni di matrimonio? All’inizio pensava che fosse Andromeda, conoscendola, a decidere per entrambi, testarda come al solito e incapace di ascoltare l’opinione di qualcun altro.

Nelle ultime settimane invece l’aveva osservata quando era con Ted e si era resa conto che in realtà il loro era davvero un equilibrio perfetto. Andromeda, tagliente come sempre nei suoi giudizi, con quel suo sarcasmo cinico che non era cambiato da quando passavano le notti alzate a parlare di tutto e di niente, sembrava sempre cercare con lo sguardo Ted, permettendosi di valutare ogni sua opinione per quanto idiota fosse. E si era dovuta arrendere all’idea che lui l’amasse quanto lei amava Lucius. Aveva sempre considerato Ted un iprocrito buono  a nullo che le aveva rubato una sorella e le aveva costretta a vivere una vita da reietta. Invece aveva constato di persona come la sua solitamente indipendete ed autonoma sorella sembrasse invece cercasse in Ted il suo completamento. Qualche giorno fa era andata a casa sua, decisa a chiederle infuriata perchè diavolo si fosse vista con Lucius senza dirle niente, usando la chiave che la sua sciocca sorella le aveva dato. Ma quando era entrata senza far rumore aveva visto Andromeda e Ted seduti sul divano e anche dallo spiraglio della porta poteva vedere come Ted la stringsse a sé, il suo maglione, troppo bello per non essere un regalo di Andromeda, che si impregnava della lacrime di sua sorella mentre piangeva sul suo petto, il modo in cui lui le accarezzava i capelli e le sussurrava qualcosa, siorandole la fronte con le labbra. Avrebbe voluto corrrere dentro ed abbracciarla forte, piangendo con lei, facendosi parte del suo dolore. Ma poi aveva notato la crostata di rabarbo e fragole lasciata sul tavolo, segno evidente che Molly Weasley era stata li. Come sempre. Lei si che sarebbe stata ben accolta,con i suoi capelli crespi e i maglioni sformati. Non come lei. Troppo purosangue, troppo ricca, troppo snob. Troppo Narcissa Malfoy nata Black.Se ne era andata in un punta di piedi, sentendosi un’estranea. Prima di andarsene, però, si era tolta la peonia che portava tra i capelli e l’aveva lasciata all’ingresso, infilandola nelle tasche del cappotto profumato di gelsomino ed ambra.

Riprese in mano la busta rigirarandola pensierosa, guardando la grafia con troppi svolazzi per essere elegante.Era indirizzata solo a lei, quindi non poteva trattarsi di una comunicazione ufficiale, o almeno non poteva riguardare Draco. Finalmente la risposta al suo invito era arrivata.

La lesse velocemente, incerta se sentirsi rassicurata o ancora più preoccupata. La Umbridge la informava con una cordialità eccessiva e piene di leziosità non necessarie che rifiutava la sua deliziosa proposta di organizzare un evento in memoria del povero Cedric  ma che doveva rassicurarsi perché aveva già preso accordi con l’incomiabile Amos affinché finalmente potessse trovare la pace. Aggiungeva poi una serie di commenti infiocchettati su Draco e sul fatto che  con la sua guida fosse tornato ad essere un ragazzo assennato e fiero del suo sangue.

Narcissa accartocciò disgustata il biglietto lanciandolo lontano. Cosa diavolo ne poteva sapere quella stupida Mezzosangue dagli occhi porcini di cosa fosse o non fosse suo figlio? E se proprio era tanto disponibile perché non glielo faceva incontrare? O meglio ancora perché aveva annullato le vacanze di Pasqua?

Si alzò di scatto, furiosa con sé stessa. Non poteva cadere in quella trappola, non poteva lasciare che le emozioni la rendessero incapace di concentrarsi: quello era il primo contatto diretto che eaveva avuto con quella stupida arrampicatrice sociae. Doveva esserci qualcosa in quel biglietto, un appiglio, un indizio, qualsiasi cosa.

Era la prima volta in vita sua che qualcuno rifiutava un suo invito, Severus a parte ovviamente. Si massaggiò le tempie dolente rileggendo nuovamente il biglietto e cercando di concentrarsi su ogni singola parola.

Era sicura di sè, fin troppo. Una volta Severus le aveva detto che la grafia di una persona può dire molto: l’eventuale incantesimo abbellente era solo superficiale e bastava poco per scoprire cosa si celava sotto. E in questo caso era evidente che se aveva messo molta cura e tempo nella redazione delle prime righe nelle quali raccontava di tutti i traguardi che a suo dire aveva raggiunto come preside, descrivendo con gran dovizia di particolari una serie di antiquate ed assurde regole che aveva inserito, inclusa quella patetica scusa di programma ridotto di Difesa Contro le Arti Oscure. Man mano che progrediva però semrava perdere sempre più il controllo, in particolare nel passaggio in cui descriveva tutti i modi in cui si era assicurata che quella Mezzosangue Mutaforma amante dei mostri non  potesse più sfogare i suoi istinti perversi su nessun altro studente.

Narcissa fece una smorfia, stupida vacca che non era altro. Come osava parlarle in quel tono..come se lei fosse d’accordo…come se potesse condividere quel disusto così profondo che traspariva dalle lettere. Si morse nervosamente le labbra: il rospo aveva ragione… se solo fosse accaduto un anno prima forse quelle sarebbero potuto essere le sue parole, se solo si fosse lasciata andare. Ma sarebbe stata una farsa, una recita perfetta come quelle che aveva messo in atto per tanti anni.

Nessun altro studente…

Non aveva messo il nome della ragazza uccisa,mentre continuava a riferirsi ai Diggory come amici di famiglia. Come se non le importasse, come se non fosse importante. 

Eppure era stata proprio la morte della Turpin ( si, persino lei ne consoceva il cognome) a permetterle di cacciare Silente e diventare la preside della scuola.

Strinse forte gli occhi, c’era qualcosa che la tormentava da quel pomeriggio e che ora sembrava stonare con la lettera. Ma cosa?

Ripassò mentalmente tutte le chiacchere inutili di quel pomeriggio. A rigor di logica non c’era niente, solo chiacchiericci su vestiti, cose da fare, acconciature, gioielli, matrimonio e tradimenti, commenti sui figli.

Irma aveva fatto girare la foto che le aveva mandato Millicent mentre si provava il vestito che le aveva mandato per la cerimonia, ovviamente orrendo, Narcissa l’aveva liquiditata con un sorriso di circostanza ma ora finalmente qualcosa nel suo cervello le diede una scossa.

Irma non si stava riferendo alle promesse, ci sarebbe stato tutto il tempo di portare Millicent direttamente in boutique a farle provare qualcosa che non la facesse sembrare esattamente l’Erumpet travestito da strega con cui la paragonava sempre Draco.

Stava parlando di qualcos’altro. 

Qualcosa che stava per accadere a breve. Ma Eliza non aveva detto niente, neanche un commento sarcastico sul fatto che Pansy non si fosse degnata di informarla e avesse invece deciso di dilapidare i suoi soldi in qualche osceno vestito troppo scollato.

Ripensò alla foto: c’era Millicent che si guardava soddisfatta allo specchio, rigirandosi e facendo svolazzare il taffetà viola ricamato d’argento.

I ricami…. erano strano a pensarci.

Strizzò gli occhi nel tentativo di ricordare meglio quei dettagli che aveva guardato solo di sfuggita. Linee e segni… possibile che fossero rune?

Velocemente andò verso la sua scrivania per scrivere un biglietto ad Irma, una scusa qualsiasi per farsi  mandare quella dannata foto. Ma rimase interdetta quando proprio sopra il suo set da scrittura con le iniziale imbossate, accanto agli inchiostri impastati a mano di un colore che veniva miscelato solo per lei, trovò un quadernino di pelle consunta.

Passò le dita sopra le stelle in rilievo, tremando.

Sapeva di chi fosse quel quaderno.

Regulus Black, il suo amato cugino ormai morto da decenni. 

Ed era certa che non fosse mai stato in casa sua.



***

«Niente giochini con i manichini oggi?» Draco era entrato stranamente silenzioso pochi minuti dopo di lei guardandola con un sorriso stanco prima di abbracciarla stretta,

«Mi pare che tu abbia detto che oggi la Umbridge è particolarmente su di giri,no?» rispose alzandosi leggermente sulla punta dei piedi per baciarlo, senza lasciarlo andare .«Ti piace la stanza?»

Draco rise leggero sulle sue labbra, scostandole una ciocca di capelli dagli occhi e sistemandogliela dietro l’orecchio. Le era mancato quel gesto cosi banale che fino a pochi mesi prima la mandava ai matti perché pensava che fosse una sua strana mania di controllo.Così come le mancava la sua mano che si appoggiava alla schiena ogni volta che erano vicini, sfiorandola come se stesse suonando una melodia che solo lui poteva sentire. Le mancava la sua voce che la chiamava da un lato all’altro della sala Grande e il modo in cui la guardava ogni volta che erano nella stessa stanza, i baci furtivi che si scambiavano nei corridoi cercando di sfuggire all’occhio di falco di Piton e della McGranitt.

«E’ meravigliosa Granger. Sarà perché è vagamente ispirata all’attico di Diagon Alley? C’è persino lo stesso odore di zenzero e cannella dei biscotti che Cockey ci lasciava sul tavolo ogni sera…ed è anche meglio visto che non ci sono Sfregiato e Lenticchia» rise portandosi la mano alla bocca e baciandola «Mi concedi questo ballo?»

Per un attimo Hermione pensò di fargli notare che non c’era musica nella stanza, né tantomeno che aveva pensato ad un grammofono magico quando nella sua mente aveva pensato a quello di cui aveva davvero bisogno in quel momento. Potevano stare insieme poco, con i Gufo ormai a pochi giorni sembrava che Gazza e la Umbridge fossero in preda ad una frenesia inquisitoria.Harry e Ron erano stato messi sotto sorveglianza speciale, così come Ginny ed i gemelli Weasley. Lei se l’era cavata nascondandesi dietro una pila di libri e fingendo un panico da esami che in realtà per la prima volta in vita sua non aveva. Addirittura quella mattina si era trovata a pensare che non le importava nulla di come sarebbero andati i GUFO. Quello che solo pochi mesi prima sembrava l’obiettivo di tutto il suo anno ora aveva improvvisamente perso interesse, derubricato ad un evento come tanti.

L’unica cosa buona era che dopo gli esami finali rimanevano solo un paio di settimane di scuola e finalmente sarebbero potuti tornare a casa.

Ma il ghigno soddisfatto che vedeva sulla faccia della Umbridge non prometteva nulla di buono. E tornare a casa significava anche abbandonare la speranza che Tonks fosse ancora viva, nascosta da qualche parte.

«Cosa pensi che fosse la pozione che ci ha fatto preparare Piton?» si trovò a chiedere stretta a Draco mentre la faceva volteggiare attravero la stanza come se stessero ancora ballando sotto le candele sospese di Villa Black. «E Neville aveva ragione, c’era uno strano odore.»

Non c’era niente da fare, sebbene il suo corpo desiderasse lasciarsi andare, trasportare in un ballo senza musica, la sua mente continuava a rimurginare. 

Draco sbuffò fermandosi e stringendole la testa tra le mani fissandola.

«Cazzo Granger, te l’ho mai detto che sei davvero la morte del romanticismo?» 

«Almeno una volta a settimana. Ma dici anche di amarmi» rispose fingendosi offesa ma non riuscendo a trattenere un sorriso. Quello stuzzicarsi, quella continua tensione in cui passavano dall’insultarsi a non potersi levare le mani di dosso era quello che davvero le era mancato. Lei e Draco non sarebbero mai stati una coppia sdolcinata che si imboccava a vicenda, anche se non c’era dubbio che una parta insana del cervello del Serpeverde aveva pensato un paio di volte di fare qualche gesto inutilmente sdolcinato e romantico tipo regalarle una rosa bianca ogni giorno. Dopo una settimana infatti aveva fatto un bel bouquet e glielo aveva rimandato indietro con un biglietto in cui diceva che lo amava tanto ma che se non la smetteva avrebbe trasfigurato la sua preziosa Nimbus 2001 in un vaso da fiori talmente brutto che lo avrebbe perseguitato nei suoi pretenziosi sogni di interior design altolocato fino alla fine dei suoi giorni.

«Ovvio che ti amo.  E’ che a volte credo che Blaise apprezzerebbe di più le mie attenzioni. Il che non è difficile, Blaise ama essere al centro dell’attenzione sempre. Mi stupisce che non vada in giro a togliere punti solo perchè gli studenti non si prostano ai suoi piedi.» borbottò con le labbra tra i capelli.

«E’ un po’ strano ultimamente no?» chiese Hermione staccandosi da lui e accovacciandosi sul divano candido facendogli segno di fare altrettanto. Draco annuì rovesciando la testa all’indietro sul divano mentre Hermione gli si accoccolava addosso poggiando la testa nell’incavo del suo collo e passandogli le gambe sopra le sue. 

«E chi non lo è? Theodore sembra in preda alle visioni, ormai parla talmente di rado che qualche giorno fa ho pensato che fosse stato vittima di uno scherzo dei tuoi cari amici Grifondoro…ahia, non pizzicarmi! Sai anche tu che ci lancerebbero volentieri dalla Torre di Astronomia se potessero. E Theo ha ragione, non ti sembra che il tuo caro Mezzosangue irlandese dalle manie esplosive si trovi troppo bene con uno come Goyle» si lamentò bloccandole  le braccia tra le sue e stringendosela a sé.

«Riuscirai mai a capire che Mezzosangue non è una descrizione? E poi sai bene che loro non sanno che siete dalla nostra parte…tu che faresti al posto loro a parti invertite?» mormorò senza riuscire ad arrabbiarsi sul serio. Era estenuante sentir costantamente quello che i suoi compagni subivano dalla Umbridge ed ancora peggio sapere che il tutto avveniva sotto lo sguardo del ragazzo che amava e di quella che ormai aveva imparato a considerare un’amica. Non poteva dire a Dean o a Angelina che il sorrisetto di Draco non fosse di soddisfazione mentre venivano puniti con le più assurde scuse dalla preside quanto una maschera che lo distruggeva giorno dopo giorno.

«Quindi?» lo incalzò giocherallando con il bordo della camicia candida.

«Quindi cosa, Granger? Non dirmi che pensi sul serio che io possa pensare che ne sappia più di te in Pozioni. Mi piacerebbe ma non ci casco.» rispose lui fissandola seria in un modo talmente buffo che Hermione non potè fare a meno di ridere.

«Però ogni tanto potresti anche fare finta che sia così, no? Pensi di riuscire a vedere le risposte? Una parte di noi sentiva uno strano odore. Anche tu vero?»

Draco annuì «Non riesco a capire cosa fosse però… e ti posso assicurare che ho passato diverse ore ad odorare pozioni a casa»

Gli passò le dita delicate sotto i cerchi scuri sotto gli occhi, sfiorandogli il dorso del naso «Stai bene?Harry ha ragione, sei più cadaverico del solito»

Draco sbuffò mentre le dita tamburellavano sulle labbra concedendosi un sorriso «Ho sempre pensato che avesse un debole per me, in effetti.»

Rimasero in silenzio abbracciati, riuscendo solo a godere di quei momenti fuori dal tempo, il respiro dell’uno sulla pelle dell’altro, il tocco rassicurante di un abbraccio.

Fu Draco a rompere per primo il silenzio.

«Quando hai rovinato tutta la magia di un perfetto ballo senza musica di un romanticismo che Potter neanche sotto Imperius riuscirebbe ad arrivare,hai detto che hai trovato qualcosa nel tuo baule. Sembrava importante … sicuro più del volteggiare leggera tra le mie braccia…» la punzecchiò mentre con la mano disegnava tracce circolari sulla schiena fino ai fianchi.

«Oh Merlio, piantala. Hai intenzione di rinfacciarmelo ancora per molto?»

«Solo fino a quando anche i nostri nipoti sapranno esattamente che razza di donna senzacuore sei» rise chinandosi a baciarla per soffocare ogni recriminazione. Ben presto però il bacio diventò pressante, un’urgenza che entrambi sentivano come se potesse essere l’ultima volta che sentivano il respiro dell’altro, le mani di Draco che la stringevano come se potesse spezzarsi se solo l’avesse lasciata andare. 

«Bel tentativo, Malfoy. Ma non credere che finisca qui. E comunque ho trovato questo» disse ancora ansimante scendendo dalle sue gambe per prendere la sua borsa e allungandogli un fogliettino scritto in una grafia minuta e delicata.

«Natale non è sempre Natale?» lesse Draco guardandola come se fosse impazzita «Cosa diavolo vorrebbe dire? Tu davvero hai rovinato l’unica ora che possiamo passare insieme per chissà quanto per questo stupido biglietto?»

«E’ il titolo del film che abbiamo visto quando sei venuto a casa mia, ricordi. E a parte i miei c’è solo un’altra persona con cui ne ho parlato. Una che si è sentita male all’idea di te che mangiavi la pizza sul diario dei miei genitori. Una che è cresciuta con un padre Natobabbano che adora questo film» disse Hermione sedendosi di nuovo accanto a lui

«Nymphadora? Mi stai dicendo che mia cugina è viva?» lo stupore di Draco era sincero mentre guardava quel foglietto tra le mani come se potesse da un momento all’altro farsi spuntare le zanne e staccargli un dito.

Hermione annuì titubante.«Non ne ho parlato con nessun altro… io… non vorrei dare false speranze… o potrebbe trattarsi di una trappola»

La grande pendola suonò la mezz’ora. Il tempo a loro disposizione era ancora una volta finito.

«Sai una cosa Granger?» le bisbigliò Draco in un’orecchio «Credo anchiò che sia viva. D’altronde credo che più testarda di lei ci sia solo la madre, non mi stupirebbe scoprire che è nascosta nel castello sotto il naso della Umbridge.»

Poi si alzò chinandosi a darle un ultimo bacio , la mano che le stringeva la nuca «E guarda che l’ho visto che giri sempre con il libro che ti ha dato mio padre, bel tentativo Granger»

Poi più veloce delle sue imprecazioni contro tutti i Malfoy fino alla prima generazione, sparì al di la di quel muro che divideva le loro vite. Prese in mano il libro, seccata che avesse ragione. E le venne in mente una sera di mesi prima, quella in cui tutto era cambiato.

Marietta aveva un libro in mano quando era andata da loro in bilblioteca. Ma la copertina non era di uno dei libri di Madame Prince,  l’aveva notato di sfuggita troppo impegnata ad indignarsi per essere stata cacciata per la prima volta in vita sua da un luogo scolastico.




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