
Tic following Toc
Due mesi.
Due mesi che non aveva notizie di Nymphadora. Due mesi da quando aveva ricevuto l’ultima lettera frettolosa in cui le prometteva un racconto divertente su due regali speciali che le erano stati consegnati fuori dalla porta e in cui le chiedeva di mandarle via gufo il suo libro preferito da bambina perché voleva dimostrare a Remus che non leggeva al bambino solo di mutilazioni, creature oscure e maledizioni. Come se quel racconto non fosse perlomeno… inusuale. Sembrava passata una vita da quando Ted le guardava mentre le leggeva quelle pagine e i capelli di Nymphadora diventavano di un blu brillante cosparso di piccoli puntini bianchi simili a stelle e gli occhi perdevano la loro forma umana e si trasformavano in bottoni e ridacchiava dicendo che decisamente aveva preso tutto dalla mamma in quanto a gusti discutibili.
“Solo perché tu sei banale e le leggeresti solo le Fiabe di Beda il Bardo. O chissà quale scempiaggine babbana in cui le streghe sono cattive» borbottava lei di rimando, accarezzando i capelli morbidi e profumati della figlia mentre tornava lentamente normali man mano che il suo respiro diventava regolare. Ted si accoccolava accanto a loro, stringendole entrambe in un abbraccio e bisbigliandole nell’orecchio «A me piacciano le streghe cattive, sai? Specialmente quelle che fanno solo finta di esserlo»
Poi alzava la voce quel tanto da farsi sentire dalla bambina «Dove vanno tutte le streghe migliori del mondo?»
«Tassorosso» mugugnava Dora mentre scivolava nel sonno «Come la mamma»
E ogni volta entrambi ridevano all’idea dell’adolescente che era stata smistata a Tassorosso.
Ancora adesso, ripensandoci, seppur lo stomaco le si stringesse alla sola idea di non poter più riabbracciare la sua bambina, le veniva da sorridere al pensiero.
Hanno addirittura le copertine patchwork, Drom! Ti rendi conto?
Non l’aveva mai detto a Ted, ma ogni volta nella mente le ritornava in mente la voce di Lucius orripilato che tentava di convincerla che la cosa peggiore che avesse mai fatto in vita sua fosse entrare a Tassorosso a recuperare Ted quando la maledizione su Narcissa sembrava ormai impossibile da sciogliere.
Due settimane.
Due settimane da quando aveva parlato l’ultima volta con Narcissa, due settimane da quando aveva accusato Lucius di sapere molto più di quanto dicesse. No, non era esatto, l’accusa che aveva mosso era duplice: non solo sapeva cosa stesse accadendo ad Hogwarts ma in qualche modo ne era responsabile. Si era resa conto di essere andata troppo in là quando aveva visto un’ombra scura negli occhi azzurri di sua sorella, prima che la chiudesse fuori, una porta di ghiaccio spesso che la respingeva. Era sempre stata brava con l’Occlumanzia, l’aveva coltivata negli anni come uno dei fiori rari dei suoi giardini d’inverno. E ora la usava come un'arma contro di lei.
Cos’erano due settimane di fronte a vent’anni di silenzio? Forse doveva solo accettare che l’ultimo anno era stata solo una parentesi dovuta alla necessità, troppo distanti i percorsi che avevano intrapreso troppi anni prima per poter fare finta di nulla. E la morte di Bellatrix continuava a pesare tra di loro: se per Andromeda la sorella maggiore era morta tanti anni prima, quando aveva deciso di seguire Voldemort in quella spirale di follia, Narcissa non si era mai riuscita a staccare dalla sua ombra. Probabilmente se non avessero tentato di uccidere Draco sia lei che Lucius li avrebbero lasciato che Bellatrix e Rodolphus continuassero con la loro missione, forse li avrebbero persino nascosti, spedendoli in chissà quale posto sperduto del mondo. Come se si potesse nascondere Bellatrix… nessuno era mai riuscito a piegarla ed era certa che si sarebbe gettata dalle scogliere di Azkaban piuttosto che stesa al sole in qualche isola dimenticata da Merlino mentre beveva cocktail alla frutta con buffi ombrellini colorati sopra.
Per un attimo le ritornò in mente un pomeriggio in spiaggia di tanti anni prima, Bellatrix che rideva e cantava sulla spiaggia, i ricci neri scomposti dal vento e la risata ancora non distorta dall’odio che si infrangeva contro il rumore delle onde.
Ci era stata di nuovo anni dopo, su quella stessa spiaggia, con Ted e Nymphadora l’estate prima che entrasse ad Hogwarts. E saltare con lei da quella stessa roccia, i suoi capelli che diventavano rosa fucsia per l’eccitazione e gli occhi splendenti, le aveva confermato ancora una volta che aveva fatto la scelta giusta.
In questo Ted aveva sempre avuto ragione, c’era una parte di lei che non poteva eliminare. Così come Bellatrix aveva rinunciato a tutto, persino alla sua stessa libertà per Lord Voldemort e Narcissa aveva sacrificato quelli che credeva principi incrollabili per Draco, lei avrebbe fatto qualsiasi cosa per Nymphadora e Ted… e se questo implicava rinunciare a sua sorella ancora una volta, seppur con estremo dolore, non avrebbe esitato. E neanche ad uccidere Lucius se fosse servito.
Aveva vagato per più di un’ora uscita dal lavoro immersa nei suoi pensieri, il corpo che bramava tornare dal calore rassicurante di Ted ma la mente che cercava di distaccarsi, di recuperare quel briciolo di obiettività che le serviva per capire cosa fare. Era come essere davanti ad un puzzle babbano di quelli che piacevano tanto a Ted ma con le tessere tutte girate… sapeva di avere tutti gli elementi, ma non riusciva a metterli insieme.
Quando aprì la porta pensò di aver avuto un’allucinazione: sentiva la voce calda e baritonale di Ted rimbombare come sempre per la casa. Farfalle? Ah no falene. di male in peggio. Aveva orrore di quei cosi e ricordava benissimo quando Bellatrix il giorno dopo la sua festa di fidanzamento aveva dato di matto quando aveva trovato una falena dalle grandi ali grige morta in camera. Maledizione, se solo avesse ricordato quanto era accaduto nei giorni precedenti... doveva esserci un collegamento con la missione dei ragazzi e quanto stava accadendo a Dora… se solo quella dannata nebbia si fosse alzata…
E intrecciata a quella amata di Ted la voce calma e vellutata di Remus, sempre pacata, incapace di commenti banali. Non era mai stato noioso né comune, neanche quando da ragazzino sembrava scomparire tra l’esuberanza di James e l’alterigia di Sirius. Gli aveva fatto simpatia sin da subito, sin da quando Sirius l’aveva incontrata sulla torre di Astronomia per farsi raccontare nei dettagli delle reazioni che aveva avuto nei sotterranei l’ammissione di un Black tra i Grifondoro. Merlino, come gli brillavano gli occhi nel raccontare degli amici che aveva incontrato, la stessa che ancora in fondo poteva scorgere nei profondi occhi grigi. Ma se Sirius scontava di aver vissuto i primi anni dell’età adulta prigioniero non solo di Azkaban ma anche della sua sete di vendetta, Remus era cresciuto in quel dolore, era diventato un uomo. E quando Nymphadora le aveva confessato di essersi innamorata (aveva usato subito quell’aggettivo, senza esitazioni come al solito, dritta al punto) nonostante la differenza d’età, di carattere e il bagaglio di sofferenza che l’uomo si portava dietro, si era sentita felice, quasi sollevata. Si sarebbero sostenuti, consolati, protetti a vicenda, senza paura. Proprio lei con Ted, anche quando lo accusava di un essere un noioso Tassorosso natobabbano con la fissa per le verdure biologiche. Lui la chiamava arrogante sapientona incapace persino di tosare il pane e poi ridevano in cucina con le labbra ancora. sporche della marmellata di fragoline di Bosco della Tana che Molly non mancava mai di mandare loro e che si litigavano come ragazzini mentre Nymphadora li guardava disgustata mettendo su un becco da papera starnazzante.
C’era una terza voce, però.Una voce che mai si sarebbe immaginata di sentire nella sua sala da pranzo, soprattutto non mentre chiacchierava amabilmente con suo marito. Certo, sempre di esseri disgustosi e ora continuavano a vagheggiare di presagi di morte ma, nonostante tutto di una maniera molto cordiale. Troppo a dire il vero.
Forse era definitivamente impazzita e non si trovava nell’atrio rassicurante di casa sua con i mobili di vetro e metallo che avevano scelto con tanta cura perché non sopportava nulla che le ricordasse la sua casa natale, ma piuttosto nelle stanze imbottite del San Mungo insieme a Frank e Alice.
Entrò nella stanza, superando un cumulo di disegni lanciati come in una scia disordinata in colori prima più sgargianti e poi sempre più tenui che partiva dall’ingresso sino alla porta del suo studio, fermandosi sulla porta infastidita. Era la seconda volta in vita sua che non sapeva esattamente cosa dire, ed era passato troppo poco dalla prima perché l’accettasse serenamente. Ora però era chiaro il perché Ted non stesse parlando con Remus nel suo di studio, o nel salone. Non voleva contaminare i suoi spazi con la presenza dell’ospite.
«Ciao amore, hai fatto una passeggiata?» Ted. il suo adorato e adorabile Ted aveva tirato fuori quella sua espressione da cucciolo Tassorosso innocente che l’accenno di barba di qualche giorno non contribuiva affatto a dissimulare.
«Lo sta dicendo perché hai le scarpe sporche di fango. Cos’è ti sei persa in un campo dal San Mungus a qui?» Lucius Malfoy era seduto in poltrona, la sua poltrona, quella in pelle che aveva fatto arrivare direttamente da Firenze ed era stata un regalo di Ted per i suoi quarant’anni e la guardava ghignando, evidentemente estremamente divertito dal modo in cui il suo sguardo passava senza soluzione di continuità da suo marito, al suo futuro genero al suo una volta migliore amico. Poi senza cambiare di un muscolo la sua posizione o il sorrisetto divertito continuò in francese « Où sont passées tes bonnes manières, Drom? C’est une question de politesse qui nous fait dire bonjour, merci, au revoir… C’est le minimum.Ou as- tu oublié?»*
« Ça dépend de mon humeur et de la personne avec qui je me trouve, espéce d'idiot!»** la risposta le era salita alle labbra nella stessa lingua, un rigurgito automatico del suo passato. Tutti i purosangue, o almeno tutti i purosangue provenienti da famiglie come la loro, venivano educati in casa prima di andare ad Hogwarts e se c’era una cosa dalla quale nessuno era mai riuscito a sfuggire erano le lezioni di francese. Black, Rosier, Malfoy.. avevano tutti radici in Francia ed erano tutti ben orgogliosi di mostrarle. Un altro, inutile sfoggio di arroganza «E comunque non ho ancora capito perché sei qui»
Il ghigno di Lucius se possibile si fece ancora più smaccato e decisamente non era un buon segno. Decise quindi di rivolgersi ai due adulti nella stanza, che però sembravano fin troppo interessati ai disegni che avevano davanti. Alla fine Ted ammise quasi con nonchalance
«Tuo cognato ha il brutto vizio di presentarsi non invitato…e non è neanche la prima volta»
«Già l’ultima volta tuo marito è stato piuttosto scortese… mi ha cacciato via in malo modo. E solo perché non voleva essere disturbato mentre guardava quel…come l’hai chiamato? Ah sì porno» continuò tamburellando distratto sulla scrivania mentre Remus ed Andromeda lo guardavano stranito prima di scoppiare in una fragorosa risata.
«Guarda che è a lui che piace guardare quegli omini piccolissimi in quella scatola strana. E sono così rumorosi, per Merlino…» continuò l’uomo infastidendosi di fronte a quei due idioti ed Andromeda Black, no Andromeda Tonks, che erano quasi caduti in terra per le risate.
«Ti prego dimmi che hai dato mostra di questo tuo nuovo lessico da babbanofilo in qualche riunione importante» lo implorò la strega asciugandosi una lacrima uscita per il troppo ridere e avvicinandosi al marito, dandogli un bacio sulla guancia«Merlino, se ne avevo bisogno. Grazie Ted, vedi che ho avuto ragione a sposarti?»
Lucius rimase in silenzioso lanciando uno sguardo velenoso verso Ted «Piantatela, siete disgustosi. Vi ricordo che il lupo mannaro dall’orrenda camicia color fango è vostro genero, più o meno. E io non sono pronto a vedervi sbaciucchiare come due adolescenti»
«Oh andiamo, è solo un bacio innocente, e tu sei l’ultimo a poter fare la predica visto quanto si lamenta tuo figlio. E credo che a Remus non dispiaccia pensare che anche dopo vent’anni si può essere ancora innamorati e sessualmente…»rimbeccò Andromeda passandogli accanto e dandogli un pugno sulla spalla, esattamente come faceva ad Hogwarts quando se ne usciva con qualcosa di estremamente stupido.
«Drom!» la bloccò Ted alzando gli occhi al cielo esasperata mente a Remus veniva da ridere nonostante tutto, ricordando tutte le volte in cui Nymphadora era andata da lui lamentandosi del fatto che sua madre fosse assolutamente senza filtri su certi argomenti. In particolare ricordava benissimo la prima conversazione che lui aveva avuto con Andromeda Tonks, dopo che la loro relazione era stata resa pubblica. Così come capiva perfettamente Ted, più riservato. Sebbene Dora pensasse di essere l’esatto opposto di sua madre, ancora una volta si sorprese a pensare quanto fossero in realtà uguali.
«Merlino che schifo» commentò invece Lucius, lo stesso broncio e la stessa aria offesa che aveva Draco ogni volta che tirava fuori l’argomento di manifestazioni pubbliche di affetto da parte di chiunque di età superiore ai vent’anni, specialmente qualcuno con cui fosse imparentato «Comunque devi ringraziare il piccolo lupacchiotto qui per la mia presenza»
«Potresti per un momento smetterla di trovarmi dei ridicoli soprannomi? Sei infantile. E sei qui solo perché non avrebbe venduto i quadri a Sirius, quindi grazie ma la tua parte l’hai fatta e puoi anche andartene» Remus rifiutò con un cenno cortese del capo il bicchiere colmo di liquido ambrato e speziato che gli offrì Andromeda.
«Se sei così nervoso ora che il bambino ancora non è nato aspetta che non ti faccia dormire per due anni. O che decida di presentarsi agli orari più impensabili in camera tua. O, peggio, che inizi l’adolescenza… Merlino, è un miracolo che non mi sia venuto un infarto. E tu già non sembri molto in salute…» commentò l’ospite molto poco gradito mettendosi più comodo sulla sedia e ritrovando il consueto ghigno «Per la miseria Black, ma non hai qualcosa di analcolico in questa casa?»
«Bevi e sta zitto. E voi due spiegatemi di cosa sta blaterando... sono entrata da dieci minuti e ho sentito solo lamentele» Andromeda si era appoggiata sulla scrivania prendendo in mano uno dei disegni e osservandolo con attenzione.
«Avete detto che la Umbridge si è iniziata ad interessare di Hogwarts dopo l’assassinio del povero Cedric Diggory e che ha cercato di accusare Harry della sua morte. E chi è la persona che non ha smesso di dare la colpa di tutto questo ad Harry?» Remus aveva disposto una serie di disegni davanti a lei. Erano indubbiamente tutti della stessa persona ma c’era qualcosa di diverso nel tratto che diventava sempre più nervoso, i colori sempre più scuri ed opprimenti «E no, non ha quindici anni e non è la versione più carina di questo qui»
«Amos Diggory? Ma per Salazar Serpeverde, Ted… era un tuo compagno di casa, no? Lo abbiamo incontrato ad un paio di cene... mi è parso cosi…» Andromeda si morse la lingua prima che la parola noioso le uscisse di bocca «...tranquillo. Un padre di famiglia esemplare»
Ted storse il naso, tanto al fatto che la sua adorata moglie avesse ripreso ad intercalare le frasi con il suo piuttosto discutibile fondatore della Casa come quando aveva sedici anni, quanto dell’aggettivo che secondo lei descriveva meglio quello che era stato il suo caposcuola.
«Panciuto, noioso e stucchevole? Si, il Tassorosso perfetto direi. Anche se a quanto pare gode di un discreto successo… da quando si è ritirato in quella sua specie di casa dispersa nel nulla tra i babbanofili e soprattutto dopo la clamorosa morte del figlio i suoi quadri sono schizzati alle stelle… mi è costata una piccola fortuna convincere il suo gallerista a venderli. Ma ecco qui la produzione dell’ultimo anno di Amos Diggory. E non pensate neanche per un attimo che possa portarli a casa mia, non ho abbastanza stanze per nasconderli a Narcissa» Lucius aveva esitato un attimo mentre prendeva in mano uno degli ultimi disegni prima di alzarsi ed avviarsi verso la porta «Aspettavo te, comunque, mi accompagni?»
«Sono certo che tu possa seguire un corridoio dritto da solo, Malfoy. Credimi non c’è il rischio che ti perda. Come hai fatto notare più volte è una casa piuttosto modesta» commentò Ted a mezzabocca, continuando a studiare i disegni.
«Dovremmo chiamare Sirius, Arthur e Molly. Guarda qui… » Remus aveva richiamato di nuovo l’attenzione del suocero mentre impilava le chine una sopra l’altra «Sono certo che ci sia un incantesimo come quello della mappa del Malandrino, vedi queste piccole incisioni. Dobbiamo solo trovare la parola per rivelare il contenuto»
«Muori, Potter, muori.. Che dite? Io la userei se…»la frase iniziata per infastidire quei due gli era morta in gola. Se Draco fosse morto. Il solo pensiero orribile era tornato guardando quel disegno, dove nell’intreccio dei rami aveva visto un simbolo che credeva appartenesse solo ai suoi incubi. Mi prenderò tutto quello che ami. La voce di Cassandra rimbombava nella sua testa al punto che per un attimo non sentì neanche la voce di Andromeda accanto a lui.
E se non fosse solo un sogno? Se davvero avesse cercato di ucciderlo già tanti anni prima? Perché quella svitata della professoressa di divinazione aveva avuto una profezia che riguardava una persona morta un anno prima?
Quasi senza accorgersene si ritrovò in strada, una tranquilla e comune strada in un sobborgo residenziale vicino a Diagon Alley, Una libreria, un negozio di genere alimentari, un paio di ristoranti, un caffè. Eppure vedeva da lontano il grande palazzo in stile liberties dove si trovava l’attico dove si rifugiava spesso con i fratelli durante le vacanze. Quando erano da quelle parti con Draco e Narcissa non era mai salito con loro, adducendo una serie di scuse ed impegni. La verità era che aveva paura di cancellare i ricordi con i suoi fratelli. Era passato così tanto tempo dall’ultima volta che c’era stato… ricordava di essere passato insieme a Nicholas ed Arael pochi giorni prima della festa di fidanzamento…prima della sera in cui avevano ricevuto il marchio nero. Ma a fare cosa? Chi era andato a trovare? E perché ricordava di essersi preso un pugno in un occhio?
«Ehi cos’è hai finito le scorte di energia negativa? O ti sta venendo un ictus? Ti prego dimmi che non ti serve assistenza medica, già ho troppe cose a cui pensare»quasi trasalì quando sentì il tocco delicato sul braccio. Osservò per la prima volta davvero la donna che aveva di fronte, qualcuno che in teoria gli sarebbe dovuto apparire totalmente estraneo dopo che per due decenni le loro strade avevano preso direzioni opposte. «Non farlo di nuovo. Non adesso» si limitò a dire fissandole il volto stanco «Farò di tutto per trovare tua figlia, te lo prometto. Ma tu non abbandonarci di nuovo»
Non era stata solo Narcissa a perdere una sorella quando se n’era andata nella notte lasciando solo un biglietto. Prima Nicholas, poi Arael e infine lei. Era così furioso con tutti loro.
«E’ stata lei a dirmi di andarmene questa volta, Lucius. E sono sicura che dicesse sul serio, conosco mia sorella» si limitò a commentare la donna abbassando gli occhi e tirando fuori una scatolina argentata dalla tasca del pantalone di seta grezza. Tamburellò un paio di volte sul coperchio intarsiato prima di tirare fuori due sigarette ed allungargliene una «Dillo a Ted e ti uccido con le mie mani»
«Hai ancora questo pessimo vizio Black? Però vedo che conservi i miei regali» Lucius si permise di sorridere, accendendole la sigaretta con un tocco di bacchetta. Quante volte erano sgattaiolati nei giardini di Hogwarts per fare lo stesso. Beh prima che iniziasse ad uscire con Narcissa, visto che la riteneva un’abitudine disgustosa «E tu non dirlo a tua sorella. Non è il caso di farla arrabbiare in questo momento»
«So che le hai detto che pensi che sia colpa mia. Lo credi davvero?» chiese Lucius, quella domanda che gli tarlava il cervello da quando Narcissa gli aveva riversato contro i sospetti di sua sorella.
La strega scosse i riccioli bruni, incerta «In tutta sincerità? Non lo so. Però sei l’unico punto di collegamento in tutto questo casino»
Rimasero così, in silenzio, sul bordo di una strada anonima in un anonimo sera di inizio primavera.
«Vieni a trovare tua sorella. Sta male, il suo mal di testa non fa che peggiorare. E il dannato elfo che strilla in giro per casa blaterando assurdità non aiuta di certo. Merlino giuro che se non se la smette di dire che mia sorella non è morta lo trasformo in mangime per i pavoni»
Andromeda rimase con la mano a mezzaria «Cosa?»
«Cosa, cosa? Di Narcissa e il mal di testa o Krippy che dice che mia madre ha dato il libro che, e cito testualmente, la diseredata cerca con tanta foga nella casa del padrone a mio figlio o che mia sorella sarebbe finita in qualche assurdo luogo non luogo nel profondo del lago nero? Ah e anche mia madre veniva da lì, pensa te. E anche tutte quelle donne che ci hanno fatto i tatuaggi magici. Dopo la terza volta che l’ho minacciato di tagliargli le corde vocali e mettergliele come fiocco in testa finalmente l’ha smessa»
Andromeda si sentì pervadere da una vertigine così forte che quasi non cadde in terra. La sera di Samhain, il bosco di Hogsmeade, la signora del Lago… i ricordi affioravano uno dopo l’altro, come una valanga.
«Forse so come entrare ad Hogwarts Malfoy. Ma ci serve l’aiuto di Cockey» disse facendo scomparire la sigaretta. Al diavolo l’antistress ...ora aveva una speranza.
L’uomo la guardò perplesso «Mi dispiace deluderti ma Cockey è ad Hogwarts. Narcissa aveva un brutto presentimento e ha convinto Severus a farla prendere dal vecchio barbagianni nelle cucine della scuola. In teoria doveva guardare anche tua figlia., ha un’ossessione per le donne incinta. Per Merlino come è possibile che tu la conosca?»
Andromeda batté un piede in terra per la frustrazione. Dannati Malfoy, mai che ne facessero una giusta. Però se Cockey era ad Hogwarts forse sul serio si stava prendendo cura di Nymphadora ovunque fosse.
Sentì Ted e Remus che la chiamavano eccitati da dentro la casa. Evidentemente avevano trovato qualcosa, da come urlavano.
«Di a Narcissa che passerò a trovarla» disse prima di correre di nuovo dentro, lanciando velocemente un incantesimo rinfrescante per cancellare ogni odore di fumo.
Lucius la guardò mentre si affrettava a rientrare, la minuscola finestra sul passato che si era chiusa nuovamente. Non erano più i ragazzini di un tempo né lo sarebbero mai stati.
Quando le aveva detto che l’avrebbe aiutata a trovare la figlia non stava mentendo, ma di certo non le stava dicendo tutta la verità. Neanche quella volta era riuscito a chiederglielo, il momento giusto che svaniva sempre. Come si fa a domandare a qualcuno in pena per il proprio figlio se quello di qualcun altro ha qualcosa che non va? Aveva notato il suo sguardo quando Severus aveva detto che Draco aveva una strana febbre, così come lo osservava facendo finta di nulla.
Ma se dopo il ricovero gli era parso quasi normale, ora alla luce dei suoi incubi e al malessere di Narcissa tutto appariva diverso. Doveva riuscire a scoprire cosa avesse fatto Cassandra e cosa c’entrasse Nymphadora.
Rimasse ancora lì un altro po’, a guardare un anonimo portone di un’anonima casa in un’anonima via. Poi con un plop si smaterializzò.
***
«Per Godric Grifondoro ma la smette mai di piovere?»
«Queste sono sì e no due gocce d’acqua passeggere, non credo proprio che qualcuno possa chiamarla pioggia.»Charlie gli lanciò un’occhiata obliqua mentre bussavano al portone di una delle palazzine a tre piani a poche stazioni di metroflu dal Ministero della Magia.
Charlie si strinse nella giacca troppo leggera che si era portato dietro, mormorando un leggero incantesimo riscaldante.
«Non hai idea di quanti mi manchi l’Egitto. Merlino me lo sogno quell’inverno mite. Se non fosse per Fleur altro che Gringott…Ma cosa diavolo sta facendo lì dentro? Sto congelando»
«Da quanto sei diventato così piagnucolone, fratello? Merlino sembri…»
«Percy! Sorpresa! Non sei contento di vedere i tuoi fratelloni?» Bill aveva spintonato via Charlie prima che finisse la frase, affrettandosi ad abbracciare con foga il fratello minore che se ne rimase impietrito senza muovere un muscolo.
«Non ho ricevuto il vostro gufo» borbottò sguisciando via dalla stretta e rimanendo ancora sulla soglia.
«Ma quale gufo e gufo. Andiamo… guarda siamo anche passati a prendere della burrobirra e del fish and chips? Non mi dirai che hai già cenato, vero? E poi Charlie ha bisogno di un po’ di sano cibo unto e saporito. Hai sentito che ha iniziato una dieta macrobiotica? Per Godric Grifondoro. Voglio proprio vedere come lo dirai alla mamma. E non venire mai a trovarmi a casa, Fleur è minuta ma mangia come Fred e George messi insieme» Bill si era fatto strada senza attendere l’invito di Percy, ancora sulla soglia verso la piccola cucina, dove aveva iniziato ad apire uno sportello dopo l’altro alla ricerca di piatti.
«No, non lo sapevo. Così come non mi sembra che tu sia degnato di parlami di Fleur» commentò Percy con una smorfia mentre Charlie gli passava un braccio attorno alle spalle spingendolo verso il piccolo tavolo dove Bill aveva iniziato a disporre il cibo ancora fumante «Delacour, immagino. Per Merlino, Bill da quanto la conosci? Un anno? E già parli come se viveste insieme? E’ inappropriato»
Bill si fermò un attimo, la burrobirra stappata in mano ignorando i gesti del fratello che gli faceva segno di lasciar perdere«Inappropriato, Perce? Per chi?»
Gli occhi di Percy fiammeggiarono «Per me. Io ho lavorato sodo per ottenere il mio posto al Ministero…»
«Oh sì l’abbiamo sentito. Bel risultato» la risposta era uscita più tagliente di quello che avrebbe voluto mentre Charlie alzava gli occhi al cielo.
«Quello che voleva dire Bill» tentò di mediare il maggiore cercando di lampeggiare con gli occhi al fratello di chiudere il becco e trattando Percy come faceva con i draghi nervosi «E’ che siamo rimasti sorpresi dal fatto che non ci hai detto nulla...»
Percy si divincolò dalla presa «Come se a voi interessaste il mio lavoro... io sono quello noioso no? Non sono il dragonologo, né quello che lavora come spezzincantesimi alla Gringott…»
«Lavorava, ora gli tocca stare in ufficio» Charlie tentò di mediare rimediando una smorfia da entrambi i fratelli.
«Ed è una cosa terribile, vero? E invece a me piace stare in ufficio, mi piace rendermi utile con il mio cervello. Ho una fidanzata, lo sapete? No perché a voi non è mai interessato nulla di me. Solo perché sono il fratello di mezzo» i capelli di Percy avevano assunto una strana sfumatura
«Per Merlino Percy non ricominciare con questa storia. Tu NON sei il fratello di mezzo, tecnicamente è George. O Fred… ancora ho dei dubbi su chi sia nato prima, sono quasi certo che anche da neonati sarebbero stati in grado di fregare la medimaga» Bill guardava esasperato il fratello «E stai facendo freddare il cibo come sempre, con le tue menate. Forza, siediti e smettila di comportarti come se avessi cinque anni»
«Io l’ho sempre detto che bisognava fargli un segno sul tallone come si fa con i draghi appena nati... in fondo il carattere è quello» Charlie si era soffermato sulla fila di fotografie ordinatamente disposte sul mobiletto accanto al divano «E’ questa la tua ragazza? Carina... come si chiama?»
«Penelope. E lo sapreste se mi aveste mai chiesto come sto. Ma tanto io sono il solito e noioso Percy, vero?» sbottò riprendendo la fotografia e risistemandola esattamente al suo posto.
«Oh andiamo... forza siediamoci a mangiare insieme. E’ da tanto che non lo facciamo. Se non ti piace il fish and chips possiamo andare al ristorante qui sotto... ho visto che c’è un indiano che non sembra niente male. A te piace no? Ricordi quando siete venuti a trovarmi a Bombay e hai mangiato così tanto chicken pulao da stare male?»
«Come mai tutto questo interesse, Charlie? Sarà che vi ha mandato la mamma per convincermi a farvi entrare ad Hogwarts? Come mai tutto questo improvviso interesse per me?» la porta alle spalle di Percy si era aperta fragorosamente mentre il mago indicava furiosamente l’ingresso «E io odio le spezie. Quello era Ron. Io sono rimasto a casa con Bill e i gemelli perché non potevamo permetterci di venire tutti a trovarti. Anzi Bill nel frattempo era chissà dove con la fidanzatina di turno»
Charlie si avvicinò ancora cercando di sembrare conciliante «Percy, stammi a sentire. Capisco che tu possa sentirti tagliato fuori da tante cose e mi dispiace, ma è la vita. Stanno dando la caccia a Dora, davvero credi che possa aver ucciso una studentessa? Andiamo è di famiglia!»
«Di famiglia? Come no» Percy sembrava aver perso la sua rabbia e gli era rimasto uno strano ghigno sulla faccia «Un’altra che non faceva che tormentarmi quand’ero piccolo. Ed ora fuori, e portatevi via quel coso puzzolente prima che mi infesti casa»
«Quando sarai rinsavito vedi di mandarmi una lettera. E nel frattempo prega che nessun altro tiri le cuoia» aveva ringhiato Bill prendendo Charlie per un braccio e trascinandolo via «E ricordati sempre che meglio tradire un superiore che la propria famiglia».
La porta dietro di loro si chiuse con una tale forza che per un attimo l’intero palazzo sembrò tremare. Fecero appena in tempo a schivare pezzi di pesce fritto e patatine fragranti che come proiettili impazziti erano volati nelle loro direzioni.
Bill ne afferrò uno al volo mettendoselo in bocca mentre si sedeva sugli scalini dell’ingresso del palazzo, osservando in silenzio il fratello.
«Perché hai preso quella foto? Cosa credi che non se ne accorga?» chiese infine indicando con il mento la tasca superiore della giacca. Charlie sorrise e tirò fuori una foto ufficiale del ministero in cui Percy stringeva soddisfatto la mano alla Umbridge, in tenuta da membro del Wizegamot.
«Oh ma io spero proprio che se ne accorga invece. Anche perché gli ho lasciato qualcosa che dovrebbe aiutarlo a riflettere. Non come una certa persona di mia conoscenza che gli ha fatto scivolare chissà quale oggetto proibito nella borsa da lavoro» sorrise mentre tendeva una mano al fratello aiutandolo a rialzarsi.
Bill scosse le spalle con noncuranza, l’orecchino a forma di zanna che riluceva alla luce del lampione «Al massimo non ancora approvato. E speriamo che quell’imbecille non se ne accorga»
«Forse ha ragione lui, Bill. l’abbiamo dato sempre per scontato. E’ solo geloso…» sospirò il minore dei Weasley alzando lo sguardo verso l’appartamento del terzo piano «Ma a dire la verità sono stato distante da tutti. Mi vuoi raccontare un po’ di questa Fleur…al momento ho solo la versione della mamma…e … beh direi che vorrei sentire un’altra campana»
Inaspettatamente Bill rise, ben conscio della lingua tagliente di Molly Weasley «Oh, vedrai. Quelle due finiranno per andare d’amore e d’accordo, garantito. Pensa che stava valutando di fare il provino per entrare alla scuola per Auror…è stata proprio Tonks a suggerirle…»la frase gli mori in bocca ripensando all’ultima volta che erano andati a cena tutti insieme a casa di Tonks e Remus, in quella che era stata la loro prima uscita ufficiale. Avrebbe voluta presentarla a Charlie ma lui era chissà dove nel mondo e Percy aveva ragione, non gli era venuto in mente lui ma quella che considerava un’altra sorella minore.
Charlie sorrise dandogli una pacca sulla spalla, mentre si incamminavano in silenzio verso Grimmauld Place. Si guardò un’ultima volta indietro, sperando che Percy stesse guardando la fotografia che gli aveva lasciato, quella che teneva sempre nel portafoglio e da cui non si separava mai. Il natale del 1980, il primo in cui erano stati tutti insieme, contando anche Ginny che all’insaputa di tutti stava crescendo nella pancia appena arrotondata della loro madre, Ron in braccio a lui e Bill che cercava di fermare Fred dal tirare un grosso libro sulla testa di Percy, accoccolato sulle ginocchia di Arthur mentre George rideva folle alla faccia da papera di Nymphadora. L’ultimo Natale in cui Voldemort era ancora in vita, l’ultimo di terrore. Un terrore che sperava con tutto il cuore che Percy decidesse di non far tornare più.
* Che fine hanno fatto le tue buone maniere, Drom? Andiamo è buona educazione dire buongiorno, grazie, arrivederci. E' il minimo sindacale. Cos'è te ne sei scordata?
*** Beh dipende dal mio umore e da chi mi trovo davanti, razza di idiota.