Moth Goth

Harry Potter - J. K. Rowling
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Moth Goth
Summary
Finalmente Draco ed Hermione sono pronti a rendere pubblica la loro relazione e a concludere in pace il quinto anno, schivando al massimo qualche gossip. Ma una maledizione sta per abbattersi su Hogwarts, tra succubi, omicidi, incubi in rosa...e ovviamente il tentativo di far fuori il Bambino Sopravvissuto.
Note
https://www.pinterest.it/Flo_flo_fy/moth-goth/ .Anche in questo caso ho fatto un'unica bacheca Pinterest dalla quale prendere ispirazione che ti lascio qui, nel caso ti venga voglia di capire un po' il mood di questa storia.Sarà anche questa decisamente Serpeverde e con un Draco infantile e capriccioso continuamente alla ricerca di conferme?Decisamente sì.Ci saranno morti e torture? Certo.Troverai mischiati elementi dei libri, dei film e riferimenti a head e fan canon in ordine sparso e assolutamente non coerenti con l'originale? Ovvio.Infine come sempre ci saranno rifermenti alla cultura celtica, alle saghe, al voodoo e tanto altro ma nessuno di questi va preso alla lettera e soprattutto non è inteso a sminuire alcuna filosofia, religione o tradizione. Semplicemente è un gran calderone in cui butto tutto quello che mi ispiraAl momento in cui sto pubblicando su ao3 su efp ho pubblicato sino al capitolo 10.Entro venerdi , quando ci sarà il prossimo aggiornamento, caricherò anche qui i capitoli mancanti.. poi i due siti saranno aggiornati contemporaneamente.
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Resistenza e Resilienza

Pensare che solo qualche settimana prima avrebbe fatto i salti di gioia all’idea che Silente fosse finalmente stato estromesso dalla scuola le fece avere un tale moto di rabbia che dovette stringere il pugno fino a sentire le unghie affilate penetrarle nel palmo per evitare di scoppiare in una risata folle che avrebbe fornito la prova definitiva alle sue compagne di casa per testimoniare della sua mancanza di giudizio. Pansy si morse le labbra, cercando di trattenere gli insulti ma, anche se ben nascosta all’interno del suo baule nel dormitorio, sapeva benissimo che quella dannata lettera la stava fissando con lo stesso odio e ferocia con cui lei pensava a quelle odiose lettere che ballavano sulla carta.

Sua madre aveva avanzato una nuova richiesta affinché la sua emancipazione legale e il conseguente trasferimento della maggior parte dell’eredità venisse cancellata e il Wizegamot la informava che il suo caso era al momento oggetto di verifica da parte dei funzionari preposti

Avrebbe voluto parlarne con Draco, sentire i commenti sarcastici di Blaise sull’evidenza che sua madre fosse fuori di testa per aver preso chissà quale strana malattia dai suoi amichetti disagiati in cerca di una sciocca con le tasche piene di soldi, farsi rassicurare da Theo che avrebbero trovato il miglior legale per assisterla e che quelle erano solo sciocche ripicche ma che non doveva darci troppo peso o Blaise le avrebbe detto che le sarebbero venute le rughe.

Dal giorno in cui aveva ricevuto la dannata lettera il tempo si era congelato, condensato in un grumo di ansia e noia che non riusciva a ingoiare e che le bloccava il respiro ogni volta che la sua mente tornava li, a quelle parole. 

Oggetto di valutazione.

C’era forse migliore per definire la sua stessa esistenza sinora? Le sembrava di essere tornata di nuovo indietro a quelle sere di inizio primavera in cui si sentiva come se il suo futuro non esistesse, come se l’unica cosa che potesse fare fosse solo quella di esistere, stancamente e uguale a sé stessa un giorno dopo l’altro.

Ma ora che aveva respirato davvero, che si era sentita libera di prendere il proprio destino tra le dita quell’idea le sembrava intollerabile, un fardello troppo pesante persino per lei che aveva imparato a chiudere fuori il mondo con un battito di ciglia perfettamente incurvate e nere come il pizzo che sua madre continuava a far finta di indossare a segno della sua vedovanza.

La nuova sala comune era silenziosa come mai era stata e non solo per via dell’ora tarda: sembrava che quella segregazione forzata avesse tolto ogni energia persino alle sue compagne più fanatiche del nuovo ordine sociale di Hogwarts, come loro stesse l’avevano definito. Lei si era adeguata, plasmata ancora una volta all’idea che il mondo aveva di lei, prostrata a quell’immagine di ricca, stronza, Serpeverde che ormai le calzava come una seconda pelle. E che indubbiamente era perfetta per lei, come le aveva più volte ricordato Draco.

Solo che ora sapeva di essere di più di un involucro purosangue dallo stile impeccabile e i capelli perfetti che valeva solo quanto il suo conto alla Gringott: nel corso dell’ultimo anno aveva scoperto di poter lottare per sé stessa e non lasciare che la vita le scivolasse accanto, di avere dei veri amici che non l’avrebbero abbandonata, non l’avrebbero lasciata scomparire un giorno dopo l’altro al punto da non riconoscerla se non nell’ombra di un ghigno. Si era messa in pericolo in un modo che mai avrebbe pensato e aveva sacrificato parte di sé per riemergere più forte. 

Chiuse gli occhi strizzandoli forte sperando che insieme alla luce anche quei pensieri fastidiosi sparissero.

Non era solo il ricordo di quello che era successo la notte di dicembre di un passato troppo vicino a tormentarla: sin dalla sera del primo incontro con Lord Voldemort aveva capito che sarebbe arrivato un momento in cui se il loro piano avesse funzionato avrebbe dovuto scegliere se seguire quella strada fino in fondo, spingersi così in là da non poter tornare indietro, oppure scappare ed abbandonare tutto. Solo Draco era così’ ingenuo da pensare che se la sarebbero cavata con un paio di sorrisi e discorsi infuocati. Lui non c’era quando torturavano i babbani nel cuore della notte a casa sua, non aveva mai visto il loro sguardo che implorava di aiutarli, non aveva mai capito fino in fondo la vera parola di sanguesporco. Era solo un termine che gli era stato inculcato, un modo per ribadire la superiorità della sua famiglia ma non ne aveva mai compreso il reale significato. Non sapeva del suono che faceva nelle risate che superavano perfino le urla delle cruciatus.

Non fino a quella sera.

Per lei era stato quasi liberatorio: per un attimo era stato come se tutte le sue paure si fossero realizzate, era diventata esattamente quello che ci si aspettava da lei, l’unica cosa che suo padre avesse mai apprezzato. Poi era successo qualcosa di inaspettato..un giorno dopo l’altro aveva scoperto la gioia di un’avventura nuova, l’eccitazione di essere a capo di Ambwitchious, seppur con la Granger tra i piedi, l’idea che ci fosse qualcuno ad Hogwarts ad aspettarla cui non importasse nulla del suo passato, che l’aveva vista cadere in terra e l’aveva aspettata, attendendo che si rimettesse in piedi e continuasse ad essere lei, semplicemente. Non più buona, non più accomodante, non migliore.

Semplicemente lei, Pansy Parkinson: stronza ricca e serpeverde.

Anche se, a dire la verità, a lui non aveva mai raccontato il suo segreto più grande, quello che la tormentava ogni notte: l’eterna e continua morte del bambino sopravvissuto. C’era una vocina dentro di lei, una che non riusciva più a scacciare perché nulla ormai poteva fare da contraltare: era Harry Potter il motivo di tutti i suoi problemi, se lui fosse scomparso sarebbe potuta tornare alla vita di prima. Avrebbe potuto essere di nuovo felice.

Si rannicchiò sulla poltrona di pelle davanti al fuoco. Nonostante ormai aprile avesse decisamente bussato alle porte del Castello, l’aria della notte era ancora fredda, acuita dal ricordo delle labbra di Ron sulle sue poco prima che tutto cambiasse.

«Non riesci a dormire neanche tu?» la voce di Daphne Greengrass la distolse dai suoi pensieri, facendole per un attimo dimenticare il viso esangue del bambino sopravvissuto che l’ossessionava da settimane.

«Direi di no... Dì la verità Daph… strascichi della tua piccola avventura notturna o sei emozionata per la grande notizia dell’anno?» commentò grata ghignando e raggomitolandosi meglio sulla grande poltrona mentre l’altra si sedeva stancamente sul divano accanto a lei.

La bionda fece una smorfia « Non mi vedi? Non so se sia peggio questo nuovo regime ad Hogwarts o sentire Millicent che parla del fidanzamento con Tiger. Strano no? Quei due in cinque anni si saranno scambiati dieci parole e ora parlano addirittura di non terminare i MAGO. O almeno è quello che dice Millie. è triste no? L’idea che rinunci a tutto per sposarsi»

Pansy sbuffò. A volte aveva l’impressione di essere circondata da stupidi grifondoro sotto polisucco «Direi che già il fatto di superare i GUFO quest’anno sarà la loro massima ispirazione accademica. E onestamente per me se entrambi si levassero dai piedi non sarebbe una gran perdita.»

Daphne giocherellò con il bordo della vestaglia verde bosco « Ti capisco. Ormai non si parla d’altro della purezza del sangue…sembrano di nuovo tutti invasati come lo scorso anno… il padre di Elettra è membro del Wizegamot e pare le abbia detto che ben presto la scuola sarà vietata ai natibabbani. Pare che la Umbridge li odi…è per questo che ci ha fatto compilare il questionario alla prima lezione»

La Pansy Parkinson di qualche mese prima le avrebbe riso in faccia, limitandosi a commentare che non sarebbe stata di certa la cosa peggiore mai capitata… e anche la Pansy che era ora stava per farlo quando però si rese conto di una piccola fitta di dolore, lì dove metaforicamente secondo la gente avrebbe dovuto trovarsi il suo cuore se mai ne avesse avuto uno. Che se ne andasse metà degli inutili studenti della scuola le importava poco. Ma niente natibabbani significava niente Granger. E fosse dannata se mai lo avesse ammesso ad alta voce ma si era affezionata a quella dannata sotuttoio. E poi doveva aiutarla a riprendersi il magazine, dopo che il suo piano per sbarazzarsi del rospo color caramelle avariata era andato in fumo.

«A proposito di natibabbani…quello non è il gatto della Granger» chiese stupefatta Daphne indicando il grosso felino rossiccio che avanzava soddisfatto e con aria di sfida, ondeggiando la lunga coda paffuta fino ad arrivare davanti a loro e sedendosi sulle zampe posteriori, in attesa.

Daphne allungò una mano per accarezzarlo ma il ringhio basso e profondo e l’occhiata che le rivolse Grattastinchi la fecero desistere. 

«Quel gatto non fa niente per niente…onestamente credo che stia prendendo tutti i vizi di Draco» ridacchiò la mora frugando nella borsa e porgendo un paio di palline al formaggio al gatto «Vedi che ti penso sempre? Sei tu che ti sei fatto vedere poco quaggiù…E non guardarmi come se mi fosse cresciuta una seconda tesa, Greengrass. Quest’ammasso di peli qui è migliore della maggior parte dei nostri compagni di scuola…voleva persino mangiarsi quel traditore di Minus. Magari l’avesse fatto… e invece no, quell’idiota del suo padrone gliel’ha impedito. Stupido Lenticchia»

Daphne la guardò sorridendo e alzando le mani in segno di resa, limitandosi a fissarla ridacchiando «Hai un debole per i rossi, Parkinson. Anzi sai che ti dico. Mi sa che Grattastinchi somiglia a Weasley sai?»

«Stai forse dicendo che questo splendido gatto è un grifondoro, pieno di lentiggini e spelacchiato?»ringhiò mentre il gatto in questione si stiracchiava iniziando a farsi le unghie sul laterale della poltrona, guardandole entrambe di sottecchi.

«Parole tue, non mie. Io avrei detto che entrambi riescono a farti sorridere…ma in effetti ora che mi ci fai pensare…» ridacchiò alzandosi e incamminandosi verso il loro dormitorio « Provo ad andare a dormire qualche ora, sperando finalmente di riuscirci. Buonanotte Pansy. Buonanotte Weasley-gatto»

Grattastinchi ne approfittò per saltare sul divano, li fino a dove poco prima era seduta la Greengrass fissando Pansy immobile come una statua.

«Non prendertela, tu sei molto più intelligente di Weasley. E hai molto più stile» lo consolò prendendolo finalmente in braccio e stringendolo addosso «Anche se detto tra me e te un po’ mi manca... Anche se lui non porterebbe mai una cosa bella come questo collare» aggiunse accarezzandolo mentre lui faceva le fusa soddisfatto.

«E questo cos’è…Merlino ma davvero ti hanno messo anche una targhetta?» prese tra le dita il piccolo ciondolo argenteo dove spiccavano le lettere G.G.M. sbuffando incredula. Di certo un’idea di Draco, dubitava fortemente che la Granger fosse anche solo d’accordo. Sotto i suoi occhi però le lettere si piegarono e dispiegarono fino a formare una serie di parole. 

Sorrise. Allora era vero che anche lui la pensava. Stupido Weasley.

 

***

Quando un Weasley, non contando ovviamente per quell’idiota di Percy, veniva chiamato da un professore non era mai per una buona ragione e Ginny Weasley non pensava davvero di essere un’eccezione alla regola anche se davvero non poteva rimproverarsi granché durante la lezione di divinazione, se non aver tirato un paio di calci alla sua compagna di tavolino quando aveva iniziato a piagnucolare di metodi per vedere nei sogni il volto dell’anima gemella ma era stato del tutto accidentale, un riflesso del fatto che quella dannata stupida della nuova preside le avesse vietato non solo di frequentare i suoi amici ma anche solo di dare un bacio innocente sulla guancia ad Harry. E pensare che ci aveva messo quasi due anni a fargli ammettere che fosse innamorato di lei. Aveva atteso paziente che finalmente il velo sui suoi occhiali eternamente storti si dipanasse e iniziasse a capire che lei non era solo la sorellina di Ron, o peggio ancora la povera Ginny che era stata posseduta dai Tom Riddle. Tante volte aveva pensato di marciare nel loro dormitorio e dirgli chiaro e tondo quello che provava ma quando l’aveva visto fare lo scemo dietro Cho Chang era stata presa da un tale moto di stizza da andare dritta da Dean Thomas e baciarlo, proprio lì davanti a tutta Grifondoro. Peccato che Harry non sembrava averlo notato. O almeno era quello che pensava lei: secondo i commenti acidi di quella serpe di Malfoy Harry l’aveva notato eccome. A quanto pareva aveva passato gran parte del loro forzato passare del tempo insieme a prenderlo in giro e sebbene a volte provasse il desiderio di colpirlo con la mazza da battitore di Fred su quella testa dura platinata sino a fargli uscire le sue stupide teorie classiste dalle orbite, doveva ammettere che la cosa le aveva provocato una non troppo sottile soddisfazione. E quella scenata in sala grande poi… davvero quelli della sua casa ci erano cascati? Merlino che insieme di deficienti vestiti di verde e argento con robe troppo costose che erano.

E il Quidditch. Maledizione quanto le mancava. Quell’irritante rospo vestito peggio del divano di zia Romilda non solo le aveva tolto la possibilità di cavalcare la sua scopa, ma anche  Harry, ora che finalmente sembrava aver accettato il fatto che non sarebbe apparso Ron con la testa in fiamme alle loro spalle se l’avesse vista nuda. E delle due cose non sapeva bene quale la rendesse più frustrata.

Sali lentamente le scale che portavano allo studio accanto alla sala di divinazione, lanciando un’occhiata nostalgica all’ormai deserto campo da Quidditch che si vedeva in lontananza ed immaginando che nel cerchio centrale apparisse per magia l’immagine di quell’idiota della Umbridge legata mani e piedi… oh come si sarebbe divertita a provare le sue migliori mosse da cacciatrice… ed era certa che Tonks avrebbe approvato. Anzi, era molto probabile che non avrebbe esitato a provarne un paio lei stessa. Chissà dov’era ora. Era certa che fosse riuscita a mettersi al sicuro, in fondo dopo sua madre probabilmente era la strega più cocciuta e piena di risorse che conoscesse. E da brava Tassorosso capace che avrebbe anche pensato di perdonare il grasso batrace. Ma non c’era problema, quando tutto sarebbe finito ci avrebbe pensato lei a ricordarle tutto quello che le aveva fatto passare. Aveva già pronta una lista.

Il pensiero di lei che caricava con tutta la sua forza uno dei suoi tiri micidiali da far arrivare sul naso porcino dell’Umbridge era talmente soddisfacente che si accorse solo all’ultimo che la porta dello studio della Montemorcy non era chiusa. Si avvicinò allo spiraglio, ben attenta a non lasciarsi vedere visto l’ospite davvero poco gradito della sua professoressa.

Giacca in angora pelosa color rosa ciclamino e un odore di patchouli e naftalina che le fece venire ancora una volta in mente la prozia di sua madre e una tozza bacchetta di legno appoggiata sul tavolo, unita ad una vocetta stridula e fintamente accondiscendente.

La Montemorcy era seduta davanti a lei e le tornò in mente il discorso fatto una vita fa con Hermione e Pansy in biblioteca all’inizio dell’anno: da quell’angolazione era impossibile non notare i capelli assurdamente chiari lasciati sciolti e lo sguardo gelido negli occhi ridotti a fessura …Merlino, era la peggior versione femminile di Draco Malfoy con gli occhi neri che le riuscisse a venire in mente. E anche quel modo di porsi, la tesa alta e il ghigno con cui guardava la Umbridge…davvero se avesse dovuto scommettere avrebbe messo cento galeoni sul fatto che quella fosse almeno in parte una Malfoy.

E lei non scommetteva mai se non era sicura di vincere.

Senza far rumore tirò fuori una delle orecchie origlianti dei gemelli che teneva dissimulata in borsa... Da come si stava scaldando il rospo quella conversazione sembrava parecchio interessante.

 

 

 

 

«Vedo che ha parecchi tatuaggi, mia cara. Può spiegarne il motivo?»la Umbridge la guardava chinando la testa tonda da un lato e picchiettando sulla cartellina che si portava sempre dietro quando decideva di annoiare i professori con le sue stupide ed inutili domande «Non crede che siano diseducativi?»

Niamh si limitò a guardarla con espressione impassibile, mentre dentro la sua mente quello stupido essere che aveva deciso di complicarle ulteriormente la vita veniva sbalzata all’indietro fino al muro dove il suo ridicolmente corto collo da erumpet si sarebbe incastrato in uno dei rami di tasso appuntiti che spuntavano dalle pareti. Sarebbe bastato così poco...

Peccato che se avesse messo fine velocemente alla sua patetica vita avrebbe dovuto lasciare di corsa quel mondo e tornare nel Reame del Lago senza aver portato a termine la sua missione.

«Mai sentito parlare di tatuaggi magici, signora Umbridge» chiese con aria annoiata senza smettere di fissarla e sperando in un fenomeno spontaneo quanto implausibile di autocombustione.

La Umbridge arricciò il naso con fare disgustato ma senza smettere di portare su quel finto sorriso accondiscendente «Preside, se non la dispiace.Piuttosto desueti non crede? Ed anche con una nomea piuttosto…peculiare direi. Molti criminali li portano, Sirius Black ad esempio, lo conosce? »

A dire la verità no. Ed anche sua madre era stata piuttosto avara di notizie a riguardo, evidentemente non considerando degno di nota chiunque non fosse passato per Serpeverde, soprattutto se con quel cognome.

«Il padrino di Harry Potter, vero? » chiese imitando quel suo tono zuccheroso che le faceva venire voglia di affogarla nel tè alla lavanda e ricevendone in cambio uno sbuffo irritato.

«Un criminale reazionario sfuggito alla giustizia e che vuole sovvertire l’ordine sociale, Merlino sa perché. Spero che non abbia dato peso alle assurde teorie che circolano sui giornali ad opera di quei facinorosi. Pensi che il suo migliore amico, quello rimasto vivo intendo, è un lupo mannaro. Si figuri che addirittura ha insegnato qui, uno scandalo. E ovviamente anche quell’assassina a piede libero fa parte del gruppo, Silente è stato troppo ingenuo e queste sono le conseguenze, mia cara.»

La strega bionda si appoggiò meglio sullo schienale tamburellando con le dita sul bordo del mazzo di carte reprimendo la voglia di infilzarle la bacchetta in un occhio «E anche il giovane Potter rientra nel gruppo dei …come li ha definiti? ...facinorosi?»

La donna davanti lei squittì eccitata «Il peggiore, mi creda. Ha visto con quale sfacciataggine continua a sfidarmi… e le baggianate del suo padrino… è il primo a riportarle ad Hogwarts! Il primo. È proprio di lui che volevo parlarle...»

Finalmente qualcosa di utile visto che da quando quell’idiota in rosa vomito aveva messo quelle assurde regole era pressoché impossibile che il suo piano originario riuscisse. Aveva sperato che la giovane Parkinson riuscisse ad entrare in contatto con la sua vera essenza e invece ora si trovava ad almeno un metro e mezzo da Potter. Purtroppo ricominciare da capo con Ronald Weasley era fuori discussione e con un uomo la magia del lago era molto meno potente.

«Mi sembra che Potter si fidi stranamente di lei, sarà perché è giovane o forse per il suo aspetto»anche questa volta il naso della Umbridge si arricciò come se avesse sentito un odore sgradevole, poi si avvicinò chinandosi verso di lei, bisbigliando in tono cospiratorio « Deve aiutarmi a dimostrare che Potter è un pazzo pericoloso per la società al pari del suo padrino. Anzi, peggio. Quel povero ragazzo morto lo scorso anno…è tutta colpa sua sa? E non mi stupirei se fosse stato complice della Tonks»

Niamh alzò un sopracciglio sorpresa senza dire nulla lasciando che la Umbridge continuasse, ora nuovamente ad un tono normale «Quel povero Amos Diggory, un uomo distrutto, non sa quante lettere ha scritto per denunciare l’accaduto ma nessuno lo ha mai ascoltato»

«Tranne lei» si limitò a commentare seccamente. 

La donna annuì soddisfatta e giuliva «Esatto, mia cara. E quando finalmente l’ho ricevuto mi ha raccontato tutto. Tutto! Potter è sempre stato geloso del vero campione di Hogwarts…un po’ strano come sia finita poi no? E per togliersi dagli impicci ha tirato fuori quell’orrenda storia della rinascita di Lei sa chi. Un padre esemplare mia cara, devastato dalla perdita di quel figlio così brillante, quando gli ho detto che me ne sarei occupata ha pianto di gioia, sa? Un momento così toccante» sospirò rivivendo quel momento di assoluto potere in cui un uomo adulto distrutto dal dolore si era prostrato ai suoi piedi affinché portasse avanti quell’assurda crociata evidentemente derivata da una mente deviata dalla sofferenza. «Mi ha regalato anche questo, in segno di apprezzamento. Oh anche Caramell è rimasto così colpito»

Niamh guardò le dita grassocce che si agitavano davanti a lei, non capendo quali dei pacchiani anelli fosse il prezioso cadeau.

«Ed era in una confezione così carina mia cara, una scatolina deliziosa con dei pendagli di zucca dipinta a mano da lui. È un artista sa, un vero artista»

Improvvisamente l’aria nella stanza sembrò perdere ogni calore. Durò solo un attimo, come l’ombra che passò sulle luci tremolanti.

«Oh ma è tardi, mia cara, che sbadata. Ora che siamo d’accordo devo proprio andare. E poi prima ha detto che aspettava qualcuno, no?» disse di nuovo con quella vocina stucchevole alzandosi di fretta e sistemandosi la giacca pelosa.

«Un attimo. Prima ha detto che era venuta a chiedermi due cose ma mi ha parlato solo di Potter. L’altra?» chiese mentre notava uno strano movimento dietro la porta. Che la Weasley fosse già arrivata? Eppure quando la Umbridge spalancò la porta non c’era nessuno.

«Oh le volevo chiedere una profezia, una piccina piccina, tanto per dimostrarmi la sua utilità. Ma credo proprio che per il momento abbia già trovato il perché della sua permanenza nella scuola, no?»

Niamh rimase a fissare la figura tozza che si allontanava con passi piccoli e pesanti lungo il corridoio di marmo, mentre quella strana sensazione tornava a tormentarla alzando gli occhi al soffitto dove spiccava un circolo dipinto di rune. La Umbridge non aveva reagito in alcun modo alla protezione, segno che non era sotto alcun maleficio. Eppure c’era qualcosa in quella donna che la spaventava a morte. E soprattutto sentiva che le stava decisamente nascondendo qualcosa, anche se le sue carte rimandavano indietro solo l’immagine di una marea nera che si infrangeva per poi ritirarsi indietro.

 

***

 

 

Ormai era passato più di un mese da quando aveva avuto notizie le ultime di Dora e ancora non riusciva a capacitarsene, gli sembrava di vivere costantemente dentro un incubo dal quale non riusciva a svegliarsi. Molly, Arthur, Sirius e gli altri si erano avvicendati per non lasciarlo mai solo, convincerlo a dormire almeno alcune ore per notte e non passare giorni interi senza chiudere occhio mentre guardava e riguardava i fascicoli che stava studiando lei prima di scomparire.

Dopo diversi tentativi andati a male un giorno Sirius si era presentato con Kreatcher e invece di mettersi con lui nella sala da pranzo come al solito lo aveva preso di peso e trasportato a Grimmauld Place insieme ad ogni incartamento, dicendo che se fosse stato un vero amico non lo avrebbe mai lasciato solo in quella casa con i quadri dei suoi orridi antenati snob e quell’odioso elfo domestico che lo detestava ma non si decideva a smollare. Erano apparsi direttamente nel salone di Sirius, accompagnati dai borbottii di Kreatcher sul declino inesorabile della antichissima e nobile famiglia dei Black e di come, ancora una volta, il padroncino Regulus non sarebbe mai stato così idiota.

A ruota erano poi arrivati anche Andromeda e Ted, alternandosi in modo che almeno uno di loro restasse sempre a casa sebbene entrambi sapessero che Nymphadora non li avrebbe mai contattati direttamente rischiando di metterli in pericolo. Eppure c’era sempre quella flebile speranza di un gufo, un messaggio tra i quadri, persino una cartolina babbana. Erano certi che lei avrebbe trovato il modo di mettersi in contatto e ogni giorno che passava si dicevano che quello successivo sarebbe stato quello giusto, che sarebbe accaduto qualcosa

E quindi ora erano insieme in una delle sale da pranzo più grandi di Wilburga Black a guardare giorno e notte libri proibiti e malefici vari ma almeno Kreatcher si premurava di fornire pasti sani ad orari regolari, sempre quando non era impegnato a discutere con Molly quando portava uno dei suoi meravigliosi manicaretti fatti con amore e capaci di farli sentire meglio ad ogni boccone anche se solo pochi minuti.

Quando sentì bussare alla porta quel pomeriggio di metà aprile quindi né Sirius né Remus si preoccuparono più di tanto, immaginando che fosse uno dei membri dell’ordine della fenice, sperando per un attimo persino in Mocciosus, fosse mai che si rendesse veramente utile.

Neppure il rumore dei tacchi sul parquet che Kreatcher tirava a lucido ogni giorno li preoccupò più di tanto visto che Andromeda nonostante la preoccupazione e gli anni lontani dalla sua famiglia sembrava non aver abbandonato ancora dopo due decenni lo stile tipico di ogni serpeverde purosangue che conoscesse, vale a dire inutilmente elegante e stupidamente scomodo, tacchi alti inclusi. Remus sorrise pensando a quante volte aveva visto Dora e la madre battibeccare su quell’argomento, così simili nel carattere eppure così distanti nello stile e nel gusto. Lo sguardo negli occhi però era sempre stato lo stesso e lui si ritrovava in mezzo a guardare come se si trovasse davanti ad uno specchio deformante.

Lo squittio di gioia di Kreatcher, solitamente di umore nero ogni volta che qualcuno si presentava a portare lo sporco del mondo esterno all’interno della sua perfetta dimora della famiglia che serviva, fu però il primo segnale che qualcosa che non andava.

Il secondo era stata l’imprecazione affatto contenuta di Sirius quando aveva alzato gli occhi dal libro che stava studiando.

«È così che tratti gli ospiti Sirius? Non ti è rimasto proprio niente dell’educazione che ti è stata data?» commentò sarcastica la donna con voce tagliente togliendosi il mantello grigio perla e affidandolo a Kreatcher che lo prese con uno strano sorriso soddisfatto.

Sirius non si mosse di un millimetro squadrando la cugina con astio «Io di solito non ho ospiti ma amici che considero la mia famiglia e che non hanno bisogno di essere salutati con mille salamelecchi. E poi ci sei tu, una visitatrice inaspettata e affatto gradita. Cos’è dovrei offrirti il tè come se mi facesse piacere vederti?»

«Grazie, accetto volentieri. Darjeeling se lo hai, una zolletta e una lacrima di latte» rispose come se non avesse sentito una parola di quello che il cugino aveva detto e avvicinandosi al tavolo sino a prendere uno dei tomi rilegati in mano, sfogliandolo distrattamente «Buon pomeriggio anche a te, Remus. Non preoccuparti non me la prendo per la tua mancanza di buone maniere»

«Perdonami, Narcissa, ma mia moglie incinta è accusata di omicidio e non ne ho notizie da più di un mese. Adempiere ai delicati e sottili tecnicismi dell’alta società non è in cima ai miei pensieri, come potrai ben immaginare» rispose Remus senza scomporsi chiedendosi con sospetto cosa ci facesse quella donna li. Non era mai stato un uomo vendicativo ma ricordava perfettamente la campagna sua e del marito contro la sua posizione ad Hogwarts una volta venuti a conoscenza della sua condizione di lupo mannaro. Sebbene Andromeda sembrasse nuovamente in buoni rapporti con la sorella minore e lui avesse deciso da tempo di non immischiarsi in quel rapporto, senza dubbio appoggiava più il cauto distacco di Ted. Anche Dora non si era mai fidata di quei due e di sicuro non avrebbe iniziato lui adesso.

Kreatcher si materializzò di nuovo facendo fluttuare il servizio di porcellana dipinta a mano che aveva proibito vigorosamente a tutti loro di usare al punto da farsi venire una crisi isterica quando Arthur un giorno aveva preso in mano la lattiera, seguito da Andromeda.

«È arrivata anche la diseredata»si limitò a commentare l’elfo, il suo solito saluto appena addolcito da una punta di acido e disgusto in meno rispetto al solito.

«Del tè, Drom?» chiese Sirius con un ghigno appena la vide, riempiendo una tazza e porgendogliela da perfetto gentiluomo «E se facessi sparire tua sorella potrei aggiungere una fetta di torta»

«Le ho chiesto io di venire, Sirius, sta buonino su» la cugina ignorò l’offerta mentre accarezzava affettuosamente il braccio della sorella.

«E non ti sei neanche degnata di arrivare in tempo» bofonchiò la bionda a denti stretti, sfilando la tazza da sotto il naso di Sirius e accomodandosi sulla sedia, proprio accanto a Remus.

«Ufficialmente Dolores Umbridge è sottosegretario anziano del Ministro e membro di spicco del Wizegamot...» iniziò Narcissa 

«E la principale firmataria della legge di restrizione sui Lupi Mannari» commentò Remus senza smettere di rileggere per la milionesima volta il rapporto sugli incidenti del ventuno dicembre.

«Anche delle numerose richieste di riesame dell’assoluzione di Sirius, a dire il vero. E di un paio di denunce mai accettate per sedizione sia per Harry che per Sirius.  Negli anni passati invece ha redatto diverse proposte per la riforma della società magica e il censimento dei natibabbani. Proposte che ufficialmente non hanno mai visto la luce o l’appoggio pubblico di Caramell e tantomeno la sua firma diretta: le ha fatte presentare da vari attaché e personaggi secondari del Ministero ma in un modo o nell’altro sono tutti legati a lei » continuò rivolta verso la sorella, come se lui e Sirius fossero solo le ennesime suppellettili costosi di quella stanza.

«Scommettiamo che so in che casa era stata smistata ad Hogwarts?» commentò sarcastico Sirius «Quindi sappiamo che è una stronza passivo aggressiva e codarda. Una perfetta serpeverde direi. Sai dirci anche qualcosa di utile su come entrare ad Hogwarts o salvare Dora per caso? Ahia, Drom non prendermi a calci, sei scortese»

«Quale parte di piantala non hai capito Sirius? Non hai undici anni e abbiamo qualcosa di più importante da fare che le tue stupide scaramucce da studente. Hanno annullato le vacanze di Pasqua a quanto mi ha detto Cissy, davvero vuoi aspettare altri due mesi prima di vedere Harry?  A proposito hai provato nuovamente con lo specchio?»

Black sbuffò irritato alzando le mani «Niente, non funziona, è come se fosse immerso nel dannato Lago Nero. Arthur e Molly hanno ricevuto delle lettere in cui dicono che va tutto bene ma non me la bevo. Non c’è niente che vada bene in questa situazione schifosa»

Narcissa tirò fuori la lettera di Draco passandola alla sorella « Per una volta sono d’accordo con Sirius. Questa non l’ha scritta mio figlio, ne sono certa. Ma Caramell continua a dire che la situazione è sotto controllo, che la Umbridge è il suo braccio destro e si fida di lei ciecamente, che fa solo il bene della scuola. Ma io non mi fido di una sporca mezzosangue con un fratello magonò … e non guardatemi così tecnicamente è una mezzosangue: sua madre era una babbana e suo padre un personaggio di terz’ordine. Quando i suoi hanno divorziato madre e fratello sono stati cacciati fuori dal mondo magico e lei  ha troncato tutti i rapporti, trovare notizia di loro non è stato semplice, devo ammettere che è stata brava. Ma non abbastanza. Potevate chiedere ai vostri preziosi Weasley,comunque, pare che uno dei loro innumerevoli pargoli sia uno degli assistenti di quella donna orribile»

«Ma chi Percy?» chiese Remus stupefatto. Aveva sempre avuto un debole per quel ragazzo così calmo e ossessionato dall’ordine. Quando era stato suo studente aveva trovato una mente brillante, forse un filo oscurata dalla precisione e dalla pedanteria ma nondimeno un giovane mago estremamente dotato. Forse sentiva anche una certa vicinanza: sapeva benissimo cosa significasse essere quello calmo e riflessivo in un gruppo di scalmanati «Non mi ha scritto nulla, eppure ci sentiamo regolarmente»

«Sempre detto di non fidarsi di chi non prova a dare fuoco alle tende del salotto» non poté fare a meno di borbottare Sirius sottovoce, meritandosi un doppio calcio sotto il pesante tavolo settecentesco che occupava la maggior parte della sala.

«Oh... a quanto pare la vostra famigliola di straccioni preferita non è così adamantina come pensate, sono davvero affranta » cinguettò Narcissa portandosi la tazza alle labbra soddisfatta, ignorando il ringhio di Sirius di fronte a lei.

«Tu hai un problema con i Weasley cugina, lasciatelo dire. E ora che sappiamo che una rancorosa e subdola strega che odia i babbani e farebbe di tutto per mandarmi ad Azkaban è responsabile dei nostri figli come pensi che questo ci aiuti? E come ci aiuta a ritrovare Tonks?»sibilò Sirius, interrotto però da uno sbuffo di Remus

«Quindi è tutto legato a quello che è successo lo scorso anno, giusto? Caramell non ha fatto altro che minimizzare, rifiutandosi di accettare che Voldemort sia rinato. Anche la deposizione di Dora non è mai stata resa pubblica. Però tutto questo mi sembra eccessivo. Perché incastrarla? Solo per far entrare lei ad Hogwarts?» chiese l’ex professore chiudendo infine il fascicolo di fronte a sé, cercando di capire come mettere insieme quei pezzi di informazione che sembravano non riuscire ad incastrarsi neanche con il migliore degli incantesimi.

«Hai provato a corrompere quella sottospecie di graphorn in gonnella? Ho visto delle foto... Merlino ma non potresti portarla a fare compere? O a una qualsiasi delle tue futili e superficiali attività da ricca viziata quale sei» frecciò il padrone di casa in tono leggero ma letale, versando finalmente una tazza di tè al suo migliore amico e passandogliela.

«O forse potresti portartela a letto che dici? Per una volta potresti essere utile, razza di ingrato»

«Come al solito dimostri di non capire niente, sciocca vanesia che non sei altro. L’hai detto tu che mi odia... Merlino sei davvero la stupida oca che sembri.»

Le luci dietro a Sirius tremolarono pericolosamente lanciando sui due cugini una serie di ombre inquietanti e pericolose ma Sirius sembrò ignorare l’evidente rabbia crescente della cugina.

«Sono certa che la maggior parte delle persone con cui fai sesso ti odino, Sirius. Odio, amore, passione... alla fine sono tutte facce della stessa medaglia, no?»

Sirius ghignò afferrando al volo quell’uscita infelice «Non stiamo parlando del tuo matrimonio, Narcissa»

Andromeda intercettò appena in tempo il pesante fermacarte del prozio Orion colpisse con estrema violenza l’elegante nuca del padrone di casa.

Tentando di riacquistare la calma la poco benvoluta ospite si lisciò la gonna del completo color perla, incrociando infine le mani sul tavolo e fissando Sirius con un sorrisetto divertito «Perdonami, per una volta ho pensato che fossi disposto a fare qualcosa di più che pensare a te stesso ma evidentemente mi sono sbagliata. Hai parlato di nostri figli, parli sempre di Potter come un fratello…e infatti come hai fatto con il tuo vero fratello appena devi scendere dal tuo prezioso piedistallo sbatti la porta e te ne vai»

La donna non aveva finito di parlare che il ringhio di Sirius era cresciuto di un’intensità tale che se non lo avesse avuto di fronte avrebbe pensato che si fosse definitivamente trasformato nel Gramo. Solo gli anni di esperienza nei quali aveva evitato che il caratteraccio di Sirius lo portasse ad essere espulso da Hogwarts per aggressione permisero a Remus di bloccarlo prima che scagliasse una maledizione senza perdono proprio lì’, nel salotto di Grimmauld Place, facendo sì che orde di Auror si riversassero nella casa e dando l’ennesima prova alla Umbridge del fatto che fosse stato un errore averlo assolto.

«Sai quanto ti ha aspettato Regulus mentre tu passavi il tuo tempo a giocare alla tua nuova famigliola? E quando è morto non ti sei neanche degnato di farti vedere al funerale» sibilò di nuovo Narcissa, soddisfatta di aver avuto l’ultima parola, visto che quello che usciva dalla bocca del cugino aveva più forma animale che umana.

«Ora basta» era stata Andromeda a parlare, la voce tremante di rabbia così densa che persino Kreatcher che stava entrando in quel momento, probabilmente per dare manforte alle accuse di negligenza di Sirius nei confronti del fratello, si fece silenziosamente indietro, senza proferire parola «Mia figlia e mio nipote sono in pericolo e io non ho intenzione di sprecare un solo attimo del mio tempo a sentire voi due che replicate il Pranzo di Natale del 1965».

I due cugini si guardarono un’ultima volta con odio, poi entrambi riacquisirono la loro postura naturalmente elegante come se nulla fosse successo. Per un attimo Remus fu grato a sua suocera, anche se una parte della sua mente continuava a chiedersi cosa diavolo potesse accadere ad una festa di famiglia dei Black, se quelle erano le premesse.

Tentò di riportare la conversazione verso un terreno più neutrale, e soprattutto più utile «Altre idee che non coinvolgano la prostituzione?»

Narcissa gli sorrise appena come se lo vedesse per la prima volta, annuendo «La Umbridge è ossessionata da Caramell, farebbe qualsiasi cosa per lui. Quindi solo lui può darci le risposte che cerchiamo»

«E come pensi di fare? Invitarlo a casa tua per un party e firmargli un assegno? Credo che tu ci abbia già provato, no?»Remus alzò gli occhi al cielo, esasperato. Quasi gli dispiaceva che Sirius non l’avesse azzannata.

Lo sguardo che i cugini Black si scambiarono non gli piacque per niente. E tantomeno lo rassicurò la risposta di Andromeda, mentre sedeva nuovamente tranquilla sorseggiava il suo tè.

«Non dovresti mai sottovalutare il potere di persuasione di un Black, Remus. Ormai dovresti saperlo»

 

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