Moth Goth

Harry Potter - J. K. Rowling
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Moth Goth
Summary
Finalmente Draco ed Hermione sono pronti a rendere pubblica la loro relazione e a concludere in pace il quinto anno, schivando al massimo qualche gossip. Ma una maledizione sta per abbattersi su Hogwarts, tra succubi, omicidi, incubi in rosa...e ovviamente il tentativo di far fuori il Bambino Sopravvissuto.
Note
https://www.pinterest.it/Flo_flo_fy/moth-goth/ .Anche in questo caso ho fatto un'unica bacheca Pinterest dalla quale prendere ispirazione che ti lascio qui, nel caso ti venga voglia di capire un po' il mood di questa storia.Sarà anche questa decisamente Serpeverde e con un Draco infantile e capriccioso continuamente alla ricerca di conferme?Decisamente sì.Ci saranno morti e torture? Certo.Troverai mischiati elementi dei libri, dei film e riferimenti a head e fan canon in ordine sparso e assolutamente non coerenti con l'originale? Ovvio.Infine come sempre ci saranno rifermenti alla cultura celtica, alle saghe, al voodoo e tanto altro ma nessuno di questi va preso alla lettera e soprattutto non è inteso a sminuire alcuna filosofia, religione o tradizione. Semplicemente è un gran calderone in cui butto tutto quello che mi ispiraAl momento in cui sto pubblicando su ao3 su efp ho pubblicato sino al capitolo 10.Entro venerdi , quando ci sarà il prossimo aggiornamento, caricherò anche qui i capitoli mancanti.. poi i due siti saranno aggiornati contemporaneamente.
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Castelli di Carta

Dall’incontro con l’avvocato a Villa Black nel Wiltshire per giorni se non settimane sia a Lucius che a Narcissa era sembrato di dover camminare su schegge di vetro acuminate e non solo perché appena rientrati a casa la rabbia di Narcissa era esplosa al punto da distruggere la maggior parte delle vetrate dell’ala ovest del piano terra dove si era materializzata da sola, Lucius sparito chissà dove.

Dopo la sera del gala di Natale, infatti, il rapporto tra i coniugi Malfoy era stato appeso ad un filo sottile, appena ricucito dall’idea di un voto di protezione talmente potente che se Lucius l’avesse infranto ferendo nuovamente Draco avrebbe dovuto rinunciare alla sua magia per sempre. E se c’era un’unica cosa che Lucius Septimus Malfoy amava più di sé stesso e del suo orgoglio era la magia. L’idea di vivere senza gli era inconcepibile, un orrore peggiore di qualsiasi cruciatus. Per inciso era chiaro persino a lui che in un simile tormento sarebbe stato solo, perché sua moglie non avrebbe mai vissuto un altro giorno insieme a lui indipendentemente dal prezzo da pagare.

Aveva provato a superare la cosa, a cercare una spiegazione logica,eppure quella rabbia era cresciuta giorno dopo giorno sino a quando anche la corazza che Narcissa si era costruita nel corso degli anni era esplosa, un pomeriggio di aprile in cui nuovamente Lucius appena rientrato era sparito.

«Come diavolo ha fatto a passarti di mente di dirmi che tu e mia sorella avevate stretto un patto del genere? Cos’è pensavi che non l’avrei mai scoperto?»  aveva urlato quando finalmente lo aveva trovato nell’ala nord mentre apriva freneticamente i cassetti della scrivania di una delle sue stanze da ragazzo. Non era solo il fatto che Draco avrebbe ereditato una mostruosa quantità di denaro e proprietà ad un’età ridicolmente giovane e senza che loro potessero gestirlo a preoccuparla. Draco sarebbe diventato finanziariamente indipendente ben prima del previsto e anni prima di aver accesso al suo fondo fiduciario quando ancora di certo non aveva né la maturità né la stabilità mentale per gestire la situazione. Renderlo probabilmente il mago più ricco di Inghilterra non avrebbe fatto altro che peggiorare entrambe le problematiche, senza contare che sarebbe stato capace di spenderle per comprarsi davvero una squadra di Quidditch. O peggio... non era un mistero per nessuno che sin da piccolo aveva sempre voluto un drago da compagnia una volta scoperto il significato del suo nome… non si sarebbe poi stupita più di tanto se avesse trovato il modo di comprarsene uno di contrabbando.

 

 

E poi si sentiva ferita come non capitava da anni, tagliata fuori dalle persone che amava: Lucius e Bellatrix avevano fatto un accordo che riguardava lei e neanche si erano degnati di chiedere il suo parere. Ma non era quella la cosa peggiore. No, quello che la faceva realmente andare in bestia era scoprire che il suo perfetto bambino che correva a rifugiarsi tra le sue braccia quando fuori c’era un temporale aveva ucciso delle persone.

A rigor di logica non avrebbe dovuto essere un gran problema, anzi un onore per la famiglia Black, ma in quel momento il suo cuore era solo colmo di dolore, il respiro che le si mozzava all’idea di aver fallito come madre, lo stesso pensiero che la tormentava da un anno e che ora urlava nella sua testa.

Lucius si era fermato un attimo a guardarla, quasi sorpreso della sua furia  a scoppio ritardato« Io te l’avevo detto che quello era il marchio nero e che dovevamo insistere con Draco. Ma tu no. Continuavi a ripetere che dovevamo lasciargli il suo spazio… che dovevamo essere comprensivi..» 

«Ah e ora la colpa sarebbe mia? Ti è venuto in mente del perché non volessi pressarlo? Forse perché come si tocca l’argomento Draco inizia ad occludere e sai bene che Andromeda ha detto che ne ha fatto un uso troppo intensivo in passato e ora deve limitarsi. Senza contare quello che gli hai fatto tu quando lo hai scoperto. È questo che vuoi? Che nostro figlio abbia paura di noi? No ti prego, illuminami perché evidentemente io da sola sono troppo stupida per arrivarci » 

Il cassetto di legno si era chiuso con rabbia al punto che i ragazzi nelle fotografie sul pianale caddero in terra, rivolgendo ai due uno sguardo offeso.

«Mi sembra che quella sia un’abilità che viene dalla tua famiglia, sbaglio? Tutti sanno che i Black sono famosi per le loro doti di occlumazia e legimanzia. Peccato che tu abbia deciso di non mettere in pratica quest’ultima di recente. Come se sul serio facessi quello che ti dico, poi. Piantala»  sibilò spostandosi verso la stanza attigua, dove si trovava una parte della libreria e la maggior parte dei suoi oggetti personali.

«Non ti azzardare ad andartene mentre ti parlo! Quindi è tutta colpa della mia famiglia, Lucius? Vogliamo dire cosa ha ereditato dalla tua? Torture, odio e quel dannato Marchio Nero. Ti ha portato via da me una volta, non lascerò che rovini anche mio figlio»  gridò Narcissa esasperata raggiungendolo e prendendolo per il braccio sinistro, le unghie perfettamente curate che spingevano sul tessuto pregiato della giacca, attraverso la camicia, sino a dove, sebbene invisibile, il marchio nero avrebbe marchiato per sempre la pelle dell’uomo che amava. E ora anche di suo figlio.

Lucius si fermò, l’energia che fino a quel momento sembrava averlo divorato esaurita, mentre rimaneva appoggiato al mogano scuro, senza guardarla.

«Sono un padre orribile, è questo che vuoi che ti dica? Hai sul serio bisogno di sentirlo ad alta voce? Lo so Narcissa, ti posso assicurare che lo so da solo, senza che mia moglie me lo ricordi continuamente. Vuoi dirmi di nuovo che sono come mio padre? Avanti, fallo… come se io non me lo ripetessi di continuo»  disse con voce atona continuando a guardare davanti a sé «La sera in cui io ho preso il marchio nero…» 

Il dolore di Lucius era talmente tangibile che la avvolse come un mantello, soffocando la sua rabbia. Narcissa sospirò, abbandonando ogni idea di scontro diretto. Gli passò le braccia attorno alla vita, stringendosi al suo corpo così famigliare e al contempo così estraneo in quel momento, quando lui era perso dietro a ricordi di cui lei non avrebbe mai fatto parte.

Attese in silenzio, il viso premuto contro la sua schiena.

«Quella sera... Merlino Cissy io non so neanche come spiegarlo; ero così… euforico. Ed ubriaco. Ricordo che avevo passato i giorni precedenti in preda all’angoscia: mio padre mi aveva ordinato di portargli il canto di Amergin in cornico e io non riuscivo a trovarlo in alcun modo, sebbene avessi chiesto a chiunque conoscessi o potessi comprare. E prima che me lo chiedi sì, è lo stesso che è stato usato nella cerimonia di Lord Voldemort» 

Narcissa accentuò appena la stretta, desiderando quasi fondersi in lui, convincersi che quella sera di giugno, quella in cui avevano visto Cassandra tagliare la gola a Draco fosse ormai un ricordo lontano. Rabbrividì all’idea che fosse stato Lucius a consegnare quell’incantesimo. Davvero non ne sapeva nulla? Sul serio non era a conoscenza di cosa significasse chiedere al figlio di essere il responsabile per la preparazione del calice? Affondò i pensieri nel tessuto spesso della giacca, cercando di cancellarli tra le pieghe. Non poteva permettersi dubbi, non avrebbe mai più potuto vivere un solo giorno con quell’uomo. Si ripeté che non era possibile che lui sapesse: aveva visto quanto fosse distrutto dopo che Draco aveva rischiato di morire, sentiva la sua paura, notte dopo notte.

Lucius sembrò quasi accarezzare la sua paura con dita tremanti, le mani che stringevano appena le sue in un tocco delicato ma disperato.

«Lord Voldemort ci aveva convocati tutti nella Londra babbana quella sera, aveva detto che sarebbe stato il primo giorno della nostra vita»  anche senza vederlo sentì che stava tirando le labbra in un sorriso amaro «Ed in fondo lo è stato davvero» 

«Ricordo che Bellatrix era elettrizzata in qui giorni: ingenuamente avevo pensato che fosse per la festa di fidanzamento ma poi divenne chiaro che era per questo incontro speciale»  mormorò intrecciando le dita con le sue.

Lucius annuì appena «Si, persino i miei fratelli sembravano agitati… il che era strano. Il fatto è che non ricordo chi me lo abbia dato ma posso ancora ricordare il senso di sollievo che provai poco prima di entrare. Avevo il canto in mano e lo consegnai subito a mio padre appena arrivò. Ti giuro Cissy non l’ho mai letto... e a dire il vero non ne sarei neanche stato in grado. Io… io non sapevo che facesse parte del rituale… sapevo solo che per quella sera ero salvo» 

C’era una porta tra di loro, una che non era mai stata aperta. Di certo Narcissa aveva un’idea piuttosto precisa di cosa significasse essere al servizio di Lord Voldemort ma, semplicemente, aveva deciso da tempo di scegliere di ignorare i dettagli. La guerra con i babbani era sempre stato qualcosa che poteva chiudere fuori dal ricco portone decorato di casa sua, una barbaria necessaria che non aveva mai insozzato i pavimenti tirati a lucido del Maniero, neanche quando suo marito tornava nel cuore della notte ancora sporco del loro sangue e della loro paura.

«C’era un party all’albergo quella sera, una sorta di festa di Natale di un gruppo di ricchi babbani annoiati che pensavano che la magia fosse qualcosa su cui potessero mettere le loro mani, qualcosa che potevano comprare. Era un oltraggio troppo grande da sopportare... ... per quello Lord Voldemort aveva deciso che avremmo iniziato da loro»  Lucius sembrò perso dietro il ricordo mentre con il dito continuava a scandagliare il dorso dei libri. Finalmente sembrò trovare quello che cercava. Ne prese uno in mano, aprendolo nel punto in cui era stato infilata tra le pagine una vecchia foto come segnalibro.

Si girò verso sua moglie lasciando cadere il libro in terra passandogliela «È di quella notte poco dopo che avevamo preso il marchio nero. L’ha scattata Rabastan, era l’ultima del suo rullino magico… le altre beh… puoi immaginare cosa ci fosse sopra» 

Narcissa si costrinse a guardare la foto, vincendo l’angoscia che le stringeva lo stomaco. Se solo Lucius non le avesse detto quello che avevano fatto sarebbe sembrata una serata normale, quasi da copertina di magazine per giovani adulti: tre ragazzi in abiti da sera che esultavano e gridavano in mezzo ad una strada anonima, nel pieno di tutta la loro bellezza e gioventù. Bellatrix la guardava, eternamente diciasettenne, i capelli corvini che contrastavano con la pelle candida, quell’aura incontenibile di energia che l’aveva sempre accompagnata era ben visibile anche in foto. Danzava e ridere e girava su sé stessa coinvolgendo prima Lucius e poi Rodolphus in quella folle danza.

«perché questa foto? perché ora?»  chiese allontanandosi da lui sino ad aprire la grande finestra. Uscì fuori sul balconcino, respirando a fondo l’aria ancora fresca dell’inizio della primavera. L’ala nord dove si trovavano era sempre stata quella più esposta al vento che veniva dalle montagne, respirò a fondo, cercando di togliersi dalla mente l’immagine del palazzo in fiamme alle spalle di due delle persone che amava.

Lucius si appoggiò sulla ringhiera accanto a lei, dando le spalle ai giardini « Per ricordare. Per capire. È stato il primo marchio nero, è diverso da tutti quelli degli altri che Lord Voldemort ha concesso ma quello di Draco è uguale ai nostri. Ci sentivamo potenti Cissy, invincibili. Il mondo era nostro e aspettava solo noi. Siamo tornati dai Lestrange e il padre di Rodolphus aveva preparato questo banchetto con champagne a fiumi... sai che non bevevo mai ma quella sera mi sentivo cosi… diverso. Abraxas non poteva farmi niente perché Voldemort pubblicamente mi aveva lodato e non sarei di certo tornato a casa…anche Arael e Nicholas erano spariti chissà dove. Abbiamo bevuto e poi Rabastan ha tirato fuori le sue pozioni e… beh le cose sono andate fuori controllo. Ricordo molto poco di quella sera ma sono certo che fossi così felice perché sapevo che niente si sarebbe più interposto tra di noi. Avevo fatto la mia parte, Lord Voldemort mi aveva assicurato che mi avrebbe aiutato... ricordo di aver detto qualcosa a tua sorella sul fatto che stessi contando le ore perché il giorno dopo sarebbe iniziata la mia nuova vita, che ti avrei convinta a perdonarmi e ti avrei chiesto di sposarmi e che avremmo formato una famiglia»  

«E lei ti ha proposto di fare un patto per un nostro futuro figlio erede dei Lestrange?»  chiese alzando un sopracciglio dorato. No, decisamente quello non era da Bellatrix.

Lucius non poté fare a meno di sorridere al ricordo «A dire il vero prima ha riso fino alle lacrime, mi chiamato sciocco sentimentale, poi ha vomitato perché aveva bevuto troppo anche se ha dato la colpa a me e infine ha preteso un bicchiere di whiskey incendiario per ripulirsi la bocca »  

Ecco si, quello decisamente era più da Bellatrix.

«Credo…Io credo che sia stata un’idea di Rodolphus, ricordo che aveva fatto un commento sul fatto che sarebbe stata la cosa più vicina ad un erede che avrebbe mai avuto»  l’uomo scosse la testa cercando di riacciuffare dei brandelli di memoria intossicati da alcol e droghe di cui aveva scordato persino l’esistenza per più di due decenni «I giorni seguenti sono confusi, lo sai. So di essere al fidanzamento ma le cose non devono essere andate come previsto visto che mi sono risvegliato il giorno dopo al Maniero con un gran mal di testa e nessuna notizia da parte tua» 

Il flusso dei ricordi fu però interrotto dall’arrivo di un grande gufo grigio che volò radente verso di loro lasciando cadere una lettera, la prima da quando c’era stata l’uccisione della ragazza.

Finalmente Draco dava notizie di sé, pensò Lucius aprendo la lettera mentre la fotografia che fino a quel momento teneva in mano cadeva in terra.

Poi però rimase interdetto, passando la lettera a Narcissa senza parlare.

Era la grafia di Draco, era il gufo di Draco, persino la firma era indubbiamente la sua. Eppure non c’era niente di Draco in quelle parole.

Era una lettera concisa, in cui brevemente loro figlio raccontava ad entrambi delle nuove regole, delle lezioni e di sentirsi finalmente al sicuro.

Diceva di essere entrato nella squadra di inquisizione, qualunque cosa fosse.

Ma non c’era una lamentela, una tiritera sul fatto che gli avessero tolto Quidditch e ragazza, nessun commento sul modo di vestire della nuova preside che anche nelle foto della Gazzetta del Profeta riusciva a ferire gli occhi, nessuna richiesta di intervenire.

E poi quella notizia.

Io ed Hermione Granger non siamo più una coppia, sono certo che ne siate contenti.

No, decisamente c’era qualcosa che non tornava.

 

 

***

 

Quando l’Umbridge gli aveva dato la penna per ricopiare la frase Non devo dire bugie in quella stanza troppo piena di cianfrusaglie e odore dolciastro di fiori quasi morti e miagolii di gatti aveva pensato che sarebbe stata una serata estremamente noiosa ma che tutto sommato poteva farcela, si trattava solo di stringere i denti, un po’ di pomata una volta tornato in dormitorio e qualche incantesimo imparato da Hermione avrebbero risolto il problema della mano indolenzita.

Persino quando aveva iniziato a sentire il dolore di mille aghi acuminati che gli ferivano la pelle morbida del palmo non aveva collegato le due cose, talmente improbabile che una professoressa si divertisse a torturare i suoi studenti che neanche gli era balenato nella testa. Neanche Piton nei suoi sonni più selvaggi era arrivato a tanto.

E poi le lettere si erano formate brucianti e sanguinolente sotto i suoi stessi occhi e aveva capito che quella donna era indubbiamente e irrimediabilmente folle. Come era stato possibile che qualcuno al Ministero avesse anche solo pensato di affidarle una Scuola?

Seduto sul letto chiuse ed aprì il pugno, cercando di ignorare il dolore che ritornava come uno stiletto affilato ogni volta che muoveva la mano. Era la terza volta che subiva quella punizione da quando quell’idiota dalla faccia di rospo aveva preso il posto di Silente.

Ed ogni volta il motivo era sempre lo stesso.

Lei si rifiutava di ammettere che Voldemort fosse tornato e continuava ad accusare la gestione di Silente, e in modo molto poco implicito lui, della morte di Cedric, oltre ad iniziare ogni lezione con un elenco di tutte le nefandezze secondo lei commesse da Tonks e da Remus sul quale pendevano non uno ma ben tre peccati capitali: essere un lupo mannaro, il futuro marito di Tonks e il migliore amico rimasto in vita di Sirius Black, quella che sembrava la sua maggiore spina nel fianco. Il Gargoyle vestito di rosa non perdeva infatti occasione di dileggiare il suo padrino, facendo da cassa di risonanza alle tesi della Gazzetta del Profeta secondo la quale la registrazione di Peter Minus fosse solo un’abile manipolazione da parte di un mago oscuro che si era comprato il biglietto di uscita da Azkaban sfruttando la morte di un ragazzo e quella che era sembrata una follia di massa che aveva coinvolto alcuni nostalgici di colui che non deve essere nominato.

Una rimpatriata finita male, insomma. Ma lui aveva visto Voldemort rinascere, sentito il suo potere maligno che si irradiava nuovamente e nonostante fosse stato di certo indebolito da quando erano tornati continuava ad avere quegli incubi orribili. No, non erano incubi, erano ricordi. Solo che non erano i suoi.

«Devi dirlo a Sirius, Harry. Quella donna è pazza»  Ron si era seduto accanto a lui sul letto, i grandi occhi azzurri sgranati per l’orrore mentre Harry tirava velocemente giù la manica del pigiama.

«E cosa pensi che farà? Arriverà qui urlando e minacciando di morte di Umbridge e bene che vada lo arresteranno. Se hanno incastrato Tonks perché non farlo con Sirius Black... a quanto pare è il mago più odiato di ogni tempo e senza distinzione di classe sociale o di sangue»  sbuffò amaramente cercando di concentrarsi sui compiti. Dovevano scrivere una ricerca di due pagine sui significati delle rune nella divinazione e lui non era riuscito neanche a scriverne mezza. Ron sospirò allungandogli una pergamena scritta fitta fitta « Hermione l’ha nascosta nella statua all’ingresso … per fortuna che Grattastinchi si è messo a fare un baccano infernale quando sono entrato…e per baccano infernale intendo che mi si è attaccato al polpaccio con le unghie e con i denti sino a quando non sono andato a controllare»  disse mostrando i segni rossi che spiccavano ancora sulla pelle.

Harry tirò un sospiro di sollievo, leggendo veloce tra le righe con un ghigno: era evidente che quella fosse opera di Hermione, non solo perché aveva anche usato un incantesimo di copiatura della sua calligrafia ma addirittura aveva inserito qualche imprecisione qua e là per renderla assolutamente credibile.

«Merlino, se si alleasse con Fred e George non oso immaginare cosa tirerebbero fuori»  borbottò acchiappando al volo la sua rana di cioccolata ed offrendone metà ad Harry che rifiuto scuotendo la testa. L’occhio gli cadde poi su un piccolo appunto fatto a matita:

Mr. Saint e Mr. King c’è chi va e chi viene domani all’ora del Tè

«Come rendere complicato un messaggio semplice »  bofonchiò in maniera Ron mentre le lettere mutavano sotto il suo sguardo incredulo

Perché non possiamo fidarci di nessuno, Ronald

Poi così come la scritta era apparsa scomparve e sulla pergamena fu come non ci fosse mai stato alcun segno della penna magica di Hermione Granger

«A volte mi fa paura»  si limitò a commentare Ron grattando la testa di Edwige che gorgogliò soddisfatta 

Harry si pizzicò il dorso del naso cercando di rilasciare la tensione sulla fronte, poi aggiunge a voce bassissima «Non dirlo a me. Credo che quei mesi a Serpeverde siano stati un errore imperdonabile» 

«L’errore imperdonabile ha dei capelli osceni e un’insana passione per i pavoni»  bofonchiò Ron «Che Godric Grifondoro voglia che almeno da questa situazione assurda ne è uscito qualcosa di buono: il furetto si è tolto dai piedi per grazia di Merlino. E neanche Hermione potrà più scusarlo dopo quello che ha fatto» 

Harry rimase in silenzio, massaggiandosi il polso e ripensando all’assurda scena della cena di qualche giorno prima quando il borioso gufo di Draco Malfoy aveva mosso il suo regale deretano piumato per percorrere quei pochi metri che separavano il tavolo dei Grifondoro da quello dei Serpeverde e lasciare una lettera sul piatto di Hermione.

Il che era già strano, visto che in teoria anche quel tipo di scambi non erano ben visti. La bigotta color gomma da masticare avariata sembrava infatti convinta che si potesse rimanere incinta anche attraverso dei messaggini, il che rendeva evidente tanto la sua stupidità quanto il fatto che nessuno l’avesse mai degnata di una seconda occhiata con qualche recondito interesse sessuale. O interesse. Insomma, quella non capiva proprio niente.

E poi la lettera si era aperta e quelle parole disgustose erano rotolate per tutta la sala grande, in un silenzio irreale interrotto solo dal boato di gioia di una parte non trascurabile dei presenti e non solo di quelli vestiti in verde e argento. L’odio per quella coppia diversa sembrava una delle poche cose che accumunavano gli studenti indipendentemente dalla loro casa, sangue o ceto. Disgustoso.

C’era stato poco tempo però per preoccuparsene perché ben presto aveva dovuto bloccare Ron, pronto a saltare alla gola di Malfoy. E poi Piton li aveva presi entrambi per il mantello e sbattuti fuori dalla sala, tra le risate di molti mentre Hermione era uscita pallida e sconvolta rincorsa da Ginny.

Evidentemente l’ondata di umiliazione era bastata alla Umbridge che stranamente aveva deciso di non punirli, anzi si era dimostrata quasi gentile con Hermione nei giorni successivi. Ma la sua sceneggiata non aveva fregato nessuno, si vedeva lontano un miglio che gongolava come il grosso batrace che era.

Nonostante l’odio per Malfoy persino Harry non poté fare a meno di notare una certa incongruenza con le parole del suo migliore amico e soprattutto con quanto lo avesse visto felice in passato« Sei serio Ron? Dimmi, cosa stavate facendo tu e Pansy prima di trovare la Turpin?» 

«Mi stava prendendo a calci, se proprio vuoi saperlo e mi tirava i capelli. E non in un momento di passione. Anche se prima devo dire che c’è stato qualche momento interessante…per un attimo mi è sembrata quasi una ragazza normale» 

Silenzio. Harry di certo non era mai stato un mostro nel corteggiamento e se Ginny non avesse preso l’iniziativa sarebbe stato ancora lì a unire le sue lentiggini con un dito immaginario nei suoi sogni. Anche se …dannazione… ora non poterla vedere faceva ancora più male. E condividere una stanza con Ron non aiutava. Per fortuna che c’era Neville e le sue erbette.

«Ron. Ti prego, se mai dovessi riuscire a riparlare con Pansy non dirle mai e poi mai una cosa del genere: non saprei proprio come spiegare a tua madre che non potrebbe avere più nipotini da te in futuro»  lo pregò ad occhi sgranati, non osando immaginare la carneficina che ne sarebbe seguita. Lui ai tempi quando aveva fatto irritare Pansy se l’era cavata con una strage di vestiti. Ma Ron…. beh di certo non si sarebbe salvato.

 

«A proposito di mia madre. Posso usare Edwige? Vorrei mandare una lettera a casa piena di insulti per Percy. Pare che quella di Fred e George non abbia avuto risultato… non ho visto neanche una strillettera. Forse Leotordo si è perso»  commentò sbadigliando prima di emettere un grido di dolore«Ahia! Ehi Edwige, che ti prende? Non dirmi che te la sei presa per il mio commento su Leo» 

«Sono giorni che è strana. Davvero non ve ne siete accorti? Sparisce per la maggior parte del giorno. E ieri quasi si portava via uno degli anelli della Umbridge che aveva lasciato sul tavolo… per un soffio non se ne sono accorti»  Edwige era saltata ora sulla spalla di Neville, entrato in quel momento nella stanza inciampando per via del peso della pila di libri e vasi che cercava di far lievitare davanti a sé, frullando le ali in segno di approvazione « Forse sente che il rospo non sembra aver una gran simpatia per lei » 

La civetta in tutta risposta emise un verso basso e lugubre, come a rimarcare che neanche lei aveva una grande considerazione della nuova preside

Harry lasciò cadere il compito per concentrarsi su Edwige che continuava ad agitarsi. Era stato cosi impegnato con le punizioni della Umbridge e i compiti con cui tutti i professori li avevano sommersi probabilmente per evitare la nascita di qualche rissa da non aver avuto neanche il tempo di pensare a sgattaiolare nella stanza delle necessità con Ginny né a concentrarsi su qualcosa che non fosse il suo odio viscerale per quella stupida e patetica scusa di professoressa.

«In effetti è strano... neanche da Charlie e Bill ho avuto notizie ora che ci penso… e la lettera di papà era piuttosto strana…neanche un commento su qualche aggeggio babbano di cui devo chiedere a te od Hermione»  commentò Ron alzandosi per cercare il biglietto che aveva ricevuto qualche giorno prima e ora sepolto sotto la pila di maglioni, pergamene e carte di cioccorane. Poi ancora immerso nella ricerca, la testa nascosta sotto il letto urlò «Neville! Tu notizie da tua nonna?» 

Neville guardò Harry come se a Ron fossero appena cresciute tre teste «Mah... a dire il vero poche… le avevo chiesto anche di mamma ma mi ha detto che non è andata a trovarla per via di un raffreddore»  borbottò, poi un lampo negli occhi «Il che è inusuale, in tutti questi anni sono pochissime le volte in cui non è andata. E ancora meno quelle in cui è stata malata…ha una salute di ferro» 

Ron emerse ricoperto da batuffoli di lanuggine, di certo non per colpa degli elfi quanto piuttosto per la quantità di cose che il più giovane dei Weasley tendeva ad infilare sotto il letto al punto che anche Molly Weasley aveva deciso di non voler combattere quella battaglia, ringhio «Dean! Seamus! Voi?» 

I due, impegnati in una ferrata quanto clandestina partita di gobbiglie alcoliche appena lanciate sul mercato da Fred e George furono costretti ad interrompersi guardandolo allo stesso modo in cui si guardano i matti.

Ron però non desistette «Notizie dal mondo babbano? Qualsiasi notizia? Dean tua madre che dice? I tuoi fratellastri?» 

Seamus aprì e chiuse la bocca senza emettere alcun suono. Ripensando alle ultime lettere. A dire il vero non ci aveva fatto caso ma ora a mente fredda le notizie erano molto… scarse. Nessun accenno alla partita del Chelsea o ai concerti ad Hyde Park o alle liti per la televisione.

«Forse è il momento di usare anche quell’altra cosa, che dici?»  chiese infine il rosso ad Harry, che annuì titubante.

Voleva prendersi la sua vendetta e lasciare Sirius fuori dai guai, ma una sbirciatina allo specchio in fondo non poteva fare male, tanto per assicurarsi che a Grimmauld Place tutto procedesse bene e che Sirius non fosse sul piede di guerra più del necessario.

Ora dovevano solo aspettare che tutti andassero a dormire, d’altronde come aveva detto la strega più intelligente della sua generazione davvero non potevano fidarsi di nessuno: era risaputo che ad Hogwarts anche i muri avessero le orecchie e non solo in senso metaforico.

 

***

 

Dall’altro lato del muro che divideva la casa comune di Grifondoro neanche Hermione Granger riusciva a dormire, nonostante l’incantesimo di protezione sulle tende rosso vermiglio del suo letto a baldacchino. Erano giorni e giorni che rimuginava su quanto stava accadendo: tutto era iniziato la sera di Imbolc, ne era certa ma allora cosa c’entrava Tonks?

Sollevò la manica del pigiama passando le dita sulla grana irregolare della pelle e seguendo le linee sottili del tatuaggio, riflettendo. Aveva provato a chiedere informazioni alla Sproute e alla McGranitt cercando di dissimulare il perché fosse improvvisamente interessata ai bucaneve ma entrambe non le avevano rivelato nulla che non sapesse già: il simbolo della rinascita, della purezza, del passaggio dal dolore ad un nuovo inizio. Il fiore perfetto per Imbolc insomma. Aveva anche tentato di fare ricerche in biblioteca ma quella stupida incompetente aveva censurato la maggior parte dei libri: così come il loro manuale pratico di difesa contro le arti oscure era diventato una sorta di album illustrato per bambini con problemi cognitivi anche la maggior parte dei libri più interessanti era stata messa sottochiave lasciando solo poche e pressoché inutili pubblicazioni. Per fortuna che Piton e la McGranitt si erano rifiutati di abbassare i loro standard qualitativi, con gran dispiacere di gran parte degli studenti che già gongolavano all’idea di fare e rifare le stesse quattro cose che avevano imparato dall’inizio dell’anno: quando anche i loro libri erano stati riformulati si erano limitati a lasciarli prendere polvere sugli scaffali, limitandosi a lezioni orali. In pratica i loro quaderni erano diventati loro stessi dei libri di testo, sicuramente più interessanti e completi di quegli obbrobri che la scuola aveva iniziato a propinare.

E quindi a malincuore doveva ammettere che al momento aveva tre opzioni, di cui solo la prima la soddisfaceva parzialmente: farsi dare il mantello dell’invisibilità e sgattaiolare in biblioteca, rompere ogni possibile incantesimo di protezione che fosse stato messo ( e questa era la parte che in realtà la intrigava maggiormente) e passare notti insonni nella  ricerca di qualche informazione utile anche se al momento gli unici indizi che aveva erano tatuaggio, bucaneve, nero, Imbolc e folle professoressa di Divinazione alla guida di un rituale ancestrale superata nella sua personale classifica di odio solo dall’inetta fagiana vestita di rosa che rispondeva al nome di Dolores Umbridge. E parlando dell’insegnante di quella materia inutile che Merlino solo sapeva perché Ginny continuasse a seguire quella era la sua seconda opzione: se era stata scelta lei per guidare la cerimonia doveva esserci un motivo e forse poteva aiutarla almeno a restringere il campo di ricerca. La terza e ultima era chiedere a Piton, il cui odio per la Umbridge era pari almeno a quello della McGranitt ma che di certo aveva un non trascurabile bagaglio di esperienza con le arti occulte.

Un angolo della sua mente le ricordò il sogno di quella sera in cui aveva scoperto il suo marchio…tatuaggio, si corresse automaticamente, in modo talmente vivido che sentì di nuovo il calore avvolgente e inebriante che le era sembrato la pervadesse di energia e per un attimo si ritrovò di nuovo lì, a guardare la scuola che bruciava con un potere immenso tra le mani.

I limiti sono solo nella tua mente le sussurrò estranea all’orecchio. Hermione si girò di scatto, la bacchetta in mano ma non trovò nessuno. Con il cuore ancora in gola scostò leggermente i tendaggi cercando di capire chi fosse riuscito a superare la sua barriera di cui andava così fiera. Ma nel dormitorio non c’era nessuno a parte le sue compagne addormentate, il loro respiro regolare che rompeva appena il silenzio, nessun baldacchino tirato. Lavanda, Padma e persino la Frobisher sembravano profondamente addormentate, rilassate in un modo che lei non riusciva più a concedersi dalla sera in cui Tonk era stata accusata di omicidio.

Ormai erano settimane che era alla macchia…chissà se aveva trovato un posto sicuro per sé e per il bambino. Chissà se era riuscita a comunicare almeno con sua madre o con Remus, solo per dire loro che stava bene. Che fosse innocente non era nemmeno da mettere in dubbio.

Loro erano sorvegliati, l’aveva capito benissimo: la Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts, quella che doveva essere la loro casa sicura lontana da casa era diventata una sorta di bellissima prigione. Persino il collegamento che avevano usato lo scorso anno con Grimmauld Place era stato bloccato, lo aveva verificato lei stessa pochi giorni dopo il golpe della Umbridge.

Sentì un brivido sulla nuca, come se qualcuno la osservasse ma anche in quel caso non c’era nessuno. O meglio, nessuno di visibile, si ripeté: nel tempio della magia non poteva certo far affidamento sugli occhi.

Ritornò a letto velocemente rinnovando l’incantesimo e per ogni ulteriore protezione infilandosi sotto il piumone come fosse una tenda fino a quando il respirò non si normalizzò. Solo in quel momento tirò fuori da sotto il materasso il quaderno che le aveva regalato Draco.

Erano giorni che si illuminava ma non aveva mai avuto il coraggio di aprirlo. Non dopo quello che era successo… la paura di scoprire che fosse tutto vero era troppo anche per lei.

Invece quando l’aprì c’erano solo due parole

Ti amo

 

Hermione non poté fare a meno di sorridere. Se c’era una cosa che non si potesse accusare Draco Malfoy era di non andare dritto al punto

                                                         Sei sveglio?

 

Hermione tamburellò sulle pagine, mentre una linea d’inchiostro che si formava e poi spariva indicava che Draco stesse scrivendo e cancellando, scrivendo e cancellando.

 

Stai bene? Qui è il delirio. Ci sono brutti piani qui sotto. Molto brutti. Di un po’ non avrai creduto alla mia lettera vero?

 

Quella in cui mi lasciavi platealmente dandomi della mezzosangue approfittatrice? O quella in cui mi accusavi di averti maledetto?

 

Sono stato bravo vero? Ci sono cascati tutti, Greg mi ha organizzato un festino a base di burrobirra di contrabbando e quando sono rientrato nel dormitorio mi hanno addirittura dedicato un coro. Sono circondato da imbecilli.  Ovviamente stavo fingendo. Blaise e Theo dicono che era troppo esagerato ma io non credo...

 

Vediamo se saprai farti perdonare. Hai scoperto qualcosa?

 

Sai che sono bravo a farmi perdonare. Merlino Granger… non sai davvero quanto mi costi fare finta di niente quando sei seduta al tuo posto e pianifichi l’omicidio della megera. Sei sexy quando trami nell’oscurità lo sai?

 

Sei prevenuto, come fai a dire che sto tramando qualcosa? E poi sempre meglio di stare a sentire quelle stupidaggini che ha il coraggio di chiamare lezioni. Concentrati. --che hai scoperto?

 

Non sono prevenuto... ti conosco! Ti mordicchi il labbro in un certo modo…Salazar quanto mi manca vederti con la divisa da serpeverde mentre organizzi la resistenza e cerchi di uccidere i miei zii. A proposito come sta Sfregiato? Mi sa che dopo questi mesi avrà più di una cicatrice. Digli che mi dispiace, è un imbecille ma non si merita questo.

 

Hermione rabbrividì. Aveva notato da tempo le linee rosse sul polso di Harry ma non era mai riuscita a chiedergli spiegazioni. Ora però con Draco che faceva da spia nell’ufficio della Umbridge non aveva più dubbi di cosa stessa accadendo.

E quindi ora toccava a loro rimettersi in gioco. Non avrebbe permesso che quella stronza vincesse. Non di nuovo. Avevano sofferto troppo per lasciare la scuola in mano ad una folle burocrate.

 

La resistenza… l’esercito che avevano organizzato nel passato. Certo come aveva fatto a non pensarci prima? La stanza delle necessità non sarebbe servita solo a lei e Ginny riabbracciare finalmente Harry e Ron. No, potevano fare molto, molto di più.

 

Draco Malfoy, sei pronto a diventare un Grifondoro?

 

Piuttosto mi butto dalla Torre di Astronomia. Ma per te farei qualunque cosa. Qualunque. Piccola strega intrigante.

 

Forse gli aveva chiesto troppo, pensò sorridendo ma in fondo aveva bisogno più di un Serpeverde in quel momento. A riprova che ancora una volta avesse ragione, Grattastinchi sbucò sotto le coperte facendo le fusa rumorosamente e prendendo a testate il quaderno.

 

Dì al nostro gatto che lo saluto E di farsi vedere ogni tanto

 

Il MIO gatto ti risaluta e dice che verrà presto. Molto presto e con Grandi Notizie. A proposito… Hai da fare sabato pomeriggio?

 

Te l’ho già detto che sei una piccola strega intrigante?

 

Hermione sogghignò nell’oscurità, godendosi i pensieri di Draco, ricordando il suo odore e il suo tocco leggero sulla sua pelle. Sono un po’ di pazienza. o forse molta visto che non credeva certo che la vista di Harry Potter e Ron Weasley potesse essere considerata romantica o afrodisiaco dal Serpeverde del suo cuore.

Non voleva pensarci ora però, né a quello che sarebbe successo se avesse fallito. Per quella sera erano solo loro due, un diario e una notte intera davanti.

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