Moth Goth

Harry Potter - J. K. Rowling
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Moth Goth
Summary
Finalmente Draco ed Hermione sono pronti a rendere pubblica la loro relazione e a concludere in pace il quinto anno, schivando al massimo qualche gossip. Ma una maledizione sta per abbattersi su Hogwarts, tra succubi, omicidi, incubi in rosa...e ovviamente il tentativo di far fuori il Bambino Sopravvissuto.
Note
https://www.pinterest.it/Flo_flo_fy/moth-goth/ .Anche in questo caso ho fatto un'unica bacheca Pinterest dalla quale prendere ispirazione che ti lascio qui, nel caso ti venga voglia di capire un po' il mood di questa storia.Sarà anche questa decisamente Serpeverde e con un Draco infantile e capriccioso continuamente alla ricerca di conferme?Decisamente sì.Ci saranno morti e torture? Certo.Troverai mischiati elementi dei libri, dei film e riferimenti a head e fan canon in ordine sparso e assolutamente non coerenti con l'originale? Ovvio.Infine come sempre ci saranno rifermenti alla cultura celtica, alle saghe, al voodoo e tanto altro ma nessuno di questi va preso alla lettera e soprattutto non è inteso a sminuire alcuna filosofia, religione o tradizione. Semplicemente è un gran calderone in cui butto tutto quello che mi ispiraAl momento in cui sto pubblicando su ao3 su efp ho pubblicato sino al capitolo 10.Entro venerdi , quando ci sarà il prossimo aggiornamento, caricherò anche qui i capitoli mancanti.. poi i due siti saranno aggiornati contemporaneamente.
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Mai una buona notizia, per Merlino!

Era stata proprio una gran fortuna che la sua copia del Cavillo fosse stata consegnata il giorno prima, pensò distrattamente sfogliando l’articolo sulle strane farfalle dalle ali dipinte con i teschi che si erano viste troppo spesso ad Hogwarts dal loro rientro mentre con una parte del cervello ascoltava distrattamente le voci concitate dei suoi compagni di casa intenti in una fitta conversazione con Flitwick. Cercò di riconoscerle: una di sicuro era Cho Chang, ormai aveva imparato a conoscere il suono dei suoi singhiozzi anche ad un dormitorio di distanza ma questa volta non sembrava particolarmente triste, anzi. A dire il vero era da qualche giorno che non l’aveva sentita piangere. Guardò il ciondolo con le fasi lunari che portava al collo, pensierosa. Certo a dirla tutta era un po’ presto per la visita del loro Direttore, ma in fondo erano settimane che lei diceva che sarebbe successo qualcosa. Aveva provato ad avvisare i suoi compagni che la biglia della disperazione era diventata rossa ma tutti l’avevano liquidata come paranoica dicendo che non doveva dare retta ai vaneggiamenti di suo padre.

«Ehi stramba, esci da lì sotto... ci vogliono tutti in sala comune»Ava Quirdick, una delle sue compagnie di dormitorio, si era chinata sotto il suo letto sollevando la coperta e la stava fissando con un sopracciglio alzato.

Luna Lovegood la guardò per un momento, cercando di capire cosa ci fosse che non andava. Forse era quello strano odore dolciastro misto ad incenso, oppure il fatto che continuasse a rigirarsi nervosamente il braccialetto di ambra e quelli che sembravano semi di zucca. O ancora poteva essere l’ombra che le era passata negli occhi. Forse se avesse avuto i suoi occhiali speciali lo avrebbe saputo dire meglio. Ma nel suo nascondiglio era buio ed era già difficile decifrare i caratteri anche senza le sue lenti speciali.

«Arrivo» si limitò invece a dire strisciando fuori dal letto e infilandosi in tasca un batuffolo di polvere che assomigliava incredibilmente ad una leprotta.

«Perché tutti urlano?» chiese in tono svagato ad Ava che si fermò alzando gli occhi al cielo.

«Nessuno vede Lisa Turpin da due giorni. E poi c’è quello…» disse spazientita indicando la porta di una delle camere del quinto anno «Per Merlino, come diamine è possibile che tu non ti sia accorta di niente? Si è svegliata l’intera torre di Corvonero quando Terry Booth l’ha visto ».

Luna si avvicinò ai segni di bruciatura ma prima che riuscisse a toccarli la Quirdick la fermò stizzita «Per Priscilla Corvonero... ma sei stupida?»

La ragazza si limitò a sorridere, stringendo la copia del cavillo e iniziando ad inspirare rumorosamente. «Iperico. Non lo senti? È la stanza di Lisa, Marietta e Cho, vero?»

«Non ti sfugge niente eh... e ora se vuoi sbrigarti, manchi solo tu» rispose Ava alzando gli occhi al cielo e spingendola verso la sala comune.

Mentre scendevano gli ultimi gradini della scala a chiocciola sembrarono quasi scontrarsi con un muro di disperazione. Vicious era in piedi sopra una scrivania, accanto la professoressa McGranitt, i prefetti e il capocasa A quanto ne sapeva era la prima volta che un altro professore era stato visto nella sala comune.

«Dov’è il preside?» chiese ad Ava che però non rispose, limitandosi a fare un gesto sbrigativo con la mano, i grani del braccialetto catturarono per un attimo la luce che iniziava a filtrare dalle graziose finestre ad arco. Si sedettero in terra sul soffice tappeto blu notte con le stelle ricamate, lo specchio del soffitto che contribuiva a rendere tanto speciale la loro sala comune.

«Signorina Lovegood, è rimasto qualcun altro che tu sappia su nei dormitori?» chiese Vicious in torno urgente. Luna scosse appena la testa in segno di diniego, la mente che continuava a sentire uno strano ronzio di sottofondo, come uno sbattere d’ali impazzito contro il vetro. Ma pur sforzandosi non riusciva a vedere niente.

«Dov’è Lisa?» chiese Marcus Belby, seduto a gambe incrociate poco distante da lei, il braccio attorno alle spalle del suo migliore amico, Eddie Carmichael, che sembrava disperato. A quanto ricordava quei due stavano insieme dal Ballo del Ceppo. In effetti quella sera erano nate strane coppie, si trovò a riflettere. Anche se, se l’avessero chiesto a lei avrebbe detto che Draco Malfoy era innamorato di Hermione Granger dalla prima volta che l’aveva visto mentre la guardava di sottecchi durante la colazione quattro anni prima, ovvero alla sua prima colazione ad Hogwarts.

Vicious e la McGranitt si scambiarono un’occhiata tesa, poi il loro professore finalmente sembrò ritrovare la voce.

E mentre una fredda coltre di incredulità, paura e dolore calavano sui suoi compagni lei continuava a cercare l’origine di quello strano rumore. Perché in fondo lo sapeva già da tempo che sarebbe successo qualcosa.

La biglia di sua madre l’aveva detto. E quella raramente sbagliava. 

L’ultima volta si era illuminata il giorno della terza prova del torneo tre Maghi.

E la prima che ricordava era il giorno in cui sua madre Pandora era morta.

 

***

 

Villa Black e i suoi lucidi pavimenti di marmo italiano talmente brillanti da potercisi specchiare diedero loro il benvenuto, insieme ad una rappresentanza di elfi domestici che li attendevano all’ingresso.

«Miss, che piacere vederla a casa» squittì l’elfo prendendo con deferenza il mantello e i guanti che la strega aveva porto distrattamente, lo sguardo che vagava per la stanza, cercando un appiglio con l’ultima volta che c’era stata dopo il funerale di Bellatrix. Niente era rimasto identico, seppur cambiando solo di tono: le pareti con una punta più di tortora, i mobili disposti in maniera diversa, i quadri spostasti. D’altronde riarredare la casa e sputare veleno facendo in modo che potesse sembrare un complimento erano i due principali modi di passare il tempo a Villa Black.

«Vuole darmi le sue cose, Signore?» un secondo elfo di cui ovviamente non ricordava il nome si fece avanti mentre Lucius quasi gli tirava addosso il suo mantello ringhiando «Un’ora a partire da adesso... se non ti trovo qui davanti tra sessanta minuti in punto con le nostre cose ti triturerò le orecchie, capito?» 

L’elfo sparì con un plop non sembrando tuttavia particolarmente turbato e non senza aggiungere «Solo i padroni possono triturare le orecchie di Esfy. »

Lucius sospirò esasperato, era in quella casa da pochi minuti e già gli sembravano ore. Neanche gli elfi avevano il buongusto di fare finta che fosse un ospite gradito e non gli era sfuggito affatto l’appellativo che aveva rivolto a Narcissa. Merlino, possibile che tutti in quella casa non avessero che occhi per Bellatrix e Rodolphus? Quello era esattamente il motivo per cui aveva sempre evitato il più possibile ogni visita che non fosse più che obbligatoria, meglio se con tanta gente da non essere costretto a parlare con i suoi suoceri per più tempo di qualche convenevole.

«Andiamo, prima sentiamo cosa hanno da dirci e prima ce ne andremo » Narcissa si alzò appena sulle punte dei piedi per dargli un bacio sulla guancia  prendendolo sottobraccio, un po’ per rassicurarlo e un po’ per evitare che tentasse come al suo solito di inventarsi una scusa e scomparire « E grazie»

«Cinquantotto minuti»fu l’unico commento che riuscì a cavargli, anche se non era sfuggito a Narcissa il lieve sorriso all’angolo della bocca mentre salutava con un cenno del capo uno dei quadri dell’ingresso, dove era apparsa una figura familiare «Sai che prima o poi dovremmo riprovare quella splendida riproduzione dei bagni dei prefetti che avete qui? Ho ricordi piuttosto frustranti a proposito… anzi non ne ho affatto... il che è piuttosto seccante»

«Direi che è per questo che ne abbiamo fatto realizzare una altrettanto bella a casa nostra» rispose Narcissa stringendosi più forte al suo braccio mentre contava i passi che la separavano dal salone dove li stavano aspettando «E credimi in questo momento vorrei davvero essere»

«Amore mio, ti ringrazio della fiducia ma non credo di essere in grado ora. Inizio ad avere un’età sai... e lo stress non aiuta» commentò con un ghigno a bassa voce accarezzandole una mano «Forse dovrei accettare i suggerimenti di Severus sulle pozioni... anche se a dire il vero mi sono sempre sembrati più commenti maligni che di aiuto»

«Non fare lo sciocco, pensa se mia madre ti sentisse»Narcissa sorrise mentre la sua presa si faceva più rilassata. Pensare alle piccole cose quotidiane, alla normalità di una vita di coppia, a quando finalmente sarebbe stata fuori di lì era quello che le serviva, e lui lo sapeva, come sempre, doveva concentrarsi, mettere su una maschera e cercare di tenere botta. Suo padre non l’aveva mai considerata più di tanto, troppo affascinato da Bellatrix, troppo seccato da Andromeda. E sua madre... quand’era piccola le permetteva di stare in sua presenza solo quando doveva mostrarla alle sue amiche, come fosse l’ultimo gioiello che si era comprata.

Nei due anni in cui era rimasta sola a Villa Black in attesa di entrare ad Hogwarts aveva incontrato i suoi genitori si e no un paio di volte al di fuori delle feste ufficiali. Ed entrambe le volte aveva dovuto prendere un appuntamento.

Ma quello era il modo in cui generazioni di purosangue erano stati educati, l’unico modo per crescere dei perfetti esponenti della nobile e antichissima casa dei Black. E chiunque usciva dal seminato veniva letteralmente bruciato via. Quando Andromeda era scappata tutte le sue foto, i suoi effetti personali e persino ogni cosa che potesse riguardarla alla lontana era sparita dal giorno alla notte. Nel corso dell’ultimo anno si era chiesta più volte cosa avesse provato sua madre a cancellare una figlia, far finta che una parte di lei non fosse mai venuta al mondo.  Lei non ci sarebbe mai riuscita. Non avrebbe mai potuto neanche solo pensare di far finta che Draco non fosse mai esistito, non parlare di lui, rifiutarsi di sentire la sua voce. Era certa che sarebbe impazzita. E sapeva altrettanto bene che Lucius non glielo avrebbe mai chiesto, che nonostante per loro la sola idea che il loro figlio si fosse innamorato di una natababbana fosse inconcepibile non avrebbe mai osato neanche pensare di diseredarlo. 

In quell’ultimo anno, nonostante tutto, aveva capito che aveva sposato l’uomo giusto.

«Finalmente siete arrivati» commentò in tono secco Drusilla Black senza degnarli di un secondo sguardo «E invece di stare sempre attaccati avresti potuto impiegare un po’ più di tempo a scegliere il vestito. Quella gonna è troppo stretta, ti evidenzia tutti i difetti»

«Sua figlia non ha difetti, Lady Black, forse dovrebbe parlare con il suo medimago personale... sa, non bisogna sottovalutare i problemi di vista. Possono essere un segno di qualcosa di più serio» Lucius era scattato tagliente ancora prima che lei potesse tirare fuori una scusa, uno stupido meccanismo che ormai era entrato a far parte di lei. Era una donna di quasi quarant’anni eppure ancora permetteva a sua madre di ferirla con quegli stupidi commenti. Perché ne era assolutamente certa, non c’era niente che non andasse nel suo abbigliamento.

«Non è un bene illudere la propria moglie, Lucius. Né parlare in quel tono a tua suocera. Se non avessi conosciuto i tuoi genitori mi chiederei davvero chi sia stato a darti un’educazione»rispose a tono la donna accettando seccata il leggero baciamano del genero, un gesto ripetuto talmente volte sin da bambino che era privo di ogni significato.

Cygnus Black, seduto in poltrona rigido ed impettito e con aria estremamente annoiata con in mano quello che sembrava whiskey incendiario, nonostante fosse tarda mattinata. Un pieno cliché dei ricchi purosangue, non c’era che dire. Accanto a lui un uomo distinto e una creatura che raramente lasciava quello che era il suo regno se non per delle faccende estremamente importanti. E che ovviamente riguardavano il denaro, essendo il Goblin a capo della Gringott.

«Avvocato, devo dire che la sua presenza mi lascia perplesso. E io che immaginavo una tranquilla riunione di famiglia» commentò Lucius, accomodandosi sul divano, la mano stretta ancora a quella di Narcissa. Era certo che i suoi suoceri stessero tramando qualcosa. Meglio per loro che non tirassero di nuovo fuori la questione del cambio di cognome per Draco... davvero non era il momento.

«Quello è il sigillo dei Lestrange o sbaglio?» l’occhio di Narcissa era andato sulla pergamena che l’uomo teneva in mano con una sottile deferenza che non le era sfuggita.

«Acuta osservatrice» le labbra dell’uomo si tesero in quello che non si capiva fosse un sorriso di apprezzamento o di noia «Come di certo ricorderà il mio studio si occupa di trasmissioni ereditarie»

«Come ben sa però Rabastan, Bellatrix e Rodolphus Lestrange sono morti, purtroppo. Non dovrebbe andare da Clarisse Lestrange invece che qui?» commentò acido Lucius al suo fianco passandole una tazza di tè profumato che era apparso davanti a loro. Era un vecchio trucco che aveva imparato da sua madre: tenere sempre qualcosa in mano per evitare di schiantare qualcuno.

«Lady Lestrange è già al corrente e non ha sollevato obiezioni. D’altronde con un contratto del genere non avrebbe avuto senso» concluse l’uomo rifiutando secco la tazza che gli veniva offerta. Cafone senza educazione, pensò Narcissa socchiudendo gli occhi e cercando di capire dove diavolo volesse andare a parare. «Allora iniziamo dalle domande preliminari, se non vi spiace non ho troppo tempo. Lady e Lord Black mi hanno già rassicurato della vostra identità»

Narcissa alzò appena un sopracciglio dorato, limitandosi a squadrarlo dall’alto in basso.

«Ha davvero bisogno dei miei genitori per sapere chi siamo? Non legge la Gazzetta del Profeta?»

«A dire la verità no, Lady Malfoy. Non ho molto tempo. E per questo gradire continuare con la prossima domanda... avete un solo figlio, giusto?» continuò, la voce piatta, mentre tamburellava sul suo quaderno in pelle rilegata.

«Questo non gliel’hanno assicurato i padroni di casa? Strano...» commentò Lucius, la voce che iniziava a tendersi ma la postura ancora rilassata.

«Mi possono dire solo quello che sanno…. allora leggo qui che il ragazzo si chiama Draco Lucius Malfoy e il 5 giugno compirà 16 anni, è corretto?»

«Corretto» replicò secca Narcissa, lo sguardo furente che si spostava ora sui suoi genitori. Se solo avessero ritirato fuori la storia del matrimonio era la volta buona che avrebbe mandato al diavolo le remore da brava figlia ben educata.

«E siamo assolutamente certi che sia figlio di entrambi? Avete fatto un test?» continuò continuando a scribacchiare, con lo stesso tono con cui avrebbe chiesto in quale casa era stato smistato.

«Mi sta chiedendo se ho tradito mio marito, avvocato?»

L’uomo scrollò le spalle «Non è detto. Ho visto suo figlio in foto e assomiglia molto a suo marito. Ma potrebbe essere un incantesimo di dissimulazione. Oppure potrebbe essere stato lui a concepire un bambino con un’altra donna e poi aver fatto finta che fosse vostro. Da quel che leggo qui ha partorito a casa e senza che una medimaga fosse presente al parto per testimoniare »

«Come diavolo osa anche solo pensare una cosa del genere?» questa volta non c’era traccia di amabilità neanche camuffata nella voce di Lucius, Narcissa ebbe appena il tempo di mettere la mano sulla sua, per evitare che tirasse fuori la bacchetta o peggio. Ci mancava solo che sua madre iniziasse una lagna perché c’era sangue di avvocato sul tappeto edoardiano.

«Tre anni per avere un erede è tanto» si limitò a commentare suo padre, riempiendosi di nuovo il bicchiere «Anche se maschio».

Ancora una volta quella parte della sua vita che sembrava finalmente chiusa era tornata con forza: il biasimo degli altri, la gioia della gravidanza e poi il baratro di disperazione in cui si trovava ogni volta. E pensare che per gli altri invece sembrava tutto così semplice...

«Amore, andiamo. So che l’ora che ho accettato di soffrire non è ancora passata ma non starò qui a farci offendere» riacquistata una parvenza di calma, Lucius si era alzato in piedi, offrendole la mano. «Dove diavolo è quello stupido elfo?»

«Ha un motivo per fare queste domande o ha solo deciso che deve vedere quanto velocemente sono in grado lanciare una maledizione?» si era invece limitata a commentare Narcissa, sfidandolo con lo sguardo. Era stanca di fare la perfetta dama di società, la bella bambolina che sapeva solo organizzare feste. Per un attimo le tornò in mente il discorso della Granger di un anno prima.

L’uomo mantenne la sua espressione impassibile, mentre una dopo l’altra sembrava spuntare una serie di caselle dalla sua lista « Fa parte della clausola, Lady Malfoy. Bellatrix Lestrange, nata Black, in data 21 dicembre 1970 ha fatto un patto vincolante alla presenza di Rodolphus e Rabastan Lestrange, testimoni e cofirmatari. Ed era presente anche suo marito... questa è la sua firma, no?» disse Goldstein aprendo il sigillo e porgendole la pergamena.

20 dicembre 1970… Il giorno in cui avevano preso il marchio nero. No, non poteva essere un caso, Lucius lentamente si sedette di nuovo accanto a sua moglie, un ricordo che iniziava ad emergere attraverso il velo in cui sembrava avvolta gran parte di quella notte.

Lucius iniziò a leggere, le parole che faticavano a formare un senso comune nella sua mente, facendo da contraltare alla sua voce interiore

Io Bellatrix Black e Io Rodolphus Lestrange, nel pieno possesso delle nostre facoltà mentali, - come se mai lo fossero stati.

Nel giorno  del nostro impegno di fronte alla società magica e davanti agli avi e al sacrificio di questa notte- vale a dire la strage di Babbani che avevano fatto a Londra, molto prosaica come descrizione.

nel caso della nostra morta prematura e senza eredi- un evento con una probabilità di accadimento pari al cento per cento.

disponiamo che tutto il nostro patrimonio vada al figlio o ai figli di Narcissa Mira Black e Lucius Septimus Malfoy, se mai dovessero nascere, che Merlino ci aiuti se davvero accadrà

Seguivano poi esaltazioni e lodi a Lord Voldemort ma quella parte potevano tralasciarla.

Lucius e Narcissa si scambiarono uno sguardo, esterrefatti. Era certo che sua moglie stesse meditando di decapitarlo ma ad essere onesti Lucius di quella notte ricordava poco. Troppe cose erano successe: dalla paura per non poter consegnare il canto Di Amergin a suo padre, all’eccitazione per quello che sarebbe successo, all’adrenalina della strage...

Si a pensarci adesso era tutto terribile.

Ma allora… allora, era parso sublime.

«No» disse Narcissa 

«Assolutamente no» ribadì Lucius «Ci manca solo che diventi ancora più ricco»

E che abbia libero accesso a tutti gli artefatti oscuri dei Lestrange, avendo però il tatto di non dirlo ad alta voce.

L’avvocato però sembrava assolutamente sordo, firmò la pergamena senza dare un cenno e porgendo loro la chiave che il goblin teneva in mano « Vi stavo solo informando per cortesia. Dal compimento dei sedici anni avrete un anno di tempo per informare vostro figlio, altrimenti dovremmo pensarci noi. Era una clausola di sua sorella, Lady Malfoy, se devo citare le testuali parole per evitare che Cissy dia di matto, odia non avere il controllo della situazione. E ora se volete scusarci… conosciamo la strada» disse prima di allontanarsi a lunghi passi sino alla porta d’ingresso della VIlla dove fu lasciato libero di smaterializzarsi.

«Tu lo sapevi?» sibilò Narcissa verso sua madre «È per questo che ci hai fatto venire, vero?»

Druella si limitò a sorseggiare il suo tè «Mi ha scritto Clarisse quando è stata avvisata. E non fare quella faccia che ti vengono le rughe.  Dovresti ringraziarmi, invece: ho pensato che un terreno neutro fosse migliore. Sciocchi come siete avreste cacciato via il povero avvocato in malo modo. »

«Finalmente quel ragazzo fa qualcosa di buono» riemerse la voce di suo padre «Quando hai tirato fuori quell’assurda scusa che stesse frequentando la natabbabana per avvicinarsi ad Harry Potter ho pensato che fosse la tua ennesima stronzata, Lucius.  E invece… tutti sappiamo qual è la conditio sine qua non per accedere ad un’eredità dei Lestrange»

Già lo sapevano tutti. O almeno i bene informati. Niente che si potesse provare ovviamente. Nulla di scritto.

Ma c’era una tradizione tra la famiglia Lestrange: l’erede del primogenito doveva uccidere un babbano per accedere all’eredità,

Come se non bastasse il marchio nero, che continuava a sapere essere sul braccio di loro figlio.

Ormai non c’erano dubbi: Draco aveva ucciso qualcuno.

Draco, il loro bambino biondo e che aveva paura dei temporali, era un assassino.

La testa di Narcissa sembrò esplodere, la rabbia che fomentava il suo stesso mal di testa.

«Andiamo a casa. E non azzardatevi a dire mezza parola a Draco» disse seccata guardando i suoi genitori con una tale fermezza che per un attimo ricordò Bellatrix «Ah, madre e se proprio vuoi saperlo non ero sola quella notte: c’era Andromeda con me, è stata lei ad aiutarmi a partorire.»

Poi senza più voltarsi indietro si avviò a lunghi passi fuori dalla stanza, facendo ben attenzione a sbattere la porta dietro di loro con tale forza da far tremare le preziose statue in cristallo sui tavolini.

E tornati a casa aveva intenzione di fare lo stesso con ciascuna delle cinquantadue stanze del Maniero, a costo di passarci un’ora, Poi forse si sarebbe calmata abbastanza da farsi spiegare da suo marito come diavolo avesse fatto a dimenticare una cosa del genere.

 

***

 

In un’altra casa, non troppo distante geograficamente, un’altra coppia di coniugi si guardava altrettanto in cagnesco.

«Non capisco come sia stato possibile che tu abbia acconsentito a perdere il nostro tempo per sentire quell’idiota di un legale invece di andare a cercare nostra figlia» aveva commentato Ted appena aveva sentito la porta di casa chiudersi «Molly ed Arthur hanno organizzato una riunione dell’ordine per noi e invece abbiamo passato due ore a sentire i vagheggiamenti di uno che per lavoro salva il culo ai mangiamorte»

Andromeda lo fissò incrociando le braccia e appoggiandosi allo stipite della porta, la testa dritta come sempre, i vestiti perfetti come se non avesse altro pensiero al mondo. Ma lui la conosceva bene, ogni centimetro della sua pelle, ogni ricciolo lucido, ogni modo in cui le sue labbra si piegavano prima di dire qualcosa, il secondo in cui le parole si formavano nella sua mente prima di lasciarle uscire. E ora notava le occhiaie più accentuate, il modo in cui si appoggiava stancamente spostando il peso all’indietro sui tacchi che si era ostinata comunque a portare, come se il peso del mondo fosse sulle sue eleganti spalle. Ma era proprio per quel motivo che si sentiva così furioso. Non dovevano essere lì da soli a prendere ordine da un azzimato e pomposo legale della famiglia Malfoy. Dovevano stare con quelle persone che c’erano sempre state negli ultimi vent’anni, che li avevano protetti e sostenuti, accolti quando quelli da cui ora sua moglie si era rifugiata avevano girato loro le spalle.

«Ted so che non ti piace quell’uomo. O meglio che non ti piace chi ci ha messo in contatto con lui» iniziò stancamente

«Dici? Ma dai, perché non dovrebbe piacermi uno che ha fatto comunella con quelli che hanno torturato e ucciso i miei genitori?» rispose gelido, per poi aggiungere dopo una pausa «Siamo onesti Drom. Da quando hai ripreso i rapporti con tua sorella minore non sei più la stessa»

Per un attimo la donna che aveva davanti che lo squadrava con un sopracciglio curatissimo alzato non era più la sua splendida e amatissima moglie da due decenni, ma l’ Andromeda Black altezzosa e saccente che era prima di mettersi insieme. Che poi fosse quella di cui si era innamorato era un altro discorso.

«Se non fossi sconvolto perché nostra figlia è stata accusata di omicidio direi che sei geloso, Ted. E un cretino»

Questo era davvero troppo «Questa è esattamente una cosa che direbbe quella smorfiosa di tua sorella. O quell’egocentrico di tuo cognato. Eravate amici un tempo, no? Cos’è ti stanno facendo rimpiangere i bei vecchi tempi da ricca stronza purosangue?»

«Una ricca stronza purosangue che si è innamorata di uno stupido natobabbano. Per Merlino Ted ma cos’è che ti dà così fastidio nel fatto che riveda mia sorella? Hai deciso persino di occuparti del figlio. Perché tutto questo astio proprio adesso? Non credi che abbiamo problemi più urgenti?»

Ted si avvicinò di un passo chiudendo lo spazio tra di loro e prendendole le mani «Aiutare il ragazzo è una cosa Drom. Dimenticare quello che hanno fatto quelli come Lucius Malfoy è un altro. E tua sorella lo ha coperto, credi sul serio che non abbia capito che c’è lei dietro ogni cosa che gli è andata bene? Davvero non lo capisci? Come faccio a fidarmi del fatto che vogliamo aiutarci se fino a poco fa consideravano Nymphadora un abominio?»

Andromeda sospiro chiudendo gli occhi. Non aveva una risposta certa. Avrebbe potuto raccontare a Ted di tutte le volte che Narcissa le era corsa dietro da bambina implorando per la sua attenzione, o di come ancora potesse leggere il dolore dell’abbandono nei suoi occhi. O, ancora, di come sapesse istintivamente che se Lucius aveva offerto il suo avvocato era perché genuinamente credeva fosse la soluzione migliore. O di come la sua parte razionale ed ancestrale sapesse che era una strategia intelligente. Ma non avrebbe capito. Neanche lei capiva fino in fondo. C’era un’unica cosa che potesse dire «Fidati di me. Sai bene che per me non c’è nessuno più importante di te e Nymphadora. Nessuno»

Ted si avvicino sino a posare la fronte sulla sua, portando le sue mani sul suo petto «Nessun rimpianto?»

Andromeda si sollevò appena per baciarlo sulle labbra «Mai. E ora andiamo a Grimmauld Place, sono certa che ci staranno aspettando suo pieno di guerra»

«Con te e per la nostra famiglia sono pronto a tutto » disse Ted tendendole la mano prima di gettare della polvere nel camino.

«Tutto » ripeté lei «Beh stai molto attento a ripeterlo davanti a Sirius… se c’è una cosa che gli ha sempre difettato è il senso della misura»

 

***

Quando furono chiamati tutti in sala grande non era di certo per il pranzo, nonostante in pochi avessero anche solo sbocconcellato la colazione servita nelle sale comuni.

Al loro ingresso solo il tavolo di Corvonero era già arrivato, un’aura scura che gravava su tutti loro, molti con gli occhi rossi di pianto. Era evidente che già fossero stati informati. Perché erano lì allora?

Draco entrò tra i primi a Serpeverde insieme a Pansy ed Astoria, ciascuno impaziente di trovare qualcuno, ma solo uno di loro ebbe fortuna. 

Daphne Greengrass era seduta al suo solito posto, composta e con le mani sul grande tavolo di legno. Solo lo sguardo assente e un pallore più accentuato del solito tradivano il suo disagio. Astoria le fu subito addosso, abbracciandola stretta.

«Stai bene? Per Merlino, Piton continuava a dire che non dovevo preoccuparmi ma non riuscivo a togliermi dalle mente che fosse successo qualcosa di terribile» le disse continuando a tastarla come  volesse sincerarsi che non ci fossero davvero quelle ferite che era certa di aver visto in quello che non sapeva più neanche come chiamare.

Daphne annuì in silenzio, la tempia poggiata su quella della sorella «Sono solo un po’ frastornata. Dicono di avermi trovato nella foresta proibita ma io davvero non so come ci sono finita. E credimi, Piton me l’ha chiesto molte, molte, molte volte»

«Ti sei persa un bel disegnino col sangue sulla nostra porta, Daph. E prima ancora il ritrovamento di un cadavere e un interrogatorio con gli Auror e tutto il cazzo di ministero»

I grandi occhi azzurri delle sorelle Greengrass, così simili da confondersi quasi, la guardavano sgranati mentre lei si spostava verso il secondo anno, per assicurarsi che nessuno della loro casa finisse nei guai, con un Piton già sull’orlo di una crisi per la temporanea scomparsa della Greengrass.

«Ah non te l’eri persa questa parte Tori? Beh credo proprio che tanto ce lo staranno per dire. Non vedo altro motivo per cui ci abbiano radunati tutti qui a quest’ora» commentò Blaise pensieroso sedendosi di fronte a loro, cercando di tenere a freno Draco che continuava a muoversi nervoso sulla panca, girandosi in continuazione verso l’entrata.

Poco dopo però entrarono i Tassorosso, in silenzio neanche gli fosse stato detto di nuovo che era morto Cedric Diggory. Mancava la Abbot, ovviamente. Pansy li guardò sfilare ordinatamente, dietro la Sproute. Davvero credevano che fosse stata la mutaforma? Merlino neanche loro potevano essere cosi stupidi. Si girò per osservarli meglio e non potendo fare a meno di notare che Rose Zeller e Heidi McCoy stavano guardando con insistenza nella loro direzione. O meglio nella direzione dell’iperattivo biondo seienne accanto a lei. Se non ci fosse stato Piton a spingerlo a forza verso quelli del primo anno un paio di volte ricordandogli che gli avrebbe fatto crescere la spilla da prefetto in fronte se non si fosse deciso a comportarsi come tale sarebbe di certo già corso verso la torre Ovest da quanto si dimenava

«Ma quello non è il fratello sfigato dei Weasley» Theo accanto a loro indicò col mento verso il palco, dove di solito sedevano i professori. Capelli rossi ingellati, espressione vacua, un completo gessato che solo secondo la definizione di un Grifondoro poteva essere considerato smart business, sempre che sapesse almeno cosa significasse, un colletto rigido e alto che pareva strozzarlo ma di cui sembrava molto fiero, e una pila di carte sotto braccio. Si, quello decisamente era quello dei Weasley che si era diplomato l’anno precedente: il noioso e arrogante caposcuola che un paio di volte avevano provato a far inseguire da qualche bolide. Accanto a lui c’erano un altro paio di quelli che sembravano altrettanto stupidi impiegati del Ministero. Poi c’erano gli Auror che li avevano interrogati. E proprio al centro, lì dove di solito si trovava Silente si trovava quella stupida vacca dalla faccia di rospo che le aveva fatto ripetere la stessa storia centinaia di volte.

In quel momento però la tozza figura in quell’orrido completo rosa color gomma di Drobble andata a male avanzò tacchettando con la grazia di un erumpet sino al podio. Di nuovo c’era qualcosa che non andava… Silente era sparito nuovamente ma quel punto non avrebbe dovuto prendere la parola la McGranitt?

Involontariamente incrociò lo sguardo con Ron al tavolo di fronte, chino a borbottare qualcosa con Harry. Era evidente che anche a loro non avessero detto niente. E il fatto che lo spilungone avesse ignorato i richiami della sua moltitudine di fratelli … per Salazar Serpeverde ma cosa diavolo stava accadendo?.

Una vocina fastidiosa e falsa come il suo permesso per entrare nel club per maggiorenni le arrivò alle orecchie, costringendola di nuovo ad uno sforzo di concentrazione. L’ultima volta che aveva visto un tale cattivo gusto nel vestire era quando le avevano mostrato i lavori di quella stilista che avevano trovato morta dopo aver assassinato Burke. Beh più o meno, decisamente non era un mistero che fosse stata Arael Malfoy a stregarla per riuscire a prendere la pietra di Salazar. E con quel gusto poi… chi era lei per giudicare la zia di Draco? Lei l’avrebbe soffocata in quegli stupidi lustrini, anche solo per aver attentato alla sua capacità di vedere.

«Inizia una nuova era per Hogwarts. Da questo stesso momento Albus Silente non è più il preside di questa scuola e per decisione del Ministro in persona sarò io ad occuparmi di voi. Basta stupidaggini: niente Quidditch, niente uscite ad Hogsmeade, niente passeggiate dopo il coprifuoco. Una vostra compagna è stata uccisa e il Ministero ha già individuato la responsabile» gracchiò. Ovviamente la notizia della morte della Turpin non era più un mistero per nessuno. Ma Merlino un minimo di tatto.  Agitò la bacchetta e accanto a lei apparve una foto di Tonks e Lupin, scattata non dà molto ad Hogsmeade a giudicare dai vestiti «Nymphadora Tonks, ex Auror ed ex professoressa di questa scuola, è ricercata in tutto il paese. Chiunque sarà trovato ad aiutarla sarà espulso immediatamente e poi processato dal Wizegamot, minorenne o no. Sono stata chiara?»

una mano si alzò dai grifondoro « E lei sarebbe?»

Il sorriso finto si tese in quello che era una maschera «Dolores Umbridge, signor Potter, la nuova Preside della Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts»

 

 

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