Moth Goth

Harry Potter - J. K. Rowling
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Moth Goth
Summary
Finalmente Draco ed Hermione sono pronti a rendere pubblica la loro relazione e a concludere in pace il quinto anno, schivando al massimo qualche gossip. Ma una maledizione sta per abbattersi su Hogwarts, tra succubi, omicidi, incubi in rosa...e ovviamente il tentativo di far fuori il Bambino Sopravvissuto.
Note
https://www.pinterest.it/Flo_flo_fy/moth-goth/ .Anche in questo caso ho fatto un'unica bacheca Pinterest dalla quale prendere ispirazione che ti lascio qui, nel caso ti venga voglia di capire un po' il mood di questa storia.Sarà anche questa decisamente Serpeverde e con un Draco infantile e capriccioso continuamente alla ricerca di conferme?Decisamente sì.Ci saranno morti e torture? Certo.Troverai mischiati elementi dei libri, dei film e riferimenti a head e fan canon in ordine sparso e assolutamente non coerenti con l'originale? Ovvio.Infine come sempre ci saranno rifermenti alla cultura celtica, alle saghe, al voodoo e tanto altro ma nessuno di questi va preso alla lettera e soprattutto non è inteso a sminuire alcuna filosofia, religione o tradizione. Semplicemente è un gran calderone in cui butto tutto quello che mi ispiraAl momento in cui sto pubblicando su ao3 su efp ho pubblicato sino al capitolo 10.Entro venerdi , quando ci sarà il prossimo aggiornamento, caricherò anche qui i capitoli mancanti.. poi i due siti saranno aggiornati contemporaneamente.
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Famiglie

«Tu e le tue stramaledette premonizioni» Severus era entrato come un tornado sbattendo la porta dietro di sé prima di riversale addosso la sua stizza, l’umore nero come il mantello che svolazzava irritato ad ogni passo «Sei come quella pazza di tua madre»

«Vuoi che aggiungiamo anche l’infarto di un professore alla lista dei problemi di questa scuola? Visto che sei qui suppongo che tu abbia trovato la Greengrass» rispose annoiata, continuando a dondolarsi sulla sedia di edera e vite a mezz’aria «Siediti e prendi un po’ di tisana alla lavanda e tiglio, ti calmerà»

Piton le rivolse uno sguardo disgustato «Io non mi siedo su quei … cosi. La gente normale si siede su cose come sedie, divani, poltrone, per Merlino. Non su quattro cuscini buttati sul pavimento. E comunque si l’ho trovata, anche se di certo non grazie a te»

Davanti al suo lungo naso adunco levitò una tazza in porcellana ricolma fino all’orlo di un liquido dolce e profumato mentre la strega continuava ad ignorarlo, tamburellando invece pensierosa sui tatuaggi.

«Veramente ti ho detto io di cercarla da Hagrid. E mi hai dato della pazza. Bevi» ripeté solo con voce atona.

«Sei pessima come tutti quelli della tua famiglia. Credete di poter comandare tutti a bacchetta. Vuoi rispondermi? Avevi detto che avresti parlato con la giovane Tonks… Beh non mi pare che sia stata una conversazione molto proficua, se posso permettermi» ringhiò Severus chinandosi su di lei «Una ragazzina è morta e un’altra ci è andata vicina, lo capisci? E quello che pare un sigillo è apparso in ogni dormitorio. E cosa diavolo ci facesse una mia studentessa in giro per la foresta proibita di notte ancora qualcuno me lo deve spiegare. Buon per lei che Madame Pomfrey l’ha messa in osservazione in infermeria. Indovina un po’... dice di non ricordare niente»

«Anche Grifondoro?» chiese improvvisamente interessata «Quarto o Quinto anno?»

«Granger o Weasley? Di la verità, è questo che vuoi chiedermi. Merlino si può sapere perché sei ossessionata da quelle due? Su una porta del quinto anno di ogni casa» rispose allontanandosi nuovamente e facendo volteggiare con un gesto della mano la tazza che continuava a seguirlo «E non bevo quella porcheria, si sente lontano un miglio che è drogata»

«Sei davvero bravo come dicono allora. Il che è un bene, perché devi aiutarmi a capire cosa diavolo sta succedendo» chiosò girandosi a guardarlo, posando un piede scalzo sul tappeto soffice per fermare il dondolio «Cosa hai trovato sul corpo della Abbot? Quello che non hai consegnato a Madame Pomfrey, intendo. O al ministero. O al tuo vecchio amico Auror»

«Quel macellaio non è mio amico, Niamh» rispose con voce appena udibile ma tagliente come una lama affilata, tirando fuori una fialetta dall’interno della larga manica nera del mantello. Al suo interno, un grumo di quella che sembrava ambra nera «Era ancora fresca quando l’ho raccolta dalla nuca della Abbot»

Niamh si alzò e prese delicatamente l’ampolla tra le mani, rigirandola pensierosa.

E d’improvviso le ritornò in mente la sua visione, quella cui aveva cercato di porre rimedio. Nymphadora Tonks, il bel volto trasfigurato dalla rabbia, che infieriva su un corpo, il rumore del sangue che usciva dalle ferite che copriva ogni rumore, persino la sua stessa voce mentre la chiamava, ben conscia che non l’avrebbe mai potuta sentire mentre sopra di lei, incuranti e aggraziate, tre falene dalle ali scure volteggiavano leggere.

Aveva sentito una voce, distante come se fosse attutita da qualcosa, come se dovesse attraversare una superficie

Prepara il mio ritorno, mio piccolo cavallino. Lavora per me e per la gloria del Signore Oscuro

E una risata che le aveva fatto ghiacciare il sangue nelle vene.

Quando rovesciò il contenuto della fiala sulla mano, il senso di nausea divenne così forte che fu costretta a sedersi in terra.

«E’ la stessa magia che sta avvelenando il Regno del Lago, Severus. Chiunque sia vuole distruggere questo posto»

Severus sbuffò sedendosi di malagrazia accanto a lei mentre faceva ruotare con estrema delicatezza il grumo scuro nella fiala. Poi con un gesto del tutto alieno al suo modo di essere le mise una mano sulla schiena, in quello che doveva essere un tentativo di calmare il suo respiro affannoso.

«Benvenuta ad Hogwarts, Niamh. E che Merlino ci assista per una volta» sbuffò «E ora gradirei davvero una tazza di tè»

«E un pochino di droga?» chiese alzando le mani di fronte all’occhiata truce del professore di Pozioni «Per Ecate, se ti farebbe bene. E anche una spruzzata di senso dell’umorismo»

«Detto da una Malfoy…»

 

***



Una cascata dorata morbida sotto le sue dita. La linea delicata del collo, che aveva dovuto frenarsi dal baciare. Il suo petto che si alzava e abbassava piano, al ritmo finalmente lento del suo respiro. Avrebbe potuto guardarla dormire per ore, solo per godersi il momento in cui avrebbe aperto di nuovo gli occhi, ancora tra il sonno e la veglia. Un momento così intimo che mai aveva vissuto con nessun’altra. Anche con Cassandra, sebbene fosse rimasto più volte a dormire dai Carrow, era sempre tornato in camera sua. Non era mai stato particolarmente incline a condividere nulla, tantomeno il suo letto e il poco sonno che riusciva a concedersi ogni sera. 

Eppure con lei era certo che avrebbe potuto passare i suoi giorni e le sue notti in quel modo. Ma al momento non era possibile, e non solo perché che lei si infilasse nel suo letto al dormitorio era probabile quanto lui smistato a Grifondoro. Il problema principale, era liberarsi dal fidanzamento senza farsi uccidere da Abraxas. Certo aveva sperato che Bellatrix risolvesse il problema alla radice, ma chissà perché una volta tanto aveva avuto un comportamento moderato limitandosi a farla quasi impazzire.

Peccato, sarebbe stato davvero un colpo di fortuna. E invece ora si trovava con una fidanzata psicolabile per la quale provava solo odio ma che rischiava di dover sposare comunque e l’amore della sua vita che non avrebbe mai accettato di fare l’amante. E con tutto il cuore neanche di aspettarlo troppo. Nessuna Black era nota per la sua pazienza. Nessuna. E Narcissa non faceva di certo eccezione, anzi.

Ma al momento l’unica cosa che voleva fare era andare da sua sorella ed ammettere che si, nonostante riuscisse ad essere una grandissima spina nel fianco e avesse l’odioso vizio di fare la saputella, anche quella volta aveva ragione: era pazzamente innamorato di Narcissa Black, la principessa di ghiaccio di serpeverde.

 

Non si era accorto che aveva aperto gli occhi, troppo perso nei suoi pensieri.D’improvviso si trovò due laghi blu a fissarlo, rilassati. E felici, si disse. Come se non avesse voluto vedere nessun altro.

“Ciao”

Quasi dimenticò la voce di Cassandra nella sua testa che continuava a ripetere L’ho fatto per te. L’ho fatto per noi.Era novembre e lui forse per la prima volta era felice.

 

Lucius si agitò nel sonno, allungando una mano come per indicare qualcosa, un disegno ormai sparito di cui era rimasta traccia solo nella magia che aveva portato avanti.




Il rumore della porta che si chiudeva dietro di lui, tagliando fuori la voce gioviale di Lumacorno e le risposte secche e concise dell’avvocato. Respirò a fondo, sentendosi leggero per la prima volta dopo tanto tempo.

Era libero. Lord Voldemort aveva mantenuto la sua promessa. perché era chiaro che c’era lui dietro tutto questo, l’unico in grado di imporre i propri desideri su Abraxas.

Si guardò il palmo della mano, cercando di vedere un segno, qualcosa di tangibile che gli dicesse che davvero era successo, che il fidanzamento con Cassandra era stato sciolto.

Che per la prima volta in vita sua aveva la possibilità di scegliere.

E c’era solo una persona che avrebbe scelto tutti i giorni della sua vita.

Te ne pentirai, Lucius. Un giorno ripenserai a tutto questo e capirai che hai fatto la scelta peggiore della tua vita. La voce di Cassandra, bassa e minacciosa gli arrivava attutita come se stesse parlando attraverso un muro. La guardò un attimo, forse vedendola per la prima volta, proprio ora che era diventata una completa estranea. Non provava niente per lei, come se non avesse passato ore ad assaporare la sua pelle, a scoprire insieme nuovi piaceri, nuovi limiti. Come se non avessero condiviso quella strada che li aveva portati davanti al Signore Oscuro e che ora li trovava di fronte ad una porta chiusa, serrata come il loro passato.

Niente. Come le sue parole che lasciò scivolare in fondo alla mente, un brusio irritante mentre si allontanava veloce. Quella sera avevano una missione da compiere: uccidere almeno uno dei Prewett, l’ultima prova per Lord Voldemort. Ma dopo… dopo ci sarebbero stati solo capelli dorati e occhi color zaffiro.

 

Il freddo improvvisamente gli mozzò il respiro, facendolo rabbrividire anche sotto le pesanti coperte finemente ricamate e appositamente stregate. Narcissa si svegliò sentendo il marito accanto a lei agitarsi. Gli posò delicatamente una mano sulla spalla, chiamandolo piano, come faceva sempre quando aveva uno dei suoi incubi. Ma questa volta non funzionò, l’uomo sembrava troppo perso dietro qualcosa, gli occhi che si muovevano rapidi sotto le palpebre e le labbra serrate.

 

Bellatrix, Rodolphus e Rabastan erano stati processati quasi subito dopo la cattura. Quando gli era arrivata voce che neanche avevano provato a difendersi, anzi, avevano approfittato del tribunale per proclamare ancora una volta la loro fedeltà al Signore Oscuro, non ne era stato affatto sorpreso. Lo aveva detto a Bellatrix tanto tempo prima che quel suo caratteraccio l’avrebbe fatta finire nei guai. Avrebbe dovuto dargli retta. E soprattutto avrebbe dovuto seguire il piano di Narcissa, come aveva fatto lui, anche se gli era costato quasi un mese di interrogatori in cui aveva dato nomi, fatti, circostanze che avevano portato alla cattura di decine dei suoi ex compagni. E in cui aveva dovuto fingere fino alla nausea di non essere mai stato realmente cosciente delle sue azioni.

Non che gli importasse granché a dire il vero. Gli unici che non avrebbe mai sacrificato sarebbero stati i suoi fratelli, ma erano morti da tempo ormai e nessuno si era preoccupato di loro, ovviamente. Non c’era stata nessuna indagine sulla morte di Nicholas. Se l’era cercata avevano detto.

E Arael… perché nessuno era andato a casa di Theodore Nott a capire perché una giovane donna incinta avesse deciso di porre fine alla sua vita nelle gelide acque del Lago Nero a centinaia di miglia di distanza da casa sua?

Ma quello era il passato. Ora doveva concentrarsi perché avesse un futuro, perché quelle settimane non fossero state inutili. Doveva tornare dalla sua famiglia, l’unica cosa che contasse realmente.

Ed aveva alzato gli occhi, cercando tra i volti ostili quello di sua moglie, la sua roccia, la sua ancora di salvezza. Si era concesso un sorriso quando l’aveva vista entrare, elegante e sicura come la prima volta che l’aveva vista ad Hogwarts: il profilo elegante, i capelli dorati raccolti in uno chignon basso, il vestito impeccabile blu oltremare che le illuminava l’incarnato. Ma subito gli si era spento sulle labbra quando si era girata e aveva notato i grandi occhi grigi che lo guardavano confusi, la testolina bionda appoggiata alla sua spalla, le labbra che sembravano muoversi per dire qualcosa, piegandosi troppo in giù tremolanti. Narcissa stava parlando con qualcuno alla sua destra, non riusciva a capire chi fosse. Ma vedeva benissimo che suo padre era vicino, troppo vicino al suo bambino. E accanto a lui Cassandra, che lo fissava con un sorrisetto soddisfatto. Si era chinata su Draco mormorando qualcosa e accarezzandogli la nuca. Narcissa si era girata di scatto, spostando il bambino che ora sembrava improvvisamente pietrificato. Ma ci aveva messo troppo, un secondo di troppo, lo capiva solo ora. 

 

«Lucius. Lucius. Non è reale. stai sognando» tentò Narcissa piano senza ottenere risultati, il ritmo del respiro dell’uomo che si faceva sempre più veloce.

 

La pelle del bambino che bruciava contro la sua, i lamenti sempre più deboli di Draco, stremato al punto da riuscire a mala pena a gemere dal dolore, lo sguardo disperato di Narcissa che glielo aveva tolto di braccio per cercare di calmarlo, la ruga sulla fronte di Severus mentre tentava pozione su pozione, inutilmente, lo sguardo folle di Abraxas dietro le sbarre delle segrete del Maniero.

«Dimmi cosa gli hai fatto» aveva cercato di mantenere la calma, le dita che fremevano sulla bacchetta. Sarebbe bastato poco, un Avada Kedavra e non avrebbe più visto quell’uomo disgustoso. Mai più.

«Ti sto facendo un favore, ragazzo. Dovresti ringraziarmi. finalmente potrai liberarti di quella patetica scusa di erede che hai generato e poi sicuro anche quella stupida puttana sentimentale che ti sei sposato se ne andrà. E potrai ricominciare e per una volta non essere quell’essere inutile che sei. Cos’è era troppo difficile generare più di un erede? Da quanto sei sposato… otto anni? E un’unica gravidanza portata a termine… con quell’inetto…» sputò l’uomo, ringhiando oltre il dolore della cruciatus che Lucius aveva lanciato e modificando la sua voce in un’orrida imitazione di quella di Draco «Voglio il mio papà. Ecco cosa continuava a piagnucolare quell’idiota di tuo figlio. Oh ma non ti preoccupare, gliel’ho tolto io il vizio… alla fine finalmente diceva l’unica cosa che avrebbe dovuto dire dall’inizio: Perdonatemi»

«Dimmi cosa gli hai fatto ed eviterò di farti a pezzi mentre sei ancora vivo. sibilò puntandogli la bacchetta alla fronte «Non tentarmi… ho anni di cortesie da ripagarti»

Nonostante il dolore Abraxas gli rise in faccia «Io ti ho reso un uomo, semmai. Ingrato, ma pur sempre un uomo… anche se non hai il coraggio di fare quello che va fatto per via di quella dannata Black, sapevo che il Maniero si sbagliava, lo sapevo… sei solo uno stupido. Lo sei sempre stato. Ma almeno pensavo che potessi fare l’unica cosa che ti abbia mai chiesto»

«Sta zitto» urlò Lucius, mentre l’aria attorno a lui tremava al ritmo della sua stessa rabbia «Sciogli la maledizione. Ora. E lascerò che ti ritiri nelle Ebridi, mentre chiunque altro, Draco incluso, ti crederà morto per qualche malattia. Vaiolo di Drago che dici?» All’inizio era stato il pensiero di finire ad Azkaban e lasciare la sua famiglia a fermarlo dall’uccidere quell’uomo nell’istante in cui l’aveva visto infierire su Draco. Ma poi il bambino aveva iniziato a tremare, la febbre sempre più alta, il respiro sempre più affannoso e dolorante. Avevano chiamato tutti i medimaghi che conoscevano, obliviandoli uno dopo l’altro, mentre Severus in un angolo assumeva uno sguardo sempre più corrucciato e l’emicrania di Narcissa aumentava sino a farla restare immobile accanto a Draco, entrambi incapaci di trattenere anche solo un sorso d’acqua tra le labbra riarse. Era stato in quel momento che aveva capito che Abraxas si era spinto ben oltre quel baratro che pensava fosse già abbastanza ripugnante. Non voleva solo punire Draco. Voleva ucciderlo.

«Non oseresti» ringhiò Abraxas di rimando, guardando  sbigottito il suo ultimogenito, che per la prima volta in vita sua sosteneva il suo sguardo. No. questa volta non avrebbe ceduto. Non sapeva se esserne vagamente fiero o disgustato

Aveva perso. Lucius lo aveva capito nel momento stesso in cui aveva abbassato lo sguardo. Ma c’era qualcosa, un guizzo malevolo che sul momento non aveva colto, troppo preoccupato per Draco.

«Voglio Cassandra. Chiamala, è l’unica che scioglierà la maledizione. E mi assicurerai che lei avrà accesso in qualunque momento al mio... come direbbe quella snob di tua moglie... posto speciale»

Lucius annuì, sollevato. Col senno era stato un gran peccato che Narcissa non fosse con lui, lei di certo avrebbe capito che era lei la mente. Qualcosa che aveva covato da tempo, certa che prima o poi sarebbe riuscita a vendicarsi. Lui invece ovviamente non ci aveva pensato, neanche quando poco dopo era arrivata lei, il profumo di rosa e oud che la precedeva avvolgente e penetrante, i grandi occhi allungati che lo scrutavano con un sorrisetto divertito. 

«Firmalo e il tuo prezioso bambino vivrà» aveva detto in tono dolce come il miele, scrutandolo. Aveva provato rabbia in quel momento, un odio feroce anche per sé stesso e per il tempo steso con lei. Ma aveva firmato. La pergamena che si era sigillata nel momento stesso in cui aveva staccato la piuma dal foglio. Un patto che nessuno avrebbe potuto più sciogliere.

Poco dopo un elfo era venuto a chiamarlo. Il padroncino e la padrona finalmente sembravano stare bene.

Si era girato senza pensare alle conseguenze, come un’idiota. Neanche aveva sentito il confundus arrivare. Debole, vista la protezione del Maniero eppure sufficiente a nascondere fino a quel momento cosa fosse successo. Di chi fosse realmente la colpa. Solo un pezzo di carta che sanciva quella che pensava una cesura netta tra la sua famiglia e quel folle di suo padre, con l’unico obbligo di lasciare che Cassandra Carrow ormai Nott andasse a visitarlo.

Senza quel pezzetto di memoria sembrava un accordo ragionevole, le Ebridi esterne abbastanza lontane e  non averlo ucciso per non rischiare di essere portato ad Azkaban assolutamente coerente. Ed era tutto vero, solo che non era tutta la verità.

 

Ti porterò via tutto quello che ami, l’ultima cosa che lei gli aveva sussurrato prima di sparire.

 

E con quella minaccia che aveva nascosto in fondo ai ricordi per troppo tempo, finalmente Lucius Malfoy si svegliò.

La prima cosa che vide, con suo grande disgusto fu l’elfo mastro di casa che si torceva le orecchie, l’eco di quella voce già dispersa con gli ultimi brandelli della notte.

 

«La diseredata urla in giardino, Padrone» squittì infine prima di scomparire, giusto in tempo per non essere schiantato.



***

 

Quei due avrebbero fatto meglio ad avere una buona scusa per aver chiuso l’ingresso principale. E di certo non poteva essere perché si era presentata un paio di volte senza essere invitata.

«Alla buon’ora» ringhiò vedendoli entrare nel salotto in stile orientale, dove le sembrava di stare aspettando da un’eternità «Ted aveva ragione, non dovevo venire.»

Narcissa la guardò perplessa, massaggiandosi le tempie «Ti rendi conto che sono le quattro di mattina, vero? E ti prego non urlare, ho già la testa che mi scoppia» si lamentò accoccolandosi sul divano rivestito in seta grezza, una macchia glicine in mezzo al blu.

«Ecco, ci mancava anche questa. Come se non fosse già abbastanza grave» sbuffò crollando accanto a lei, la testa tra le mani. Erano da quando Shackebolt era venuto a bussare alla loro porta che le sembrava di essere in un incubo del quale non riusciva a svegliarsi. Chissà forse anche lei era stata vittima di quell’incantesimo che aveva trovato Nymphadora… forse era solo un terribile incubo e in realtà la sua bambina stava bene ed era al sicuro, a ridere e scherzare da qualche parte.

Sentì il tocco leggero di sua sorella accarezzarle i capelli, lentamente «Drom, che succede?» chiese appoggiando il mento sull’incavo della spalla.

Avrebbe voluto rispondere in maniera dettagliata, raccontare di come erano stati svegliati poche ore prime dal bussare frenetico di Kingsley, di quell’insieme di frasi incoerenti che l’Auror aveva rovesciato su di loro, della corsa a casa di Remus e poi da a Grimmauld Place.

E infine di quella sentenza che era arrivata dal Ministero, Ma non ce la faceva, le parole erano solo schegge impazzite che rimbombavano nella sua testa.

Non sapeva neanche perché fosse finita li. Aveva ragione Ted, dovevano pensare ad un piano, dovevano cercare Dora, il posto migliore dove andare era dai Weasley non di certo lì. Anche Charlie era stato avvertito e di sicuro avrebbe trovato il modo di mettersi in contatto con loro, e Bill aveva detto che per l’ora di colazione sarebbe arrivato… e che si sarebbe portato dietro rinforzi. Ad occhio e croce quella biondina francese di cui Molly si lamentava sempre.

Si, forse quello sarebbe stato un piano razionale. Solido. Come Ted.

Ma lei in quel momento aveva bisogno di qualcuno che avrebbe capito se avesse deciso di far saltare in aria il Ministero.

«Nymphadora è sparita» riuscì infine a dire, poi aggiunse con stizza «O meglio, secondo il Ministero si è data alla fuga dopo aver ucciso una studentessa e averne torturata un’altra»

«Cosa?» la mano di Narcissa si era fermata incredula «Chi? Quando? Dove?»

Andromeda fece un gesto stizzito «Una ragazza di Corvonero, se ti dicessi il nome ti direbbe qualcosa? Ma sta tranquilla il tuo prezioso figlio sta bene, è la mia che è in fuga braccata da quelli che fino a qualche ora prima erano i suoi stessi compagni. E ora pare che abbiano avuto il mandato di catturarla…»

«Viva o morta, presumo» 

«Lucius!» 

«E’ la verità. Lo so io e lo sa benissimo anche lei» rispose l’uomo in tono piatto. Dava loro le spalle, chino sul camino borbottando qualcosa.

«Severus cosa dice?» tentò di nuovo Narcissa, accarezzandole la schiena e lanciando un’occhiata di avvertimento al marito «Sono certa che non abbia creduto ad una stupidaggine del genere»

Andromeda sbuffò stizzita «Il tuo caro Severus. uguale a tutti gli altri. Anzi, se proprio vuoi saperlo sono stati lui e quella professoressa nuova a raccogliere per primi l’accusa delle Abbot... là Montemorcy se non sbaglio»

Narcissa e Lucius si scambiarono uno sguardo perplesso. Draco aveva parlato di una nuova professoressa di Divinazione e Severus aveva commentato laconico che in fondo peggio per pochi mesi non avrebbe potuto fare chissà quali danni, soprattutto visto chi andava a sostituire. Quello che non aveva mai detto, tuttavia, era come si chiamasse.

Con uno sforzo non indifferente la strega tentò di concentrarsi nuovamente su quella storia assurda «E perché l’avrebbe fatto?»

Incapace di restare ancora seduta Andromeda si alzò e iniziò a camminare per la stanza, i passi nervosi attutiti dal soffice e alto tappeto, i petali dipinti di rosa che cedevano appena sotto la sua angoscia in un mare blu.

«Moody dice che hanno trovato un incantesimo nel suo studio. Pare che sacrificare un paio di vergini garantirebbe di evitare quella stupida storia della maledizione della mutaforma» disse con rabbia, mentre un paio di vasi scoppiavano, i pezzi di porcellana bianca e azzurra che si sparpagliavano per la stanza. Era da quando era piccola che sentiva quella voce, prima bisbigliata e poi, dopo che la sua relazione con Ted era diventata di dominio pubblico, sempre più urlata. Una volta addirittura una strega aveva fermato lei e Nymphadora a Diagon Alley, per sputargliela in faccia. Come se essere una mutaforma potesse essere una malattia, qualcosa da nascondere, un’anomalia genetica degradante di cui lei, purosangue Black che aveva infranto le regole ancestrali procreando con un natobabbano, era la responsabile.

Non c’era bisogno di aggiungere che quella donna non era tornata a casa incolume Anzi doveva ringraziare che aveva la bambina con lei, altrimenti sul serio l’avrebbe lasciata a gemere e farsela sotto dal dolore davanti alla gelateria di Florian Fortebraccio.

«Stupidaggini» commentò Lucius, schioccando le dita per richiamare un elfo per pulire quel disastro. Anche lanciando un reparto niente avrebbe potuto riportare i suoi preziosi vasi centenari all’originale valore. A volte, semplicemente, le cose rotte non tornavano più a posto, non importava quanta magia si potesse usare. Quello che era successo a lui, in fondo.

«E’ la prima cosa intelligente che ti sento dire da un po’, e senza commenti stupidi sul fatto che non ci siano più vergini ad Hogwarts... sono stupita» commentò Andromeda lasciandosi nuovamente cadere esausta in poltrona. Ora che anche la rabbia sembrava averla abbandonata si sentiva come svuotata. Impotente.

«Beh, se fosse stato vero tua madre avrebbe ucciso ogni singola ragazza che le fosse capitata tra le mani vent’anni fa. Sai bene che razza di personcina deliziosa sia… Voleva che facessi non so che test per scongiurare che potessi in qualsiasi modo trasmettere dei geni babbani... senza contare i tentativi dei miei amabili suoceri di convincere Draco a prendere il cognome Black» 

«Lucius» sibilò Narcissa esasperata «E smettila di giocare con il camino… si può sapere chi diavolo stai chiamando a quest’ora della mattina?»

«Il nostro avvocato. E con quello che lo paghiamo meglio per lui che abbia risposto subito» commentò continuando a scrutare le fiamme «Verrà a parlare con te e tuo marito tra un paio di ore, gli ho mandato l’indirizzo di casa tua»

«Beh potevi anche dirmelo, non credi?» sì stizzi Andromeda. Conosceva l’avvocato di cui parlava Lucius, lo stesso che l’aveva difeso al processo. E già aveva abbastanza problemi senza dover evitare che Ted lo schiantasse alla prima illazione o commento poco gentile «E poi io e Ted non staremo a casa oggi. dobbiamo andare da Molly ed Arthur per parlare.»

A quel nome sentì Narcissa irrigidirsi seccata accanto a lei.

«Certo. fatti aiutare dalla tua preziosa Molly Weasley. Vai … corri.» commentò velenosa, mentre il marito sospirando le si sedeva accanto, prendendole la mano.

«Cissy…» riuscì solo a dire Andromeda stancamente. Non aveva tempo per quelle stupide gelosie. Non aveva le forze «Io voglio solo trovare mia figlia ed assicurarmi che lei e il bambino stiano bene… chiedo troppo?» 

«E allora per una volta smetterai di comportarti come una dannata testarda maniaca del controllo e farai come ti dico. Ora vai a raccattare quel… si insomma tuo marito e andrete a casa ad aspettare Trevorny. Lo ascolterete in silenzio, risponderete a tutte le sue domande… sì a tutte» disse Lucius fissandola e alzando un dito della mano libera per bloccare le sue proteste «E farete tutto quello che lui vi dirà. E lo farete in silenzio. Non parlerete con la stampa. Non parlerete con il Ministero se non in sua presenza. Neanche con i colleghi di tua figlia. Ogni cosa che uscirà dalla vostra bocca dovrà avere la sua approvazione. Sono stato chiaro?»

Andromeda si morse la lingua per evitare un commento velenoso «E’ cosi che hai scampato Azkaban? Facendo la marionetta di un avvocato? Di..  è stato lui a suggerirti quella stupida scusa dell’imperius?»

Lucius non rispose, limitandosi a stringere più forte la mano di Narcissa. 

«Vuoi che tua figlia abbia una possibilità?» chiese eludendo la sua domanda. Ma era ovvio che la mente dietro quella sceneggiata non fosse l’avvocato. Lui si era limitato a renderla legalmente inattaccabile. Sapeva bene che il piano proveniva da una certa strega bionda con cui condivideva una parte del patrimonio genetico.

La stessa che la fissava in quel momento «Ci penseremo noi a te, Drom. Tu devi solo fidarti. Come io ho fatto con te quando Draco era in pericolo»

Solo per un attimo Andromeda si sentì a disagio, quel tarlo che la tormentava dall’estate scorsa sulla salute di Draco che non era mai riuscita a dipanare e di cui aveva potuto parlare solo con Piton. Ufficialmente non c’era niente, gli esami erano buoni, ma c’era qualcosa che non le tornava. Non ne aveva parlato con Narcissa, troppo labile il sospetto per caricare sua sorella di un ulteriore peso. Ma ora non aveva tempo. C’era solo una cosa che importava. trovare Nymphadora prima che lo facesse chi l’aveva incastrata.

 

Prese il biglietto rigirandolo tra le mani. «Andrà tutto bene. E poi abbiamo chiesto a Cockey di dare un’occhiata anche a Nymphadora» le disse con un’ultima carezza Narcissa, prima che Andromeda sparisse nel camino, diretta alla Tana. Forse Lucius aveva ragione, doveva accettare quell’aiuto, male non avrebbe fatto. Ora doveva solo convincere Ted.

 

Appena sua sorella fu sparita, Narcissa si girò verso il marito «Hai chiamato Severus vero?»

Lucius annuì, lo sguardo cupo come il temporale

«Ci ho provato …» rispose appoggiandosi al bracciolo accanto a sua moglie e fissandola «Ma non è stato possibile. L’intera Hogwarts è isolata. Ordine degli Auror»

Narcissa sospirò, massaggiandosi le tempie.

Per qualcuno forse era rassicurante sapere che l’ordine di sicurezza del mondo magico si occupasse della questione.

Ma per lei non lo era affatto.

Anzi, era un vero e proprio incubo, E la giornata non sarebbe migliorata, visto che erano attesi entrambi a Villa Black, Merlino solo sapeva il perché.

 

 

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