Moth Goth

Harry Potter - J. K. Rowling
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G
Moth Goth
Summary
Finalmente Draco ed Hermione sono pronti a rendere pubblica la loro relazione e a concludere in pace il quinto anno, schivando al massimo qualche gossip. Ma una maledizione sta per abbattersi su Hogwarts, tra succubi, omicidi, incubi in rosa...e ovviamente il tentativo di far fuori il Bambino Sopravvissuto.
Note
https://www.pinterest.it/Flo_flo_fy/moth-goth/ .Anche in questo caso ho fatto un'unica bacheca Pinterest dalla quale prendere ispirazione che ti lascio qui, nel caso ti venga voglia di capire un po' il mood di questa storia.Sarà anche questa decisamente Serpeverde e con un Draco infantile e capriccioso continuamente alla ricerca di conferme?Decisamente sì.Ci saranno morti e torture? Certo.Troverai mischiati elementi dei libri, dei film e riferimenti a head e fan canon in ordine sparso e assolutamente non coerenti con l'originale? Ovvio.Infine come sempre ci saranno rifermenti alla cultura celtica, alle saghe, al voodoo e tanto altro ma nessuno di questi va preso alla lettera e soprattutto non è inteso a sminuire alcuna filosofia, religione o tradizione. Semplicemente è un gran calderone in cui butto tutto quello che mi ispiraAl momento in cui sto pubblicando su ao3 su efp ho pubblicato sino al capitolo 10.Entro venerdi , quando ci sarà il prossimo aggiornamento, caricherò anche qui i capitoli mancanti.. poi i due siti saranno aggiornati contemporaneamente.
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Sospetti

Non aveva senso. Tutta quella storia non aveva senso. Perché se Ron non aveva capito dove fossero, lei non aveva dubbi. Si girò intorno cercando di imprimersi nella mente ogni dettaglio, ogni stonatura, ogni dannato particolare che l’aiutasse a capire cosa diavolo stesse succedendo.

Non avevano troppo tempo, prima o poi qualcuno si sarebbe accorto della loro assenza, sempre che non avessero già notato una stupida apertura in una delle pareti della scuola.

E la colpa era solo di quel demente di un grifondoro dai capelli rossi: se non si fosse incaponito a trascinarla giù per quel dannato corridoio ora lei non si sarebbe trovata in quella situazione

Eppure c’erano così tanti indizi… davvero era così stupido?

Per prima cosa quella coperta che Weasley aveva preso dal divano di velluto al centro della sala e stretto sulle spalle della Tassorosso sotto shock.Una dannata coperta patchwork che sembrava venire dritta dritta da quel buco dimenticato da Dio de la Tana. O peggio.

Si avvicinò alla libreria sfiorando con le dita i dorsi dei libri rilegati in pelle, accarezzando appena le lettere in rilievo: demoni, folletti, incubi, volumi babbani di narrativa... e poi una cornice dove cinque giovani ragazzi in divisa da grifondoro la salutavano ghignando. Li aveva conosciuti quei ragazzi, insopportabili e spacconi. Uno morto da eroe, una da traditore, uno che si nascondeva dal mondo per celare la sua vera natura e un evaso da Azkaban più o meno riabilitato. In una parola: i malandrini. E poco accanto un’altra foto, più grande di una bambinetta dai capelli rosa e il becco da papera in braccio ai suoi genitori.

No, niente aveva senso.

E poi quella stanza… la Corvonero inerte sul pavimento aveva dei grossi lividi e dei profondi tagli sulle parti di pelle visibile e l’ormai piuttosto nota espressione sofferente di chi aveva provato sulla sua pelle diverse maledizioni senza perdono. Ma se davvero erano dove pensava lei.. com’era possibile che nessuno lo avesse sentito? Chi era così malato da aver fatto una cosa del genere in una stanza con i disegni ad acquerello alle pareti e gli scaffali che traboccavano di piante aromatiche?

Nymphadora Tonks per quanto potesse avere dei difetti incomprensibili, che nella sua mente erano nell’ordine essere una mutaforma, un Auror e una Tassorosso, di certo non era una che si metteva a rapire e torturare studentesse.

O almeno se non poteva escludere in toto la propensione alla tortura, sapendo da chi provenissero metà dei suoi geni, non lo avrebbe mai fatto senza una fottuta buona ragione.

Ma da lì a dire che fosse impazzita e avesse iniziato a maledire gli studenti ci correva tutta la strada fino a King’s Cross.

All’interno di Hogwarts per di più. Perché ne era assolutamente certa, quella era la stanza privata della professoressa di difesa delle arti oscure. La pianta carnivora con il fiocco in testa non lasciava adito a dubbi,

No, decisamente non c’ era una spiegazione logica al momento.

E quindi ancora una volta toccava a lei risolvere la questione, visto che il suddetto grifondoro sembrava incline solo a stare lì a fare le coccole all’altra idiota piagnucolante. Puntò la bacchetta sulla fronte della Abbot «Ti consiglio di non mentire, Hannah. Cosa diavolo è successo qui?»

«Pansy che cazzo stai facendo?» ringhiò Ron stringendo ancora di più a sé la Tassorosso e guardandola come se fosse appena uscita di senno «E’ sotto shock. Dobbiamo portarla dalla Pomfrey»

«Levati Weasley, o giuro che maledico anche te. Non ti pare strano che due volte su due la nostra piccola e dolce Hannah sia stata vittima di un attacco? Anni e anni di vita con un maniaco psicopatico mi hanno insegnato a non credere alle coincidenze»

«Voglio andare a casa» piagnucolò la Abbot stringendosi al bordo del mantello del ragazzo e seppellendo la testa nella sua spalla 

«Te lo chiederò solo un’altra volta» sibilò la serpeverde continuando a tenerla sotto mira.

«Metti. Via. La. Bacchetta» sillabò Ron digrignando i denti e guardandola come era da tanto tempo che non faceva, un lampo di puro odio negli occhi azzurri.

«Signorina Parkinson, credimi sono tentato anch'io di usarla su Weasley ma sono quasi certo sia contrario alle politiche della scuola».

Pansy si girò di colpo, rimettendo la bacchetta all’interno del mantello il più velocemente possibile mentre Piton li superava velocemente chinandosi sulla Abbot e scostando Ron di malagrazia. Poco dietro di lui, senza alcuna fretta, fece il suo ingresso la figura elegante della Montmorency, che si fermò invece vicino al corpo della Corvonero, guardandola pensierosa.

Piton passò lentamente la bacchetta sul corpo della ragazza ancora tremante mentre una profonda ruga gli si disegnava sulla fronte. Ripeté lo stesso procedimento altre due volte, sempre più lentamente, con gli occhi che diventavano simili a due fessure.

«Signorina Abbot, fortunatamente non sembri aver riportato delle lesioni troppo gravi. Sono certo che potrai andare in infermeria con l’aiuto di Parkinson e Weasley» disse infine aiutando la studentessa ad alzarsi. Poi con uno sguardo di ghiaccio sul grifondoro aggiunse «E quando dico infermeria, intendo dire che dovete andare diretti da Madame Pomfrey, senza fermate intermedie. E poi mi spiegherete cosa diavolo stavate facendo qui voi due»

Ron stava per ribattere quando Pansy gli diede una gomitata che lo fece piegare in due. Non era il momento di mettersi a fare i polemici. Non con Piton. Non dopo che erano stati beccati ad infrangere platealmente le regole che gli erano state date poco prima. Non con una ragazza maledetta e una morta accanto a loro.

«Li accompagno io» disse improvvisamente Niamh con gli occhi ancora fissi sui tralicci di vite che si stringevano sui polsi della ragazza, girandole leggermente la mano e rendendo ben visibile un segno rosso inciso sulla pelle della Turpin: brevi segni verticali che si intersecavano tra di loro «Tanto qui c’è poco che possa fare, tra poco sarà pieno di professori»

Poi si chinò verso Hanna, fissandola quasi senza sbattere le palpebre «Ricordi chi ti ha portato qui?»

La Abbot rabbrividì ma sostenne lo sguardo «E’.... è stata la Tonks. Peeves è venuto a dirmi di raggiungere la professoressa e l’ultima cosa che ricordo è di essere entrata in questa stanza. Poi mi sono svegliata e lei era già così.  Mentre ero priva di sensi ho sentito la voce della Tonks... lei… lei ha detto… lei ha detto… lei … ha detto che dovevo prepararmi per questa sera, che sarebbe venuta a prendermi. E che era inutile che urlassi, è pieno di incantesimi silenzianti»

«Per questa sera?» chiese Niamh alzando un sopracciglio chiarissimo mentre Hannah senza parlare indicava un punto alle spalle della Professoressa dove brillavano dei segni argentei sulle pareti scure. Se alla sinistra e alla destra i disegni erano opachi, quello in centro riluceva in rilievo: un cerchio perfetto, di un intenso bianco lattiginoso. Non c’era dubbio che cosa rappresentasse

«Oh andiamo... che stronzata. Remus non farebbe mai una cosa del genere. E tantomeno Tonks… è un Auror e che cazzo!» sbottò Ron, rendendo dosi finalmente conto di cosa significasse quello che finora aveva addebitato ad uno stato confusionale «Sono certo che c’è una spiegazione»

«Silenzio» tuonò Piton senza riuscire a coprire il lamento della Abbot che aveva iniziato a dondolare sul posto urlando come se la stessero colpendo di nuovo.

Senza dire un’ulteriore parola la Montmorency prese Ron e Pansy per il braccio e iniziò a trascinarli fuori, chiudendo con un cenno del capo la porta dietro di sé.

Camminarono in silenzio fino a metà corridoio, poi, improvvisamente, le loro gambe si mossero verso un corridoio secondario e poi nella prima stanza libera.

Niamh passò davanti a loro, chiudendo la porta alle loro spalle, con un mezzo sorriso e la bacchetta ancora in mano: «Scusate, ma non mi sembrate dei tipi molto collaborativi. E io non ho troppo tempo da perdere» disse tamburellando con le dita sulla bacchetta «Quindi ora mi farete vedere esattamente i vostri ricordi»

«E se non volessimo? Davvero pensa di farla franca? Non può maledire degli studenti senza conseguenze» sputò Ron mentre Pansy alzava gli occhi al cielo. 

«Tipo quando Malocchio Moody ha trasfigurato uno studente in un furetto? O dopo che Voldemort è stato sulla testa di Raptor per chissà quanto? Oh andiamo. dirò che sembravate impazziti e io vi ho dovuto fermare per evitare che poteste farvi male. D’altronde il professor Piton vi aveva avvertito» tubò «Quindi, signor Weasley possiamo fare le cose semplici e mi dite tutto e dimenticate questo piccolo intermezzo o posso usare la forza. Certo non è detto che dopo il Confundus voi abbiate ancora la mente intatta… ma secondo alcuni non sarebbe una gran tragedia, no?»

«Oh andiamo, piantiamola con questa sceneggiata. Cosa vuole sapere?» sbottò infastidita Pansy, che ormai sapeva riconoscere una sconfitta, mentre la professoressa le rispondeva con un sorriso

«Molto bene, Pansy. Dieci punti a Serpeverde. E direi che puoi cominciare dall’inizio, vale a dire cosa diavolo vi è venuto in mente nell’aprire una porta con un sigillo maledetto» rispose Niamh liberandoli dall’incantesimo e appoggiandosi al muro «E se fossi in voi non eviterei i dettagli. E soprattutto non cercherei di scappare: non riuscireste mai a correre più veloce dei miei incantesimi. E non credo che Severus vi verrà ad aiutare»



***

 

«Granger, scusa eh…non è che io mi lamenti di non stare a fare il giro dei corridoi alla ricerca di segni strani. E ovviamente amo passare il tempo con te» iniziò Draco con voce petulante guardandola con aria annoiata «Ma per Salazar Serpeverde quando mi hai trascinato fuori dalla riunione pensavo ad una situazione ben diversa. Più intima. Io e te…qualche angolino nascosto... un po’ di idromele d’annata che Blaise riesce sempre a rimediare.... per la miseria Granger, non ci vediamo da giorni e tutto quello a cui pensi è trascinarmi in biblioteca. Sono offeso»

«Ah davvero? Sicuro che non preferiresti stare a fare il tuo giro di ronda con la Edgecombe? No perché è più di una volta che ti becco a flirtare con lei» rispose acida passandogli un volume dalla pila che aveva davanti «E poi sei più bravo con le ricerche di Ron ed Harry»

«Gelosa, Granger?» ridacchiò soddisfatto anche per il complimento che era riuscito a scucirle tirandosi su e beccandosi un’occhiataccia da Madame Prince, evidentemente ben poco contenta di qualcuno che continuava a parlare nella sua biblioteca «E per la cronaca io non stavo affatto flirtando ma piuttosto ti stavo assecondando. Hai detto che devo essere gentile e tutte quelle stronzate lì sul fatto che devo parlare alle persone. E quando lo faccio dai di matto. Mi confondi»

«E per parlare con le persone quella ti deve mettere le mani addosso?»

«Sei assurda. Non mi pare che io abbia mai fatto storie quando ti vedo attaccata a Sfregiato o Lenticchia o ad uno dei suoi fratelli fotocopia. Nemmeno io faccio i salti di gioia sai? E poi si può sapere cosa stai cercando con tanta foga?»

Hermione si fermò un attimo a guardarlo sgranando gli occhi dorati «Ma Harry e Ron sono come fratelli per me. E così i gemelli. E Charlie. E Bill. E persino Percy. Non puoi metterli a paragone con una …»

Per fortuna la definizione che aveva in mente quando vide Draco salutare qualcuno dietro di lei con uno dei suoi ghigni caratteristici che non indicavano mai nulla di buono.

«Marietta…» disse senza neanche voltarsi chiedendosi per la centesima volta se non avesse ragione Harry quando le aveva chiesto con cosa si fosse drogata per innamorarsi di Malfoy.

«Scusate, non volevo interrompervi» disse la Corvonero con un sorriso, sedendosi senza alcun invito accanto ad Hermione. Per sua fortuna aveva scelto quel lato del tavolo. E ancora più per sua fortuna stava tenendo le sue lunghe manacce lontane dai suoi preziosi libri e non solo dal suo strafottente fidanzato che mancava poco si mettesse a riderle in faccia.

«Ma no, figurati. Siamo tutti amici, vero Granger? Basta con questo elitarismo» la stuzzicò «Non stavi dicendo proprio questo? Che dobbiamo essere tutti una grande e felice famiglia come nei tuoi cosi animati nella scatola con gli omini dentro»

«Film. Si chiamano film, e se ti degnassi di venire a babbanologia lo sapresti.» chiese lei di rimando rimettendosi a sfogliare il grosso tomo sui simbolismi delle piante, ricavandone solo uno sbuffò. Si girò verso la Edgecombe indicando il libro che quella teneva stretto «Ti serviva qualcosa?Hai bisogno di aiuto per la lezione sui loi e il voodo?»

La Corvonero la guardò un attimo interdetta «Oh questo… no, lo stavo riportando.Veramente volevo chiederti di Weasley»

«Ron?» chiese dubbiosa Hermione prima di sorridere platealmente mentre Malfoy diventava ancora più pallido del solito

«Lenticchia?» fece eco il serpeverde.

Marietta iniziò a giocherellare una penna sul tavolo, rigirandola nervosamente.

«Beh si… volevo sapere… ecco se si vede con qualcuna. Ci sono delle voci che abbia una storia con la Parkinson...» continuò mentre Hermione con il miglior ghigno della sua carriera le toglieva dalle mani la penna, prima che la rovinasse.

«Ma che cazzo di problema avete?» fu l’ultimo commento di Draco, incredulo ed offeso dal fatto che la Edgecombe non ci stesse provando con lui ma con quello sfigato dai capelli rossi dell’amico di Potter. Già a malapena sopportava che Pansy si fosse presa una sbandata, ma quello poteva capirlo… erano ancora gli effetti nefasti delle maledizioni dello scorso anno. Le sarebbe passata «Comunque bella mia, ti do due consigli: primo fatti controllare la vista. E, secondo, stai lontano da Lenticchia… Pansy potrebbe non prenderla bene. È un po’ nervosetta ultimamente»

Un po’ nervosetta forse era l’eufemismo del secolo. E a dirla tutta non gli sarebbe dispiaciuto troppo vederla cadere rovinosamente per le scale. Non dopo che gli aveva preferito quel pezzente della donnola

«Ma se avete tutti un carattere così adorabile nella vostra casa» lo stuzzicò Hermione, addolcendo la vincita con una carezza sul braccio, incurante per una volta del tono sospettoso e scocciato dei tacchi di madame prince che si avvicinavano. «Scherzi a parte, non sono io la persona con cui dovresti parlare, mi dispiace. Non credo che Ron sarebbe contento se parlassi dei fatti suoi in giro.»

«Silenzio» sbottò esasperata la Prince arrivata vicino al loro tavolo «Signorina Granger, mi meraviglio di lei.»

«Ma stia zitta, che non c’è nessuno a parte noi. Chi dovremmo star disturbando, i fantasmi?» rimbeccò Draco protettivo, prima che Hermione riuscisse a zittirlo

«Cinque punti in meno a Serpeverde, Signor Malfoy. E prima che continui è il caso che ve ne andiate. Per oggi avete finito» rimbeccò la bibliotecaria stizzita prima di chiudere i libri con un colpo di bacchetta e farli volare a posto sugli scaffali.

Questa volta sarebbe stato il turno di Hermione di arrabbiarsi per un simile trattamento oltraggioso ma la Edgecombe la prese per il braccio e la costrinse ad alzarsi, spingendola verso la porta.

Hermione però non era affatto nello stato d’animo di lasciar correre. Erano giorni che era preoccupata, ancora con gli effetti di un rituale oscuro e uno stramaledetto tatuaggio che non si spiegava sul braccio, stava per tornare indietro per dirne quattro a quella dannata bibliotecaria quando Draco la bloccò e la prese di peso portandola fuori, neanche fosse un uomo delle caverne.

«Cazzo Granger, piantala di prendermi a calci. Merlino sembri tanto piccolina ma pesi quanto Potter» disse molto poco carinamente appena messa giù, le sacche dei libri che volteggiavano accanto a loro.

Evidentemente aveva voglia di morire quella sera, non c’era altra spiegazione. Probabilmente quella giornata sarebbe stata ricordata come la fine della dinastia dei Malfoy-Black, il che non poteva di certo considerarsi una gran perdita.

E inoltre se ne stava lì, con la sua aria da cucciolo bastonato, mortalmente offeso per la sua reazione «Guarda che io stavo evitando che facessi qualcosa di cui poi ti saresti pentita amaramente per il resto dei tuoi giorni. E soprattutto dei miei. Io già mi ti immagino alla cerimonia del diploma che tiri fuori questa storia»

«Tu non ci arrivi ai MAGO se provi un’altra volta a comportarti come un dannato neandertaliano.» ringhiò prendendo la sacca e rimettendola a spalla

«Non chiamarmi babbano» rispose lui scioccato «Sono certa che stai facendo rigirare nella tomba più di un mio antenato»

«Sordo oltre che scemo.Come mi dispiace, sono affranta per i tuoi antenati snob e con la puzza sotto al naso, credimi» rispose cercando di colpirlo con il tomo di pozioni avanzate, cosa che tra l’altro aveva anche un effetto catartico. Draco però rise, cercando di pararsi da quell’assalto.

«Sei buffa quando ti arrabbi così sai? È come in quella foto in cui pensavi di essere spaventosa ed eri un batuffolo» le disse con un ghigno, fermandole il braccio che continuava ad agitare contro di lui. Quando però lei trasalì lasciò immediatamente la mano, sconcertato.

«Ti ho fatto male?» chiese con la voce che non riusciva a trattenere l’orrore, mentre iniziava a blaterare parole su parole «Merlino, scusami scusami. Cazzo Granger non penserai sul serio che volessi farti male, vero? Dai fammi vedere»

«No, non sei stato tu... è che mi fa male da qualche giorno» rispose prendendogli il viso e cercando di tranquillizzarlo, visto che sembrava prossimo all’iperventilazione. Sospirando e tenendolo d’occhio tirò su la manica della felpa, rivelando il fiore nero sull’avambraccio, giusto il tempo di farglielo vedere.

Lo sguardo di Draco sembrò cambiare d’improvviso, quali si fosse messo una maschera invisibile che si adattava perfettamente alle sue fattezze ma cambiandole completamente: gli occhi si erano fatti di acciaio fuso, perdendo ogni morbidezza e sfumatura di azzurro, le labbra erano strette così come la mascella serrata.

«Vi credete divertenti?» sibilò allontanandosi di un passo. Hermione lo guardò stralunata, non riuscendo a capire quel cambiamento tanto repentino ed esagerato al punto che sembrava tornato ad essere il Draco Malfoy di poco più di un anno prima, quando sembrava che la sola idea di condividere la sua stessa aria sembrava disgustarlo «Almeno Pansy si è degnata di infilarmisi nel letto e farmelo vedere. Tu cosa diavolo stavi aspettando? Di un po’... è per questo che non volevi venire a letto con me eh? Pensavi di nascondermelo?»

«Draco... ma cosa ti succede? Te ne avrei parlato ma prima volevo capire cosa diavolo fosse. E poi cosa cavolo vuol dire che Pansy ti si è infilata nel letto, scusa?» chiese sbuffando e chiudendo lo spazio tra di loro, mentre lui istintivamente si tirava di nuovo indietro, fino ad incontrare il muro.

«Come. Diavolo. Te. Lo. Sei. Fatto» sputò ogni parola come se fosse pervaso da una furia gelida, mentre le mani si chiudevano a pugno.

«Punto primo non urlare, non sono uno dei tuoi elfi domestici, con i quali, comunque non dovresti urlare» rispose lei altrettanto furente, incapace di credere a quella scena di rabbia senza motivo «Punto secondo, come ti ho detto NON LO SO, è per questo che ti avevo chiesto di venire a fare delle ricerche con me»

«No, tu mi hai solo trascinato in biblioteca e non ti sei degnata di dirmi un cazzo. Scommetto che Potter lo sa, vero?»

«Se vuoi proprio saperlo, si. Ma solo perché lo ha anche Ginny. Anzi se ne sono accorti per primi. E ora, di grazia vuoi piantarla di fare queste sceneggiate e degnarti di dirmi cosa cazzo ti prende?» rispose ponendoglisi davanti per evitare che come al suo solito fuggisse via appena la situazione diventava per lui ingestibile.

Il ragazzo aprì la bocca un paio di volte, senza che però ne uscì alcun suono, mentre Hermione osservava con orrore lo sguardo divenire sempre più plumbeo e ottuso, segno inequivocabile che stava ricadendo nella vecchia abitudine di occludere.

«Draco Malfoy, non ti azzardare a lasciarmi sola, capito?» gli disse prendendogli nuovamente il viso e costringendolo a guardarla «E poi parleremo del perché il mio gatto ha un collare che costa probabilmente quanto una borsa di Hermès. e non ti azzardare a rispondere che non sai chi cazzo sia Hermès»

Inaspettatamente il riferimento a Grattastinchi riuscì a rompere la barriera che si stava formando tra di loro ed Hermione lasciò la presa sorridendo quando sentì finalmente quella risata dolce che riservava a quando erano soli «Beh in effetti no, non ho idea di chi sia,ma immagino sia qualcuno dai gusti raffinati. E come vedi il nostro gatto ha buon gusto, deve aver preso da me»

«Credevo avessimo già chiarito che è il mio gatto, non il nostro» lo prese in giro stringendosi a lui, la mano sul petto che finalmente sentiva il cuore smettere di battere all’impazzata

«Non credo proprio, Granger. Puoi fare di meglio» le disse continuando ad abbracciarla. E al diavolo se in quel momento fosse passato Piton, tutto ciò che desiderava era sentirla calda e rassicurante contro di sé, l’unica in grado di allontanarlo dagli incubi della sua mente «E scusami davvero, non volevo parlarti in quel modo»

Hermione sospirò sollevandosi sulle punte dei piedi per baciarlo «Non importa. Mi dispiace,non volevo tenermelo nascosto, volevo solo trovare prima una spiegazione logica. So che tendi a preoccuparti in maniera eccessiva per me»

«Beh, visti i tuoi trascorsi con lo Sfregiato e Lenticchia… quante volte avete rischiato di morire dall’inizio di Hogwarts?» borbottò posando la fronte sulla sua e spostandole un ricciolo dal viso. Quando si arrabbiava i suoi ricci diventavano ancora più ingestibili e lui ogni volta si trovava a chiedersi come facesse ad essere allo stesso tempo la cosa più bella e più terrificante che avesse mai visto.

«Vuoi dirmi perché questo tatuaggio ti ha sconvolto così tanto? Parla con me» chiese invece la grifondoro come urgenza, con la paura che quello spiraglio si chiudesse di nuovo 

Draco sospirò, chiudendo gli occhi ed appoggiandosi al muro, le mani ancora intrecciate alle sue. Rimase in silenzio per quello che ad Hermione sembrò un tempo infinito. Poi finalmente, con voce quasi atona ammise «Cassandra era ossessionata dai bucaneve neri, tutte le sue stanze erano pieni di questi fiori. Eli disegnava ossessivamente... E di certo il fatto che tu, Pansy e la Weasley ora lo abbiate non mi sembra una cosa di cui essere felici. Non dopo tutto il resto...» dissolse la fine della frase in un gesto stizzito, lasciando che si perdesse nel corridoio.

Hermione rimase in silenzio mordendosi le labbra. No, decisamente non era un indizio rassicurante. Però … perché Ginny? 

«L’hai mai sentita parlare di Imbolc? Sono certa che sia legato qualcosa successa quella sera. E la ricerca in biblioteca... il bucaneve è simbolo di rinascita, di purezza. Decisamente non è un caso»

«Cazzo. Cazzo. Cazzo.» iniziò a sbraitare allontanandosi da lei «Non dovevo coinvolgerti. Anzi non dovevo venirti dietro quella sera... dovevo fare quello che avevo preventivato e sarebbe stato meglio per tutti. Niente, NIENTE di questo sarebbe successo se per una volta avessi fatto la cosa giusta»

«Draco Malfoy, la prima volta che hai fatto la cosa giusta in vita tua è stato quando mi sei venuto dietro la sera del Ballo del Ceppo, quindi non voglio sentire stupidaggini. Beh, forse la seconda se consideriamo vera la storia della pagina sul basilisco» rispose la grifondoro tirando fuori per precauzione la bacchetta. Draco sembrava troppo vicino ad una vera e propria crisi e pronto a scomparire come al solito. E se fisicamente c’era poco che potesse fare per bloccarlo, Merlino fosse dannato se glielo avrebbe permesso, a costo di pietrificarlo «Sembri Harry quando inizia a dire che non dovremmo aiutarlo perché è lui che attira la sfortuna»

Non riuscì ad udire la risposta di Draco, probabilmente condita da una serie di insulti sul suo migliore amico nonché speranza dei maghi perché la Prince uscì di corsa dalla biblioteca, quasi travolgendoli.

«Immediatamente nei vostri dormitori» ordinò, in preda ad un’agitazione che mai aveva visto nell’algida e compassata bibliotecaria «Anche lei signorina, Edgecombe, non pensi che non l’abbia vista»

Mentre Madame Prince li prendeva entrambi per il braccio, suscitando la veemente reazione di Draco, Hermione guardò sospettosa Marietta Edgecombe che le passava accanto come se nulla fosse. Da quanto era lì, nascosta nell’ombra? 

E soprattutto perché aveva fatto finta di andarsene quando erano stati cacciati dalla biblioteca?




***

 

C’era qualcosa che non andava, poteva dirlo con certezza anche se non sapeva esattamente cosa fosse. Era più una sensazione, qualcosa che lo colpiva alla bocca dello stomaco, stringendolo con forza. Voldemort era lì, da qualche parte, ferito ma non vinto, poteva sentirlo nella cicatrice che spesso riprendeva a bruciargli. E ancora di più quando si insinuava nei suoi incubi, mostrandogli dei lampi del suo passato.

Occhi colmi di paura improvvisamente vitrei.

Le grida di dolore.

L’eccitazione attorno a lui, quel senso di potere senza confini che sembrava inebriarlo.

Il frusciare del corpo pesante ma aggraziato di Nagini che si muoveva attorno a lui, facendo schioccare la lingua disgustosa nell’aria.

E il salone di Villa Black, pieno di musica e di luce, il collo bianco ed elegante di Bellatrix mentre chiudeva la collana con l’Horcrux, soddisfatto. Certo che nessuno avrebbe mai potuto risalire alla pietra.

Immortalità.

Potere.

E poi era di nuovo fuori, la notte umida e fredda, silenziosa, solo il terrore a riempire la strada. Camminava sicuro, le luci che si spegnevano mentre avanzava ghignando, fino ad arrivare all’incrocio.

Sono lì, mio signore

La voce oscena di Peter Minus accanto a lui, il disgusto che provocava persino in Lord Voldemort un uomo che per paura tradiva la famiglia che si era scelto.

Godric Hollow e la casa dove avevano trovato la morte i suoi genitori che finalmente si rendeva visibile.

Dieci passi. Tutto quello che lo separava dalla vera immortalità. Dieci passi e due morti in più prima di far scomparire l’unico ostacolo alla sua eterna grandezza.

Dieci passi e Lord Voldemort sarebbe stato leggenda.

 

Avada Kedavra.

Quelle parole continuavano a risuonare, il lampo verde era l’ultima cosa che vedeva prima di svegliarsi madido di sudore, gli occhi di un giovane Tom Riddle, lo stesso che aveva incontrato nella camera dei segreti.

 

Entrò nel dormitorio, approfittando del fatto che fossero tutti nella sala comune, ancora troppo presto per andare a dormire. Avrebbe voluto aspettare Ron per farlo, ma non sapeva quando sarebbe tornato dal giro di ronda con Pansy. Con quei due non si sapeva mai cosa aspettarsi: avrebbero potuto decidere di smetterla finalmente di farsi la guerra e, sebbene lui fosse estremamente contrario e disgustato alla sola idea, accettare di mettersi insieme per la sanità mentale di tutti. O, in alternativa, avrebbero potuto decidere di sfidarsi a duello e provocarsi seri danni a vicenda.

Senza contare che Ron era spesso distratto e per sua stessa ammissione a volte non sapeva perché reagisse in quel modo. Anche in merito all’incidente dell’appuntamento con Ginny in cui si era presentato invasato come se fosse stato colpito da cento caccabombe, si era scusato in mille modi. E, cosa ancora più preoccupante, aveva ammesso di non aver avuto idea del perché si fosse comportato così, anzi, diceva addirittura di non ricordare pressoché nulla sino al momento in cui si era trovato nel campo, vestito di tutto punto, con Pansy che lo rincorreva brandendo la bacchetta.

Si sedette in terra, il pezzo di vetro che gli aveva dato Sirius per comunicare tra le mani, rigirandolo nervosamente, incerto se contattare il suo padrino. Era sicuro che lui li avrebbe capiti, non avrebbe detto niente a nessuno, evitando di far preoccupare inutilmente Molly e gli altri. Ma c’era una cosa che non voleva che sapesse. Lui aveva capito come rintracciare Voldemort, attraverso i suoi sogni. Se glielo avesse detto però Sirius Black si sarebbe precipitato lì.

Ma Harry Potter per una volta non voleva fare la cosa giusta.

Dopo aver visto i suoi genitori, Frank, Alice, Cornac e tutti gli altri che avevano perso la vita per mano suo, dopo averli sentiti morire mille volte nei suoi incubi, lui, Harry Potter, il bambino della profezia, la speranza dei maghi, il bambino sopravvissuto voleva solo una cosa: Vendetta.

Era ancora immerso nei suoi pensieri quando sentì un urlo provenire dal dormitorio femminile.

Uscì di corsa, infilando velocemente lo specchio sotto il letto, in modo da nasconderlo parzialmente, travolgendo Fred e George poco fuori dal dormitorio, i primi a scattare appena sentito l’urlo.

«Si può sapere cosa diavolo succede?» chiese ad Angelina mentre la ragazza usciva dal lato femminile, sorreggendo una pallidissima Patil, talmente sconvolta da sembrare incapace di camminare con le sue gambe.

Dietro di lei apparve Ginny, scura in volto.

«Dov’è Hermione?» chiese senza rispondere alla domanda di Harry.

«Ginny, che succede?» chiese nuovamente prendendole il braccio, subito affiancato dai gemelli,

«Qualcuno è entrato nel loro dormitorio, Harry. E ha pensato bene di disegnare una grossa runa sulla parete del letto di Hermione.

«Ok, è c’è bisogno di fare tutto questo casino? Per la miseria, abbiamo scritto ben di peggio su quello di Percy» sbottò George passandosi una mano tra i capelli seccato. Tutto quel trambusto per uno stupido scherzo.

«Non è un gioco, fratello. Non credo che qualcuno copra di sangue un’intera porta solo per inciderci una runa»

La nausea lo colpì ancora prima che Ginny parlasse. Non c’era neanche bisogno che lo dicesse. Tutto intorno a lui girava sempre intorno a quella parola.

Morte.




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