Moth Goth

Harry Potter - J. K. Rowling
F/M
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G
Moth Goth
Summary
Finalmente Draco ed Hermione sono pronti a rendere pubblica la loro relazione e a concludere in pace il quinto anno, schivando al massimo qualche gossip. Ma una maledizione sta per abbattersi su Hogwarts, tra succubi, omicidi, incubi in rosa...e ovviamente il tentativo di far fuori il Bambino Sopravvissuto.
Note
https://www.pinterest.it/Flo_flo_fy/moth-goth/ .Anche in questo caso ho fatto un'unica bacheca Pinterest dalla quale prendere ispirazione che ti lascio qui, nel caso ti venga voglia di capire un po' il mood di questa storia.Sarà anche questa decisamente Serpeverde e con un Draco infantile e capriccioso continuamente alla ricerca di conferme?Decisamente sì.Ci saranno morti e torture? Certo.Troverai mischiati elementi dei libri, dei film e riferimenti a head e fan canon in ordine sparso e assolutamente non coerenti con l'originale? Ovvio.Infine come sempre ci saranno rifermenti alla cultura celtica, alle saghe, al voodoo e tanto altro ma nessuno di questi va preso alla lettera e soprattutto non è inteso a sminuire alcuna filosofia, religione o tradizione. Semplicemente è un gran calderone in cui butto tutto quello che mi ispiraAl momento in cui sto pubblicando su ao3 su efp ho pubblicato sino al capitolo 10.Entro venerdi , quando ci sarà il prossimo aggiornamento, caricherò anche qui i capitoli mancanti.. poi i due siti saranno aggiornati contemporaneamente.
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Risonanze

L’aria era densa di un fumo acre e penetrante che l’avvolgeva come una coperta. Sentiva le erbe che sprigionavano tutto il loro profumo, in una cacofonia di aromi che aggrediva i suoi sensi e le bruciava i polmoni. Chissà quante di quelle belle ampolle di vetro colorate solitamente ordinate con maniacale perfezione contenevano veleni.

Forse alla fine tutte.

E poi l’inchiostro scaldato che esalava in volute scure, le parole che si accartocciavano nelle fiamme, disperdendosi per sempre nel vento, immortali.

Se fosse stata ancora la vecchia lei si sarebbe disperata, sentendo il rumore di migliaia di libri che diventavano velocemente cenere, i lunghi tendaggi della biblioteca leccati dalle fiamme che si trasformano in delle grandiose torce pronte a scatenare quella furia.

Sì, era stato davvero perfetto il posto scelto per scatenare l'ardimonio proprio lì, dietro il cancello del reparto proibito, dove la magia fluiva più forte.

Si diceva che la torre di Grifondoro fosse più alta di quella di Corvonero per una manciata di centimetri grazie ad un pennone dal quale svettava il vessillo rosso e oro, innalzato dopo la costruzione, quando uno dei primi studenti di notte si era arrampicato fin là sopra per sancire la prima e sempiterna vittoria della sua casa. Nessun Corvonero sano di mente avrebbe mai osato tanto e ormai il danno era fatto… la bandiera blu e argento sarebbe sempre sventolata un palmo più sotto di quella dei Grifoni.

Eppure quel pugno di centimetri era ben visibile a quella distanza, la notte tinta di viola e verde mentre le pietre i sbriciolavano per il calore. Un colore così innaturale per un incendio che non dava adito a confusione.

Quella era magia oscura.

Potente magia oscura.

E lei era ferma, in lontananza a guardarla. Senza paura. Senza dolore. Senza rimorso.

Si perché lei, Hermione Jane Granger, la strega più brillante della sua generazione, natabbabana, prefetto di Grifondoro aveva appena distrutto un sogno durato secoli chiamato Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts

 

Hermione si alzò di scatto, boccheggiando come se sentisse ancora l’aria sfuggirle dai polmoni risucchiata nel vortice dell’incendio e corse alla finestra aprendola di scatto, incurante dell’aria gelida della notte che le sferzava il viso.

E soprattutto ignorando i lamenti delle sue compagne di dormitorio, che ancora tra le braccia del sonno non volevano arrendersi a quel brusco cambio di temperatura.

Cercò di contare fino a dieci, lentamente, sincronizzando il suo respiro in modo da far rallentare il battito cardiaco impazzito. 

Era stato tutto così reale... se solo chiudeva gli occhi poteva sentire il calore delle fiamme, l’odore denso e penetrate nel fumo. E soprattutto poteva sentire quella magia oscura che scavava in lei per trovare la forza, la fonte stessa che alimentava le fiamme distruttrici.

La stessa di quella sera quando avevano salvato Narcissa, solo amplificata di mille volte.

Se solo ti lasciassi andare

Si girò di scatto, cercando da dove provenisse quella voce ma nel dormitorio non c’era nessuno, a parte le sue compagne addormentate.

Eppure le era sembrato di scorgere qualcosa in fondo alla stanza.

Chiuse lentamente la finestra, scacciando quel pensiero.

No, doveva essere razionale. Non era niente, solo il riflesso del battente dorato su una delle specchiere della stanza. L’aveva sempre detto che tutti quei grandi specchi a figura intera erano solo un assurdo spreco di spazio. Sarebbe stato molto più utile farci delle librerie o delle mensole per gli oggetti personali, invece di stupidi oggetti davanti ai quali quelle idiote delle sue compagne di corso sembravano passare l’intero pomeriggio.

Per un attimo le sembrò di sentire Pansy dentro la sua testa che le dava dell’elfo domestico, tanto per essere gentile. Aveva anche provato a regalarle un set completo di pozioni e creme per i capelli e non dimenticava certo di quando si era svegliata con quella psicotica che la riempiva di creme.

Un po’ però le mancava, almeno era manifestamente e dichiaratamente pazza. Non come alcune delle sue compagne che facevano sempre la parte degli zuccherini e invece erano delle arpie.

Ok, doveva calmarsi, stava diventando fin troppo acida per i suoi gusti. Sbuffando mise la vestaglia cremisi di morbidissimo cachemire che sua madre le aveva regalo per Natale in pendant con il pigiama di seta, affermando per qualche assurdo motivo che il normale pigiama con gli orsetti del cuore non andasse più bene. Pansy, tanto per tornare in tema della sua mania di controllo, aveva aggiunto di sua sponte un intero set di culottes dello stesso tessuto, approfittando dello strano appoggio di Jane Granger per entrare di soppiatto a casa sua e farle sparire i tre quarti dei suoi vestiti.

Si, forse alla fine erano meglio Lavanda e amiche di una fissata con l’abbigliamento intimo altrui purosangue e Serpeverde.

Prese al volo la sua sacca e si buttò sul divano della sala comune, accoccolandosi accanto al fuoco, rannicchiata sotto una delle coperte lasciate a disposizione. Sebbene fosse già passata la prima settimana di febbraio e nonostante le stupidaggini della Montemorcy su Imbolc e la rinascita, fuori il clima era ancora estremamente rigido. E dentro l’incubo le attanagliava ancora il cervello con le sue lunghe dita gelide.

A proposito di Imbolc... doveva dire che più passava il tempo, più apprezzava il suo regalo, sebbene finora avesse visto per la maggior parte insulti a tutti i Grifondoro in generale e ai Weasley in particolare da parte del suo amato serpeverde borioso.

Adorabile serpeverde irascibile che non vedeva da quando si era risvegliata dopo il rituale, visto che come lei si era rimessa in piedi lui aveva contratto una non si sapeva bene che forma grave di influenza ed era stato confinato a Serpeverde sino a data da destinarsi.

O meglio, prima era andato in infermeria ma visto che stava dando di matto perché lei non rispondeva, aveva pensato bene di rubare le pozioni di Madame Pomfrey e buttarle già a casaccio. Non era successo niente di che, tranne il fatto che avesse deciso di prendere la sua scopa per raggiungerla sulla torre di Grifondoro, dove era certo fosse rinchiusa per qualche motivo. Beh per farla breve, e con grandissimo divertimento di Harry, la cosa non era andata come aveva preventivato e si era trovato spiaccicato in terra. Cosa ancora più stupida, si era fatto curare da Theo e Blaise, che però avevano trovato la cosa talmente divertente da non riuscire a fare un incantesimo decente in due, e quindi la cosa era andata di male in peggio.

Quindi al momento Draco Lucius Malfoy, dopo essere scampato ad un tentativo di decapitazione da parte di Piton e probabilmente della Pomfrey, era confinato a data di destinarsi nel dormitorio di Serpeverde con un termometro magico e due compiti: misurarsi la febbre ogni due ore e non mettere piede fuori da quel dannato dormitorio.

Ma per fortuna aveva ancora il suo diario. E aveva ancora molto da imparare sui costumi babbani.

D’altronde alla sua età i ragazzi babbani si mandavano messaggini stuzzicanti sul cellulare che iniziava a spopolare. Loro avevano di meglio.

Aveva appena aperto la copertina rigida quando vide apparire poco al di là della sala comune metà rossa di Ginny Weasley. E sembrava parecchio infuriata a dire il vero.

Con chi non era difficile scoprirlo visto che a ruota si vide una testa scarmigliata dai capelli neri e l’aria completamente stralunata mentre appariva a pezzi togliendosi il mantello dell’invisibilità.

«Oh, andiamo Gin, non fare così non ti stavo offendendo»

Per tutta risposta la ragazza, in pieno stile Molly Weasley, si girò con uno sguardo che avrebbe potuto tranquillamente incenerire anche il basilisco nella camera dei segreti.

«Se ti dico che non mi sono fatta un dannato tatuaggio, Harry, vuol dire che non mi sono fatta il dannato tatuaggio. Cosa pensi che sia una dannata demente che non si ricorda se e quando si è fatta fare un disegnino sulla pelle» ringhiò. Tre dannati di seguito: livello di guardia.

Anche a quella distanza lo straniamento sulla faccia del bambino sopravvissuto era ben visibile. Sbatté un paio di volte gli occhioni verdi, cercando evidentemente di unire le parole in una frase di senso compiuto che non gli costasse la defenestrazione da quella che era la seconda torre più alta del castello dopo quella di astronomia. O almeno lo sarebbe rimasta sino a quando i gemelli non avessero attuato il loro piano per celebrare i MAGO di innalzare magicamente il pennone come ultimo saluto di addio, dimostrando una volta e per tutte la supremazia dei Grifondoro, provocando probabilmente un infarto a Piton e una possibile condanna della McGranitt per studenticidio, se mai fosse possibile usare quella parola...

Hermione rimase come paralizzata, non sapendo se fosse il caso di palesare la sua esistenza in quella che sembrava essere la prima lite tra la sua coppia preferita e cercare di calmare gli animi, o piuttosto fingersi morta.

A dissipare ogni dubbio ci pensò Grattastinchi, che aveva approfittato dell’apertura della porta per fare, finalmente, il suo ingresso maestoso nella sala comune, ululando neanche fosse un lupo mannaro.

Ondeggiando la coda fulva e paffuta con aria supponente si lanciò sul divano in braccio alla sua padrona, iniziando a fare la pasta sulle gambe della sua adorata umana, purtroppo molto poco protette dal tessuto sottile del pigiama.

Offeso dalle rimostranze di Hermione si buttò quindi in un angolo del divano in velluto mélange di tutti i toni del rosso, raggomitolandosi in modo da darle completamente la schiena. Poi dopo un ultimo, grande sbuffo decise che era ora del pisolino.

Ed Hermione poteva dire esattamente dove era stato finora, visto che al collo aveva un collare nuovo che sembrava fatto di una pelle così morbida che non osò neanche chiedersi di cosa fosse fatta. E Merlino inondasse i sotterranei se scopriva che glielo avesse fatto fare su misura e soprattutto che ci fossero davvero incise le lettere GGM che era sicura di aver intravisto prima di alzarsi per il dolore.

I grandi occhi color cioccolato di Ginny la guardarono per un attimo, indagatori. Poi avanzò a passo di marcia, prima di buttarsi con la stessa grazia di Grattastinchi poco prima accanto a lei. Si girò sollevano il maglione sul fianco, rivelando una porzione di pelle bianchissima sulla quale spiccava inequivocabile il disegno di fiore nero.

Per un attimo ad Hermione si mozzò il respiro. 

Quel disegno lo aveva già visto, ne era sicura.

Ma non ornava il fianco di Ginevra Weasley.

Il braccio teso, la bacchetta ancora carica di energia per la potenza dell’incantesimo proibito appena lanciato, la maglia nera che ricadeva morbida lasciando scoperto quel pezzo di pelle che conosceva bene eppure le sembrava così estraneo.

Con dita tremanti tirò su la mancia destra della vestaglia, mentre i suoi occhi non riuscivano a staccarsi da quelle linee nere sinuose ed intriganti.

E lì, sul suo avambraccio da sveglia, nella sala comune di grifondoro con il suo migliore amico e quella che poteva considerare sua sorella, lo vide.

Un fiore nero.

Esattamente come quello di Ginny.

Come quello del suo sogno

«Ma che cazzo…» Fu l’unica cosa che riuscì a dire Harry strofinandosi la cicatrice come se gli bruciasse.

E quello, ormai lo sapevano, di certo non era un buon segno.

 

***

 

«Hai intenzione di restare ancora per molto tumulato in questa stanza a piangerti addosso?» Pansy si buttò sul suo letto senza alcun tatto o rispetto al fatto che fossero le tre di notte e forse poteva stare dormendo.

Ma no, lo conosceva troppo bene, sapeva perfettamente che già di suo passava più notti sveglio che addormentato.  E inoltre quell’intera situazione lo stava facendo impazzire.

«Parla piano e se Blaise si sveglia senza fare le sue otto ore di riposo di bellezza diventerà una furia. E no, non basterà nemmeno Theo a calmarlo» borbottò facendole spazio nel letto. Pansy gli posò una mano sulla fronte, facendo una smorfia «Ma hai ancora la febbre? Non è che ti sei preso qualche malattia strana da babbani?»

Draco sbuffò «Spiritosa ma simpatica come sempre. Piuttosto vuoi smetterla di dimenarti come una dannata sirena senz’acqua?  È piantala di urlare o giuro che ti do in pasto allo Zabini risvegliato»

Il suddetto serpeverde, sentendosi nominato un po’ troppe volte, emise uno sbuffo nel sonno, segno fin troppo pericoloso che era prossimo a trasformarsi nel mostro che tutta Serpeverde aveva imparato a temere sin dal suo primo anno.

Un tocco di bacchetta e le pesanti tende di broccato verde smeraldo si chiusero attorno al letto. 

Silencio.

«Parkinson, non è che vuoi approfittare di me? No perché secondo me la Granger ti fa il culo a strisce, sappilo» chiese Malfoy con un ghigno appoggiandosi contro i cuscini e squadrandola da sotto un ciuffo di capelli che gli ricadeva scomposto sulla fronte.

C’era qualcosa che non andava in Pansy. La conosceva da anni e la loro amicizia si era cementata con e senza vestiti. Sapeva quanto le piacesse provocare, cercare sempre di essere quella superiore, che non veniva toccata da nulla, quella che conduceva il gioco.

Eppure ora sembrava solo spaventata.

«Tutto bene Pans?» chiese, questa volta con più urgenza.

Pansy rimase in silenzio, ancora a gambe incrociate alla fine del suo letto, giocherellando con il bordo della casacca del pigiama da uomo, di un color argento intenso, le lunghe gambe lasciate libere.

«Voglio uccidere Potter» disse con un filo di voce, gli occhi ancora bassi.

Draco sbuffò «Non dirlo a me. Sono cinque anni che lo desidero»

«No, sul serio. Non passa notte in cui non lo vedo morto» continuò testarda

«Anche io sono serio. Credimi alcuni dei sogni migliori della mia vita. Una volta ho sognato che moriva soffocato da un boccino d’oro. Devo ammetterlo: è stata una delusione quando ho visto i suoi stupidi capelli dritti a colazione» continuò senza batter ciglio «Ahia, ma perché mi hai dato un calcio?»

«Perché non mi stai a sentire? Cos’è a forza di frequentare amanti degli elfi domestici sei diventato stupido e sordo?»

«Ti hanno mai detto che se fossi un filo più gentile potresti ottenere di più?» chiese imbronciato guardando le sue iniziali sul quaderno color argento illuminarsi. Era segno che la Granger aveva aperto il suo. E quando iniziava a scrivere…Merlino cosa riusciva a tirare fuori.

Però ora c’era Pansy davanti a lui e decisamente non stava bene.

«Tua madre non mi sembra che abbia mai utilizzato la gentilezza quando vuole qualcosa.» divagò la mora continuando a non fissarlo, ora l'oggetto del suo particolare interesse erano le lunghe unghie a forma allungata.

«No, ma di solito non gira neanche troppo intorno alle cose. E neanche tu, a quanto ricordo. Vogliamo ricordare come hai risolto il problema di tuo padre?» tentò pungolandola con un dito «Andiamo, Pans. Mi dici cosa hai? Mi stai facendo paura»

Pansy si buttò sul suo cuscino, rannicchiandosi sotto le coperte. Le sue coperte.

«È iniziato quando siamo tornati. Ogni sera, ogni maledetta sera. Come chiudo gli occhi lo vedo… sanguinante, morto. E non è la cosa peggiore» mormorò ancora ad occhi chiusi

Draco si sdraio accanto a lei, cercando di mantenere il massimo della distanza che gli consentiva il letto. Perché per quanto rispetto avesse per la Granger, di certo non avrebbe passato la notte sul pavimento. 

«Ti ripeto, Potter morto raramente può essere considerato la cosa peggiore al mondo»

Un occhio si aprì appena, scrutandolo sospettosa «Neanche se l’ho ammazzato io?»

«Piton credo che ti farebbe direttamente Capocasa. E molti di noi sarebbero più che felici di non sentirlo nominare continuamente. Io di certo perlomeno» concesse, ignorando la voce che gli diceva che la grifondoro del suo cuore, nonché migliore amica dello Sfregiato, avrebbe dato di matto se l’avesse sentito.

Pansy rimase in silenzio per un po’ soppesando la risposta.

«Non voglio diventare un’assassina» mormorò

Draco si morse le labbra per non commentare che in fondo, a quanto ne sapeva, quel passo era già stato fatto.  Propese per il silenzio. In fondo se aveva imparato una sola cosa in vita sua era che con le donne della sua vita era meglio stare in silenzio quando erano depresse. O arrabbiate. O in generale, era quasi sempre una buona tattica, peccato che gli riuscisse raramente di metterla in pratica.

«E se ti dicessi che c’è di più?» continuò Pansy continuando a scrutarlo dagli occhi semiaperti

«Più di ammazzare Potty ogni notte invece di fare dei sani sogni erotici?»

Per tutta risposta Pansy iniziò a sbottonarsi la casacca del pigiama, indugiando una volta arrivata all’altezza del costato.

Prima che potesse chiederle che diavolo stesse facendo però i suoi occhi furono attratti dall’anomalia di quelle linee nere che si intrecciavano dando vita ad un disegno inequivocabile per lui che già lo aveva visto mille volte, ma mai sulla sua amica.

«Cosa cazzo è» sibilò sentendo una furia gelida montargli dentro. Senza attendere una risposta scese dal e se ne uscì dalla camera, alla ricerca d’aria.

Che Severus desse pure di matto, che lo mettesse in punizione, che gli impedisse di andare ad Hogsmeade fino alla fine dell’anno.

Non aveva importanza perché se avesse continuato così non ci sarebbe arrivato alla fine dell’anno, sarebbe di certo impazzito prima. D’altro canto non sarebbe stato né il primo né l’ultimo tra i Black a perdere il senno. E anche dal lato Malfoy non è che fossero proprio sanissimi.

Perché se con molta difficoltà riusciva a non pensare continuamente alle urla dei babbani torturarti in quella lontana sera di dicembre, ai loro occhi che si chiudevano per sempre, ora, dove tutti dicevano che fosse al sicuro, si sentiva nuovamente in trappola.

Prima gli era sembrato di vederla dietro di lui.

Poi aveva iniziato a sentire la sua voce che lo chiamava nel sonno.

Poi aveva trovato quel biglietto.

E ora il tatuaggio: un fiore nero formato solo da sottilissime linee intrecciate.

Un bucaneve, a quanto aveva detto lei, senza mai spiegare la ragione.

Il tatuaggio di cui Cassandra Nott, nata Carrow, andava così fiera.

 

***

 

C’erano pochi dubbi, la lezione di Difesa contro le Arti Oscure era diventata ben presto la classe preferita dalla maggior parte degli studenti, fatte salve poche, evidentissime eccezioni.

Persino Tiger e Goyle sembravano aver lasciato alle spalle l’animosità per quello che consideravano il tradimento di colui cui erano stati l’ombra per quattro anni, affascinati da quella professoressa così giovane e bella che un secondo prima ti sorrideva dolce e quello dopo ti mandava con il culo per terra. A volte riuscivano addirittura a fare fatica a ricordare che fosse una sporca mutaforma.

Persino durante quella lezione sui Succubi, sfortunatamente solamente teorica, era riuscita a spiegare in un modo che persino loro erano riusciti a capire. Di certo era amatissima tra gli studenti, quanto e forse anche un filo di più di quanto era stato Lupin. Certo il fatto che trattasse di demoni sessualmente promiscui e di sesso fino allo sfinimento poteva essere parte del suo fascino.

Per la prima volta in vita loro, invece, Harry Potter e Ron Weasley avrebbero voluto infilarsi api frizzole nelle orecchie.

Per Merlino... ma quella benedetta ragazza doveva proprio aver preso i peggiori difetti di sua madre, incluso il suo essere sempre e completamente a suo agio anche quando parlava di cose… come quelle?

E in quel momento, con Ginny infuriata e Pansy che pretendeva che lei e il grifondoro non avessero mai avuto una storia, non era assolutamente di nessun aiuto.

Ron si girò a lanciare un’occhiata furtiva all’ultimo banco, cercando uno scorcio di pelle diafana a contrasto con un caschetto nero come le ali dei corvi.

E dire che a lui quei dannati pennuti non erano mai piaciuti. Molto meglio i gufi, senza alcun dubbio.

Era distratta da qualcosa, preoccupata a quanto poteva dire anche a quella distanza... Lo capiva da come continuava a scarabocchiare sulla pergamena davanti a lei, senza prestare alcuna attenzione alle parole di Tonks, da come si mordeva il labbro inferiore per una volta senza rossetto. 

Posò gli occhi sulla linea del collo, notando quanto le sue spalle fossero contratte. Se solo quella dannata testarda gliene avesse dato l’occasione avrebbe saputo lui come farla rilassare.

E a dirla tutta gli sarebbe anche bastato andare a prendere un frullato al cioccolotto ad Hogsmeade, che nonostante le temperature rigide sapeva che quella sciocca altezzosa serpeverde adorava. E lo sapeva perché l’ultima volta che erano stati lì, qualche mese e venticinque anni prima, lo aveva convinto a provarlo, nonostante lui avesse detto più volte che fosse un’assoluta follia. Ma lei era così bella e per una volta non lo trattava come se fosse il rospo di Neville perso nel fango e lui si era lasciato convincere.

Ed aveva dovuto ammettere che era delizioso, quasi quanto toglierle i residui dalle labbra con un bacio e sentirla ridere, finalmente libera, insieme a lui.

E poi semplicemente le aveva presa la mano e avevano fatto una passeggiata, in grado di dimenticare chi fossero nella loro vita futura. 

Con fastidio notò che Nott, seduto tra la Parkinson e Zabini si era chinato a sussurrare qualcosa alla ragazza. Ed avrebbe giurato che quello che finora aveva considerato uno dei pochi elementi perlomeno passabili di Serpeverde avesse pronunciato il suo nome.

E non solo perché da bambino i suoi fratelli gli avevano fatto un corso accelerato di lettura delle labbra in modo da capire sempre cosa si stessero dicendo i genitori (e Percy in via incidentale, in modo da sapere quando aveva spifferato cose che non doveva). L’indizio principale era il fatto che tre paia di occhi lo stavano fissando, in tutte le gradazioni e sfumature di odio dall’onice di Pansy all’azzurro scuro di Theo.

Fortuna che il furetto era ancora rinchiuso in quarantena, altrimenti avrebbe di certo colto l’occasione per fare uno dei suoi stupidi commenti senza alcun senso. Soprattutto quando urlò girandosi e trovandosi di fronte non Tonks in anfibi, cargo e maglione oversize ma la professoressa McGranitt in piena tenuta classica da strega che lo guardava scuotendo la testa.

«E questo per ricordarvi che la vostra prossima lezione è quella di Trasfigurazione. E su hop hop miei piccoli studenti svagati, è ora di andare» ghignò la figura autoritaria, mentre la severa crocchia grigia si trasformava in una cascata di capelli color indaco e i tratti riacquistavano la solita morbidezza mentre gli studenti sghignazzavano.

Dopo un’iniziale difficoltà ormai l’imprevedibilità e la spontaneità di quella strana professoressa avevano conquistato anche le studentesse più restie che ormai pendevano dalle sue labbra. «Pansy, Hermione potreste fermarvi per cortesia, devo parlarvi»

Ron e Harry si scambiarono un’occhiata preoccupata. Non c’era ragione, alcuna ragione plausibile perché la richiesta di quelle due fosse richiesta congiuntamente. C’erano solo tre cose che univano quelle due streghe: l’essere prefetto, l’aver preso parte al viaggio nel passato e, secondo i rispettivi amici, avere dei gusti orridi in fatto di uomini.

E in tutte e tre le ipotesi non c’era motivo per cui Tonks richiedesse loro di saltare la lezione della McGranitt.

«Non preoccupatevi, la professoressa McGranitt non se la prenderà a male. Harry puoi consegnarle questo per cortesia?» ordinò con un sorriso che non lasciava dubbi al fatto che non avrebbe accettato un no come risposta. Da nessuna delle parti coinvolte «E chiudi la porta quando esci, grazie.»

Mugugnando dentro di sé che lui non era un dannato gufo e che era certo che qualsiasi cosa fosse successo tanto prima o poi Hermione glielo avrebbe detto, quindi non c’era alcun motivo per spedirlo a lezione, optò per un più ragionevole cenno della testa afferrando al volo il bigliettino color senape.

Poi insieme a Ron uscì mestamente per ultimo, cercando di muoversi con la maggior lentezza possibile.

«Harry, Ron se non vi muovete vi faccio volare direttamente io nell’ala Est. E credetemi potreste dover schivare troppi muri per uscirne illesi» cinguettò Tonks sedendosi sulla cattedra.

Ma perché tutte le donne importanti della loro vita dovevano avere quel caratteraccio?

Quello era un mistero che né Harry James Potter, né Ronald Billius Weasley avrebbero mai saputo risolvere.

Forse dovevano chiedere a Sirius.

O forse, conoscendolo, era meglio di no.



***

 

«Allora possiamo saltare la parte in cui fate finta che va tutto bene e mi dite cosa diavolo sta succedendo?» chiese Tonks dondolando le gambe sulla cattedra e osservandole ai lati opposti dell’aula, ciascuna ancora seduta al banco che aveva occupato durante la lezione.

«Questo è un sopruso. Non puoi utilizzare il tuo ruolo di insegnante per trattenerci qui. Granger andiamo tira fuori uno dei tuoi stupidi discorsi sul rispetto dei diritti…» commentò Pansy tirando spostando il peso sulla sedia e allungando le gambe sul banco, guardando Tonks con aria di sfida.

«Nonostante trovi che sia estremamente maleducata e assai poco gradevole direi che Pansy ha ragione» commentò Hermione condiscendente, lanciandole però uno sguardo torvo «Ma oserei anche dire che se non toglie i piedi da una proprietà della scuola si beccherà una fattura gambemolli tra meno di cinque minuti»

Tonks alzò le spalle «Fai pure, non è un mio problema. Anzi potrei anche dare cinque punti a Grifondoro se sei particolarmente brava»

«Provaci e vedrai cosa succede al tuo bel visino Granger» soffiò la serpeverde mentre Hermione protestava

«Come SE sono particolarmente brava? Sai benissimo che sono fantastica con le maledizioni» sbottò

«E modesta soprattutto» chiosò l’Auror continuando a fissarle impassibile «E prima che continuiate con questo teatrino vorrei dirvi che sebbene sia giovane ho già i miei di servizio e soprattutto dopo che siete state nel passato dovreste aver capito che in confronto a mia madre siete delle dilettanti.»

Le due rimasero in silenzio, guardinghe. Era tutta la mattina che Hermione aveva cercato di parlare con Pansy ma quella continuava a sfuggire all’ultimo, sgusciando via in una maniera che faceva di certo onore alla sua casa.

Il fatto è che non capisse davvero che problemi avesse. Se c’era qualcuno che doveva essere arrabbiato erano lei e Ginny che erano state lasciate da sole nella foresta proibita svenute, visto che di certo non era stata la serpeverde a portarle da Tonks. Eppure dalla sera di Imbolc era evidente che la mora avesse fatto di tutto per evitarle. E Blaise e Theo non sembravano disposti a fare da mediatori.

Era il caso di dire a Tonks del tatuaggio? E se si fosse rivelato solo uno scherzo di pessimo gusto delle Serpeverde? O addirittura della Montemorcy, visto che era lei che aveva guidato il rito. E doveva tirare dentro anche Ginny? 

Il flusso dei suoi pensieri tuttavia fu interrotto da un rumoroso plop umidiccio, mentre Peeves faceva la sua apparizione, stranamente non accompagnata da qualche scherzo di cattivo gusto. Si avvicinò a Tonks con fare circospetto bisbigliando qualcosa all’orecchio, ma le uniche cose di intellegibile che riuscirono a sentire furono Hogsmeade e studentessa.

Né a Pansy né ad Hermione sfuggì come gli occhi grigio scuro di Nymphadora si fossero incupiti, estremamente attenta ad ogni parola che un altrettanto fin troppo compito Peeves stava bisbigliando con fare cospiratorio.

Quando ebbe finito di parlare la ragazza rimase in silenzio ancora per un attimo, come se stesse valutando quanto le era stato appena detto. 

«La nostra chiacchierata è soltanto rimandata, ragazze.»

Appena varcata la soglia Hermione si alzò e puntò la bacchetta su Pansy mentre la porta si chiudeva dietro di lei.

«La nostra invece direi che è appena cominciata»

Pansy la guardò con un ghigno «Sempre detto che quel cappello ammuffito è ora che vada in pensione»

 

***

Nelle sue stanze Niamh guardava pensierosa le carte che aveva davanti a lei. Non erano mai state il suo metodo di divinazione preferito, o almeno non quanto sua madre, ma era tutta la mattina che sentiva che la chiamavano. Era per quello che aveva utilizzato tutte le lezioni per far esercitare i ragazzi con i tarocchi. Aveva sperato che le fantasiose interpretazioni degli studenti la distrassero. Ma ogni volta le tornava in mente la sua stesa, la stessa che aveva davanti.

La papessa, il Bagatto, il Mondo, gli Amanti, Il Carro.

Singolarmente non erano carte negative, ma insieme le trasmettevano un senso di urgenza e pericolo. Quello che era certo era che le cose stavano per cambiare velocemente e di certo non in bene. Stava per arrivare qualcuno, qualcuno così egocentrico e pieno di sé da non perseguire i propri motivi, qualunque fosse stato il prezzo. E poi c’era una minaccia più nascosta, qualcosa di strisciante che dall’ombra stava tirando i fili.

Passò le mani sulle carte, ancora una volta.

La sensazione divenne più forte e lo vide chiaramente.

La morte stava per abbattersi su Hogwarts.

 

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