Moth Goth

Harry Potter - J. K. Rowling
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Moth Goth
Summary
Finalmente Draco ed Hermione sono pronti a rendere pubblica la loro relazione e a concludere in pace il quinto anno, schivando al massimo qualche gossip. Ma una maledizione sta per abbattersi su Hogwarts, tra succubi, omicidi, incubi in rosa...e ovviamente il tentativo di far fuori il Bambino Sopravvissuto.
Note
https://www.pinterest.it/Flo_flo_fy/moth-goth/ .Anche in questo caso ho fatto un'unica bacheca Pinterest dalla quale prendere ispirazione che ti lascio qui, nel caso ti venga voglia di capire un po' il mood di questa storia.Sarà anche questa decisamente Serpeverde e con un Draco infantile e capriccioso continuamente alla ricerca di conferme?Decisamente sì.Ci saranno morti e torture? Certo.Troverai mischiati elementi dei libri, dei film e riferimenti a head e fan canon in ordine sparso e assolutamente non coerenti con l'originale? Ovvio.Infine come sempre ci saranno rifermenti alla cultura celtica, alle saghe, al voodoo e tanto altro ma nessuno di questi va preso alla lettera e soprattutto non è inteso a sminuire alcuna filosofia, religione o tradizione. Semplicemente è un gran calderone in cui butto tutto quello che mi ispiraAl momento in cui sto pubblicando su ao3 su efp ho pubblicato sino al capitolo 10.Entro venerdi , quando ci sarà il prossimo aggiornamento, caricherò anche qui i capitoli mancanti.. poi i due siti saranno aggiornati contemporaneamente.
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Visitatori Inaspettati

Forse Storia della Magia alla fine non era così noiosa come aveva sempre pensato, anzi il fatto che, al contrario della McGranitt e di Piton che gli avevano proibito persino di mettersi nello stesso lato dell’aula con la Granger, a Ruf non sembrava interessare granché delle attività dei suoi studenti, purché stessero zitti era decisamente un punto a favore del decrepito insegnante. E lui da bravo studente qual era, o almeno quale voleva sembrare, in quel momento era assolutamente e perfettamente in silenzio, la testa reclinata sul banco, limitandosi a fissare la fronte corrucciata della Grifondoro mentre prendeva appunti come se fosse davvero una materia interessante.

Cosa che, ovviamente, non era.

«Mi stai distraendo» lo disse senza neanche guardarlo, ma da quell’angolo poteva vedere come le labbra si fossero piegate in un piccolo sorriso che era sfuggito al suo perfetto autocontrollo. Cinque punti a Serpeverde.

«Sei bella, sai» non era una domanda quanto una constatazione. Merlino, ancora non riusciva a credere che lei non riuscisse a vederlo, le guance che si arrossavano ogni volta che qualcuno faceva un apprezzamento sul suo aspetto e non sulla sua intelligenza. Quelli li accettava sempre, invece, quasi dandoli per scontati.

«Lo dici solo perché speri che dopo ti inviti nella stanza delle necessità» Ed eccola lì, puntuale come sempre la risposta sarcastica.

«Non dico che non ci abbia pensato, ma se fosse per quello avrei fatto qualcosa di più plateale. Merlino, sono sempre un Malfoy ricordatelo» rimbeccò fingendo un broncio «Per Salazar, Granger per chi mi hai preso, per quel mentecatto di Potty?»

«Malfoy, il fatto che pensi a me di continuo comincia a diventare sospetto, sai?» fu la subitanea risposta della speranza dei maghi che ne approfittò per tirare un calcio alla sedia del serpeverde, benedicendo la noncuranza di Ruf e chiedendosi se fosse davvero inappropriato dargli fuoco. Forse un filo. «E poi vorrei proprio vedere il tuo gesto eclatante di romanticismo. Qualcosa che i soldi non possono comprare, per una volta»

Draco non rispose limitandosi ad allungare pigramente la bacchetta verso il centro dall’aula, continuando a fissare la Granger e soprattutto il crescente orrore che si dipingeva sulla sua faccia mentre nell’aria iniziava a disegnarsi in un rosso brillante le prime lettere di Her…

«Giuro che se vedo il mio nome pieno di brillantini in mezzo alla classe la trasformazione in furetto non sarà l’episodio più umiliante dei tuoi anni a Hogwarts» minacciò con quello che sembrava più un ringhio, gli occhi fiammeggianti.

«Per Ecate, ora vomito» commentò invece laconicamente Pansy, dissolvendo la scritta in una nuvoletta di polvere «Ma quand’è che sei diventato così stucchevole?»

«Voi due non sapete neanche dove sta di casa il romanticismo, aride streghe senza sentimenti che non siete altro» commentò il biondo ridendo di fronte allo sguardo speculare e schifato delle donne della sua vita ad Hogwarts. Improvvisamente però gli passò il buonumore, quando gli si materializzò davanti il barone sanguinario, il solito sguardo folle puntato su di lui.

«Finita la lezione, il professor Piton ti aspetta nel suo studio» disse prima di scomparire nel pavimento.

Cazzo, pensò. Quell’uomo aveva occhi e orecchie ovunque. E probabilmente, anche se tecnicamente non aveva fatto niente, lo avrebbe messo in punizione fino alle vacanze di primavera. Del suo settimo anno.

Rivolse uno sguardo stizzato a quelle stupide oche grifondoro di che li guardavano con un sorrisetto fin troppo soddisfatto.  Stava quasi per lanciare una maledizione verso i loro banchi tanto per dare un senso alla sfuriata che lo aspettava di sotto, ma la Granger ancora una volta lo sorprese, stringendogli la mano e fissandolo dritto negli occhi, con un sorriso che non preannunciava nulla di buono. Poi sporse verso di lui un pezzo di pergamena.

A loro ci penso io. E anche alla stanza delle necessità.

Sempre che tu sopravviva a Piton.

 

***

Draco si avviò verso l’ufficio privato di Severus Piton con la stessa vitalità e la stessa espressione di un condannato al bacio di Azkaban. A dire la verità aveva già pronte una serie di obiezioni e giustificazioni da snocciolare ad ogni possibile accusa portata avanti dal suo capocasa da fare invidia all’avvocato di famiglia.

Si era seduto accanto alla Granger? Corretto. Non era proibito l’ultima volta che aveva controllato.

Si era messo a guardare lei invece di Ruf, che tra l’altro aveva la stessa espressione e lo stesso modo di spiegare da decine se non centinaia di anni? Corretto, ma avrebbero dovuto punire i tre quarti degli alunni in questo caso. Di certo un paio di Grifondoro di sua conoscenza in quel momento stavano di certo parlando della formazione della squadra per la partita contro Tassorosso.

Aveva quasi scritto nell’aria un complimento per la Granger? Speculazione. Al massimo quello che si era visto era un insieme di tre lettere. HER. Poteva significare qualsiasi cosa. Nessuna prova, nessun crimine, nessuna punizione.

Avrebbe voluto lanciare una fattura orcovalente su quelle quattro scimunite di Grifondoro? Speculazione. E poi era certo che Piton provasse le stesse cose almeno una volta al giorno, se non di più.

Quindi tirando le somme lui era innocente come Potter di fronte a Silente. Caso Chiuso.

Attese giusto un secondo di sentire il permesso di entrare prima di iniziare la tiritera che si era preparato. Appena messo piede nello studio, tuttavia sembrò essere colpito da una fattura stordente. Che diavolo ci facevano la diseredata e il di lei consorte Tassorosso natobabbano nello studio del suo professore preferito?

Poteva capire Andromeda in fondo. Ma Ted…per Merlino… era un miracolo che Piton non lo avesse avvelenato.

«Ah, finalmente. Iniziavo a credere che ti fossi perso» commentò con la solita cordialità Severus facendogli segno di entrare e gesticolando di sedersi di fronte a Ted, accomodato nella poltrona di fronte alla scrivania, mentre sua zia lo guardava con un sorrisetto con non aveva niente di buono. Appena appoggiata sul bracciolo accanto al marito, le gambe incrociate e la schiena ben dritta. Merlino se non assomigliava a sua madre, nonostante i capelli e gli occhi scuri.

Prese un appunto mentale di rinfacciare alla sua testarda e affascinante zia di come, nonostante sembrasse provarci con tutte le sue forze, era rimasta indiscutibilmente un’altezzosa e estremamente esigente donna della famiglia Black, anche tralasciando la follia che sembrava accumunarle tutte. O tutti, considerando quel cane del padrino di Potter che di certo aveva dei problemi mentali di tutto rispetto.

«Come stai?» chiese la suddetta Black ricevendo appena un cenno della testa, mentre gli occhi di Draco volavano verso il suo capocasa, confusi. «Ti ricordi di Ted, vero?»

A dire la verità l’ultima volta che l’aveva visto aveva venticinque anni e venticinque chili di meno, ma non gli sembrò il caso di puntualizzarlo in quel momento. Non quando era così a portata di bacchetta. Si limitò ad un nuovo, educato segno della testa 

«Perché sei qui? Mia madre sta bene? Non verrai mica a dirmi che è vera quella stupida storia del divorzio, vero? No perché la cifra che ho letto sui giornali è ridicola… e spero sul serio che non sia compreso il mio mantenimento. Per Salazar Serpeverde, non saremmo diventati poveri tutto insieme?» borbottò incrociando le braccia. Veramente. A parte il fatto che non gli sembrava proprio il momento che quei due scoprissero di avere una crisi di coppia. Ma l’accordo di divorzio che aveva visto sulla Gazzetta… era quasi oltraggioso. 

Con quella cifra sua madre a malapena ci copriva il costo del giardino d’inverno. Senza contare che conoscendola avrebbe per lo meno preteso la metà del patrimonio del Malfoy. Per sé. E almeno un quarto per Draco.

Quindi a meno che suo padre non avesse speso tutto in puttane per il Ministro ungherese non era neanche vicino alla cifra che girava sulla stampa.

«Purtroppo no. Anche se non nego che sarebbe divertente, e comunque non sono fatti tuoi. Ma in un certo senso hai ragione, siamo qui per via dei tuoi» battibeccò sua zia concedendogli un sorriso e girandosi verso Severus «Vuoi spiegarglielo tu?»

Severus sospirò unendo le dita delle mani l’una con l’altra come quando era preoccupato. O seccato per la maggior parte del tempo.

«Tua madre e tuo padre ritengono, e io sono stranamente d’accordo, che tu abbia bisogno di parlare con qualcuno di quello che è successo» disse scegliendo accuratamente le parole più appropriate per evitare che il suo figlioccio segreto potesse avere una crisi isterica. Evidentemente fu una scelta saggia, visto che il cervello di Draco ci mise più di qualche secondo ad elaborare.

«Della Granger? Senza offesa, diseredata, ma tu non sei proprio la persona migliore con cui parlare di questo. Ti sei sposata un Tassorosso, per la miseria. E a dire la verità un po’ mi spaventi» sbuffò allargando le braccia in un gesto plateale.

«A volte sei stupido come tuo padre. No, non devi parlare con me, mio adorabilmente viziato nipote. Ted è venuto qui per te» rispose sua zia tirando fuori la bacchetta «E ora o ti siedi e stai a sentire quello che dobbiamo dirti o giuro che ti pietrifico»

«Amore…» sospirò Ted alzando gli occhi al cielo «Perché non vai da Dora? Non sei d’aiuto»

Draco rimase in silenzio, guardando interrogativo Severus che sembrava a metà tra il disgustato e il divertito. Finalmente si decise a spiegare «Ted lavora per il Ministero, nel Dipartimento di Assistenza ai Minori vittime di eventi magici traumatici. È qui per parlare con te di quello che è successo.  Tua madre e io pensiamo che una volta a settimana possa essere un buon inizio»

«Inizio?» scandì Draco alzando un sopracciglio chiarissimo. No quella era la fine.

«Io avevo proposto di più, ma pare che ci siano ancora troppi preconcetti legati alla psichiatria infantile tra le famiglie purosangue» disse con calma, appoggiandosi sullo schienale e guardandolo a lungo, con calma, fermandosi appena un attimo di troppo sulle ultime parole. 

«Forse perché non siamo soliti parlare dei fatti nostri in pubblico, come babbani qualsiasi. E poi non sono un bambino, infantile un cazzo» scattò Draco sulla difensiva, sperando di provocare una reazione nel mago, inutilmente

Il richiamo di Severus fu cosi tagliente che lo fece tacere di colpo ma continuo a fissarli tutti e tre imbronciato.

«Severus ha detto che possiamo usare il suo salottino privato. E Draco voglio che sia chiaro: tutto ciò che ci diremo sarà coperto dal segreto professionale. Sai cosa vuol dire?» chiese Ted indicando la porta dietro di lui, che dava sulle stanze private di Piton, quelle in cui era ammesso solo in occasioni speciali, quando sentiva che davvero il mondo diventava troppo pesante per lui.

«Io sarò qui se avessi bisogno. Ho una pila di compiti da correggere e nessuno di quelli che mi sono rimasti sono propriamente versati per Pozioni. Weasley, Longbottom, Finnegan…» elencò Piton con quello che solo a chi lo conosceva bene poteva essere identificato come un sorriso d’incoraggiamento.

«E se io non volessi parlare? Non potete costringermi» sibilò infuriato guardando Severus, il panico che iniziava a strisciare nuovamente nella sua mente. Non voleva ricordare. Non voleva raccontare a nessuno di quello che aveva passato, di quello che aveva fatto. Dirlo a voce alta l’avrebbe reso reale. E lui voleva illudersi che fosse tutto un incubo.

«Allora rimarremo in silenzio. A volte serve anche quello, sai? Anche se c’è una certa strega qui che sembra non capirlo molto» disse Ted con un sorriso, rimediando un pizzicotto dalla moglie che si finse mortalmente offesa dall’illazione «Ma Draco, davvero. Non c’è niente che mi dirai che utilizzerò in alcun modo contro di te o contro la tua famiglia o le persone che ami. Severus, i tuoi genitori, persino tua zia anche se fa finta di niente… tutto quello che vogliono è che tu abbia la possibilità di sfogarti»

Draco rimase in silenzio, giocherellando con gli anelli che portava al dito: il serpente che aveva ricevuto come sorpresa al ritorno a casa dopo il primo anno a serpeverde e il blasone di famiglia, il regalo per il suo quattordicesimo compleanno. Una M e una B, intrecciate, così diverso da quello di suo padre e dei suoi zii: solido, concreto tanto quanto i loro erano stilizzati e affilati. Quello che era. Quello che era sempre stato prima di incontrare lei,

Un Malfoy. Un Black. Un Serpeverde. Un Purosangue. Il più puro della sua generazione, ad essere precisi.

Ma stare con la Granger gli aveva aperto un mondo: a volte, poteva essere semplicemente lui: Draco. Ma poi c’erano i ricordi che tornavano. E quel marchio che sebbene ormai invisibile, sentiva bruciargli sotto pelle.

«Tu davvero rimarrai qui? E potrò chiamarti se …lui… esagera?» sconsolato si rivolse a Severus sentendo che c’era davvero poco che poteva fare per uscire da quella situazione, specialmente se quell’essere inutile era stato chiamato da sua madre. Far cambiare idea a Narcissa Malfoy nata Black era meno plausibile di lui smistato a Tassorosso. Piton annui lentamente «Hai la mia parola»

Con Severus nella stanza accanto non poteva succedergli niente di cosi terribile. Esasperato annui «Va bene, però niente tè o bevande strane.»

Ted lo guardò divertito ma non disse niente, limitandosi a seguirlo nella stanza accanto, chiudendo delicatamente la porta dietro di loro, non senza lanciare un ultimo sguardo alla moglie.

La sua prima seduta di terapia

Con un fottuto terapista natobabbano.

Quello con cui sua zia era fuggita rovinando la vita a sua madre.

Il padre della psicotica incinta del lupo mannaro.

Tassorosso.

Merlino, com’era caduto in basso.

 

***

 

Sin da piccolissima il colore dei capelli di Nymphadora era stato un buon indicatore del suo umore. Le sfumature di rosa dal fucsia al bubble gum erano indice di felicità, violetto o indaco che aveva combinato qualcosa di cui era molto fiera anche se in realtà non avrebbe affatto dovuto, azzurro che era triste, arancio che era arrabbiata. Il verde era per i giorni in cui non si sentiva bene. Dopo un po’ quindi era abbastanza facile e, doveva dire, in quello era più fortunata della maggior parte delle madri.

Ora però sua figlia aveva dei banalissimi e normalissimi capelli color cioccolato, molto simili ai suoi. Questa normalità non sapeva davvero come interpretarla.

Così come il fatto che fosse talmente impegnata a sfogliare una serie di libri sparsi disordinatamente sul pavimento da non rendersi conto che aveva bussato almeno una volta e mezza e poi era entrata nel suo studio senza trovare troppa resistenza.

Solo quando la porta si era chiusa dentro di lei la ragazza era scattata in piedi, con la bacchetta spianata. Per fortuna però aveva sempre avuto degli ottimi riflessi e si era fermata dal lanciare una maledizione appena l’aveva riconosciuta, gettandole invece le braccia al collo.

Benedetti tacchi, era ancora più alta della sua bambina e poteva stringerla addosso come quando era piccola.

«Amore o chiudi la porta un po’ meglio o rivedi le tue reazioni. Mi sembra che ci siano già abbastanza studenti feriti senza che ti metta tu a schiantarli» la riprese sorridendo e osservando sollevata la ciocca tra le sue dita che assumeva un bellissimo color orchidea.

«Posso sempre farla passare per una lezione pratica di Difesa, no? Mi ricorda tanto la scusa che aveva usato qualcuno quando aveva trovato un paio di innocui compagni di corso della sua adorabile figlia a giocare innocentemente nel suo studio» borbottò in tono melodrammatico continuando a tenerla stretta.

«Io direi dei fastidiosi impiccioni che stavano curiosando in posti dove non dovevano mettere il naso e non avevano neanche il buongusto di mentire decentemente» corresse la madre chinandosi a raccogliere una delle pergamene che costellavano il tappeto «Facciamo finta che ti abbia già detto che dovresti provare a riposare un po’ e non metterti a guardare libri di magia proibita…Hai scoperto qualcosa?»

«Non proprio, ma sono certa che si tratti di una maledizione molto antica cui sono stati fatte delle modifiche davvero interessanti» Capelli blu notte con una punta di viola e un grosso sorriso sulla faccia. Le passò soddisfatta un libro sugli incantesimi proibiti. Leggendone uno le sembrò per un attimo che l’intera aria nella stanza venisse risucchiata.

Dannazione se conosceva quella maledizione. Cercò di mantenere un’espressione impassibile «Tesoro, quest’incantesimo però non fa addormentare la gente, anzi, li priva del sonno e delle energie fino alla morte».

Sua figlia annuì con fin troppo entusiasmo «Infatti, l’originale funziona così, e ha bisogno di un feticcio per funzionare. Qui è lo stesso ma in realtà in questo caso diventa impossibile distinguere la realtà dal sogno. In poche parole tutte le persone colpite in realtà hanno vissuto nei loro sogni. Il che è terrificante. Ti immagini pensare che tutto quello che ti circonda non sia reale? Alla lunga credo che ti possa far impazzire. Voglio dire è terribile ma dannazione se è una maledizione con i fiocchi. Chi l’ha creata deve essere molto potente»

E decisamente fuori di testa, aggiunse tra sé. Peccato che l’ultima persona conosciuta ad aver utilizzato l’incantesimo del Requiescat sine Pace fosse morta da quasi un anno.

«Si ma perché fare una cosa del genere?» continuò Nymphadora pensierosa facendo volare i libri ordinatamente nel baule sotto la sua pianta carnivora. «E poi non credo alle coincidenze… i primi attacchi sono del 21 dicembre, anche se nessuno li aveva registrati come tali. Non può essere un caso.»

«Bellatrix nei suoi vaneggiamenti aveva detto di aver avuto la sensazione che qualcosa fosse cambiato e credo avesse ragione. Non è un caso che Locke si sia introdotto ad Azkaban proprio quel giorno per farli fuggire. Abbiamo sottovalutato l’impatto che avrebbe avuto la distruzione dell’Horcrux. Ne hai parlato con Silente?» chiese fermandosi appena un attimo, distratta da un movimento in uno degli specchi rotondi appoggiati alla parete, solitamente usati per insegnare a difendersi dagli incantesimi di ritorno.

Nymphadora non rispose limitandosi a prenderle fin troppo gentilmente il libro dalle mani e posizionarlo al suo posto, non senza grattare la pianta che sembrò fare le fusa, nonostante i denti aguzzi.

«Vuoi andare a trovare i ragazzi in infermeria? Li abbiamo lasciati in osservazione ancora qualche giorno, se vuoi puoi approfittarne» commentò leggera mentre una serie di catene si materializzavano attorno al baule. «Sono certa che a Madame Pomfrey farà molto piacere vederti».

Si certo, come no. A volte la sua stupenda bambina era proprio un’adorabile ingenua come suo padre. A proposito di Ted, era certa che il figlio di Narcissa gli stesse facendo rimpiangere di aver mai deciso di prendere la specializzazione in assistenza ai minori. Di certo era stato molto più piacevole trattare con il povero Neville da bambino, nonostante Augusta spingesse invece per continuare ad obliviarlo piuttosto che farlo curare. Ricordava piuttosto bene una lite piuttosto accesa tra il suo solitamente pacato marito e la patriarca dei Longbottom. A dire la verità le urla di Ted si erano sentite anche a piani di distanza, al punto che persino Molly si era preoccupata che gli venisse un infarto.

Nel tragitto verso l’infermeria fece appena un segnò ad Hermione e alla piccola Weasley, impegnate in una conversazione con una strega dai capelli chiarissimi raccolti in una treccia sul capo e intrecciati con quella che sembrava un tralcio di vite che ipotizzò con buona approssimazione essere la nuova professoressa di Divinazione. O meglio Ginevra Weasley e la donna sembravano assorte in una conversazione fitta e piacevole, mentre l’altra grifondoro si teneva stretta i libri al petto come fossero un’armatura e a quanto pareva cercava di vedere se l’ardimonio potesse essere un caso di magia non verbale.

Per esperienza…no. 

E sempre per esperienza, non aveva nessuna voglia di essere inclusa in qualsiasi discussione quelle tre stessero avendo o non avendo pertanto si affrettò a spingere Nymphadora verso l’infermeria senza dare l’occasione alle ragazze di fermarle.

«Madame Pomfrey … guardi chi è venuto a farmi visita e con un cestino pieno di muffin deliziosi fatti in casa» salutò gioiosa Nymphadora, entrando in infermeria con degli strani capelli a ciocche rosa ed azzurre che le davano un’aria un po’ folle agitando il pacchetto che Andromeda aveva portato da casa. Ovviamente muffin deliziosi fatti in casa non da lei.

«Non dirmi che il mio studente preferito è venuto a fare visita alla sua adorabile combinaguai» rispose tutta querula Madame Pomfrey ancora piegata su uno studente. Il sorriso le si spense in faccia però appena scorse la strega dai riccioli scuri e impeccabile completo pantalone nero a sigaretta e giacca verde smeraldo accanto alla molto più accomodante figlia in felpone, leggings e stivali rivestiti di pelo.

«Ah, è tua madre» disse brusca tirando la tendina attorno al letto,

Per Salazar Serpeverde, che pazienza doveva aver Severus con quella manica di sciroccati.

Si morse la lingua... …Per Salazar? 

Forse era il caso di smettere di vedere sua sorella tanto spesso. 

Ma c’era un’ultima cosa che doveva fare: andare a prendere a schiaffi Lucius Malfoy.

Perché c’erano pochi dubbi che quell’assolutamente inadatto e inappropriato regalo che era arrivato a casa venisse da quella viscida serpe dai capelli platinati, che una volta era stato il suo più caro amico.

 

***

Visto la frequenza con la quale sia sua sorella che il suo psicotico cognato passavano a disturbarla a lavoro aveva concluso che quei due avessero lasciato aperto il collegamento sicuro che avevano creato nel periodo in cui Draco era stato ricoverato. 

E ovviamente aveva ragione.

Si spazzolò la polvere dai vestiti, lanciando un incantesimo rinfrescante appena uscita dal grande camino dell’ingresso principale, facendo bene attenzione a fare in modo che ogni singolo granello di metro polvere finisse sul grande tappeto arabescato color panna che copriva la maggior parte della stanza. Peccato che neanche avesse fatto in tempo a posarsi su una delle singole fibre annodate a mano che Krippy le apparse accanto, guardandola con riprovazione.

«Non sapevo che i padroni aspettassero visite» commentò con acrimonia spazzolando vigorosamente quella che solo lui, e probabilmente Narcissa, potevano considerare un alone. «Non è appropriato presentarsi così dai padroni. I padroni sono impegnati»

«Si immagino. Ora però vai ad infastidire qualcun altro, da bravo. Sono sicura che troverai un paio di quadri di antenati che saranno deliziati da poter conversare con un elfo domestico» replicò sarcastica ignorando il borbottio che proveniva dall’elfo custode e dirigendosi diretta verso lo studio della sorella, il posto più probabile dove iniziare a cercarla a quell’ora del tardo pomeriggio. 

Arrivata alla poltrona di legno bianco laccata però la maniglia cesellata non sembrò collaborare. Andromeda la scrollò un altro paio di volte, sempre più irritata ma quella dannata porta non si mosse di un centimetro, e non era dovuto alla qualità del legno. C’era un incantesimo a proteggerla.

Spazientita iniziò a battere con la mano aperta, chiamando la sorella con sempre maggior urgenza, mentre il dannato elfo continuava a tirarla per la veste, chiedendole di non comportarsi come una selvaggia senza educazione.

Ma il piccolo e dolce Dobby come dannazione era sopravvissuto con non solo due padroni come quelli che si ritrovava ma anche con quel concentrato di rancore della stessa razza? Stava ancora cercando di scrollandosi la creatura di dosso senza ricorrere alla magia quando la porta improvvisamente di apri.

«Si può sapere cosa ti urli?» Narcissa era evidentemente scocciata. Ma c’era qualcosa di più. Andromeda rimase un attimo in silenzio a guardarla: i capelli biondi non erano stretti nel raccolto morbido che portava di solito ma ricadevano liberi sulle spalle, gli occhi erano fin troppo lucidi, le labbra arrossate e un leggero rossore le illuminava il viso solitamente candido come la neve.

Per Salazar Serpeverde.

«Oh, ma andiamo… non intendevo     QUESTO quando ti ho detto che ti avrebbe rilassata» disse con disgusto indicando suo cognato che era apparso nel vano della porta completamente e perfettamente vestito ma ben lontano dal solito stile impettito.

«Ciao, Drom. Piaciuto il libro?» chiese con un ghigno aprendo il battente e spostandosi per farla passare.

«Ero venuta a dirti quanto inappropriato e fuori luogo fosse e che mi dovete un elfo domestico per una sera. Ma ora ho bisogno di bere perché voi due vi credete due dannati adolescenti in calore» ringhiò richiamando un bicchiere di vetro veneziano colorato e una bottiglia di acquaviola dal mobiletto verde e oro in fondo alla stanza.

«No, ti prego fai come fossi a casa tua, sia mai che ti dessimo l’idea che presentandoti urlando e senza essere inviata ci abbia creato qualche disagio» rimbeccò Narcissa sistemandosi i capelli sbuffando, con la mano ancora sulla porta

Andromeda prese un sorso senza guardandola sdraiandosi sul divano di tessuto damascato «Saresti più credibile se la tua biancheria intima non fosse in quell’angolo»

«E’ un piacere come al solito vederti, ma io devo scappare, un peccato. Divertitevi. Ah, Drom, visto che non l’hai riportato posso ritenere plausibile che il regalo ti sia piaciuto? - rispose il cognato chinandosi a bisbigliare nell’orecchio della moglie, dopo un casto bacio sulla guancia «Riprendiamo stasera dopo la cena?»

Narcissa stava per rispondere ma la voce atona di Andromeda la prevenne «No, stasera io e Cissy abbiamo un impegno e tu non sei invitato. E sarebbe il caso che ti faccia una doccia prima di presentarti a qualche incontro ufficiale.

Gli occhi azzurri di Narcissa si allargarono per la sorpresa «Te lo ricordi allora...» chiese incredula

La sorella sospirò chiudendo gli occhi e portandosi le mani sulla fronte. Certo che se lo ricordava, lo aveva sempre ricordato anche se non si parlavano da vent’anni. Anche se lei aveva ucciso i genitori di Ted e cercato di uccidere tutti loro, inclusa Dora solo pochi prima.

Come ci si può dimenticare del compleanno di tua sorella maggiore?

Senza dire nulla Narcissa si sedette accanto a lei, rannicchiata, limitandosi a guardarla in silenzio.

 

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