Piume di Cenere

Harry Potter - J. K. Rowling
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Piume di Cenere
Summary
Il Ministero è caduto, le lettere di convocazione al Censimento per i Nati Babbani sono state inviate e quando Lydia Merlin riceve la sua, sa che è arrivato il momento di nascondersi. Ma una lezione che ha imparato durante i sette anni ad Hogwarts è che i suoi piani non vanno mai come dovrebbero.Un incontro fortuito con un ex compagno di scuola ed un bambino troppo chiacchierone le ricorderanno che la fuga non è un’opzione, e che in un mondo magico che ha dimenticato cosa sia l’umanità e la pietà, c’è ancora qualcosa per cui vale la pena combattere.Una storia di sopravvivenza, ingiustizia e dei mostri che si annidano nei luoghi più oscuri.Dall'Epilogo:«Corri!»Lydia sapeva che era arrivata la loro fine.Nulla li avrebbe salvati.Sfrecciò in mezzo ad un gruppetto di anziane signore, che reagirono lanciandole imprecazioni che mal si addicevano a delle così adorabili nonnine.«Scusate, scusate!»E ovviamente Lance perse tempo a cercare di farsi perdonare piuttosto che correre per salvarsi la vita.
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Capitolo 32 - Eileen Moore

Capitolo 32
Eileen Moore

 

Lydia si stupì per la facilità con cui riuscirono ad entrare in casa Moore.
Nel momento stesso in cui la macchina di suo padre era uscita dal vialetto, Blake si era diretto deciso verso un vaso di basilico posizionato su una finestra ed aveva scavato velocemente nella terra fino ad estrarre una chiave argentata. Per una casa di Purosangue si sarebbe aspettata come minimo un nascondiglio maledetto per le chiavi di casa. Non ebbe tempo per pensarci, perché appena mise piede nella sala d’ingresso rimase a bocca aperta.
Lydia aveva sempre considerato casa O’Brien come un piccolo palazzo, ma scoprì non era niente in confronto all’edificio in cui si trovava. Il salone d’ingresso era immenso, circondato su tutti i lati da statue di creature magiche e di maghi e streghe dagli sguardi fieri e le posture dritte, oltre ad una serie di armature, molto simili a quelle che adornavano anche i corridoi di Hogwarts.  Il soffitto a volta era decorato con dipinti di grifoni, draghi e maghi che combattevano contro di essi, che sembravano provenire dal Medioevo. Il pavimento non era da meno: marmo bianco ricopriva ogni superficie, compresi gli scalini dell’immensa scalinata che portava al piano superiore. E proprio in mezzo all’atrio si trovava…
«Avete una fontana anche in casa!?» Lydia non riusciva a credere ai suoi occhi.
«È solo una fontanella.»
Lydia non ne comprendeva la differenza. Blake la afferrò per un braccio e la costrinse a seguirlo verso la scalinata, anche se questo non impedì a Lydia di continuare a guardarsi attorno e chiedersi come faceva una sola famiglia a possedere una casa del genere.
Uno squittio riuscì infine a distrarla dai suoi pensieri. Abbassò lo sguardo verso l’atrio. Non c’era nulla di diverso tranne una pila di vestiti luridi sul pavimento bianco. Una pila che tremava, ora che guardava attentamente. Delle lunghe orecchie pelose sbucarono dai vestiti, seguiti da due enormi occhi sporgenti. «Cos’è quello?»
Blake rallentò il tempo necessario per guardarsi alle spalle ed imprecò.
E successe il peggio. La creatura iniziò ad urlare con voce stridula. «Intrusi! Intrusi nella casa dei miei padroni! Aiuto! Aiuto!»
Sempre imprecando, Blake lasciò la mano di Lydia e corse di nuovo verso l’atrio, scendendo tre gradini alla volta. Incuriosita, Lydia lo seguì. Blake scivolò verso la creatura e la avvolse tra le braccia, bloccandole la bocca con una mano, anche se l’essere continuava ad agitarsi e a tentare in tutti i modi di sgusciare via dalla sua presa. «Shhh!» tentò di calmarlo Blake. «Sono io! Ally, sono io!» La creatura smise di dibattersi e i suoi occhi divennero, se possibile, ancora più grandi. Blake allentò la presa sulla creatura per permetterle di voltarsi a guardarlo.
«Padroncino Blake?»
Blake annuì, sollevando lentamente le mani. «Non siamo intrusi.»
«Signorino Blake, lei no, signorino Blake!» La creatura sollevò un dito e lo puntò verso Lydia. «Ma lei è un’intrusa! Ally deve avvisare subito il padrone se entra un intruso, il padrone glielo ha ordinato!»
«No, no! Ally, lei è un’amica! È qui per aiutarmi! Vero, Lydia? Diglielo anche tu ad Ally che non sei un’intrusa.»
«Non sono un’intrusa.» si limitò a ripetere Lydia. Stava ancora tentando di capire di che creatura di trattasse. Era sicura di non averne mai vista una prima d’ora.
Per fortuna Blake lesse il suo sguardo. «Ally è la nostra elfa domestica. Si occupa della mia famiglia da anni ormai, i miei genitori l’hanno ricevuta come dono di nozze ed è con noi da allora. Non hai mai visto un elfo domestico? Hogwarts ne è piena.»
C’erano così tante cose sbagliate in quella frase che Lydia non sapeva da dove iniziare. Ovviamente sapeva che cosa era un elfo domestico, ricordava di averli studiati a Cura delle Creature Magiche, ma non avendone mai visto uno di persona aveva sempre pensato che il servizio degli elfi domestici fosse ormai scomparso come lo schiavismo. Ma soprattutto, come si poteva regalare una creatura dotata di intelletto come dono di nozze? E infine era abbastanza convinta di non averne mai visto uno ad Hogwarts.
«Lei non dovrebbe essere qui, padroncino Blake.» Ally iniziò a torcere tra le lunghe dita un lembo del suo vestitino lurido. Ora che lo vedeva più da vicino, Lydia si accorse che era composto da diversi stracci cuciti insieme da mani poco abili. Si sentì invadere da un’ondata di rabbia e la riversò in un’occhiataccia rivolta verso Blake, il quale non se ne accorse neppure, intento come era a cercare di convincere Ally a non lanciare l’allarme con tutto il fascino che possedeva (e Lydia dovette constatare a suo malincuore che ne aveva ancora molto). «Non devi preoccuparti, Ally. Non vogliamo fare nulla di male, io e la mia amica siamo qui solo per una visita, ce ne andremo il prima possibile. Sai che non ti metterei mai nei guai, mia cara Ally.»
Ma la paura del suo padrone era più forte della persuasione di Blake. «Il padrone non vuole che lei entri qui! Il padrone non vuole che…»
«Lo so cosa non vuole mio padre!» sbottò Blake, interrompendo Ally e mandandola così completamente nel panico.
«Ally non voleva! Ally non sa cosa fare!»
Blake le posò le mani sulle spalle. «Ho bisogno di soli cinque minuti con lei, Ally. Solo cinque minuti. Mio padre cosa ti ha ordinato?»
Gli enormi occhi di Ally divennero lucidi. «Di non lasciare entrare intrusi o sconosciuti.»
«E io non sono uno sconosciuto. E ora che conosci il suo nome, neanche Lydia lo è.» sorrise Blake. Si rialzò e si rivolse di nuovo a Lydia «Problema risolto. Ally fa solo quello che le viene ordinato. Se mio padre le ha detto di lasciare fuori gli intrusi, Ally non ha nessun motivo di avvisarlo della nostra visita, vero Ally?» Ally continuò a guardarlo, questa volta con il naso gocciolante e gli occhi intrisi di lacrime grandi quanto palline da tennis. «Bene! Abbiamo risolto, adesso andiamo. Non so quanto starà via mio padre.»
Lydia seguì Blake sulle scale, senza la sua stessa sicurezza. «Sei proprio sicuro che non ci possa tradire?» Ally era ancora immobile al centro dell’atrio, solo i tremori dei suoi arti la distinguevano dalle statue che adornavano le nicchie, scomparendo infine dalla loro vista quando imboccarono il corridoio del primo piano, altrettanto ornato.
«Mio padre ha sempre avuto il difetto di non essere mai particolarmente specifico con Ally. Quando era piccolo le ordinava di non lasciarmi uscire, ma sono sempre riuscito comunque a trovare delle scappatoie per farlo lo stesso, per esempio le dicevo che mio padre non aveva specificato da che ora non potevo uscire, o se potevo uscire in compagnia e così via. Per fortuna papà non ha mai scoperto il mio trucco. Siamo arrivati.» Si fermarono di fronte ad una porta di legno riccamente intarsiata.
Lydia non sapeva cosa aspettarsi una volta attraversato quell’uscio. «Se vuoi vado a controllare che non torni tuo padre…» sussurrò.
Blake scosse la testa. «No, mi servi qui. Per aiutarmi a spostarla.» Prese un respiro profondo ed aprì la porta.
La prima cosa che colpì Lydia seguendo Blake fu il buio. In ogni altro angolo della casa, erano sempre stati illuminati dalla luce solare che penetrava dalle monumentali finestre, in quella stanza invece, sembrava che ogni chiarore fosse stato bandito. Solo una candela tremolava su un comodino. Lydia strizzò gli occhi per riuscire a vedere, e quando finalmente le sue pupille si adattarono all’oscurità improvvisa, individuò una figura adagiata su una poltroncina al lato del letto. Lydia ricordava vagamente la signora Moore dalle poche volte in cui l’aveva vista alla stazione dell’Espresso di Hogwarts, ma la persona che si trovò di fronte era completamente irriconoscibile. Lydia prese la candela dal comodino e si avvicinò alla signora Moore, mentre Blake si inginocchiava di fronte a sua madre.
«Mamma?»
La signora Moore continuò a guardare un punto imprecisato del muro alle spalle di Blake.
Lydia la ricordava come una bella donna, dai tratti un po’ alteri e molto giovanile, nulla in confronto alla signora che sedeva su quella poltroncina. Il volto era pallido e pieno di rughe, le mani abbandonate in grembo. Lydia avvicinò la candela per riuscire a vederla meglio. La luce si rifletté sui fili d’argento nei suoi capelli. Non d’argento, si corresse Lydia. Bianchi. La signora Moore aveva i capelli completamente bianchi, le ciocche scomposte che le ricadevano sulla fronte. Le spalle erano curve, indossava una camicia da notte pulita ed una vestaglia con filamenti dorati che andavano a formare un emblema sul suo petto, raffigurante una bacchetta e un fiore, sovrastati da tre stelle. Lo stesso emblema che Lydia aveva intravisto ovunque in quella casa, ora che ci pensava. Doveva essere lo stemma della famiglia Moore, dipinto in maniera ossessiva su ogni loro proprietà. Ma nulla era così inquietante quanto il fatto che la signora Moore non sembrava essersi accorta del loro arrivo. «Mamma?» chiese ancora Blake. «Sono io.» Se non lo avesse conosciuto, Lydia avrebbe potuto dire che la sua voce si era spezzata.
«Cosa le è successo?» bisbigliò Lydia. Blake aveva detto che sua madre si era ammalata dopo aver scoperto che la figlia Eileen si era unita alle schiere di Colui-Che-Non-Doveva-Essere-Nominato, ma il suo istinto la portò a credere che non fosse tutta la verità. La signora Moore non sembrava malata. Sembrava senz’anima. Non c’era altro modo per definirla, i suoi occhi riflettevano vacui la luce della candela, come se dentro non ci fosse più nessuno. Le fece venire i brividi, e si trovò a desiderare di potersi allontanare da lei e da quella camera buia ed asfissiante il prima possibile.
Blake non rispose alla sua domanda. «Forza mamma, dobbiamo andare.» Si risollevò e posizionò una mano sotto al braccio di sua madre e l’altra sulla sua vita per aiutarla ad alzarsi. La donna non collaborava, ancora ignara della presenza del figlio. «Aiutami, ti prego.» Blake si rivolse finalmente a Lydia; la disperazione della sua voce la fece affrettare ad appoggiare la candela sul comodino ed stringere l’altra spalla della donna. Insieme fecero leva per sollevarla. Era come tentare di alzare un masso. Riuscirono a sollevarla solo di pochi centimetri, poi la presa di Lydia scivolò e la donna ricadde senza alcun rumore sulla sua poltroncina. «Mamma, ti prego, devi alzarti. Dobbiamo andare.» continuava a ripetere Blake «Ti portiamo via di qui, ti portiamo al sicuro. Ti prego, mamma, devi aiutarci.»
Lydia si sentì sinceramente dispiaciuta nel non poter essere d’aiuto a Blake. Poi si ricordò che tutto sarebbe stato più semplice se avesse avuto ancora la sua bacchetta con sé e questo la aiutò a smorzare la compassione nei suoi confronti. «Prova a sollevarla con la magia!» propose, di nuovo impaziente di tornare all’aria aperta e alla luce del sole. Tutta quell’oscurità le stava levando il fiato.
«È troppo debole. Potrei farle male… ti prego mamma, devi alzarti.» Blake si inginocchiò di nuovo di fronte alla madre, le prese una mano e la strinse. «Mamma, devi ascoltarmi. Dobbiamo andare.»
E finalmente gli occhi della signora Moore furono attraversati da un guizzo di vita. Mosse lentamente il volto verso Blake e Lydia si trovò inconsapevolmente a trattenere il fiato mentre madre e figlio si guardavano negli occhi. La signora Moore sollevò a fatica una mano e la posò sul volto del figlio. Poi parlò con voce fragile. «Eileen?»
Blake si chinò verso di lei. «No, mamma. Sono io, sono Blake.»
Sua madre sorrise. «La mia dolce Eileen. Il mio piccolo angelo.»
La porta alle loro spalle si aprì di scatto, facendo sobbalzare Lydia e Blake e spegnendo nuovamente la scintilla che si era accesa negli occhi della signora Moore. La sua mano lasciò la guancia del figlio e ricadde inerte sul suo grembo. Lydia fu costretta a chiudere gli occhi per l’improvvisa luce che invase la stanza, quando li riaprì vide due figure sull’uscio. Una piccola, tremante, che apparteneva all’elfa domestica Ally ed un’altra molto più alta.
Il padre di Blake li guardava furioso. Lydia si trovò ad indietreggiare verso Blake, il quale scattò in piedi e sollevò la bacchetta.
«Ho dovuto avvisare il padrone, padroncino Blake.» Ally tremava, aggrappata alla gamba del signor Moore «Il padrone ha detto a Ally di avvisarlo se entravano intrusi. O agenti del Ministero. O il padroncino Blake. Ho dovuto avvisarlo!»
Ma Blake non le prestava la minima attenzione, era concentrato solamente sul padre. «Non voglio farvi del male.»
«Fuori di qui.» La voce del signor Moore era di ghiaccio.
«Voglio solo…»
«FUORI DI QUI!» Lydia sobbalzò all’urlo del signor Moore, e poi sobbalzò di nuovo quando Blake le passò davanti e la afferrò per un braccio, iniziando a trascinarla fuori dalla stanza. Lydia continuava a non capire. Erano stati scoperti, ma a questo punto tanto valeva tentare di convincere il padre di Blake delle loro buone intenzioni, che volevano solamente portare la madre al sicuro, fuori dall’Inghilterra. E invece Blake proseguiva, fino a tornare nell’enorme atrio, con lo sguardo rivolto davanti a sé, senza mai voltarsi indietro neppure quando suo padre cominciò ad inseguirli. «Come osi tornare qui dopo quello che è successo? Ti avevo detto di stare alla larga da lei! Vattene e non tornare più!» Blake proseguiva, apparentemente sordo alle parole del padre. Raggiunsero la porta d’ingresso spalancata ed accelerarono il passo per superare la fontana e raggiungere i cancelli, anch’essi aperti. «Stai lontano da lei, mi hai sentito? Stai lontano da lei! Hai già il sangue di Eileen sulle tue mani, non ti basta?» Lydia sentì la mano di Blake stringersi spasmodicamente attorno al suo polso, l’unico segnale che aveva sentito le accuse del padre. Poi la stretta tipica della Materializzazione coprì ogni altra cosa.
 
«Cosa voleva dire? Perché tua mamma sta così male? Cosa significa che hai il sangue di Eileen sulle tue mani?» Appena apparirono nella ormai famigliare cucina dell’appartamento di Blake, Lydia cominciò a vomitare il fiume di domande che occupava la sua mente. «Mi hai detto che tuo papà ti ha sbattuto fuori casa perché hai proposto di nascondervi all’estero ma non è solo per quello, non è vero?» C’erano così tanti punti che non tornavano che il cervello di Lydia stava impazzendo cercando invano di rimetterli in fila. «C’è altro. Qualcosa che non mi hai detto. Qualcosa che riguarda tua sorella.»
Blake fece finta di non sentirla. Si diresse verso il lavandino e si riempì un bicchiere d’acqua come se nulla fosse. Come se non fossero appena stati cacciati dal suo stesso padre. Lydia però non si sarebbe arresa così facilmente. «Devi dirmelo! Me lo devi considerando che sto cercando di aiutarti.»
«Non c’è niente da dire.»
«Niente da dire?» chiese Lydia «Non mi sembra che quello che è appena successo sia niente! Dove è Eileen?»
La mano di Blake stretta attorno al bicchiere tremò, ma non fu questo a colpire Lydia. Fu il suo sguardo. Perché quello sguardo lei lo conosceva bene. Lo aveva visto allo specchio per più di un anno.
Tutta la tensione provata fino a quel momento si disperse. Si avvicinò a Blake e lo superò per prendere anche lei un bicchiere. Blake era talmente assorto nei suoi pensieri da non accorgersi neppure del cambio improvviso di Lydia, continuava a sorseggiare l’acqua senza guardare nulla in particolare.
Lydia riempì il suo bicchiere fino all’orlo e lo rovesciò sulla testa di Blake. Riuscì nell’intento di risvegliarlo dai suoi incubi.
«Ma che ti prende?!» esclamò Blake, stupefatto. Era immobile, la testa leggermente piegata in avanti, con i capelli bagnati che gocciolavano sul tappetino della cucina.
Lydia si strinse nelle spalle. «Mi è scivolato.» mentì spudoratamente.
«Perché mi sembra di averla già sentita questa scusa?»
«Perché mi capita spesso. Come quando mi è scivolata la brocca di succo di zucca il giorno dopo il ballo del Ceppo. Che ci posso fare se ho le mani di burro?»
Blake agitò la testa e le gocce d’acqua investirono Lydia in pieno volto. «Ops. Non volevo.» Le labbra di Blake si tirarono in un ghigno.
Lydia si limitò ad afferrare il cappuccio della felpa di Blake, strangolandolo per i brevi istanti in cui lo utilizzò per asciugarsi il volto. «Volevo solo ricordarti che posso essere pericolosa anche senza bacchetta.»
«Me lo ricordo benissimo, grazie tante.» replicò Blake, strattonando il cappuccio dalle sue mani, anche se con un sorriso a distendergli le labbra e il volto teso.
«Un promemoria ogni tanto non fa mai male.» rispose Lydia, senza riuscire a trattenere a sua volta un sorrisetto «Soprattutto considerando che abbiamo intenzione di affrontare insieme mercenari di Passaporte, elfi domestici sul piede di guerra e padri amorevoli.» Il sorriso di Blake si incrinò. Lydia appoggiò il bicchiere vuoto nel lavello con un sospiro. «Blake, questa volta sono seria. Abbiamo fatto un patto ed ho intenzione di mantenerlo. Ti aiuterò ad uscire dal Paese, ma dobbiamo essere realisti. Non sarà una passeggiata. Anche solo far uscire tua madre da casa tua si sta rivelando un’impresa! E ci manca ancora la parte in cui dobbiamo trascinarla al confine e cercare di non farci prendere dal Ministero mentre tentiamo la fuga. Sarà difficile e, per quanto mi costi ammetterlo, se vogliamo avere qualche possibilità dovremo fidarci l’uno dell’altra.» Blake aveva la testa bassa. Lydia gli prese il mento e lo costrinse a sollevare il viso per guardarlo negli occhi. «È da anni che non mi fido di te. Da quando sei diventato un bastardo, o forse lo sei sempre stato. Ma ti prometto che cercherò di mettere da parte il mio rancore per riuscire ad aiutarti. Solo se tu farai lo stesso con me.»
«Io non provo rancore verso di te.»
Lydia staccò le dita dal suo mento. «Non mentire, Blake.» disse con una tristezza che aveva dimenticato di provare. «È stato proprio il tuo rancore ad allontanarci. Il tuo rancore e la mia incapacità di vederlo. Se riusciamo ad accettarlo riusciremo anche a costruire qualcosa di nuovo. Un rapporto che ci permetta di collaborare il tempo per raggiungere la Passaporta.»
«Mi piacerebbe.» disse piano Blake «Costruire una nuova relazione. Ricominciare.» Lydia sentì il pericolo nelle sue parole e si allontanò di un passo, ma Blake la fermò accarezzandole un braccio. «Non intendevo quel tipo di relazione.» chiarì «Ma a volte non ti piacerebbe poter cancellare tutte le scelte sbagliate della tua vita e ricominciare dall’inizio con le persone che più ami?»
Sì. Tutti i giorni. Sempre.
Ma Lydia non rispose.
«È così difficile.» Blake chinò di nuovo il capo, il volto tirato in una smorfia di dolore «Tutti gli sbagli che compi, tutti gli errori che fai, ti perseguitano per una vita intera. Definiscono chi sei anche se fai di tutto per sfuggirgli. Sembra che la gente sia incapace di vedere oltre quelli. Che nessuno accetti che puoi essere una persona completamente diversa rispetto a quella che eri.»
«Sei e sarai sempre un mostro ai loro occhi.» bisbigliò Lydia, il volto che rifletteva il dolore di Blake.
Conosceva fin troppo bene la sensazione. Erano stati tutti così veloci nel giudicarla. Prima sua zia. Poi la famiglia O’Brien. Per quanto Lydia avesse provato a fare ammenda per i propri errori, a nessuno importava. Sembrava che per loro fosse più semplice continuare a pensare a lei come il mostro che aveva messo in pericolo le loro vite. E si accorse che in fondo anche lei stava facendo lo stesso con Blake.
La consapevolezza la assalì.
Da quando si erano rincontrati, Lydia non aveva fatto altro che ricordarsi e ricordargli tutti gli errori che lui aveva commesso quando stavano insieme. Non si ricordava neppure di averlo seriamente ringraziato per aver salvato la vita a lei e alla sua famiglia.
Lydia riprese il bicchiere dal lavandino e lo riempì un’altra volta.
«Ehi! Non provarci neppure!» esclamò Blake allontanandosi da lei. Un angolo delle sue labbra era rivolto verso l’alto, tradendo il suo divertimento.
Lydia alzò gli occhi al cielo. «Come sei drammatico. Erano solo due gocce.» disse osservando i capelli di Blake, ancora attaccati allo scalpo, e la pozza d’acqua che si allargava ai suoi piedi «E comunque volevo solo brindare al nostro nuovo inizio. E visto che l’unica bevanda che ho a disposizione al momento è l’acqua corrente, dovremo accontentarci.»
«Un nuovo inizio.» ripeté Blake, assaporando ogni parola. «Mi piace come suona.»
«Ma un nuovo inizio è possibile solo se siamo sinceri tra noi. Blake, se vuoi che io ti aiuti a salvare tua mamma ho bisogno di sapere tutta la storia.» Il volto di Blake tornò di pietra «Non posso aiutarti se non conosco la verità.»
«Ti ho già raccontato la verità.» scattò Blake, sulla difensiva. Si allontanò da lei, diretto verso il bagno.
Ma Lydia non gli avrebbe permesso di scappare. «È successo qualcosa a tua sorella. Qualcosa di brutto che non mi vuoi raccontare. È per Eileen che tuo padre ti ha cacciato di casa, non è vero?» Blake scosse la testa. Non voleva ascoltarla. «Se non mi racconterai tu la verità andrò da tuo padre a chiederla!» tentò infine, la sua voce trasformata in un grido.
Funzionò.
Il passo di Blake rallentò fino a fermarsi.
«Dove è Eileen?» chiese infine Lydia, il cuore in gola per la consapevolezza di essere riuscita finalmente a rompere la corazza di Blake.
«Non c’è più.» la risposta di Blake fu pronunciata a voce talmente bassa che per un attimo Lydia pensò di averla immaginata.
E poi il vero significato di quelle semplici parole la colpì. «Oh.» riuscì a dire solamente quello. Dentro di lei due pensieri balzarono alla mente: il dispiacere per quello che doveva essere successo e, subito dopo, il pensiero più egoista: una Mangiamorte in meno. Si sentì immediatamente in colpa. «Cosa è successo?»
Blake rimase in silenzio tanto da far credere a Lydia che non avrebbe mai risposto. Ma poi risollevò il volto dalle mani e, fissando un punto imprecisato del muro di fronte a loro, cominciò a parlare. «La conoscevi. Prefetto, Caposcuola, voti eccellenti, un codice morale impeccabile, sempre in difesa dei più deboli e di tutti coloro che non potevano proteggersi da soli.  Mai un errore. Mia sorella era perfetta agli occhi dei miei genitori. Tutto è cambiato quando è scoppiata la guerra. Il fratello di Celia Harris e altri come lui hanno iniziato a reclutare maghi e streghe per aiutare il Signore Oscuro nella sua impresa di purificazione del mondo. Rappresentavano l’esatto contrario di ogni valore che Eileen aveva proclamato per tutta la sua vita. Nessuno di noi ha capito come mai abbia deciso di unirsi a loro. Eppure quando è iniziata la guerra, lei se ne è andata di casa, e abbiamo scoperto che si è unita al gruppo di Harris.»
«Magari è stata ricattata.» disse Lydia, senza crederci davvero. In verità lei riteneva probabile che Eileen si fosse realmente convertita al credo di Colui-Che-Non-Doveva-Essere-Nominato. L’aveva visto accadere fin troppe volte.
«Non ha comunque senso. Lei non era… lei non avrebbe…»
«Se non ricordo male la tua famiglia non è mai stata particolarmente entusiasta della nostra relazione.» borbottò Lydia «Cosa ti aveva scritto tua madre quando era venuta a saperlo? Qualcosa sull’essere una disgrazia per la tua famiglia e sull’importanza di legami con persone del tuo stesso sangue, no? Se anche tua sorella è cresciuta con questi principi, cosa le avrebbe impedito di unirsi alla causa di Tu-Sai-Chi?»
Blake scosse la testa. «Un conto è credere a quello che ti ripetono fin da bambino, che i Sanguemarcio rubano il nostro legittimo posto nel mondo magico. Un altro è ucciderli. Mia mamma voleva solamente che la nostra famiglia potesse tornare al posto che occupava prima dell’uguaglianza dei Nati Babbani… ma il gruppo di Eileen… loro li torturavano, Nati Babbani, Mezzosangue e i babbani stessi.»
Lydia non vedeva poi così tanta differenza.
«Mio papà ha cercato di riportare a casa Eileen. Lei non ne ha voluto sapere, non rispondeva più ai suoi messaggi, ci ha tagliati fuori dalla sua vita. Per mesi non abbiamo più avuto sue notizie. Solo le lettere di congratulazioni da parte di alcuni vecchi amici dei miei genitori per le sue imprese contro i babbani. E noi non potevamo fare altro che ringraziare. Perché dichiarare di non essere d’accordo con le sue idee avrebbe significato la rovina per la mia famiglia. Avremmo fatto la fine dei Weasley, degli O’Brien e di tanti altri traditori del loro sangue. E intanto passavano i mesi. E poi… l’estate scorsa…» Blake scosse la testa, come per scacciare i ricordi. «Lei… non mi hanno detto come è successo… ma pensiamo che abbia cambiato idea. Quel giorno il gruppo di Harris ha tentato di fare qualcosa di talmente orribile da poter finalmente essere considerati Mangiamorte, e così ha attaccato un orfanatrofio. Sono stati dei mostri. Ed Eileen non era un mostro. Quando sono arrivato i bambini mi hanno detto che lei li ha salvati. Deve essersi ribellata contro Harris, ma loro erano in troppi e lei… lei era da sola.» Delle lacrime luccicavano negli occhi di Blake. «Era abile nei duelli, era la migliore, ma non ce l’ha fatta.»
«Come mai tuo padre ha accusato te?» chiese Lydia, con voce gentile.
«Il fratello di Isaac, era anche lui nel gruppo di Eileen, appena è successo è tornato a casa e ha raccontato tutto a Isaac e alla sua famiglia. Era infuriato per aver perso un’occasione d’oro. Diceva che con l’attacco all’orfanatrofio avrebbe potuto farsi notare finalmente dal Signore Oscuro. Mia sorella aveva rovinato tutto. Poi Isaac è venuto a casa mia a riferirmelo. Gli ho dato del bugiardo, gli ho detto che se era un modo per ferirmi non stava funzionando. Che mia sorella non poteva… In quei giorni vivevo ancora con i miei genitori, loro non erano in casa, erano fuori a cena. C’eravamo solo io e Ally. Ho detto ad Ally di informarli appena fossero tornati ma io non potevo aspettare. Mi sono Materializzato all’orfanatrofio all’istante. La polizia babbana era già lì. Era il caos. Avevano recintato la zona, ricordo che non mi volevano far passare. Non so cosa gli ho detto, né se ho spiegato da chi stavo andando. So solo che il momento dopo era dentro l’edificio decrepito. C’erano dei bambini, li stavano portando fuori, e continuavano a dire che la fata buona, un angelo, li aveva salvati dai mostri. Non mi importava neanche di loro. Volevo solo andare da lei. Sono entrato in una sala… Metà soffitto era crollato. E lì, al centro…» La voce di Blake si spezzò «I soccorritori mi hanno detto che quando sono arrivati era già troppo tardi. Hanno parlato di traumi e contusioni, dell’edificio instabile, del pavimento ceduto. Tutte cose che non mi interessavano. Io… sembrava che stesse dormendo. Le ho chiesto di svegliarsi. L’ho implorata. Qualcuno, un bambino, le aveva posato un pupazzo accanto. Sembrava farle la guardia.» Blake prese un respiro. «E poi è arrivato mio papà. Ha visto la sua bambina sdraiata per terra, in mezzo ad una pozza di sangue e l’ho visto spezzarsi. Si è inginocchiato vicino a noi, e mi ha spinto via. Pensavo che fosse solo il dolore, per avvicinarsi a lei… ma poi si è voltato a guardarmi.» Le lacrime smisero di scendere sul volto di Blake, improvvisamente adombrato «Ha detto che io non ero diverso da loro. Stringeva tra le braccia il corpo di sua figlia mentre accusava suo figlio di essere uguale ai suoi assassini.» Nelle sue parole emersero tutto l’astio e il rancore che era riuscito a nascondere fino a quel momento.
«Ma perché?» Lydia non riusciva proprio a capirlo.
Blake sollevò lo sguardo verso di lei e sembrò ricordarsi della sua presenza. Impiegò qualche istante prima di rispondere. «Aveva saputo da Ally che era stato Isaac ad avvisarmi. Mio papà mi aveva detto di rompere tutti i rapporti con Isaac, Celia e Aiden. Quando Ally lo ha informato della sua visita, ha pensato che mi fossi unito a loro, che fossi tornato suo amico.»
Lydia si fermò a riflettere. «Il dolore porta a fare e dire cose stupide.»
«Ho provato a farlo ragionare, a fargli capire… Da quel momento non ha più voluto vedermi. Mi ha sbattuto fuori casa, non sapevo dove andare. Ho pensato a questo appartamento, l’appartamento di Eileen. A lei non sarebbe più servito. Ma a mio padre non bastava: non mi voleva permettere neppure di partecipare al funerale. Mi sono dovuto nascondere nell’ultima fila della chiesa, con un incantesimo che impediva agli altri di riconoscermi, come un criminale. È stato lì che ho rivisto mia mamma. Erano passati solo pochi giorni dall’ultima volta ma…» I suoi occhi si riempirono di nuovo dolore «I suoi capelli erano diventati completamente bianchi, mio padre la accompagnava sottobraccio, non sembrava più neanche capace di camminare.» Lydia ripensò alla signora Moore accasciata sulla poltrona, incapace di vedere il suo stesso figlio. «Seduta in chiesa accanto a me c’era una delle pettegole del mio quartiere. Ha detto che era stato il dolore. Che era come se anche mia mamma fosse morta con Eileen.» Blake risollevò il volto «Qualche giorno dopo sono tornato a casa dei miei. Mio papà non voleva lasciarmi entrare, io volevo solo andare dalla mamma, farle sapere che aveva ancora un figlio. Ma lui non me l’ha lasciata vedere. Mi ha scacciato. Io devo portarla via da lì. Lontana da questa stupida guerra.»
«E lo faremo. Porteremo tua madre fuori dal Paese.» disse Lydia con una convinzione ben diversa da quando aveva fatto la stessa promessa solo qualche giorno prima «So cosa significa essere considerati un mostro dalla propria famiglia. E se tuo padre non vuole cambiare idea, tua madre non può pagare per colpa sua. Né puoi farlo tu.»
«Grazie.»
«Ma ci serve un piano.» Blake aprì la bocca per rispondere ma Lydia lo fermò. «Un piano serio. Non possiamo semplicemente continuare a starcene nascosti dietro ad un cespuglio ad aspettare che tuo padre esca di nuovo. Soprattutto perché ora che ci ha scoperti starà all’erta e non sarà più altrettanto semplice riuscire ad entrare. Dobbiamo pianificare tutto fino all’ultimo particolare. Abbiamo già rischiato troppo.»
Blake annuì, e poi si concesse un breve sorriso. «Lydia Merlin che organizza un piano e non si limita a gettarsi nella mischia. Una cosa che non pensavo avrei mai visto.»
Ma Lydia non aveva voglia di scherzare. «I tempi sono cambiati. Era ora che cambiassi anche io.»
 
 

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