Piume di Cenere

Harry Potter - J. K. Rowling
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Piume di Cenere
Summary
Il Ministero è caduto, le lettere di convocazione al Censimento per i Nati Babbani sono state inviate e quando Lydia Merlin riceve la sua, sa che è arrivato il momento di nascondersi. Ma una lezione che ha imparato durante i sette anni ad Hogwarts è che i suoi piani non vanno mai come dovrebbero.Un incontro fortuito con un ex compagno di scuola ed un bambino troppo chiacchierone le ricorderanno che la fuga non è un’opzione, e che in un mondo magico che ha dimenticato cosa sia l’umanità e la pietà, c’è ancora qualcosa per cui vale la pena combattere.Una storia di sopravvivenza, ingiustizia e dei mostri che si annidano nei luoghi più oscuri.Dall'Epilogo:«Corri!»Lydia sapeva che era arrivata la loro fine.Nulla li avrebbe salvati.Sfrecciò in mezzo ad un gruppetto di anziane signore, che reagirono lanciandole imprecazioni che mal si addicevano a delle così adorabili nonnine.«Scusate, scusate!»E ovviamente Lance perse tempo a cercare di farsi perdonare piuttosto che correre per salvarsi la vita.
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Capitolo 31 - Di fenici e memorie

Capitolo 31
Di fenici e memorie

 

 «Scommetto che non sei capace di entrare nella Foresta Proibita. Non ne hai il coraggio.»
Lydia Merlin ispirò profondamente, mettendo in pratica un esercizio che suo padre le aveva sempre consigliato per calmarsi. Ovviamente non funzionò. «E va bene. Accetto la sfida.» Si godette l’espressione di assoluta sorpresa che comparve sul volto di Blake Moore.
«Guarda che se accetti la scommessa devi entrarci davvero nella Foresta Proibita. Non puoi solo fingere.»
Lydia si mise la mani sui fianchi. «Ho detto che accetto la sfida.»
Blake guardò Celia Harris, Isaac Mills e Aiden O’Neil, i suoi amici, come se non avesse neanche lontanamente preso in considerazione l’ipotesi che Lydia potesse accettare. Da parte sua, Lydia non si sentì in dovere di informarlo che non aveva alcuna paura ad entrare nella Foresta Proibita visto che vi era stata solo qualche settimana prima in punizione insieme a Alice, Lance e Paul. E in quell’occasione si erano anche persi ed costretti così a girovagare fino a quando Hagrid era riuscito a ritrovarli. In fondo questa volta doveva solo entrare ed uscire. Nulla di più.
Blake tornò a guardarla, mascherando il suo stupore sotto il suo solito ghigno. «Va bene, allora. Questa sera, subito dopo cena. Ci vediamo dove fanno lezione di Cura delle Creature Magiche.» tese il braccio verso di lei.
Lydia gli strinse la mano con forza. «A stasera.»
 
«Non puoi averlo fatto!»
«E invece sì.»
«No! Non puoi essere stata così stupida.»
Lydia sollevò gli occhi al cielo. «Oh, andiamo Alice, è solo una piccola scommessa. E per fare una cosa che abbiamo già fatto settimane fa senza che ci capitasse nulla.»
«Era una punizione, Lydia!» Alice agitò in aria la forchetta, facendo volare un pezzo di arrosto direttamente nei capelli di Bill Weasley. «I professori sarebbero corsi a salvarci se fossimo finiti nei guai.»
Lydia si limitò a guardarla. «E va bene» capitolò Alice «Ma il fatto che i professori siano stati degli incoscienti non giustifica il tuo andare nella Foresta Proibita solo per fare un torto a Blake Moore.»
«Oh, insomma Alice. Ammettilo che ti farebbe piacere battere Moore in qualcosa. È sempre così pieno di sé. E antipatico. E dice che i Grifondoro non valgono niente.» Lydia lanciò un’occhiataccia al tavolo dei Serpeverde, più precisamente verso il gruppetto del primo anno che vociava e rideva sguaiatamente.
«Sì, mi piacerebbe. Ma non ho istinti suicidi, a differenza tua.»
«E va bene!» sbottò Lydia. Riprese la sua borsa e si alzò di scatto dal tavolo. «Se tu non vuoi aiutarmi mi rivolgerò a qualcun altro.» E senza lasciarle il tempo di dire altro (o di lanciarle in testa la forchetta), Lydia si allontanò in fretta, andando ad interrompere il pranzo delle sue prossime vittime. «Ho bisogno del vostro aiuto.» Si infilò sulla panca, costringendo due studenti ad allontanarsi maledicendola. A Lydia non importò.
Lance e Paul invece erano di tutt’altro parere.
«Che ci fai qui!?» sibilò subito Paul, spaventato.
«Ve l’ho detto. Ho bisogno del vostro aiuto.»
«Devi andartene!» Paul stava cominciando a sudare «Non puoi pranzare al tavolo dei Tassorosso. Se ti vedono perdiamo di nuovo i punti, come l’altra volta!»
«Ma noi non stiamo pranzando.» Lydia sollevò lo sguardo verso Alice, in piedi alle sue spalle e intenta a guardarla a sua volta con rassegnazione «Faresti delle stupidaggini senza di me. Ho il dovere morale di aiutarti e tentare di non farti finire in guai più grossi.» continuò Alice, sedendosi al suo fianco e costringendo un altro Tassorosso a spostarsi.
«E in cosa dovremmo aiutarti, a proposito?» chiese Lance, continuando a mangiare la sua frittata come se nulla fosse.
Lydia si chinò sul tavolo, costringendo i suoi amici a fare altrettanto per riuscire a sentirla. «A sgattaiolare fuori dal castello dopo cena. Ho fatto una scommessa con Moore. Lui crede che non ho il coraggio di entrare nella Foresta Proibita, ma è convinto anche che i Grifondoro perderanno la Coppa delle Case e che i miei incantesimi in Trasfigurazione siano scadenti, quindi crede in tante idiozie.»
Lance masticò il suo pezzo di frittata. «Basterà aspettare il momento in cui tutti iniziano ad uscire dalla Sala Grande finita la cena. Ci confondiamo tra la folla ed usciamo dall’Ingresso senza farci vedere.»
Lydia trattenne il respiro. «Volete venire con me?»
«Certo, Lydia.» rispose Alice esasperata «Non ti lasceremmo mai da sola con Blake Moore e la sua squadra. E non ti lasceremmo neppure entrare nella Foresta Proibita senza di noi.»
«Siamo amici.» confermò Lance «E questo è quello che fanno gli amici.»
Lydia non si era ancora abituata all’idea di avere degli amici veri al suo fianco. Non aveva neppure saputo cosa significasse realmente fino a quel momento.
«Grazie.» rispose sinceramente.
«La Foresta Proibita? Io non ci rientro lì dentro e, per la barba di Merlino, tornate al vostro tavolo prima che il professor Piton ci veda!» Paul sembrava sull’orlo di una crisi di nervi. Lydia ebbe pietà per i suoi nervi e decise di accontentarlo. Si alzò, trascinando Alice con sé. «Non sei costretto a venire, se non vuoi.»
 
E invece, dieci minuti dopo, mentre un fiume di studenti si riversava fuori dalla Sala Grande, Paul fu il primo ad aprire la porta dell’Ingresso e a sgattaiolare fuori. Lydia, Lance e Alice lo seguirono di soppiatto.
Blake era già sul limitare della Foresta Proibita, circondato ovviamente dai suoi amici.
«Lo sapevo che ti portavi i tuoi amichetti.» disse Blake, con una freddezza che ben si addiceva al vento gelido che soffiava sul prato.
«E vedo che anche tu hai portato i tuoi.» Lydia si strinse nel mantello. «E comunque non ho violato la tua scommessa. Tu non hai mai detto che dovevo entrarci da sola per vincerla e abbiamo già stretto le mani quindi non puoi più modificarla.»
Mills batté una mano sulla spalla di Blake, sbilanciandolo. «Ammettilo, Blake. È stata furba.»
Ma Blake era furente. «Se volete entrare tutti, allora fatelo. Noi ci divertiremo ancora di più a vedervi correre via terrorizzati.» La rabbia lasciò il posto ad un ghigno, come se si stesse già pregustando la scena.
Lydia si voltò verso i suoi amici. «È il nostro momento, ragazzi. Entriamo e usciamo, niente di più.» Alice e Lance annuirono, Paul riprese a tremare, ma quando Lydia cominciò a guidare la spedizione a grandi passi e con un cipiglio deciso dipinto in volto, anche lui li seguì mettendo da parte tutti i suoi dubbi e le sue paure.
Superare i primi alberi ed uscire subito dopo. Il piano era semplice. A parole. Nei fatti, la Foresta Proibita sembrava infinita, ammantata nell’oscurità di una notte senza luna e con le fronde dei grandi alberi che coprivano le stelle. Per quanto provassero a sentirsi coraggiosi, il buio e le incognite che essa nascondeva faceva vacillare il loro passo.
Erano già entrati, cercò di tranquillizzarsi Lydia, tornando a respirare profondamente come consigliatole dal padre. Non c’era nessun rischio reale. Sarebbero stati fuori da lì prima che le creature e i mostri della Foresta si accorgessero della loro presenza. Uno scricchiolio sopra loro teste li fece sobbalzare. I quattro ragazzi si strinsero ed affrontarono i passi successivi con le spalle che si sfioravano e i cuori che battevano in gola. Dovevano arrivare solo all’albero cavo, decise Lydia, una volta raggiunto quello sarebbero spariti per qualche istante dalla visuale di Moore, segno che si erano addentrati abbastanza, poi sarebbero potuti tornare indietro e sbattere il loro successo in faccia a Blake e ai suoi amici. La prospettiva donò a Lydia un’ondata di coraggio, che le fece accelerare il passo di conseguenza, costringendo i suoi amici ad allungarlo a loro volta. L’albero cavo era sempre più vicino, perdendo con la vicinanza le sembianze da scheletro e tornando ad essere quello che era: un vecchio tronco come quelli che si trovavano in qualsiasi foresta del Regno Unito. Che stupidi che erano stati ad avere paura. Si erano avventurati in una zona completamente diversa rispetto a quella in cui erano entrati l’altra volta, e si trattava dell’area di Foresta utilizzata anche durante le lezioni, segno che era la più sicura. Lydia sollevò la mano per toccare il tronco. Chissà che faccia avrebbe fatto Moore a vederli tornare indietro trionfanti.
«Fatto!» esclamò vittoriosa battendo la mano sulla corteccia dell’albero cavo. La sua gioia era incontenibile. Aveva battuto Moore! Ora non si sarebbe più permesso di insultare lei o i Grifondoro!
Un sibilo sopra di loro fece evaporare tutta la gioia di Lydia.
Sollevò lentamente il volto, così come fecero i suoi amici. E trovarono centinaia se non migliaia di occhi a guardarli.
E poi le Acromantule si gettarono verso di loro.
Le urla di Lydia, Lance, Alice e Paul rimbombarono nella Foresta silenziosa, mentre si precipitavano in una corsa selvaggia verso il confine esterno. Era una distanza di pochi metri, ma per Lydia furono i più lunghi della sua vita. Dei ticchetti alle loro spalle confermarono che le Acromantule si erano gettate all’inseguimento, pronte a divorare gli sventurati che avevano osato avvicinarsi al loro territorio. Lydia intravide il castello in lontananza e corse con tutte le sue forze superando Lance, che li spronava ad andare più veloce, ed Alice, che si trascinava dietro un Paul delirante per il terrore.
Appena Lydia mise piede nei prati di Hogwarts e nella sicurezza che essi rappresentavano, si lasciò cadere a terra, incapace di credere di essere ancora viva. Ma la paura la fece voltare di nuovo verso la Foresta. Anche Lance, Paul e Alice erano riusciti ad uscire, mentre le Acromantule si fermarono sul confine degli alberi. Ticchettavano e sibilavano ma non accennarono a muovere un altro passo.
«Siamo salvi.» boccheggiò incredula «Siamo salvi… siamo salvi!» esultò sdraiandosi di nuovo per terra ed incrociando lo sguardo della professoressa McGranitt. «Oh, oh.» si ritrovò a dire. Lance, Alice e Paul osservavano la scena impietriti, con una paura che non avevano provato neppure quando inseguiti dalle Acromantule. Moore e i suoi amici erano scomparsi, probabilmente si erano dati alla macchia appena avevano visto la professoressa, o dopo aver sentito le loro urla.
«’Oh, oh’ davvero, signorina Merlin.» disse la professoressa McGranitt, le labbra strette e negli occhi la promessa di una punizione esemplare.
 
Quando Blake aveva implorato il suo aiuto, Lydia si era immaginata di dover affrontare ostacoli e cammini impervi, avventure mirabolanti in cui avrebbe rischiato la vita innumerevoli volte. Tutto tranne dover rimanere ore nascosta dietro ad un cespuglio ad osservare una casa che sembrava un palazzo reale.
«Cigni!» esclamò ancora esterrefatta, nonostante fossero ore che li osservava nuotare placidamente nello stagno davanti a loro «Avete persino dei cigni! Cosa tenere sul retro, pavoni?»
«Mia mamma li desiderava tanto, ma mio papà li ha sempre considerati troppo pacchiani.» rispose serio Blake.
Lydia lo guardò sconvolta.
No, non si sarebbe mai abituata alla ricchezza che certe famiglie Purosangue possedevano. Persino il palazzo degli O’Brien sbiadiva in confronto al castello che si trovava davanti in quel momento. Anzi, era proprio sicura che quella che si stagliava al lato destro fosse proprio una torre, completa di feritoie e merlature. Si chinò verso Blake. «Avete anche le segrete?»
«Non siamo mica i Malfoy.» rispose il ragazzo, con la stessa serietà di prima.
Purosangue.
Lydia non li avrebbe mai capiti.
 
Lydia aveva dei problemi con Trasfigurazione, lo sapeva, ne era consapevole da ormai due anni, questo però non significava che gli altri avessero il diritto di deriderla per le sue difficoltà. Specialmente non Blake Moore.
«Insomma Merlin, era un complimento!» Lydia avrebbe voluto cancellare il sorrisetto compiaciuto di Blake con uno schiaffo «Ho solo detto che rendi spassose tutte le lezioni della professoressa McGranitt! Ammetto che mi stavo addormentando oggi, per fortuna è arrivato il tuo pappagallo a rallegrarci.»
«Sta zitto, Moore.»
Alice intanto continuava a trascinarla per i corridoi, con la speranza di poter arrivare il prima possibile al ritratto della Signora Grassa ed evitare così che Lydia e Blake si azzuffassero. O finissero in punizione. L’ora del coprifuoco stava per scattare.
«Dovresti tornartene nelle tue segrete, Moore.» provò a convincerlo Alice. Ma ormai aveva già capito che quando Lydia e Blake iniziavano a bisticciare era come se il mondo attorno a loro non esistesse più. Per un attimo, Alice pensò di abbandonare lì entrambi. La sua vita sarebbe stata meno complicata se non avesse dovuto passare metà del suo tempo ad impedire loro di azzannarsi a vicenda.
«Dai, Merlin, devi ammettere anche tu che è stato uno spettacolo niente male.» Alice sollevò un arazzo e trascinò Lydia nel passaggio segreto nascosto dietro all’armatura di Rastel Krounch che le avrebbe portate in pochi minuti al quinto piano, a pochi metri dalla salvezza. «Ho sentito la McGranitt parlare con il professor Vitious» continuò imperterrito Blake. «Hanno detto che con le tue doti saresti perfetta per il circo delle cugine Strelland.»
Lydia si voltò di scatto con un ruggito. Fortunatamente Alice, conoscendo ormai bene l’amica, aveva percepito la sua rabbia ed era riuscita ad afferrarla per il mantello prima che si potesse gettare su Blake.
Almeno Blake ebbe la decenza di spaventarsi. Anche se un secondo dopo aveva già ripreso il suo sorrisetto, negli occhi una punta di soddisfazione per essere riuscito ad attirare l’attenzione di Lydia.
Alice sentì la stoffa del mantello di Lydia scivolarle tra le dita. «È solo uno stupido, Lydia, non ascoltarlo!» 
Lydia però non voleva sentire ragioni. «Lasciami Alice, così posso strozzarlo!»
Blake si limitò a fare un passo indietro e scoppiare a ridere. «O potresti trasformarmi in un pappagallo. Oh, che paura.» fece finta di rabbrividire e rise di nuovo.
Si divertiva con poco, constatò Alice. Ormai sarebbe stato impossibile riuscire a convincere Lydia a seguirla fino alla Sala Comune dei Grifondoro, e, sinceramente, anche lei era stanca di Moore, così Alice tirò di nuovo Lydia per il mantello costringendola ad arretrare fino al suo fianco. «Smettila, Moore.» disse una volta che fu sicura che la sua amica non gli sarebbe saltata al collo alla prima possibilità, assicurandosi così un viaggio diretto verso Azkaban «La professoressa McGranitt ha detto che Lydia ha un talento innato per la Trasfigurazione, invece tu non riesci neanche a lanciare un Lumos. Sì, me l’ha detto uno di Corvonero, sai quante risate ci siamo fatti alle tue spalle?»
Blake rivolse finalmente la sua attenzione verso Alice, il suo volto divenne paonazzo. «Stai zitta, stupida Sanguema…» Non fece in tempo a completare la frase. L’arazzo d’ingresso del passaggio segreto si sollevò ed una ragazza fece il suo ingresso nello stretto corridoio. Era più grande di loro, aveva lunghi capelli neri, grandi occhi verdi dello stesso colore dello stemma di Serpeverde che portava sulla divisa, accanto ad una spilletta da Prefetto. «Oh, no.» pensò immediatamente Alice. Erano nei guai, in grossi guai. Il suo sguardo corse all’orologio che portava sul polso. Forse si potevano ancora salvare, mancavano ancora alcuni minuti al coprifuoco. In teoria non avevano ancora infranto nessuna regola. Nonostante questo, Alice sentì una stilettata di panico ed abbassò gli occhi, dimostrando un improvviso interesse per le sue scarpe.
Lydia invece si limitò a guardare male anche la nuova arrivata, per aver interrotto la sua vendetta contro Blake. Aveva una mezza intenzione di trasformarlo davvero in un pappagallo o in una creatura ripugnante e dimenticarsi completamente della sua esistenza.
La Serpeverde raddrizzò la schiena e li fissò con uno sguardo di ghiaccio.«È quasi ora del coprifuoco, non dovreste essere qui.»
«Stavamo tornando alla torre.» disse Alice, concentrandosi questa volta una minuscola macchia sul pavimento.
«E mancano ancora dieci minuti al coprifuoco.» aggiunse Lydia. Ci mancava solo un Prefetto impiccione per concludere quella giornata disastrosa. 
«Dodici.» la corresse Blake.
Lydia si voltò furiosa verso di lui. «Mi stai rompendo anche per l’orario adesso? Ma chi ti credi di essere?»
«Un mago migliore di te.» rispose Blake con un sorrisetto.
Le guance di Lydia si infiammarono. Ne aveva abbastanza di lui e gli avrebbe fatto pentire di averla inseguita fino a quel corridoio. Spalancò la bocca, prese fiato e…
«Non una parola.» La Prefetto sollevò una mano e Lydia perse tutta la sua veemenza. Espirò l’aria dai polmoni e si accorse che sì, la giornata poteva davvero finire peggio di come era iniziata. «Ne ho abbastanza del vostro comportamento. Vi state comportando come dei bambini e non vi state dimostrando degni di stare in questa scuola. Non è il vostro parco giochi, è la migliore scuola di magia in tutto il mondo quindi svegliatevi e crescete. Non tollererò più le vostre inutili discussioni.» Lydia non sapeva per quale motivo Blake sorridesse trionfante, come se quel rimprovero non lo sfiorasse. «Sto parlando anche con te, Moore.» Il suo sorriso si spense all’istante rimpiazzato dall’incredulità. «Merlin, Moore, domani alle venti punizione con il signor Gazza. Così imparerete a moderare i toni e a mostrare contegno.»
La ragazza si voltò ed attraversò l’arazzo, scomparendo dalla loro vista, mentre Lydia e Blake continuavano a guardare increduli lo spazio davanti a loro, come se stessero valutando se fosse successo davvero. Lydia si voltò stupita verso Alice, che nel frattempo era arretrata talmente tanto da sembrare parte integrante del muro dietro di lei. «Perché tu non ti sei beccata la punizione?»
Alice non si mosse per la paura che la Serpeverde potesse ricordarsi improvvisamente che era presente anche lei ed affibbiarle così una punizione. Poi Lydia si voltò verso Blake, che continuava a fissare esterrefatto il vuoto davanti a lui. «E perché quel Prefetto ti assomiglia?»
«Perché è mia sorella.»
 
La punizione con Blake era stata meno terribile di quando Lydia avesse immaginato. Certo, ne aveva odiato ogni singolo istante, ma almeno dopo solo due ore la tortura era terminata. O almeno così pensava.
 
Una settimana dopo la scena surreale avvenuta nel passaggio dietro all’arazzo, Lydia stava rovistando nella sua borsa, alla ricerca del compito di Trasfigurazione con la speranza di non averlo dimenticato nella Sala Comune. Mancavano solo pochi minuti all’inizio della lezione, tutti gli studenti erano già fuori dall’aula in attesa, non avrebbe mai fatto in tempo ad andare e tornare prima che si aprisse la porta. Nell’agitazione, una boccetta d’inchiostro le cadde dalle mani, andando ad infrangersi sul pavimento e riempiendo tutti i malcapitati vicini di schizzi. Un coro di lamenti si alzò dalla piccola folla che la circondava, mentre Lance si prodigava a trovare dei fazzoletti con cui asciugare il disastro, una voce in particolare si levò sopra alle altre. «Stai un po’ attenta, Merlin!» Blake agitava il mantello, come se potesse funzionare per togliere le gocce di inchiostro che stavano già asciugando sul tessuto.
Lydia non capì da dove fosse arrivata, l’unica cosa che il suo cervello riuscì a percepire fu l’improvvisa presenza di Eileen Moore di fronte a loro, con lo stesso cipiglio di una settimana prima. «Moore, Merlin. Punizione.»
Lydia boccheggiò. «Cosa? Ma perché?»
Eileen non volle sentire ragioni. «Per danni sul suolo scolastico.»
«E io cosa c’entro?!» esclamò Blake.
«Perché devi imparare la buona educazione. Buona giornata.» E detto questo si dileguò con la stessa velocità con la quale era comparsa, facendo sospettare a Lydia che Eileen avesse trovato un modo per aggirare le protezioni che impedivano la Materializzazione nei confini della scuola.
La piccola folla fuori dall’aula li guardava attonita.
Poi Lance, con i fazzoletti impregnati di inchiostro dimenticati tra le mani, spezzò il silenzio. «Cosa è appena successo?»
 
Lydia scoprì che era solo l’inizio.
Nelle settimane successive Eileen Moore sembrava avere un’unica missione nella vita: mettere in punizione Lydia e Blake per ogni minimo errore. Una volta perché camminavano troppo lentamente ostruendo il passaggio agli altri studenti, un’altra perché si erano lanciati un’occhiataccia, un’altra ancora perché masticavano troppo rumorosamente. Lo stesso era avvenuto anche quella mattina, quando un gufo aveva recapitato un messaggio non firmato, ma con una scrittura ormai riconoscibile agli occhi di Lydia dopo tutti gli altri biglietti uguali che aveva ricevuto fino a quel momento.
‘Punizione questo pomeriggio alle cinque per aver parlato in biblioteca.’
E così Lydia si trovò costretta all’impossibile. Chiedere aiuto a Blake Moore.
«Devi fermarla.»
«Pensi che non ci abbia già provato?»
«È tua sorella! Dovrà ascoltarti!»
«Potrà anche essere mia sorella ma non mi ascolta! A proposito, siamo anche in punizione per averle chiesto di smetterla.»
«Cosa!?»
«Signorina Merlin, la prego di prestare attenzione.»
Lydia sollevò lo sguardo verso la cattedra. «Certo, professoressa McGranitt. Mi scusi.» La professoressa lanciò l’ennesima occhiata sospettosa verso di loro. E non era la sola. Il fatto che Lydia Merlin avesse deciso di sedersi accanto a Blake Moore durante la lezione aveva scatenato ogni genere di commenti da parte dei loro compagni. Lydia aspettò pazientemente che la professoressa McGranitt tornasse a blaterare sull’importanza della concentrazione nell’arte della Trasfigurazione prima di bisbigliare «Perché ha messo in punizione anche me? Se tua sorella vuole vendicarsi su di te perché continua a mettermi in mezzo?» La sua esasperazione era ben udibile nella sua voce.
«Non ne ho idea.» rispose sinceramente Moore.
«I tuoi genitori non ci possono aiutare?»
Moore abbassò lo sguardo ed iniziò a far roteare impacciato la piuma tra le mani. «Ho scritto a mia mamma. Mi ha detto che quello che sta facendo Eileen è sbagliato. Ma il problema è che Eileen non ascolta mai mia mamma. Anche papà dovrebbe averle scritto, però lei continua a darci punizioni, quindi direi che non ha funzionato neanche quello.»
Lydia si mise le mani nei capelli. «Dobbiamo trovare un modo, Blake. O passeremo più ore in punizione che a lezione.» Blake sollevò la testa di scatto, sorpreso. «Che c’è?» chiese Lydia.
«Niente.» rispose Blake, anche se si capiva perfettamente che stava mentendo.
Lydia ripensò alle parole che aveva appena pronunciato. Poi capì. Era la prima volta che chiamava Blake per nome. Eppure non capiva il motivo per cui era tanto sorpreso. Ormai passava veramente più tempo in punizione con lui che con Alice, Lance e Paul. Per fortuna Blake si era rivelato meno terribile del previsto, una volta che era da solo e lontano dai suoi amici. Anzi, Lydia aveva scoperto che non gli dispiaceva del tutto passare del tempo in sua compagnia. Anche se non per questo avrebbe tollerato un’ora in più di punizione.
Lydia sospirò. «Dovremo ricorrere all’estremo rimedio.»
«Già fatto.» rispose Blake, sconsolato.
Questa volta fu il turno di Lydia di mostrarsi sorpresa. «Cosa significa ‘già fatto’?»
Blake la guardò con sguardo mesto. «Ho chiesto aiuto al professor Piton.
«No!» Lydia era senza parole. Non avrebbe mai pensato che Blake potesse essere così coraggioso.
«Ti dico solo che non ha funzionato.» Blake fu scosso da un brivido e Lydia decise di non indagare oltre.
«E va bene. Se neanche Piton ha funzionato ci resta un’ultima carta da giocare.»
Gli sguardi di Lydia e Blake si alzarono, andandosi a posare sulla professoressa McGranitt, che non aveva mai smesso di lanciare loro occhiate sospettose.
 
«Non ci posso credere.»
«Ma può farlo?»
«Lei sì. È tua sorella che non può!»
«Ma la professoressa ha detto che può!»
«E allora dobbiamo protestare!»
«L’abbiamo appena fatto! E ci siamo trovati con un’altra punizione.»
Blake aveva ragione.
Lydia si sarebbe aspettata di tutto dal loro incontro con la professoressa McGranitt tranne prendersi l’ennesima punizione per aver messo in discussione l’operato di un Prefetto.
Appoggiò la schiena al muro del corridoio e si lasciò scivolare a terra. «Non c’è più speranza. Siamo condannati a vivere il resto della nostra vita in punizione.» Sentì uno spostamento d’aria al suo fianco e si trovò Blake seduto a pochi centimetri da lei, le loro braccia che si sfioravano. «Almeno siamo in due e ci facciamo compagnia. Anche se immagino che avresti preferito passare il tempo con i tuoi amici.»
«Anche tu sei mio amico.»
Blake sgranò gli occhi stupito. Anche Lydia avrebbe dovuto esserlo. Non aveva mai pensato prima a Blake come un suo amico, eppure qualcosa dentro di lei le sussurrava di aver detto la verità. «Abbiamo passato non so più quante ore in punizione con Gazza, abbiamo pulito questo castello fino alla sua ultima nicchia e abbiamo affrontato insieme la professoressa McGranitt. Dopo tutto questo è impossibile non considerarsi amici, no?»
Blake ci pensò un attimo. «Sì, direi che è vero.»
Lydia sentì uno slancio di adrenalina attraversarla. «E allora sai cosa ti dico, amico?» chiese alzandosi. Allungò una mano verso Blake. «Che insieme riusciremo a superare qualsiasi punizione la McGranitt o tua sorella abbiano in serbo per noi.»
Blake strinse la sua mano e, con un sorriso, lasciò che Lydia lo aiutasse ad alzarsi.
 
«Quindi ricapitoliamo.» Lydia avvicinò le mani al vasetto contenente il fuocherello, nel vano tentativo di scaldarsi. «Il tuo piano è nasconderci in questi cespugli – a proposito, cespugli a forma di fenice? Chi ha cespugli a forma di fenice!? – fino a quando tuo padre uscirà di casa lasciandoci finalmente la via libera.»
«Esatto.»
«È un piano stupido.» sentenziò Lydia.
«È l’unico possibile.»
«Non possiamo entrare di notte?»
Era già da due giorni che i ragazzi sedevano alla fredda aria primaverile in attesa. Ed era da altrettanti giorni che si ripeteva la stessa conversazione. Blake rispose con la solita calma. «Se incrociamo per sbaglio mio papà è finita. Dobbiamo evitarlo a qualsiasi costo, quindi dobbiamo aspettare che se ne vada.»
«Sì, continui a dirlo, eppure tuo papà sembra non avere la minima intenzione di mettere il naso fuori casa. Potremmo attirarlo fuori con un diversivo...»
«E che cosa proponi?» chiese Blake, leggermente divertito.
Lydia si guardò attorno in cerca di ispirazione, ma c’era un dettaglio di quel giardino che continuava a distrarla. «Potremmo incendiare questi stupidi cespugli.» borbottò infine. Blake rise. «Lasciami almeno tagliargli le ali, così diventerebbero delle adorabili anatre, a chi non piacciono le anatre?»
«Che cosa ti hanno fatto le mie povere fenici?»
«Esistono.» rispose Lydia lapidaria, anche se sapeva benissimo il motivo per cui le odiava da quando si erano accampati alla loro ombra. Odiava loro ed ogni singolo elemento di opulenza in quel giardino, perché le ricordava che i Purosangue vivevano così, con fontane, cigni e siepi dalle forme discutibili, una condizione ben diversa rispetto alla sua e di tutti coloro che erano come lei. Ripensò ai genitori dei bambini che aveva conosciuto, ad Alice e agli altri Nati Babbani, in fuga o imprigionati chissà dove, o peggio ancora, morti in una guerra in cui non avevano alcuna colpa.
Se avesse avuto la sua bacchetta avrebbe incendiato quelle stupide fenici in quello stesso istante. Il problema era che Lydia non aveva più la sua bacchetta.
Dopo aver stretto l’accordo con Blake, lo aveva costretto a riportarla a casa di sua nonna nonostante le sue continue proteste sul pericolo che i Mangiamorte si trovassero ancora sul posto. Ma Lydia avrebbe affrontato una frotta intera di nemici pur di riavere la sua bacchetta con sé. E così erano tornati nel giardino di sua nonna, dove avevano fatto un’amara scoperta. La bacchetta era sparita. Quella sera, una volta rimasta sola nella sua nuova camera, Lydia si era permessa di piangere al pensiero che la sua bacchetta, la stessa che l’aveva accompagnata in tutti gli anni che aveva trascorso nel mondo magico, fosse finita nelle mani dei Mangiamorte. Almeno la sua famiglia era al sicuro. Era la sua unica consolazione. Ma non per questo si sentiva meno indifesa senza la sua arma. Indifesa e troppo dipendente da Blake.
 
Lydia non poteva crederci.
Come aveva fatto?
Quale incantesimo o maleficio l’aveva portata a farlo?
«Stai bene?» Lydia sollevò lo sguardo ed incrociò quello preoccupato di Lance. «Sì, sto benissimo, mai stata meglio, quando passa il carrello?»
La realtà era che no, non stava bene. Doveva essersi presa una malattia magica. Quali erano i primi sintomi dell’influenza del drago?
Febbre, eruzioni cutanee a forma di zanne e sorridere al proprio arci nemico. Sì. Aveva l’influenza del drago. Non c’era un’altra motivazione logica che avrebbe potuto spingerla a sorridere a Blake Moore.
Era accaduto in fretta. Lydia stava solo aspettando l’arrivo di Alice, Paul e Lance sul binario nove e tre quarti. Non si era neppure accorta di essere a fianco di Blake e della sua famiglia. Almeno fino a quando lui le aveva sorriso. E lei aveva ricambiato il sorriso. Lydia si portò una mano alla fronte. Effettivamente le sembrava di essere calda, e il vagone dell’Espresso di Hogwarts non le era mai parso così soffocante.
«Sei sicura di stare bene?»
No. Stava per morire di febbre del drago, o di vergogna. Era la definizione opposta di ‘stare bene’.
«Sì.» rispose invece. Sì alzò. Doveva uscire da lì prima che fosse troppo tardi, prima che i suoi amici scoprissero il suo tradimento. «Ho solo fame, vado a cercare il carrello!»
«Vengo con te.» provò a dire Lance.
Lydia fu più veloce. «Torno subito!» e sbatté la porta scorrevole alle sue spalle.
Prese un respiro profondo.
I corridoi erano pieni zeppi di studenti. I più grandi correvano da una parte all’altra per salutare i propri amici e raccontarsi a vicenda delle vacanze estive appena trascorse. I novellini invece avevano l’aria terrorizzata ed osservavano tutto ciò che li circondava con gli occhi talmente strabuzzati che Lydia temette di vederli presto schizzare fuori dalle orbite. Quello sì che l’avrebbe distratta dai suoi sintomi e dal pensiero della sua prossima dipartita.
Erano passati cinque anni dal suo primo viaggio sull’Espresso di Hogwarts ma Lydia ricordava bene la sensazione che stavano vivendo quei ragazzini.
‘Ma allora era tutto più semplice.’ si ritrovò a pensare ‘Nessuna preoccupazione per i G.U.F.O., nessun senso di colpa per aver sorriso distrattamente, nessuna voglia di buttarmi giù dal treno.’
Superò un gruppetto di ragazzini che si lanciavano una Pluffa.
Che poi, ripensandoci, non gli aveva proprio sorriso. Era stata una reazione spontanea, si disse Lydia, come quando qualcuno saluta e viene l’istinto di rispondere, senza valutare se colui che ha rivolto il saluto è la stessa persona che ti ha reso gli anni di scuola un inferno.
Lydia si bloccò.
Sì, era così.
Lei non aveva alcuna colpa. Era stata una reazione involontaria del suo corpo.
Tirò un sospiro di sollievo.
Era stata una stupida a preoccuparsi così tanto, e chissà cosa avevano pensato i suoi amici a vederla ridotta in quello stato.
Doveva tornare indietro e godersi insieme ai suoi migliori amici le ultime ore di libertà prima che una marea di compiti li sotterrasse e li facesse dimenticare dell’esistenza dell’estate.
Con questa nuova convinzione, Lydia tornò quasi saltellando al suo scompartimento, con una baldanza tale che persino i ragazzini smisero di lanciarsi la Pluffa per lanciarle occhiate perplesse.
Non che a Lydia importasse.
Ormai nulla poteva turbarla, non ora che aveva scoperto di non essere malata, né sul suo letto (o treno) di morte. Con quell’allegria spalancò la porta dello scompartimento esclamando «Sono tornata!» E si impietrì.
Perché quello non era il suo scompartimento, ma soprattutto la persona seduta al suo interno non era Lance, né Paul, né Alice.
«Blake.» boccheggiò Lydia.
Blake ebbe la decenza di essere altrettanto sconvolto.
«Lydia.»
Qualcuno complottava contro di lei. Come aveva fatto a finire lì? Come?
Fece un passo indietro. ‘Scompartimento 301’ lesse sull’intercapedine della porta.
Lance, Alice e Paul si trovavano nel 302. Non importava, era stato solo un errore, sarebbe bastato uscire da lì e correre nella protezione dei suoi amici. Eppure…
«Dove sono i tuoi amici?» La curiosità di Lydia aveva avuto la meglio. Aveva già fatto diverse scelleratezze in poche ore, una in più non avrebbe cambiato molto.
Blake la guardò negli occhi e Lydia si sentì attraversare da un brivido per l’intensità di quello sguardo.
«Ho deciso di viaggiare da solo quest’anno. Mi serviva tempo per pensare.»
‘Perché? Tu hai un cervello?’ La risposta le era stata servita su un piatto d’argento e le vorticava nella mente urlando per uscire. Sarebbe stato semplice. Doveva solo pronunciare quella frase e tutte le stranezze sarebbero terminate. Sarebbe tornato tutto alla normalità. E invece… «A cosa dovevi pensare?»
Blake le rivolse un mezzo sorriso. «A quello che ho fatto.» E visto che ormai si era già rovinata l’esistenza con le sue stesse mani, Lydia richiuse la porta dello scompartimento alle sue spalle e si sedette sul sedile di fronte a Blake.
Persino Blake rimase senza parole per il suo gesto.
«Mi fermo cinque minuti. Non di più.» lo minacciò Lydia. «Voglio solo sapere a cosa ti stai riferendo di preciso. A quanto sei stato stronzo negli ultimi anni, o più probabilmente da quando sei nato? Sai, ho una teoria secondo la quale la tua prima parola è stata Sanguemarcio, stavo pensando di chiedere conferma a tua sorella ora che si è diplomata e non può più mettermi in punizione, ma poi ho pensato che magari i Capiscuola possono ancora dare punizioni anche da fuori scuola, non mi stupisco più di nulla a Hogwarts, e perché mi stai guardando così?»
«Stai consumando i miei cinque minuti.»
Lydia serrò la bocca.
«Hai ragione.» disse Blake con un sospiro. Poi si bloccò «Non sulla parte della mia prima parola. Quella è stata ‘Nala’, il nome della nostra salamandra domestica. Intendo dire che hai ragione sul mio essere stato uno stronzo.»
Lydia avrebbe voluto non credergli così tutto sarebbe tornato come era sempre stato. Si sarebbero insultati e lei sarebbe tornata nel suo scompartimento, con i suoi amici. Ma qualcosa nell’espressione di Blake le impediva di dargli del bugiardo. I suoi occhi riflettevano un’emozione sincera e Lydia non aveva mai notato quanto la tonalità di verde delle sue iridi fosse bella. Così come il modo in cui stava aggrottando le sopracciglia, gli creava una fossetta proprio in mezzo alla fronte e… Lydia sgranò gli occhi.
No.
No!
Non poteva trovare Blake Moore attraente. No, semplicemente non poteva.
Era scientificamente e magicamente impossibile.
«Mi dispiace, Lydia. Ho fatto tante cose stupide negli ultimi anni, specialmente contro di te. E mi dispiace aver smesso di essere tuo amico.»
Lydia si costrinse a focalizzarsi sul discorso, non sul modo in cui la calda luce pomeridiana rifletteva sui capelli scuri di Blake.
«È successo tre anni fa.»
«Ma solo oggi ho capito quanto io sia stato stupido. Il periodo in cui sono stato tuo amico è stato il più bello per me, in tutta la mia permanenza ad Hogwarts.»
 «Sei stato tu a rompere la nostra amicizia.» lo squadrò Lydia «Se non ricordo male sei stato proprio tu a fine anno ad avermi insultata ed aver detto che ti dovevo aver fatto qualche incantesimo perché non avresti mai passato di tua spontanea volontà del tempo in compagnia di una Sangue Sporco come me.»
Blake si chinò verso di lei e Lydia si trovò inconsciamente a piegarsi verso di lui per avvicinarsi. «Come ho detto, sono stato uno stronzo per troppo tempo.»
Lydia si perse per un istante nei suoi occhi. Scosse la testa e si ritrasse di scatto. «Perché dovrei crederti?»
Blake si appoggiò nuovamente allo schienale del sedile. «Puoi anche non credermi e avresti ragione. Ma troverò il modo per farti cambiare idea. Ti dimostrerò la sincerità delle mie parole, vedrai.»
«E perché mai avresti dovuto avere questo cambio di coscienza così improvviso?» sbuffò ironica Lydia.
Questa volta Blake esitò per qualche istante prima di rispondere. «È da tempo che ho iniziato a pensarci. L’anno scorso, quando Isaac e Aiden combinavano i loro scherzi verso i Nati Babbani…»
«Scherzi?»
«Cattiverie.» si corresse Blake «Una vocina dentro di me mi diceva che non c’era gusto, che era tutto sbagliato. Ho cercato di essere una persona migliore, durante le vacanze, e ci sono riuscito… Ma quando questa mattina sono risalito sul treno e ho rivisto i miei amici, loro hanno subito cercato di capire chi tra i primini sono Nati Babbani per poterli tormentare durante l’anno. Non mi è piaciuto. Non voglio più essere quella persona, Lydia. Per questo ho preferito viaggiare da solo piuttosto che con loro. Ed è per questo che sto ringraziando Merlino per il fatto che tu sia entrata proprio nel mio scompartimento.»
Era sincero.Lydia non riusciva neppure a capire come faceva a saperlo con così tanta certezza, ma il suo stupido cuore le stava continuando a dire che era la pura e semplice verità.
«E perché mi hai sorriso?»
Il volto di Blake si illuminò di un sorriso ancora più grande rispetto a quello che le aveva rivolto sulla banchina. «Perché volevo chiederti se vuoi venire ad Hogsmaede con me.»
Il cuore di Lydia accelerò contro la sua volontà, e temette che Blake potesse sentirlo.
«No.» Maledisse l’esitazione con cui pronunciò quel rifiuto nel momento stesso in cui vide gli occhi di Blake illuminarsi di una luce maliziosa.
«Un solo appuntamento, Lydia. E poi non ti chiederò altro.»
«Appuntamento è una parola forte.»
«Incontro, uscita, gita. Chiamalo come vuoi, ma resta comunque l’unica cosa che ti chiedo.»
E per Lydia fu difficile rinnovare il suo diniego. «E va bene.» Il sorriso di Blake divenne se possibile ancora più luminoso. «Non così veloce, Moore.» lo freddò Lydia all’istante. Si sistemò le maniche della felpa che indossava fingendo indifferenza. «Ti propongo un patto. Se mi dimostrerai che sei sincero sul tuo essere cambiato, allora verrò ad Hogsmaede con te.»
Blake annuì. «Ci sto.»
La conversazione era finita, Lydia sapeva di doversi alzare e tornare dai suoi amici che la stavano aspettando. Eppure… «Nala la salamandra domestica?» chiese invece.
Blake rise sonoramente. «È una storia lunga.»
Lydia lanciò un’occhiata fuori dal finestrino, da cui si iniziavano a veder scorrere i campi scozzesi. «Abbiamo ancora diverse ore di viaggio davanti, direi che il tempo non ci manca.»
 
Il terzo giorno di appostamento, Lydia prese seriamente in considerazione l’idea di abbandonare Blake al suo destino e tornarsene a casa. Poi si era accorta di non sapere più quale fosse la sua casa, e la rivelazione le aveva inferto così tanto dolore da convincerla a sopportare ancora un po’. Certo, sarebbe stato meglio se il tempo non avesse deciso di impazzire completamente e costringerla così ad assistere a un drastico calo delle temperature. Blake le aveva spiegato che le condizioni atmosferiche erano completamente nel caos negli ultimi mesi a causa dei Dissennatori che circolavano liberamente in Gran Bretagna. Al sentir nominare i Dissennatori, Lydia aveva avuto i brividi, mentre il suo pensiero era involontariamente corso al ricordo del loro ultimo incontro, ed aveva rimpianto ancora una volta la sua bacchetta, anche se sarebbe stata inutile visto la sua scoperta incapacità di produrre un Patronus.
Blake aveva notato la sua paura. «Non ti devi preoccupare. Se ne staranno alla larga.» Lydia si chiese come facesse ad esserne così sicuro. «Fidati di me.»
«Fidarsi è una parola grossa.»
Blake si voltò verso di lei. «Pensavo di averti dimostrato di poterti fidare di me.»
Lydia si strinse la giacca sulle spalle per proteggersi dal vento gelido. «Aver accettato di aiutarti non significa che io mi fidi di te.»
«Ma…»
«No.» Lydia sollevò una mano per fermarlo «Hai già detto troppe volte di essere cambiato.»
 
Lydia Merlin si aspettava di tutto dalla sua permanenza ad Hogwarts, in fondo in una scuola di magia e stregoneria poteva accadere anche l’impossibile. Si sarebbe aspettata qualsiasi cosa tranne diventare la fidanzata di Blake Moore. A volte si chiedeva ancora come fosse successo. D’accordo, durante il viaggio verso Hogwarts si era lasciata convincere del suo pentimento ed aveva più o meno accettato di andare ad Hogsmaede con lui. E okay, durante le prime settimane di scuola, Blake aveva dimostrato di essere effettivamente meno bastardo del solito, e anzi, aveva difeso alcuni studenti da Harris, Mills e O’Neill. E così Lydia aveva rispettato la sua parte del patto. Erano usciti per andare ad Hogsmaede. Ecco, la storia sarebbe dovuta finire lì. Con loro che si salutavano davanti al ritratto della Signora Grassa al rientro dal villaggio. Lydia aveva accettato l’invito proprio con la convinzione che avrebbe dovuto sopportare un solo pomeriggio in compagnia di Moore e poi avrebbe potuto dimenticare quella storia. E allora perché quando Blake l’aveva salutata al termine della loro uscita, lei lo aveva baciato? Erano passati mesi e se lo domandava ancora.
La parte più difficile era stato dirlo ai suoi amici. Sapeva con certezza che Alice, Lance e Paul non avrebbero accettato la sua scelta, forse perché faticava a comprenderla lei stessa, e Lydia aveva cercato di evitare l’argomento, per poi scoprire che qualcuno aveva risolto per lei il dilemma. Si era dimenticata di quanto fossero pettegoli i quadri di Hogwarts. Subito dopo aver assistito al loro bacio, la Signora Grassa era corsa (Materializzata, volata, trasportata, come si chiamava lo spostamento dei ritratti?) a dirlo a Violet, che a sua volta l’aveva riferito al frate del terzo piano, il quale aveva deciso di raccontarlo a tutti i dipinti della sua area. Poi il cavaliere pazzo era salito al quinto piano per raccontare la notizia a Giuliano de Medici, il quale ovviamente aveva spifferato tutto a Simonetta, ma Shakespeare aveva sentito la notizia ed aveva composto un sonetto a tal proposito (qualcosa su amanti sventurati e provenienti da due casate nemiche tra di loro), declamandolo ad ogni studente di passaggio. Sì, Lydia aveva interrogato uno per uno ogni singolo quadro per risalire al colpevole. Aveva scoperto che i quadri cedevano a qualsiasi richiesta quando li si minacciava di tagliare loro la tela, o peggio ancora, di spruzzarla di succo di zucca.
In ogni caso, come prevedibile, Alice, Lance e Paul non erano stati particolarmente contenti della sua nuova vita amorosa. Ma loro non potevano comprendere quanto Blake fosse cambiato in così poco tempo, di quanto avesse preso a cuore la loro relazione e si stesse impegnando per essere la migliore versione di sé. Come quando si presentava ai loro appuntamenti impacciato e con mazzi di fiori colti di nascosto dalle serre, oppure fuori dalle classi per accompagnarla alle lezioni successive e poter così passare un po’ più di tempo insieme. O quando aveva rubato del cibo dalla Sala Grande e una coperta dai dormitori per poterla invitare ad un pic-nic sulle sponde del Lago Nero. Le gite ad Hogsmaede, le avventure nei sotterranei di Hogwarts per scoprirne ogni segreto; i baci rubati, sotto il cielo stellato, nelle sere in cui sfidavano il coprifuoco per non doversi separare.
Vi erano però occasioni in cui Lydia si trovava a dover dar ragione ai dubbi dei suoi amici. Prima delle vacanze di Natale, lei e Blake avevano passato quasi ogni momento libero a litigare perché lui non riusciva a comprendere il nervosismo di Lydia, e Lydia non riusciva a parlare con Blake del vero motivo delle sue continue sfuriate. In fondo come poteva un Purosangue comprendere la paura che stavano vivendo chi il sangue così puro non lo possedeva?
Ma non importava. Non più.
Dal ritorno dalle vacanze di Natale, Lydia aveva cercato di vivere la sua vita scolastica il più normalmente possibile, impegnandosi di ricordare che nonostante tutte le pietrificazioni e le minacce, la scuola che amava era ancora lì, insieme alle persone a lei più care.
Nel conforto di quel pensiero, Lydia si strinse al fianco di Blake. Si trovavano in un corridoio del quarto piano, illuminato dalla luce della luna che filtrava dalle grandi finestre. L’ora del coprifuoco si stava avvicinando, ma a loro non importava. Blake aveva steso a terra il suo mantello e si erano seduti vicini, ognuno intento a rileggere i propri appunti ma grati del tempo passato insieme.
Lydia posò la testa sulla spalla di Blake. «Sai, sono proprio contenta di essere tornata.»
Blake girò il foglio per leggerne il retro. «Le vacanze di Natale non sono state così lunghe.»
«No, intendo di aver deciso di tornare.»
Blake sollevò lo sguardo dai suoi appunti. «Perché non saresti dovuta tornare?»
«Sai, visto tutto quello che è successo negli ultimi mesi non ero poi così sicura di voler tornare al castello. E neanche mia mamma.» ricordò con una smorfia. Sua madre non era stata per nulla contenta della sua scelta di tornare a scuola, anzi, si era persino rifiutata di riaccompagnarla al Binario nove e tre quarti.
«Perché non mi hai detto niente?»
Lydia scrollò le spalle. «Non avevo voglia di litigare di nuovo. E poi ho provato a dirtelo, ma tu non volevi ascoltarmi. Mi dicevi che non dovevo preoccuparmi, ed effettivamente hai ragione. Ho trovato la soluzione perfetta, stare sempre in compagnia di qualcuno. Ci sei tu, c’è Alice, a volte mi faccio accompagnare da Lance e Paul, anche se non sai quanto mi costa considerare Paul come il mio protettore dai mostri pietrificanti.» Lydia sentì la spalla di Blake irrigidirsi sotto la sua testa. Si sollevò per guardarlo. «Cosa c’è?»
Blake fissava un punto del muro davanti a loro. «E così ti fai accompagnare in giro da O’Brien.»
«E da Paul, e da Alice, e a volte mi accodo agli altri Grifondoro che escono dalla Sala Comune. Che problema c’è?»
«Nessun problema.» disse Blake, anche se la sua voce dimostrava il contrario.
«Non sarai geloso, vero?» scherzò Lydia, tornando a concentrarsi sui suoi appunti. Lance era stato di grande aiuto per superare il primo esame dopo il rientro dalle vacanze di Natale, ma la strada verso il G.U.F.O. in Pozioni era ancora lunga. Il silenzio si protrasse mentre lei rileggeva gli effetti collaterali delle Pozioni Restringenti.
«A volte sei proprio un’ingenua.»
«Come scusa?»
Le mani di Blake stringevano i suoi appunti con tanta forza da stropicciare la pergamena. «Ho detto che a volte sei proprio un’ingenua.»
Lydia sollevò il mento. «Ti avevo sentito la prima volta, ti stavo solo dando la possibilità di ritirare quello che hai detto.»
«O’Brien non ti aiuta solo per bontà d’animo.»
«No, hai ragione. Lo fa perché è mio amico.»
Blake sbuffò. «Amico, certo.»
Lydia ne aveva abbastanza. «Se hai qualcosa da dirmi, dimmelo e basta.»
«Penso solo che se volevi lasciare la scuola avresti dovuto parlarne con me – il tuo fidanzato – non di sicuro con O’Brien.»
«Io ho tentato di parlarne con te!» esclamò Lydia «Te l’ho detto che non ne potevo più di pietrificazioni e minacce. E abbiamo litigato. Più volte. Mi hai sempre detto che ero una stupida e preoccuparmi così tanto e-»
«Non ho mai detto che sei una stupida!» la interruppe Blake.
«Ma era quello che pensavi! E non osare negarlo.»
Blake scattò in piedi. I fogli che teneva sulle gambe si sparsero su tutto il pavimento. «Non ho intenzione di cadere nella tua trappola.»
«Che trappola?» chiese Lydia, tra l’esasperato e lo stupito.
«Vuoi litigare!»
Sì, Lydia era decisamente stupita. «Perché mai vorrei litigare con te?» domandò alzandosi a sua volta. Nelle mani stringeva ancora gli appunti di Pozioni.
«Perché così poi potrai correre dai tuoi amichetti a raccontare di quanto io sia terribile e cattivo.»
«Ma cosa stai dicendo?»
Ma Blake si rifiutava di guardarla. Con uno scatto rabbioso raccolse la sua borsa e il mantello da terra. «Niente. Assolutamente niente.» E senza aggiungere altro si allontanò da lei.
Lydia rimase immobile, a bocca aperta, senza realmente capire cosa fosse appena successo. Poi un pensiero la colpì. Blake se ne stava andando. E lei stava per rimanere da sola di sera, nel corridoio di un castello semi deserto abitato da un mostro assetato di sangue. «Blake, aspetta!» lo chiamò disperata.
Blake si voltò a guardarla. Vide la paura di Lydia. E se andò.
 
«Funzionavamo bene, come coppia.» Lydia si voltò stupita verso Blake.
«No che non funzionavamo.» rispose sincera, ma Blake scosse la testa.
«Intendevo quando riuscivamo a non litigare… o a non farci condizionare dai nostri amici. Ti concentri solo su quello che non ha funzionato e non su tutti i bei momenti che abbiamo passato insieme.»
No, Lydia non aveva la minima intenzione di finire in quel discorso. Non dopo aver trascorso quattro giorni dietro ad uno stupido cespuglio a forma di fenice ad aspettare che una stupida porta si aprisse. Blake era di tutt’altro avviso. «Forse il nostro unico errore è non averci riprovato.»
«Ci abbiamo riprovato.» rispose secca Lydia. «Settimo anno. Dovresti ricordartelo considerando che è finita con te ricoperto interamente da succo di zucca per colazione.»
«Intendevo dopo. Una volta diplomati, lontani dalla scuola e da tutti gli altri.»
«Puoi spostarci in un altro ambiente ma noi siamo sempre noi, Blake. Non ha funzionato a Hogwarts e non avrebbe potuto funzionare nemmeno a Londra, o nel mondo babbano, o ovunque tu abbia immaginato la nostra relazione.»
«Come fai ad esserne così sicura senza almeno averci provato?»
La pazienza di Lydia era arrivata al limite. «Senti, Blake, se con il tuo discorso vuoi arrivare a dire che dovremmo riprovare a stare insieme allora ti dico subito di risparmiare il fiato, e di non - »
«Hai mai pensato a cosa sarebbe successo se non ci fosse stata la guerra?»
«Blake.» lo fermò Lydia «Ci siamo lasciati molto prima che scoppiasse la guerra. E anche se non ci fosse stata, tu avresti comunque seguito i tuoi amici, come hai sempre fatto e come sempre farai.»
«Non che i tuoi di amici fossero tanto meglio.» replicò Blake, risentito.
«Cosa hai contro di loro?»
«Tranne il fatto che ti hanno abbandonata?»
Lydia strinse le labbra. «Non penso che tu abbia il diritto di giudicarli.»
«Non sto giudicando. Sto solo dicendo la verità.»
Lydia avrebbe voluto gettargli in testa il vasetto contenente il fuocherello.
Fortunatamente un rumore li interruppe prima che la ragazza potesse prendere decisioni avventate. Lydia e Blake si voltarono verso il vialetto. La macchina aveva preso vita e al suo volante… «Tuo papà.» Erano passati talmente tanti giorni che Lydia non riusciva a credere ai suoi occhi. Eppure era vero. Il papà di Blake stava uscendo dal cancello.
Era arrivato il momento di entrare in casa Moore.
 
 

 

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