Piume di Cenere

Harry Potter - J. K. Rowling
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Piume di Cenere
Summary
Il Ministero è caduto, le lettere di convocazione al Censimento per i Nati Babbani sono state inviate e quando Lydia Merlin riceve la sua, sa che è arrivato il momento di nascondersi. Ma una lezione che ha imparato durante i sette anni ad Hogwarts è che i suoi piani non vanno mai come dovrebbero.Un incontro fortuito con un ex compagno di scuola ed un bambino troppo chiacchierone le ricorderanno che la fuga non è un’opzione, e che in un mondo magico che ha dimenticato cosa sia l’umanità e la pietà, c’è ancora qualcosa per cui vale la pena combattere.Una storia di sopravvivenza, ingiustizia e dei mostri che si annidano nei luoghi più oscuri.Dall'Epilogo:«Corri!»Lydia sapeva che era arrivata la loro fine.Nulla li avrebbe salvati.Sfrecciò in mezzo ad un gruppetto di anziane signore, che reagirono lanciandole imprecazioni che mal si addicevano a delle così adorabili nonnine.«Scusate, scusate!»E ovviamente Lance perse tempo a cercare di farsi perdonare piuttosto che correre per salvarsi la vita.
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Capitolo 11 - Il male del silenzio

Capitolo 11
Il male del silenzio

 

Caitlin smise di parlargli quel giorno stesso.
Corse nella loro camera e si chiuse dentro, i genitori la seguirono chiamandola e implorandola di ascoltarli. Nella fretta avevano lasciato cadere la lettera di Lance sul pavimento.
Lance si sentiva ovattato, tutto il mondo si muoveva al rallentatore ai suoi occhi. Si chinò a raccogliere la lettera. La busta era rovinata, sua madre l’aveva stropicciata nell’agitazione e angoscia, un angolino si era strappato.
Lance si sedette alla sua solita sedia. Sentiva i suoi genitori parlare nel corridoio. Così lontani. Mise la lettera sul tavolo e tentò diverse volte di appiattirla con il palmo della mano. Spezzò il sigillo di Hogwarts ed estrasse la lettera. Anche quella non era stata risparmiata dalla presa dei suoi genitori. La pergamena era sgualcita e anche lei stracciata in un angolo, o meglio, in diversi punti, constatò quando la aprì. Tentò più volte di leggerne il contenuto, ma non riusciva a comprendere le parole che vedeva. Il suo sguardo continuava a tornare sulla prima frase.
‘Caro signor O’Brien,’
E rimase per ore lì, seduto immobile al tavolo della cucina apparecchiato e con la torta di compleanno già pronta e completamente dimenticata da tutti. Caitlin e i suoi genitori riemersero dalla cameretta solamente nel pomeriggio e quella sera stessa Caitlin si trasferì a dormire nella stanza degli ospiti. Il giorno dopo aveva già spostato tutte le sue cose nella sua nuova camera, lasciando Lance completamente solo per la prima volta nella loro vita.
Lance tentò più volte, nei giorni successivi, a convincere la sorella che non era colpa sua, che lui avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di andare ad Hogwarts con lei, ma ogni volta Caitlin non rispondeva, non lo guardava neppure, nonostante i loro genitori tentassero di farle comprendere la stessa cosa e far tornare tutto come era prima.
Ma non era possibile, nulla sarebbe più stato lo stesso.
E così passarono le settimane e Lance si sentiva sempre più solo. Era come se gli avessero amputato metà cuore.
Solo il ritorno di Duncan dalle vacanze estive cambiò la situazione. Caitlin tornò a parlare con la vivacità di un tempo, anche se sembrava forzata, e continuando a rivolgere meno parole possibili al suo gemello. Solo sguardi freddi e parole altrettanto gelide.
Lance non era mai stato così triste.
 
 
«E’ giunto il momento del nostro piano!» annunciò a gran voce Katherine rientrando in camera. Era il secondo giorno in cui si trovavano in quel rifugio, eppure i loro inseguitori continuavano a rimanere intorno alla proprietà, pronti a stanarli appena avessero tentato di uscire.
«Hai trovato il modo per andarcene da qui?» chiese Lydia.
Il sorriso di Katherine si incrinò. «No...»
«Allora sai come contattare i signori O’Brien?»
A questo punto il sorriso si spense del tutto. «No.» Il suo malumore però non durò a lungo, sostituito da quell’entusiasmo che Lydia stava cominciando a temere «Ma è arrivato il momento di far parlare quei due!»
Lydia si era quasi dimenticata del piano ideato da Katherine due giorni prima, e aveva sperato che lei avesse fatto lo stesso, ma in fondo doveva saperlo che da vera Corvonero, non avrebbe mai rinunciato a mettere in pratica un suo piano, per quanto impraticabile fosse.
Katherine si sedette sul letto, accanto a Lydia, che grugnì e si voltò dall’altra parte, coprendosi la testa con le lenzuola. Katherine non recepì il messaggio e continuò a parlare. «Abbiamo già aspettato fin troppo. Ammetto che l’essere stati inseguiti da un gruppo di pazzi assassini ha rallentato i miei piani, ma dovremmo vederla come un’occasione d’oro!» Lydia grugnì e prese il cuscino di Katherine per coprire ancora di più il volto. La voce ovattata di Katherine giunse lo stesso fino alle sue orecchie. «Siamo in un luogo senza distrazioni! Non ci sono bambini, né genitori invadenti né Caitlin, potrebbe non presentarsi mai più un’occasione del genere!» Era confortante sapere che c’era la possibilità che non si dovessero mai più trovare in una casa sperduta circondata da maghi che li volevano morti. «Lydia, ti dico che è il momento perfetto per il nostro piano!»
Lydia mugugnò rinunciando definitamente all’idea di poter dormire ancora qualche minuto. Spostò il cuscino e ripiegò le coperte, trovandosi accecata dalla luce del sole che stava calando oltre le fronde degli alberi. Katherine doveva aver aperto le imposte con un incantesimo non verbale. Lydia riprese il cuscino e se lo premette di nuovo sul viso, degli aloni di luce erano ormai impressi nelle sue palpebre.
 «Sono già rimasti da soli le sere scorse, cosa ti fa pensare che oggi si parleranno?»
La sua domanda fu accolta dal silenzio, cosa che le fece abbassare il cuscino. Quando riuscì a mettere a fuoco il viso di Katherine si accorse di un particolare. «Stai ghignando per caso?» Non era possibile. Non la cara e dolce Katherine, l’unica normale nel quartetto, o in generale di casa O’Brien, se si considerava anche Caitlin. Lydia provò una fitta allo stomaco ripensando a Caitlin in quanto quel nome era collegato inequivocabilmente a quello di Henry e di tutti gli abitanti di casa O’Brien. Negli ultimi due giorni si erano spremuti le meningi nel pensare ad un modo sicuro per contattare la loro famiglia e far sapere che stavano tutti bene, ma non erano riusciti a trovare nessuna soluzione, soprattutto considerando che non erano disposti a correre rischi inutili. Era meglio che pensassero che fossero stati rapiti o uccisi piuttosto che esporli al pericolo che qualcuno seguisse il loro messaggio arrivando a casa O’Brien. Allo stesso tempo però non sapevano quanto avrebbero potuto resistere senza rinforzi.
La risposta di Katherine fu provvidenziale per non farla cadere nel vortice di ansia e tristezza che provava ogni notte al pensiero della presenza dei Mangiamorte a pochi metri di distanza da loro. «Sì, sto ghignando, come dici tu. E il motivo è semplice. Effettivamente i giorni scorsi Lance e Duncan si sono trovati da soli nella stessa stanza ma ogni volta uno dei due stava dormendo e l’altro era troppo stanco per parlare dopo il turno di guardia. Ora invece sono freschi e riposati e nessuno di loro ha un turno fino a domani mattina. Ho appena finito il mio turno ed ora tocca a te.»
«No, adesso tocca a Lance.»
«Ma tu prenderai coraggiosamente il suo posto, mentre io sono stanca e penso che me ne starò qui a letto per riposare un po’, il che significa che quei due avranno tutta la serata per stare insieme e parlare.»
«Aspetta, cosa!?» Lydia abbracciò il cuscino. «Ho sonno e non ho intenzione di fare di nuovo il turno di notte!» Una volta le era bastata. Aveva passato tutta la notte precedente seduta sulla porta d’entrata mentre un Mangiamorte la fissava senza in realtà vederla a soli cinque metri di distanza. Per non parlare del momento inquietante in cui un gruppetto era comparso all’improvviso nell’oscurità della foresta per dare il cambio ai loro compagni, facendola spaventare talmente tanto che il suo primo istinto era stato quello di rientrare in casa a chiedere a qualcuno di darle in cambio. Poi si era immaginata come avrebbe reagito Duncan, sicuramente le avrebbe dato della codarda, e solo quello l’aveva fatta desistere e rimanere seduta lì, pregando che il mattino arrivasse presto.
«Lydia, devi pensare a Duncan e Lance. Il loro rancore non fa bene alla squadra, pensa alle meraviglie che potrebbero fare se solo si decidessero ad andare d’accordo durante questo terribile momento. Sono sicura che se riuscissero a collaborare riusciremmo anche ad inventarci un piano per uscire da qui, e invece è impossibile se quei due continuano a bisticciare per ogni cosa!»
Lydia sbuffò ma Katherine aveva toccato le corde giuste. La dolce prospettiva di poter lasciare quel posto infermale e tornare a casa O’Brien la spinsero a trovare il coraggio per alzarsi dal soffice letto ed infilarsi le scarpe. «Solo perché voglio tornare a casa.» sentenziò.
Katherine si alzò dal letto con un’esclamazione di gioia e la abbracciò. «Grazie!»
Lydia si irrigidì. «Prima però mi lasci il tempo di cenare.»
«Tutto quello che vuoi!» disse lasciandola andare.
Lydia sospirò chiedendosi in che guaio si fosse appena cacciata. Uscì dalla stanza proprio mentre Lance stava aprendo la porta d’ingresso. «Aspetta.» disse con poco entusiasmo. «Faccio io il turno di notte.»
Lance la guardò perplesso. «Pensavo che avessi odiato il turno di notte.» Duncan se ne stava seduto al tavolo della cucina, ignorandoli completamente.
Lydia aprì l’anta della dispensa e guardò sconsolata le lattine impilate una sopra l’altra. Funghi, piselli, carne in gelatina e altre schifezze simili. Afferrò la scatoletta di carne ed una forchetta andando a sedersi di fronte a Duncan. Il tavolo era piccolo e non poteva sedersi più lontana di così. «No, cosa te lo fa pensare?» tirò la linguetta della scatoletta rivelando il contenuto, che sembrava più appropriato come cibo per gatti che per umani.
Lance aveva la mano ancora appoggiata alla maniglia. «L’hai detto tu stamattina. ‘Odio il turno di notte, odio i Mangiamorte e odio anche voi’. Testuali parole.»
Lydia scrollò le spalle fingendo indifferenza. «Ero solo stanca.» Prese una forchettata di carne e la mise in bocca. Iniziò a masticare lentamente, aveva scoperto a sue spese che aiutava a tenere a bada la fame. Lance richiuse la porta e andò a sedersi sull’unica sedia rimasta libera, ancora non del tutto convinto. Lydia deglutì prima di riprendere parola. «Però odio davvero i Mangiamorte.»
Duncan smise di fingere indifferenza. «Quelli non sono Mangiamorte.» A Lydia andò di traverso la carne in gelatina ed iniziò a tossire, Lance le diede alcuni colpetti sulla schiena.
«Cosa vuol dire che non sono Mangiamorte?» chiese Lance sorpreso.
«Quello che ho appena detto. Quelli lì fuori non sono veri Mangiamorte, e non lo erano neanche quelli che ci hanno inseguito fino a qui.»
Visto che Lydia continuava a tossire, Lance fece apparire un bicchiere d’acqua e glielo passò. Lydia ne bevve avidamente il contenuto, riuscendo finalmente a tornare a parlare nonostante la voce rauca e le lacrime agli occhi.
«E tu come fai a saperlo?»
«Avevo già i miei dubbi. E’ da mesi se non anni che ci sono voci di alcuni gruppi di sostenitori delle opere del Signore Oscuro e dei suoi fedeli Mangiamorte. Persone normali che condividono i loro valori sulla purità del sangue e l’ascendenza magica e agiscono di conseguenza, seviziando babbani e Nati Babbani.»
«Non è possibile che ci siano maghi o streghe rispettabili che farebbero cattiverie del genere senza aver stretto un patto con Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato.» disse Lance.
Duncan lo squadrò. «Non essere stupido, Lance.» Una maschera calò sul volto di Lance. «Esistono eccome persone così e sono più di quante pensi. Pensaci un attimo, se davvero tutti i maghi e le streghe fossero a favore dell’uguaglianza, allora il Signore Oscuro non sarebbe riuscito così facilmente a far cadere il Ministero, la Gazzetta e ad istituire il Censimento.» Lydia abbassò lo sguardo, il suo pensiero rivolto ad Alice. «Lo zio ha detto che al Ministero alcuni suoi colleghi hanno iniziato a denunciare i famigliari degli altri per discendenza incerta. Hai sentito cosa è successo ai colleghi di Katherine, senza che nessuno facesse nulla per aiutarli. Il male si presenta in molte forme, Lance, a volte si cela anche nel silenzio delle persone.»
«E come hai fatto a capire che le voci sono vere?» chiese Lydia.
Duncan si passò una mano sul volto, lasciando intravedere per soli pochi secondi la stanchezza che provava. «Ho riconosciuto uno di loro. L’altro giorno, fuori dalla casa del nostro ultimo bambino, era lì che si guardava attorno con fare sospetto e bacchetta pronta alla mano. L’ho subito riconosciuto, era un Tassorosso del mio stesso anno, è per questo che io e Katherine ci siamo immediatamente accorti di essere stati scoperti e siamo riusciti a raggiungervi in tempo. Anche due di quelli là fuori mi sembra di averli già visti a scuola. E se le voci sono vere significa che anche quello che avevo sentito su altri studenti di Hogwarts è altrettanto vero.»
Lydia raddrizzò la schiena. «Sai chi è passato dalla parte di Tu-Sai-Chi?»
«Alcuni erano prevedibili: figli di famiglie Purosangue sempre state troppo legate alla purità del Sangue; altri insospettabili. Ho sentito che Aleck Byrne, Sienna Walsh e Oswin Robertson sono tra i sostenitori del Signore Oscuro, anche Thaddeus Mills, forse conoscete suo fratello, se non sbaglio era del vostro anno.» Lydia lo conosceva fin troppo bene.
«Praticamente sono tutti i nomi della lista.» disse Lance.
«Quale lista?»
Lance scrollò le spalle. «Era una lista di nomi che il Preside ha dato a noi Prefetti. C’erano i nomi degli studenti da tenere particolarmente d’occhio e riferire se compivano atti di bullismo. Se devo essere sincero era una cosa completamente inutile. Non sai quante volte li ho denunciati e nessuno ha fatto nulla al riguardo. Venivano convocati nell’ufficio del Preside e uscivano dieci minuti dopo con una caramella al limone in mano.» Lance fece una smorfia. «E dopo se la prendevano con me e ricominciava tutto daccapo.»
Duncan continuò il suo elenco. «Cyril mi ha detto che anche Zachary Harris e Miles Carter sono stati visti girare con compagnie sospette. E se non sbaglio anche Eileen Moore si è unita al loro gruppo.»
Gli occhi di Lydia schizzarono verso Duncan al sentir nominare quel nome. Prima che gli altri potessero accorgersi del suo improvviso interesse, cercò di mascherare la propria espressione ed iniziò a rigirare la carne rimasta nella scatoletta. «E si sa qualcosa di suo fratello?» chiese con finta indifferenza.
Anche se non lo stava guardando, percepì Lance irrigidirsi improvvisamente. Gli lanciò un’occhiata di sottecchi e scoprì che stava stringendo un bicchiere, le nocche bianche e i nervi rigidi.
Duncan non si accorse di nulla. «Blake, giusto? No, di lui non so niente.»
Lydia cercò di mascherare il suo sollievo e, per evitare domande inopportune, si alzò e buttò nel cestino la sua scatoletta vuota. «Bene, è già tardi. Buona notte.» E senza voltarsi indietro uscì dalla casa.
La luce del giorno era svanita, l’oscurità aveva iniziato ad ammantare la foresta attorno a loro, i rami degli alberi sembravano dita scheletriche, e i Mangiamorte, o meglio, i seguaci di Colui-Che-Non-Doveva-Essere-Nominato, seduti sotto i loro tronchi, non contribuivano certo a rendere più idilliaco il paesaggio. Lydia rabbrividì.
Fece un giro veloce attorno alla casa accendendo delle piccole luci su tutti i lati e tornò alla postazione davanti alla porta. Nell’oscurità, l’alone dorato e argento degli incantesimi di protezione era poco visibile, doveva concentrarsi in un punto preciso prima di riuscire ad intravederlo e questo non aiutava ad attutire la punta di terrore che provava ogni volta che vedeva i loro nemici a così pochi metri da lei.
Odiava quel turno e si sarebbe vendicata di Katherine.
La temperatura stava calando di giorno in giorno e infatti quella notte era più fresca rispetto alla precedente, Lydia si pentì di non aver preso una coperta per superare le lunghe ore che la aspettavano. Ma non aveva neppure intenzione di rientrare e dover affrontare Lance. Si sarebbe scaldata nei suoi giri programmati attorno alla casa.
Solo il leggero frusciare delle fronde riempiva il silenzio notturno. Lydia sentiva le palpebre pesanti e non riusciva a smettere di sbadigliare. Almeno si augurava che tutto quello fosse valso a qualcosa, Duncan e Lance stavano di sicuro parlando, Katherine non avrebbe permesso loro di fare altro, solo che la porta chiusa le impediva di sentire qualsiasi voce. Peccato, sarebbe stato un ottimo modo per rimanere sveglia e scoprire quale segreto nascondessero i fratelli O’Brien. Ma doveva rispettare il patto stretto con Lance ed aspettare che fosse lui a parlargliene.
Si strofinò gli occhi.
«A noi tocca sempre il turno peggiore, vero?» chiese al Mangiamorte, o qualunque cosa fosse, riconoscendo nell’oscurità lo stesso viso che aveva visto la sera precedente. In realtà la notte prima aveva fatto il turno che andava dalle due fino all’alba, altrettanto buio, altrettanto pessimo. «Cosa sei? Una specie di tirocinante delle forze del male? Per questo ti mettono negli orari peggiori?» Le sfuggì una risatina al pensiero, subito zittita da un lieve movimento del Mangiamorte stesso. Rimase in attesa con il cuore in gola. Sapeva che non poteva sentirla ma la paura la avvolse lo stesso. Il ragazzo si limitò a spostare alcuni rametti e risedersi, appoggiando la schiena ad un albero. Lydia fece un sospiro di sollievo e si mise a sua volta comoda, sprimacciando il cuscino con cui avevano cercato di rendere più accogliente la postazione di guardia. Non faceva molto effetto considerando che rientravano sempre tutti con il mal di schiena.
Lydia soffocò un altro sbadiglio. «Forse riuscirei a rimanere sveglia se potessimo fare una chiacchierata.» continuò «Potrei chiederti come mai sei diventato un tirocinante del male. O cosa mai ti abbiamo fatto per farci odiare così tanto. Pensi anche tu che abbiamo rubato la magia o vuoi solamente avere più potere in questo mondo?» Per quanto ci pensasse, Lydia non riusciva proprio a capire. «Per quale motivo segui gli ordini di un mostro? Come potete pensare che sia possibile creare un mondo magico formato solamente da Purosangue? Siete in via di estinzione, fatevene una ragione.» Si sfregò gli occhi, un leggero dolore alla schiena si stava già diffondendo nelle sue ossa. Il Mangiamorte si alzò in piedi provocando una nuova ondata di panico in Lydia, che sobbalzò ed impugnò saldamente la bacchetta prima di rendersi conto che l’uomo stava solamente facendo qualche passo per sgranchirsi le gambe. Lydia sospirò «Siete patetici.» e il discorso si concluse. Cercare di trovare delle risposte a dei quesiti che si poneva da anni non la aiutava, non poteva conoscerne la risposta, forse nemmeno quei burattini avrebbero potuto risponderle. 
Cercò di trattenere uno sbadiglio. Non doveva addormentarsi. Eppure più pensava a quanto fosse necessario rimanere svegli, più la sua mente le ricordava la sua stanza in casa O’Brien, quel letto morbido, il silenzio confortante delle notti e le urla dei bambini come sveglia. Lo doveva ammettere, le mancava.
E si sarebbe persa in altri ragionamenti simili se una voce non avesse interrotto la quiete della sera. «MI HAI COSTRETTO!»
Lydia controllò che il Mangiamorte di fronte a lei non avesse sentito, scordandosi per un momento che le protezioni avrebbero impedito a qualunque rumore di superarle. La risposta di Duncan non superò la porta, non si poteva dire altrettanto della voce di Lance. «NON PROVARE A DARE LA COLPA A ME.»
La colpa di cosa?
La curiosità era grande e Lydia avrebbe potuto ascoltare anche le risposte di Duncan con un semplice incantesimo, eppure si trattenne. Aveva già abbastanza preoccupazioni e motivi per odiare il Serpeverde anche senza aggiungere quelli di Lance. Appoggiò nuovamente la testa alla porta, tanto ci avrebbero pensato le urla di Lance a tenerla sveglia.
«Non ricomincerai con questa storia!»
Attimi di silenzio.
«Ha fatto quello che pensava fosse giusto, lo stesso che hai fatto tu, no?» Il sarcasmo dell'ultima frase era chiaramente distinguibile. Lydia creò una minuscola lucina che si mise a volare accanto al suo viso. Un passatempo che risaliva agli anni di Hogwarts e che il gatto di Alice aveva sempre amato. «Almeno la tua fidanzata sa come tratti le ‘persone che ami’?» Altro sarcasmo. Lydia guidò la lucina negli alberi ancora compresi dall’incantesimo e tentò di farla ruotare attorno senza colpire il tronco. Le prime tre volte fallì, la luce si bloccò in alcuni rami bassi dell’albero, ma al quarto tentativo riuscì a farla volare intorno e farla tornare verso la porta. Sorrise soddisfatta. Ormai era quasi l’ora di fare il giro di controllo, magari sarebbe riuscita a togliersi quella sensazione di gelo se si fosse mossa. E si stava alzando quando si accorse di non sentire la voce di Lance da qualche minuto. Dovevano aver smesso di litigare. Si stiracchiò le braccia e fece due saltelli sul posto per attivare la circolazione delle gambe. «NON OSARE DIRE NIENTE CONTRO DI LEI, BASTARDO!»
Lydia si bloccò, si voltò di nuovo verso la porta e il tono di voce di Lance la spinse ad andare a controllare. Entrò in casa in tempo per vedere Lance e Duncan che puntavano le bacchette uno contro l'altro dai due lati opposti del salotto.
«Cosa state facendo?» chiese mentre anche Katherine compariva dalla stanza da letto urlando di fermarsi.
Lydia rimase sulla soglia della porta aperta. «Non vorrete fare la replica dell'altra sera. Se volete uccidervi a vicenda ditemelo che almeno esco prima che qualcuno faccia di nuovo male a me.» Nonostante le sue parole, aveva il braccio della bacchetta teso, pronto per essere usato in caso la situazione degenerasse.
Katherine nel frattempo si era messa in mezzo ai due fratelli. «Non è questo il modo per risolvere la questione.» tentò di essere diplomatica «Dovete calmarvi e cercare di capire uno le ragioni dell’altro.»
Lance non sembrava intenzionato a calmarsi «Ti fai anche proteggere dalla fidanzata ora?»
«Mi sembra che anche la tua si sia messa in mezzo.» replicò Duncan mantenendo il suo solito tono di voce, con un autocontrollo che Lydia avrebbe apprezzato se non si fosse soffermata su una parte di quella frase.
«Io non sono la fidanzata di nessuno.» disse con una smorfia. Duncan, Lance e Katherine si voltarono a guardarla. Lydia non ne comprese il motivo, ma almeno sembrava aver distolto per un attimo i due fratelli dall’intento di maledirsi a vicenda. «Se avete finito di urlarvi contro, io torno a fare la guardia, oppure se volete uccidervi a vicenda potete semplicemente attraversare il confine e consegnarvi a Voi-sapete-chi. Fate come volete.» Detto questo uscì di nuovo e sbatté la porta alle sue spalle. «Per colpa vostra divento anche l'unica responsabile nel gruppo.» borbottò rivolgendosi al Mangiamorte, ancora fermo al suo posto.
La porta si riaprì dopo pochi secondi. A Lydia non servì neanche sollevare lo sguardo per capire di chi si trattasse, il suo ‘scusa’ le bastò per riconoscerla.
«I tuoi piani non funzionano.» constatò Lydia tenendo lo sguardo fisso sul Mangiamorte. «Non va contro i tuoi principi da Corvonero?»
«Sono loro ad essere troppo testardi…» rispose Katherine stizzita, colpita nel suo orgoglio.
Lydia non si soffermò troppo sulla questione, preoccupata da un problema più urgente. «E ora chi dorme sul divano? Se li lasciamo tutta notte nella stessa stanza potrebbero distruggerla e facilitare il lavoro a questi qui fuori.» indicò il bosco attorno a loro e si ricordò che nella fretta di separare i due fratelli non aveva fatto il giro d’obbligo per controllare la situazione alle spalle della casa. Abbandonò Katherine sull’ingresso e si affrettò a correre intorno alla casa. Tutti i Mangiamorte erano rimasti ai loro posti, non avevano sentito la discussione e sembravano ancora più annoiati e insonnoliti di prima. Tirò un sospiro di sollievo e si sedette sul cuscino. «Facciamo così.» guardò in alto verso Katherine «Io dormo sul divano e tu e Duncan dormite nel letto matrimoniale.»
«Sicura?»
Lydia annuì e soffocò uno sbadiglio. «E visto che sono così clemente pretendo una tazza gigantesca di caffè.» Fu accontentata nel giro di cinque minuti.
 
Il resto della notte trascorse tranquillo e alle due e mezza, Lydia si alzò a fatica dalla postazione, andò a svegliare Duncan e, senza aspettare una sua risposta, si diresse trascinando i piedi verso il divano, lasciato libero da Lance, che dormiva invece sul pavimento sopra un ammasso di coperte, in una posizione che doveva essere molto scomoda. O almeno, tentò di raggiungere il divano. In realtà, mentre guardava Lance e si chiedeva come facesse a dormire in quel modo, non si accorse di essere sopra al suo piede ed inciampò. Il sonno non aiutò: nel giro di pochi attimi si trovò con un ginocchio per terra e con un Lance che con voce impastata chiedeva «Tutto bene?»
Lydia si mise a sedere sul pavimento, accanto al ragazzo. Prima di poter rispondere, Duncan fece il suo ingresso nella sala e li oltrepassò senza rivolgere loro neppure un cenno. Chiuse la porta d’ingresso dietro di sé con un tonfo.
«Niente di strano.» le sembrava davvero di essere tornata ad Hogwarts. Tranne per il fatto che a scuola non dormiva con Lance, né era costretta a nascondersi, né aveva la cicatrice. In effetti era cambiato fin troppo in quei pochi anni. «Mi dispiace per te e tuo fratello.»
«No che non ti dispiace.» Lance si sfregò gli occhi e si voltò verso di lei.
Lydia ci pensò un attimo. «No, in effetti non mi dispiace. Sai che non ho mai sopportato Duncan.»
«E lui non ha mai sopportato te.» Nel silenzio successivo si potevano sentire i passi di Duncan attorno alla casa «Penso che sia per questo che Caitlin voleva tanto conoscerti. Io parlavo bene di te e ogni volta lui rispondeva dicendo cose orribili sul tuo conto, e la situazione non finiva mai bene, soprattutto da quando siamo tutti e due maggiorenni.»
A Lydia sfuggì un sorriso, invisibile agli occhi di Lance a causa dell’oscurità. «Oh, quindi parlavi molto di me.» scherzò, Lance rispose con un verso indefinibile. Lydia sbadigliò per l’ennesima volta, gli occhi le si chiudevano e non aveva nessuna voglia di alzarsi per raggiungere il divano. Si tolse le scarpe e si sdraiò accanto a Lance, ancora intento a trovare una risposta valida alla sua osservazione. «Accio cuscino.» Lo posizionò sul pavimento proprio mentre Lance aveva finalmente trovato qualcosa da dire. «Mi servivi come esempio per dimostrare che i Grifondoro non sono poi sempre così male.»
Lydia cercò a tentoni una coperta e appena trovata la spinse leggermente verso di sé. «Sai, anche io parlavo spesso di te a casa.» Per la prima volta non sentì l’angoscia tipica di quando ripensava ai suoi genitori. «Ma non come esempio di Tassorosso. Volevo solo raccontare di te.» e si addormentò nel silenzio successivo.
 
«Geminio.» I barattoli raddoppiarono lasciando ben evidente agli occhi di tutti quali fossero quelli originali. I colori sgargianti della scatola non erano venuti bene, come se fossero stati fotocopiati troppe volte e l’inchiostro stesse finendo.
«Finiremo avvelenati.»
«Dobbiamo andarcene.» dissero nello stesso momento Lydia e Lance.
Era passata una settimana da quando erano arrivati al rifugio e sentivano tutti la necessità di uscire da quel posto e tornare a casa O’Brien. Certo, uno dei motivi principali per cui volevano andarsene era per scappare dai loro nemici, ma soprattutto per tornare in quella casa talmente larga da non essere costretti a vedersi in ogni singolo istante della loro giornata. A Lydia non dispiaceva la compagnia di Katherine, anzi, nei giorni trascorsi insieme avevano iniziato a parlare più di quanto avessero mai fatto in casa O’Brien, e di sicuro non aveva problemi a passare tutto il giorno con Lance. Ma quando si trovava con Duncan la storia era diversa. Per evitare di far precipitare la situazione, Lance e Duncan avevano tacitamente deciso di non parlarsi, evitando così discussioni che avrebbero facilitato il lavoro ai seguaci di Colui-Che-Non-Doveva-Essere-Nominato. Inoltre a tutti loro mancavano i confort di casa O’Brien, tra cui una doccia funzionante, dei vestiti che non fossero trasfigurati da alcuni stracci e cibi non preconfezionati.
Senza contare il fatto che Lydia e Lance soffrivano ormai di un perenne mal di schiena causato dai turni di guardia e dal dormire sul divano o sul pavimento. Lydia aveva provato a trasfigurare l’ammasso di coperte in un vero letto ed era riuscita con grande successo: il materasso era soffice al punto giusto e confortevole e Lance aveva dormito bene per la prima volta in tre giorni. Ma Lydia aveva sempre avuto dei problemi di concentrazione nelle sue Trasfigurazioni e così, dopo due ore di sonno, Lance era ripiombato improvvisamente a terra, il letto tornato alla sua forma originaria. La botta lo aveva lasciato bloccato con la schiena per l’intero giorno successivo. Anche Katherine aveva tentato di aiutarli ma, quando aveva lanciato l’incantesimo, l’ammasso di coperte si era trasformato in un’orda di topi che aveva creato una baraonda tale che persino i Mangiamorte fuori dalla loro porta avevano sollevato la testa credendo di aver sentito dei rumori. E così avevano scoperto che Katherine era una frana in Trasfigurazioni, anche se non lo avrebbe ammesso mai. Dopo l’esperienza dei topi Lance si rifiutò categoricamente di provare a fare lui l’incantesimo sentenziando che preferiva dormire per terra piuttosto che rischiare di svegliarsi in un cumulo di ratti o chissà quale altra stregoneria. Duncan ovviamente non si era neanche proposto di aiutarli.
E infine a Lydia mancava un’altra cosa di casa O’Brien, qualcosa che non avrebbe mai ammesso neppure sotto tortura, eventualità molto probabile visto che si trovavano circondati da esperti assassini e torturatori. Le mancavano i bambini. In quei giorni trascorsi lontani, si era resa conto che i bambini sapevano come rallegrare le persone accanto a loro. Quella casa invece, oltre ad essere terribilmente piccola, era troppo silenziosa e piena di rancori.
Anche senza pensare alla mancanza ormai imminente di cibo, non sarebbero resistiti per molto loro quattro da soli, si sarebbero uccisi o si sarebbero buttati a vicenda nelle mani dei loro nemici. No, dovevano trovare un modo per uscire da lì.
«Troveremo un piano.» disse decisa Katherine voltando le spalle alla loro misera riserva di cibo per guardare i suoi compagni. «Siamo un Corvonero, un Tassorosso, un Serpeverde e un Grifondoro. Insieme abbiamo tutti gli elementi giusti per trovare un modo per scappare.» Detto questo si avviò verso l’esterno facendo segno agli altri di seguirla.
«O per ucciderci a vicenda.» rispose Lydia esprimendo ad alta voce i pensieri di poco prima ma seguendola comunque nel piccolo pezzo di foresta compreso nel loro incantesimo. Le guardie erano ancora lì, ne contavano una mezza dozzina che circondavano la casa, ed erano ormai sicuri che ce ne fossero altre nascosti nelle retrovie.
«Sembra l’inizio di una pessima battuta.» replicò Lance «Un Corvonero, un Tassorosso, un Serpeverde e un Grifondoro entrano in un bar…»
«Racconteranno la nostra storia ad Hogwarts, diventeremo la barzelletta del secolo.» annuì Lydia.
«State zitti.» Duncan stava ringhiando, e Lydia avrebbe voluto farglielo notare ma in fondo era davvero stanca di dovergli parlare così tanto. Per una volta si sarebbe impegnata per uscire da lì piuttosto che iniziare una discussione come era accaduto per tutti i sei giorni precedenti.
Prese un sasso da terra e lo lanciò contro la barriera. Katherine sosteneva che era un ottimo modo per testare le difese. A seconda della luce che emanavano colpendole si poteva capire se erano ancora in ottimo stato o dovevano essere rafforzate. Nel punto di contatto la recinzione eterea emise un fascio di luce bianco, per poi tornare al suo solito colore. Le protezioni erano ancora intatte. «Ci sono sei nemici, più tre nelle retrovie e chissà quanti altri. Per non contare l’incantesimo contro la Materializzazione.»
«Di sicuro non si estende per molto terreno considerata la velocità con cui si procurano il pranzo.» osservò Katherine.
«Se riuscissimo a colpire i due che continuano a girare senza che gli altri se ne accorgano, poi potremmo metterci ognuno davanti ad uno di loro e uscire dalle protezioni nello stesso momento. Li coglieremmo di sorpresa e faremmo in tempo a metterli fuori gioco prima che possano chiamare rinforzi.» gli occhi di Lance si illuminarono, accesi da una nuova speranza.
A Lydia dispiaceva distruggergli anche quell’unica idea «Quelli hanno l’Avada Kedavra facile. E ti dimentichi degli altri tre tizi che girano nei boschi qui attorno. Non appena ci vedranno ci uccideranno, soprattutto se siamo da soli.»
Le spalle di Lance si curvarono. Prese a calci un sasso che andò a scontrarsi contro la barriera creando un nuovo fascio di luce. Lydia si massaggiò il collo, cercando di pensare a qualcosa di intelligente, ma l’unico pensiero coerente nella sua testa era quanto gli mancasse il suo letto. Katherine scomparve in casa per qualche minuto e tornò con quattro tazze in precario equilibrio nelle mani. Lydia presa la sua con riconoscenza e sorseggiò il caffè. Anche quello stava perdendo sapore. La caffeina era destinata a scomparire lasciando alla bevanda un semplice sapore di acqua sporca. «Lasciamolo come piano d’emergenza per non morire di fame.»
«Prima o poi si stancheranno, no?» disse Lance. Guardarono il nemico davanti a loro. Inconsapevole di essere osservato, era impegnato a distruggere i rami di un albero per passare il tempo.  «Quando siete stati costretti a nascondervi l’ultima volta è stato così, no? Si sono stancati e siete riusciti a tornare a casa.»
«Ma con noi non erano certi che ci trovassimo lì.» rispose acido Duncan «Loro invece lo sanno e non hanno i nostri stessi problemi di cibo e l’impossibilità di muoversi. Possono star lì fuori mesi interi per farci morire di stenti o portarci a compiere scelte stupide come quella che hai appena proposto tu.»
Lydia si infuriò. «Almeno lui ha avuto un piano. Tu cosa hai fatto da quando siamo qui?»
«Non ricominciate.» L’ammonizione di Katherine fu sufficiente a zittirli tutti. Seguirono minuti di silenzio, ognuno era perso nei propri pensieri. Lydia sorseggiò l’ultimo sorso di caffè e posò la tazza per terra accanto a sé. Per quanto le costasse ammetterlo, Duncan aveva ragione, i Mangiamorte erano capaci di aspettare fino a quando fossero stati sicuri che la casa nascondesse solamente cadaveri. Si sfregò gli occhi.
Non voleva morire così.
Dopo tutto quello che aveva passato, dopo essere sfuggita alla morte nei casi più impensabili, le sembrava ridicolo morire di fame rinchiusa in un bozzolo di protezioni. No, piuttosto che morire in quel modo avrebbe provato in qualunque modo di liberarsi. Avrebbe preferito un Anatema che Uccide piuttosto che lasciare quel mondo senza neppure tentare di liberarsi. Ed era abbastanza sicura che anche gli altri condividessero i suoi pensieri. Dovevano solo trovare il coraggio di azzardare, sapendo che le possibilità di sopravvivere non erano poi così alte. Eppure, Lydia non era spaventata. Dovevano farlo, e se gli altri non fossero stati d’accordo avrebbe tentato da sola. Lance si sedette accanto a lei. No, lui non le avrebbe mai consentito di uscire da sola, di questo ne era assolutamente sicura. Non riuscì a trattenersi, cercò la sua mano e non le sfuggì l’espressione stupita comparsa sul volto di Lance.
«Cosa fanno?»
Lydia lasciò andare di scatto la mano di Lance, ma Duncan non si stava riferendo a loro. Guardava i Mangiamorte. Lydia e Lance si alzarono notando anche loro che i nemici si erano radunati tutti in un piccolo spiazzo alla loro destra. Si muovevano concitati e, anche se le voci non arrivavano fino alla casa, si poteva chiaramente intuire che erano agitati. Uno di loro stavano abbaiando ordini ma le sue parole si persero tra il canto degli uccellini e il fruscio del vento. I quattro ragazzi si avvicinarono il più possibile al limitare delle protezioni. Altri due nemici si avvicinarono di corsa dalle retrovie.
«E’ successo qualcosa.» constatò Lydia. Un ultimo ordine e metà gruppo si avviò di corsa verso il cuore della foresta, scomparendo in lontananza. «Se ne vanno!» Lydia sapeva che anche gli altri stavano osservando la scena, ma non poté trattenersi dal commentare. Solo tre sgherri erano rimasti lì, uno di loro indicò agli altri di riprendere i loro posti. Ma a Lydia non importava.
Era la loro occasione. Potevano tornare a casa.
Lydia si voltò verso gli altri. Nei loro sguardi si era accesa la stessa speranza.
«Potrebbe essere una trappola.» Katherine si dimostrò ancora una volta la più ragionevole del gruppo, ma non sarebbe riuscita a fermare gli altri, lo sapeva.
«Dobbiamo tentare.» rispose infatti Duncan. «Andremo a coppie, io e Katherine ci occupiamo di quello sul retro, Lance e Lydia, voi dovete mettere fuori combattimento questo.» indicò l’uomo davanti a loro, che camminava avanti e indietro guardandosi nervosamente attorno. Teneva la bacchetta puntata, ma i due ragazzi lo avrebbero stordito prima ancora che si potesse rendere conto della loro presenza. «Poi ci troviamo a metà strada e sconfiggiamo il terzo. Potrebbero essercene altri quindi occhi aperti e bacchette pronte.»
Katherine provò nuovamente a farli ragionare. «E se fosse una trappola?» A Lydia non importava, poteva esserci anche Colui-Che-Non-Doveva-Essere-Nominato in persona ad attenderli nel bosco, le bastava uscire da lì e tentare con tutte le sue forze di scappare. «E se gli altri si sono solo nascosti? Dobbiamo analizzare la situazione, creare un piano, controllare-»
Duncan la bloccò. «Potrebbe essere la nostra unica occasione, non possiamo sprecarla. E non abbiamo nulla da perdere.»
E così anche Katherine dovette arrendersi all’evidenza. 
«Se proprio vogliamo fare questa pazzia almeno facciamola bene. Non possiamo rischiare con il terzo, potrebbe accorgersi mentre attacchiamo gli altri due e chiamare rinforzi. Duncan tu ti occupi di quello sul retro. Lance e Lydia, questo qui è tutto vostro.» disse indicando il tizio davanti a loro, intento ora a grattarsi il naso. «Ci penso io al terzo.» Duncan provò a protestare ma bastò una semplice occhiata di Katherine per farlo desistere. «Poi la nostra priorità sarà superare le barriere anti-Materializzazione, appena sarete fuori Smaterializzatevi all’istante. Se incontrate altri Mangiamorte e sono troppo vicini ricordatevi di non andare direttamente a casa ma in un luogo in cui sia facile seminarli. Avete capito?» Gli altri annuirono.
«Aspettate il mio segnale, quindi colpiteli e correte più velocemente che potete.» riassunse Duncan.
Lance strinse i pugni. «Abbiamo capito, Katherine è già stata abbastanza chiara. Non c’è bisogno di ripeterlo.»
«Considerando tutti i casini che avete combinato non ne sarei così sicuro.»
Lydia si offese per le parole di Duncan, e Lance reagì peggio di lei. Fu solo l’intervento tempestivo di Katherine ad evitare che la discussione degenerasse. «Non è il momento.» sillabò «Il tempo scorre. O andiamo adesso o mai più.» E questo bastò a raffreddare gli animi. Poi il suo volto si distese in un timido sorriso. «Buona fortuna, ragazzi. Se tutto va bene ci rivediamo a casa.»
Lydia si limitò ad annuire, la gola improvvisamente secca. Era arrivato il momento, e nonostante lo attendesse da una settimana intera, non era sicura di essere pronta.
 
 
Lance guardò il fratello scomparire dietro l’angolo della casa.
Non gli aveva neppure augurato buona fortuna, né lo aveva semplicemente salutato. Non era riuscito. Potevano morire e lui non era riuscito a superare tutti i rancori e scambiarsi un ultimo saluto con il fratello.
Guardò il bosco. Anche se prima non lo aveva ammesso ad alta voce, era convinto che si trattasse di sicuro di una trappola: avevano messo in scena una farsa per farli uscire e ucciderli non appena avessero fatto un passo fuori dalle protezioni. Oppure era davvero successo qualcosa di grosso.
«Pronto?» chiese Lydia. Chiunque l’avesse vista avrebbe pensato che non fosse agitata, in realtà Lance la conosceva abbastanza da capire che quella calma apparente era solo una facciata, tradita dalla stretta ferrea attorno alla bacchetta e da un lampo di agitazione intravisto nei suoi occhi.
«Andiamo.» rispose Lance alzando la bacchetta. Dovettero attendere solamente pochi istanti prima di sentire l’ «Ora!» urlato da Duncan dall’altro lato della casa. Lydia fece all’istante un balzo uscendo dalla barriera dorata. L’uomo sobbalzò nel vederla apparire all’improvviso davanti agli occhi, Lance approfittò di quei secondi di stupore per uscire a sua volta e Schiantarlo nello stesso istante in cui un getto di luce rossa usciva anche dalla bacchetta di Lydia. Due Schiantesimi in pieno petto. Sarebbe rimasto fuori gioco per un bel po’. Ma non avevano tempo per pensarci. Si scambiarono un rapido cenno di intesa e si buttarono a capofitto nella vegetazione.
La tentazione di correre alla loro massima velocità come avevano fatto una settimana prima era forte, ma entrambi si costrinsero a prestare maggiore cautela e rallentare il passo quel che bastava per tenere d’occhio i dintorni. L’ultima cosa che volevano era buttarsi a capofitto in una trappola. Lydia controllava la strada davanti a loro, lo stesso sentiero che avevano percorso all’andata, mentre gli occhi di Lance saettavano da destra e sinistra alla ricerca di minacce. Dopo una settimana costretti negli ambienti ridotti del rifugio, Lance si sentiva fuori allenamento. Dopo qualche metro il fiato iniziava già a mancargli, e anche Lydia non era messa meglio. Fecero altri due metri e quello che temevano accadde.
Sentirono prima un’imprecazione, poi dei passi alle loro spalle, seguiti a ruota da un incantesimo che li mancò solamente di pochi centimetri, passando sotto al braccio di Lydia. Lance accelerò il passo fino ad affiancare Lydia.
«Stupeficium!» urlò Lydia senza neppure guardarsi indietro. I passi continuarono e si avvicinarono. L’uomo reagì lanciando verso di loro lo stesso incantesimo e Lance fu costretto a gettarsi di lato per evitare la luce rossa intravista con la coda nell’occhio. Riuscì a non cadere, afferrò il braccio di Lydia e cambiarono direzione, lasciando il sentiero. «Confringo!» si guardò alle spalle per prendere meglio la mira ma l’uomo si buttò a terra evitando l’incantesimo che andò a schiantarsi contro un cespuglio mandandolo in frantumi. Avevano comunque guadagnato qualche metro prezioso. Lydia rallentò e tentò di Smaterializzarsi senza alcun successo. «Devono aver allargato la protezione.» e riprese a correre.
«Stanno scappando!» urlò l’uomo che li stava inseguendo, e non era un bel segno se lo gridava in quel modo. Infatti altre due paia di passi e voci si unirono al loro inseguimento.
La situazione stava definitivamente degenerando, c’era solo un lato positivo: se erano tutti intenti ad inseguire loro voleva dire che Katherine e Duncan non avrebbero incontrato problemi. Una magra consolazione.
Una scarica di incantesimi si riversò su di loro, Lydia ebbe la prontezza di fermarsi e urlare «Protego!» Il contraccolpo degli incantesimi sul suo scudo fu talmente forte da farla retrocedere di alcuni passi. Da dietro il suo scudo, Lance riuscì a mandare a segno uno Stupeficium, facendo crollare a terra uno dei loro inseguitori, una giovane strega.
Lance afferrò il braccio di Lydia e la costrinse a ricominciare a correre, mentre i loro nemici facevano lo stesso. Cambiarono nuovamente direzione, mentre il cuore aumentava i battiti e le gambe incominciavano a tremare. Lance spalancò la bocca tentando di ritrovare il fiato necessario per provare a colpire i loro inseguitori. Lydia continuava a lanciare incantesimi alle loro spalle senza neanche guardare, con l’intento di distrarli e rallentarli più che di colpirli.
“Almeno hanno inseguito solo noi. Gli altri saranno al sicuro.” Lo pensò e, come se fossero stati convocati, quasi si scontrarono con Katherine e Duncan, provenienti dalla direzione opposta. Duncan guardò con orrore alle spalle del fratello le figure al loro inseguimento e, senza dire una parola, si unì alla loro corsa, tenendo Katherine per mano. Solo vedendoli, Lance si rese conto che teneva ancora il braccio di Lydia. Le urla alle loro spalle si avvicinavano troppo velocemente. «Saremo arrivati ormai!» constatò Lydia con l’ultimo fiato rimasto.
«Guardate!» Con la mano libera, Katherine indicò il soffitto di foglie e rami che li sovrastava. Lance alzò il volto e per poco non inciampò su una radice, ma si accorse di cosa intendeva la ragazza. A pochi metri da loro i colori delle foglie e dei rami cambiavano leggermente diventando più accesi. La fine della barriera. Fecero un ultimo scatto, superarono il confine, Lydia afferrò la mano libera di Katherine, la quale si concentrò per portarli via. E in quei pochi attimi Lance si guardò indietro.
Un Mangiamorte stava lanciando una maledizione contro la schiena di Lydia e Lance si mosse per istinto.
 

La gita a Diagon Alley per comprare il suo materiale scolastico fu molto diversa da come Lance aveva sempre immaginato. Caitlin si rifiutò di partecipare e Duncan e la mamma rimasero a casa con lei, così Lance fu costretto ad andare solo con suo papà. Si notava che suo padre cercava in tutti i modi di renderlo felice, gli comprò più cose del necessario e quando entrarono da Olivander, incoraggiò suo figlio dicendogli che avrebbe ricordato quel momento per il resto della sua vita. Lance si limitò ad annuire.
Un velo di tristezza offuscò anche il momento in cui venne scelto dalla sua bacchetta. «E’ un’ottima bacchetta, Lance, vedrai, farai degli incantesimi straordinari e diventerai un grande mago.» diceva suo padre con tono fintamente allegro mentre stavano pagando. Lance annuì. Poi alzò lo sguardo verso il vecchio mago che stava incartando la sua bacchetta. Suo papà aveva detto che era il miglior fabbricatore di bacchette del Paese, e tra i migliori al mondo. «Mi scusi…» chiese Lance. Il signor Olivander si chinò sul bancone per guardarlo. «Volevo chiederle se posso comprare una bacchetta anche per mia sorella.» Suo padre divenne di ghiaccio.
Il signor Olivander rise. «Quando tua sorella riceverà la sua lettera per Hogwarts potrà venire da me a comprarla, signor O’Brien. Come le ho spiegato, è la bacchetta a scegliere il mago, per questo deve venire lei di persona.»
«Ma mia sorella non ha ricevuto la lettera per Hogwarts.» Il signor Olivander scambiò uno sguardo con suo padre e gli bastò per capire. Il padre di Lance prese il pacchetto e dopo aver ringraziato, condusse il figlio fuori dal negozio e verso il Ghirigoro. Lance si lasciò guidare e quando entrarono in libreria si fermò davanti al primo scaffale, mentre il padre si diresse verso il commesso per prendere tutto il necessario.
Lance fissava i libri senza vederli. Doveva esserci un modo per comprare una bacchetta anche a sua sorella. Magari poteva darle la sua! Il signor Olivander aveva detto che ogni mago aveva la sua bacchetta ma Lance e Caitlin erano gemelli! Di sicuro se andava bene per lui andava bene anche per Caitlin! Anche se aveva smesso di parlargli… si ricordò con tristezza. Gli mancava vivere ogni avventura con sua sorella, scherzare insieme e parlare con lei. Lance si asciugò le lacrime con l’orlo della maglietta.
«Papà, hai già preso cento libri, possiamo uscire adesso?» chiese una voce dall’altra parte dello scaffale.
«Cento? Ma se sono solo una ventina!» rispose un’altra voce, questa volta maschile.
Lance spostò alcuni dei libri dal ripiano, creando uno spiraglio attraverso il quale poté spiare la scena dall’altra parte dello scaffale. Una bambina dai capelli rossi stava guardando con le braccia sui fianchi e uno sguardo severo quello che doveva essere suo padre. L’uomo aveva le mani cariche di libri e teneva la pila ferma usando il mento.
«Abbiamo già comprato i libri di scuola!» continuò la bambina. «La mamma ormai li avrà già pagati e ci sta aspettando fuori!»
«Ma Lydia!» esclamò il padre «Sono libri magici! Magici! Come possiamo lasciarli qui? Hai presente quante cose ci sono da imparare?» La pila di libri cominciò a scivolare verso destra e l’uomo dovette contorcersi per riuscire a rimetterla in equilibrio. «Ne ho trovato uno sulla storia moderna, un altro sui folletti e un altro ancora sui draghi! I draghi, Lydia! I draghi esistono!»
La bambina sollevò gli occhi al cielo.
«E guarda quello!» urlò il padre attirando l’attenzione di metà avventori della libreria e qualche commento incivile sussurrato sui babbani che invadevano il loro spazio. L’uomo non se ne accorse e continuò ad indicare con dei cenni della testa un libro in fondo allo scaffale, ben lontano dallo spiraglio da cui stava spiando Lance. «Guarda! ‘I misteri delle tecnologie babbane. Magie o inganno?’.»
Lydia prese il libro ed esaminò il retro. «E’ sugli elettrodomestici.»
«Mettilo sulla pila!» il padre sollevò il mento per far spazio al nuovo libro rischiando nuovamente di far cadere tutti gli altri.
«Ma papà, è un libro sugli elettrodomestici.» ripeté la bambina «Noi sappiamo come funzionano, non abbiamo bisogno di un libro per scoprirlo.»
«Ma di sicuro sarà utile per capire come vedono loro i - come ci chiamano? - babbani, che idee si sono fatti su di noi. Dal punto di vista sociale potrebbe essere rivoluzionario! Forza, mettilo sulla pila!»
La bambina guardò di nuovo il libro prima di sospirare rassegnata. «La mamma non sarà contenta.»
«Basta non dirglielo, tu la distrai mentre io pago queste cose, va bene?» Ma il padre non riuscì a proseguire nel descrivere il suo piano perché appena la bambina appoggiò il libro in cima alla pila, quella iniziò ad ondeggiare selvaggiamente e nonostante i tentativi dell’uomo di raddrizzarla, i libri iniziarono ad inclinarsi verso terra. Lance socchiuse gli occhi per prepararsi al botto che infatti arrivò nel giro di un secondo.
BAM!
Il padre guardava sconsolato i suoi preziosi libri sparsi sul pavimento, mischiati ad altri che erano caduti dallo scaffale durante il capitombolo. La bambina invece si coprì il volto con una mano, esasperata.
Vedendo la scena comica, Lance sentì il vuoto nel suo cuore riempirsi lentamente.
E rise per la prima volta da mesi.

 
 

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