Piume di Cenere

Harry Potter - J. K. Rowling
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Piume di Cenere
Summary
Il Ministero è caduto, le lettere di convocazione al Censimento per i Nati Babbani sono state inviate e quando Lydia Merlin riceve la sua, sa che è arrivato il momento di nascondersi. Ma una lezione che ha imparato durante i sette anni ad Hogwarts è che i suoi piani non vanno mai come dovrebbero.Un incontro fortuito con un ex compagno di scuola ed un bambino troppo chiacchierone le ricorderanno che la fuga non è un’opzione, e che in un mondo magico che ha dimenticato cosa sia l’umanità e la pietà, c’è ancora qualcosa per cui vale la pena combattere.Una storia di sopravvivenza, ingiustizia e dei mostri che si annidano nei luoghi più oscuri.Dall'Epilogo:«Corri!»Lydia sapeva che era arrivata la loro fine.Nulla li avrebbe salvati.Sfrecciò in mezzo ad un gruppetto di anziane signore, che reagirono lanciandole imprecazioni che mal si addicevano a delle così adorabili nonnine.«Scusate, scusate!»E ovviamente Lance perse tempo a cercare di farsi perdonare piuttosto che correre per salvarsi la vita.
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Capitolo 7 - Sangue nell'oscurità

Capitolo 7
Sangue nell’oscurità

 

 
«Lydia! Lydia!»
Le voci si ripetevano nella sua testa, assordandola.
«Vi prego… vi prego…»
Lydia avrebbe voluto urlare di scappare. Tentò in tutti i modi di farlo. Ma non riusciva a muoversi, i suoi muscoli erano irrigiditi impedendole di compiere movimenti, impedendole persino di respirare. Le mancava il fiato. «Scappate!» pensava, eppure era ancora immobile.
Fino a quando tutto scoppiò e il suo mondo si tinse di rosso. Era ovunque: sulle sue mani, sul suo volto, sul nero infinito che la circondava. Il sangue era viscido e caldo. E non era il suo.
Lydia spalancò la bocca e finalmente riuscì a gridare a pieni polmoni. Urlò e urlò ancora per scappare dal sangue prima che la inghiottisse.
Sbarrò gli occhi verso un soffitto famigliare, il respiro a rantoli, il cuore che batteva talmente forte da sembrare che volesse esploderle dal petto. Si sentiva ancora soffocare. Scalciò le coperte, pesavano come mattoni.
Era solo un incubo. Solo un incubo, provò a convincersi senza successo.
Si passò una mano sul volto nel tentativo di calmarsi. Cosa le diceva sempre suo papà? Respiri profondi. Tentò di inspirare ma i polmoni non si riempirono, facendola sprofondare ancora di più nel panico. Si sollevò dal letto, appoggiando la schiena alla testiera. Tentò di nuovo di inspirare, ancora senza successo. Le sfuggì un rantolo disperato e sprofondò il viso tra le ginocchia. Le lacrime le inondavano il volto ed iniziò a singhiozzare, la sua mente ancora persa nel suo incubo e nell’impossibilità di tornare a respirare. Nella sua disperazione sentì una porta spalancarsi, la corrente d’aria le solleticò il volto e una mano calda si posò gentilmente sulla sua spalla, ancorandola alla realtà. Lydia si concentrò su quel contatto. L’altra persona era vicina, abbastanza da poter percepire il suo respiro, le venne naturale focalizzarsi su quello per riuscire a coordinare il suo.
Inspirare ed espirare, ecco come si faceva a respirare.
«Lydia…» disse Lance. Lydia ignorò il suo richiamo, intenta a seguire il suo respiro.
Inspirare ed espirare.
Un altro singhiozzo interruppe brevemente la sequenza, ma Lydia riuscì a ritrovare il ritmo. E man mano che passavano i minuti, anche il suo cuore si decise a terminare la sua corsa infuriata. Solo i singhiozzi continuavano a tradimento. E si rese conto di star tremando.
Come un’onda che si infrange sugli scogli, la mente di Lydia fu invasa dai ricordi del Ministero.
Non aveva salvato Alice.
Le sue mani si erano macchiate di altro sangue.
A quel punto il tremore divenne incontrollabile e il respiro tornò a spezzarsi.
Non aveva salvato Alice.
«Lydia…» la chiamò di nuovo Lance. Lydia tentò di seguire ancora il suo respiro e riuscire così a ritrovare la tranquillità, ma questa volta era un’impresa impossibile.
Perché non aveva salvato Alice.
Non riusciva a smettere di piangere, di tremare, di respirare. Finché la mano di Lance le sollevò il volto, costringendola a guardarlo. Non c’era compassione nei suoi occhi, né pietà, solo risolutezza mentre le porgeva una boccetta contenente un liquido blu. «Bevi la pozione.» le stava dicendo «Dopo starai meglio.» Lydia sollevò una mano tremante e con fatica afferrò il contenitore e ne bevve il contenuto. Lance la aiutò a sdraiarsi di nuovo nel letto.
«Ora riposa.» disse un'altra voce. La signora O'Brien si trovava all’altro lato del letto e le stava rimboccando le coperte.
La pozione stava già facendo il suo effetto. A Lydia sembrò quasi un miracolo sentire i muscoli rilassarsi, il respiro tornare normale e il cuore decelerare i suoi battiti. Un’immensa pace la pervase. Il viso le ricadde sul cuscino, gli occhi improvvisamente pesanti. Ogni battito di ciglia era sempre più lungo, e tra uno e quello successivo, vide che c’erano altre persone alla porta della sua camera. Riconobbe il signor O’Brien, Katherine e Duncan, quest’ultimo era infuriato, ma la mente di Lydia non registrò questa informazione, persa nella sua nuova e beata tranquillità.
Prima di addormentarsi cercò la mano di Lance e la strinse per ringraziarlo.
 
Quando aprì nuovamente gli occhi, la luce inondava la stanza. Rispetto al suo primo risveglio, questa volta riconobbe subito il luogo in cui si trovava. La sua nuova camera a casa O’Brien. E questo significava solo che la sua fuga al Ministero era fallita.
Alice. Il suo pensiero le fece venire la nausea. Mentre si risvegliava completamente, i ricordi del giorno precedente le tornarono alla mente. Era fuori dal Ministero, Alice le aveva dato dell’egoista e aveva attraversato il muro, e Lydia aveva provato a seguirla ma… era arrivato Lance! Si ricordò Lydia. E poi era svenuta. Come aveva fatto a svenire così?
«Bentornata tra noi.» disse una voce soffice alla sua destra. Lydia si voltò da quella parte. Lance era seduto su una sedia accanto al suo letto, i capelli in disordine e delle profonde occhiaie che gli solcavano il volto. Lydia tornò a guardare il soffitto del suo letto a baldacchino. Il silenzio era interrotto dal cinguettare degli uccellini che svolazzavano in giardino.
«Mi dispiace.» disse infine Lydia.
«Già detto e già perdonata.» rispose Lance.
Lydia sapeva che il resto della famiglia non sarebbe stato altrettanto comprensivo, ma si ritrovò a pensare che non le importava. Lance non era arrabbiato con lei, e questo era abbastanza.
Si voltò di nuovo verso l’amico. «Cosa è successo? Come avete…» si interruppe, senza sapeva bene come completare la frase.
Lance capì lo stesso ed iniziò a parlare. «Caitlin ha trovato la tua lettera del Censimento.» Lydia gli fu riconoscente per non aver ricordato nel suo racconto il momento in cui era scappata. «Il giorno e l’orario corrispondevano, abbiamo subito capito che eri andata lì. Eravamo convinti che avessi deciso di consegnarti a loro. Avevi lasciato qua tutte le tue cose, è la prima spiegazione che ci è venuta in mente.»
«Volevo andare da Alice.» si affrettò ad interromperlo Lydia.
«Lo so. Adesso lo so.»
Lydia si mise a sedere a disagio. Lance percepì il suo stato d’animo e ricominciò a raccontare. «Quindi abbiamo deciso di venirti a prendere e costringerti a tornare a casa.»
«Immagino che Duncan avrebbe preferito lasciarmi là.»
«Non posso mentire. Sì, diciamo che Duncan non era proprio dell’idea di una missione di salvataggio.»
«In realtà lo capisco. Probabilmente avrei fatto la stessa cosa.»
«No, non lo avresti fatto.» rispose senza esitazione Lance, continuando poi nel suo racconto. «Abbiamo perso tempo a decidere chi sarebbe andato a Londra. Mio padre voleva venire a tutti i costi ma mia madre lo ha convinto che era troppo pericoloso per lui avvicinarsi al Ministero. Alla fine hanno optato per una via di mezzo: faceva la guardia nella piazza principale mentre io e Duncan siamo venuti a cercarti.»
«C’era anche Duncan?» chiese stupita Lydia.
Lance sorrise ironico. «Ha detto che era per tenermi d’occhio ed impedirmi di combinare i miei soliti casini. Che amore di fratello. Comunque, io e Duncan abbiamo fatto finta di essere dei Nati Babbani, una strega in piazza ci ha anche insultati perché eravamo in ritardo per l’appello. Pensavo che fossimo arrivati troppo tardi. E invece ti abbiamo trovata. Ho visto che parlavi con una persona e quella che si allontanava.»
«Era Alice.» sussurrò Lydia.
«Non so come ho fatto a non riconoscerla…» disse Lance perplesso. «Comunque ho visto che stavi per urlare e non volevo che attirassi delle attenzioni su di te, e così ti ho Silenziata…»
Ed ecco spiegata la mancanza di voce, proprio come aveva immaginato.  «Duncan è rimasto nelle retrovie. C’erano dei Tiratori Scelti alla fine del vicolo e, stando indietro, è riuscito a rimanergli alle spalle, fuori tiro, mentre io ho fatto finta di essere in ritardo e sono riuscito a superarli per raggiungerti.»
Lydia conosceva già quella parte di storia, la ricordava bene. Solo un ultimo particolare non le tornava. «Sono svenuta.» ricordò.
Lance iniziò ad esaminare le stringhe delle sue scarpe, imbarazzato. «E’ l’unica soluzione che mi è venuta in mente. Volevi andare nel Ministero e sapevo che non sarei riuscito a farti cambiare idea in così poco tempo e quindi ti ho Schiantata. Ho detto ai Tiratori Scelti che eri svenuta per l’agitazione, mi hanno subito creduto, mi sa che è già successo, e hanno abbassato la guardia. Così Duncan li ha presi alla sprovvista, siamo riusciti a metterli fuori gioco e a scappare. E poi papà ci ha riportati subito qui.»
Il silenzio calò di nuovo sulla camera. «Mi dispiace.» disse infine Lydia.
Lance scosse la testa e si chinò verso di lei. «Lo so, Lydia. Ho capito che eri realmente dispiaciuta dalla prima volta che me lo hai detto, quando hai chiuso il cancello. E davvero, ti perdono. L’unica cosa è che avrei voluto che mi avvisassi, non ti avrei impedito di andare da Alice, lo sai, ma insieme avremmo potuto pensare ad una soluzione. Siamo amici, Lydia, mi sembra quasi che tu l’abbia dimenticato.» E forse Lance aveva ragione. Lydia aveva passato talmente tanti mesi da sola da aver dimenticato cosa volesse dire avere degli amici.
Solo in quel momento si rese conto di quanto le fossero mancati, ma soprattutto, di quanto le fosse mancato Lance. Era l’unica persona al mondo capace di farla sentire di nuovo bene, capita ed in un certo senso intera.
Lydia chiuse gli occhi. Sentiva ancora gli ultimi effetti della pozione Calmante in circolo che le impedivano di ritornare nel panico.
«Comunque avevamo sbagliato. Avevi portato qualcosa con te.» Lydia riaprì gli occhi incuriosita. Lance stava guardando il suo comodino, o meglio, un oggetto appoggiato sulla sua superficie. Una piuma arancione e rossa che Lydia aveva nella tasca della felpa durante la sua ultima avventura. Qualcuno doveva averla trovata e messa sul comodino. Lance la prese delicatamente tra le dita e se la avvicinò al viso per osservarla meglio. «Ce l’hai ancora.»
Lydia scrollò le spalle, cercando di minimizzare. «E’ un ricordo.»
«Lo so.» disse Lance appoggiandola di nuovo sul comodino. «Anche io ho tenuto la mia.» E la conversazione terminò lì.
Lance rimase per qualche altro minuto, per assicurarsi che Lydia non presentasse degli effetti collaterali alla Pozione Calmante che le aveva somministrato, e poi dovette tornare nel suo laboratorio a controllare la nuova scorta di Pozione Polisucco. E così Lydia si ritrovò di nuovo sola. Il giorno precedente avrebbe dato qualsiasi cosa per poter stare da sola in camera, senza essere costretta a conversare con nessuno né ad incontrare bambini ad ogni angolo. Ora invece il silenzio pesava come un macigno, rischiando di portare con sé le ansie e il panico che aveva provato durante la notte. Aveva bisogno di muoversi, di sentire voci umane oltre al cinguettare allegro degli uccellini fuori dalla finestra. E così fece una cosa che stupì anche sé stessa: si vestì e scese a cercare gli altri abitanti di casa O’Brien.
Controllò l’orologio e scoprì che era ora di pranzo. Ecco spiegato il motivo di tanto silenzio, si trovavano tutti in sala da pranzo.
Il silenzio la accompagnò mentre scendeva le scale fino a quando raggiunse la porta socchiusa della sala da pranzo. Un brusio era attutito dalla porta. Lydia strinse la maniglia, pronta ad aprirla.
«Lydia?» chiese una voce alle sue spalle. Lydia sobbalzò e si voltò di scatto. Il signor O’Brien stava scendendo le scale. «Sono contento di vedere che stai bene. E sono sicuro che sarai affamata dopo tutte le avventure di ieri, ma ti dispiacerebbe venire un attimo nel mio studio? Penso che sia ora di fare due chiacchere.»
E Lydia si sentì di nuovo la se stessa undicenne richiamata nell’ufficio della McGranitt. Deglutì. «Certo, signor O’Brien.»
Mentre risalivano le scale in silenzio, iniziò ad agitarsi. Di sicuro il signor O’Brien voleva parlare delle conseguenze della sua fuga. E se aveva intenzione di cacciarla da quella casa per come si era comportata? Lance avrebbe potuto fare cambiare idea al padre? Ora che aveva perso Alice, Lydia non aveva motivi per lasciare casa O’Brien.
Erano arrivati nello studio.
«Accomodati.» disse il signor O’Brien indicando due divanetti sistemati davanti al camino spento, separati da un tavolino da caffè. Lydia si sedette sul bordo della poltrona ed iniziò a tormentarsi le mani, i nervi tesi. Gli ultimi effetti della pozione Calmante vaporarono completamente.
Perché non le avevano permesso di seguire Alice al Ministero piuttosto che riportarla a casa per scacciarla subito dopo? Cosa avrebbe fatto una volta che la porta di quel palazzo si fosse chiusa alle sue spalle per sempre? Il pensiero di tornare a casa di sua nonna le fece venire il voltastomaco.
Il signor O’Brien aprì un armadietto all’angolo della stanza ed estrasse due bicchieri ed una bottiglia. Quando la posò sul tavolino di fronte a Lydia, riconobbe il Whisky Incendiario che conteneva. «Non sono un esperto di pozioni come mio figlio.» spiegò il signor O’Brien «Quindi mi affido ai vecchi metodi quando c’è bisogno di calmare i nervi.» E né verso una piccola quantità nei bicchierini.
Lydia esaminò sospettosa il bicchiere di fronte a lei. Seguì l’esempio del signor O’Brien ma si limitò a berne solo alcune gocce. La aiutarono comunque a sbloccarsi e dire la frase che aveva pronunciato più volte negli ultimi due giorni «Mi dispiace. Davvero, non volevo mettervi nei guai.»
«Lo so.» rispose il signor O’Brien, sul suo volto ancora la stessa espressione indecifrabile.
Lydia prese un respiro profondo. «E se volete cacciarmi lo capisco.» disse velocemente.
Il signor O’Brien la fermò. «Se è questo che temi puoi tranquillizzarti. Non ho nessuna intenzione di buttarti fuori di casa.»
Lydia si lasciò sfuggire un sospiro di sollievo, subito rimpiazzato da una nuova preoccupazione. «Ma lei e sua moglie dovete essere furiosi, vi ho lasciati senza spiegazioni e anche prima non vi ho aiutati con i bambini e…» Lydia si ritrovò a pensare che era davvero brava ad auto sabotarsi.
Il signor O’Brien si accomodò sulla poltrona di fronte a lei e sorseggiò elegantemente il suo Whisky Incendiario. «Nulla di tutto questo. Anzi, scoprirai che Rose è abbastanza colpita dai motivi che ti hanno portata a presentarti al Ministero. Mia moglie ha un particolare affetto verso chi dimostra spirito di sacrificio per le persone che ama.»
Lydia abbassò lo sguardo, con le dita grattò un angolo del bicchiere. «Sapete di Alice.»
Il signor O’Brien annuì. «Lance ci ha raccontato tutto appena ti abbiamo riportata a casa, e tu stessa hai ripetuto più volte, durante il tuo risveglio notturno, di non aver salvato Alice.»
Le guance di Lydia si tinsero di un lieve rossore al pensiero della figura fatta durante quella notte. Odiava avere gli incubi e odiava il panico che di solito scatenavano, non si era neppure accorta di aver parlato ad alta voce durante quei minuti concitati. Strinse con forza il bicchiere, continuando a fissarlo. «Comunque mi dispiace. Ha ragione Lance, dovevo avvisarvi. Avrete pensato il peggio di me…»
«Non è importante ciò che abbiamo pensato quando non conoscevamo le tue intenzioni, ma quello che pensiamo adesso. Il gesto che hai fatto è stato altruista ma anche molto incosciente. E per quanto io e mia moglie abbiamo apprezzato il tuo coraggio, non possiamo dire lo stesso della tua totale mancanza di giudizio. Avresti potuto-»
«Sì, sì, lo so.» lo interruppe Lydia, cercando di giustificarsi «Avrei dovuto dirvelo e insieme avremmo trovato una soluzione… Ci ha già pensato Lance a farmi capire quanto sono stata stupida.»
«Non stupida.» la corresse il signor O’Brien «Avventata, direi che è una descrizione più appropriata. E mio figlio ha ragione, insieme avremmo potuto escogitare un piano, ma non per questo avrebbe funzionato.» Lydia alzò lo sguardo, stupita. «Non voglio che tu ti prenda colpe che non hai. Sì, avremmo potuto ideare un piano per farti andare in quel vicolo con adeguate protezioni ed una via di fuga ben preparata, ma questo temo che non avrebbe cambiato il risultato. Da come ho capito la tua amica non si è lasciata convincere a scappare con te, e neanche la nostra presenza avrebbe potuto farle cambiare idea.» Era consolatorio sentirlo dire, anche se Lydia non riuscì a convincersi sulla veridicità di tali parole. I dubbi le sarebbero rimasti, così come la sensazione di aver condannato la sua migliore amica ad un destino terribile, se non alla… No, non doveva pensarlo. In quel momento fu veramente grata per il Whisky Incendiario e lo bevve senza esitazioni. «So anche di non poterti convincere, ma spero che ragionerai sulle mie parole e che possano aiutarti a trovare un po’ di pace.» continuò il signor O’Brien «So cosa vuol dire convivere con i sensi di colpa e non lo augurerei neanche al mio peggior nemico.» E considerando che i suoi peggior nemici erano i Mangiamorte voleva dire tanto. «Penso anche che gli avvenimenti di ieri possano essere considerati come un avvertimento di cosa potrebbe succedere se non impariamo a superare le nostre divergenze e a lavorare insieme. Siamo stati fortunati che Caitlin abbia trovato la lettera e Lance abbia subito compreso il tuo piano, o a questo punto chissà dove saresti.» A Lydia si strinse lo stomaco. Non voleva pensarci. Chissà dove si trovava Alice ora, mentre lei sorseggiava Whisky Incendiario circondata da una delle protezioni più sicure dell’intero mondo magico. «Ma la prossima volta potremmo non essere così fortunati.» proseguì il signor O’Brien «La nostra sicurezza sarà possibile solo se riusciremo a creare un senso di fiducia e di appartenenza a questa squadra, a questa famiglia.»
Lydia tornò a fissare il suo bicchiere ormai vuoto. Erano belle parole, eppure si era sentita sola per così tanto tempo da sembrare impossibili. «Proverò. Vi prometto che farò il possibile per inserirmi nella vostra squadra.»
«E nella nostra famiglia.» la corresse gentilmente il signor O’Brien. Riprese a parlare prima che Lydia potesse sentirsi imbarazzata. «E ricorda che non è un lavoro che dovrai fare solo tu, ma anche tutti noi, tranne Lance ovviamente. Il senso di fiducia deve essere reciproco affinché la nostra collaborazione possa funzionare. E per fondare le basi di questa fiducia credo che sia ora di parlare con chiarezza riguardo i motivi che ti hanno spinta ad accettare la nostra proposta.» Lydia si irrigidì, il viso improvvisamente esangue. La cicatrice spiccava sul volto pallido e Lydia la sentiva pulsare. Avrebbe voluto urlare e scappare dalla stanza. Il signor O’Brien le versò altro Whisky Incendiario nel bicchiere. Lydia lo bevve in un solo sorso. Il bruciore alla gola e allo stomaco causati dalla bevanda la aiutarono ad ancorarsi alla realtà. «Non c’è bisogno che tu mi racconti quello che è successo, se non te la senti. Non posso negarti che so già tutto.» Lydia lo guardò con gli occhi sbarrati.
 «Chi gliel'ha detto?» chiese Lydia, la voce strozzata.
Il signor O’Brien si alzò dalla poltrona per raggiungere la sua scrivania. Aprì un cassetto ed iniziò a parlare «Per quanto mio figlio abbia passato praticamente tutte le vacanze da quando vi siete conosciuti a tessere le tue lodi, quando sei comparsa di fronte a casa mia e ti sei unita a noi non potevo essere assolutamente sicuro che tu fossi una persona fidata.» spiegò «Quella notte stessa ho contattato mio fratello, gli ho chiesto di trovare tutte le informazioni che ti riguardavano.» estrasse dal cassetto un’anonima cartellina blu e tornò a sedersi di fronte a Lydia. Appoggiò la cartellina sul tavolino che li separava e la allungò lentamente nella sua direzione. Le mani di Lydia tremavano mentre la apriva, rivelando una serie di fogli. Sul primo erano scritte le sue generalità, la sua data di nascita, il suo indirizzo ed una data a lei completamente sconosciuta risalente a quando aveva pochi mesi, l’intestazione al suo fianco recitava ‘Data della comparsa dei primi segnali magici’. Sparpagliò i fogli successivi sul tavolo e ne riconobbe diversi, tra cui la sua iscrizione ad Hogwarts con le firme dei suoi genitori, ricordava ancora perfettamente il giorno in cui l’avevano firmata, i risultati dei suoi G.U.F.O. e dei M.A.G.O. e persino una copia del suo contratto stagionale al Ghirigoro. «Il Ministero tiene traccia di tutti i maghi inglesi ed in questo ultimo mese i documenti dei Nati Babbani sono stati messi sotto esame dalla Commissione per il Censimento dei Nati Babbani. E mio fratello ha cercato informazioni su di te anche nel mondo babbano.» Sotto tutti quei fogli Lydia riconobbe il simbolo della polizia locale. Bastò quel semplice stralcio per mandarla nel panico. Il signor O’Brien recuperò tutti i fogli e li rimise al loro posto nella cartelletta. «Preferisco che tu sia consapevole del fatto che sono a conoscenza di quello che è accaduto quel giorno, e spero che tu mi possa prima di tutto perdonare per aver indagato su di te. Dovevo proteggere la mia famiglia. Ma è stata proprio questa scoperta a farmi capire che potevamo fidarci di te.» Con un semplice gesto della bacchetta la cartellina si librò in aria e volò docile nel cassetto della scrivania. «Volevo anche tranquillizzarti, solo io e mio fratello siamo a conoscenza del contenuto del tuo fascicolo. Sarai tu, a tempo debito, a raccontarlo a chi vorrai.» Questa volta fu Lydia a servirsi da sola del Whisky Incendiario. «Mi dispiace averti messa in questa situazione. Non volevo farti rivivere terribili ricordi, ma stiamo rischiando la vita ogni singolo giorno e, come ti dicevo, solo stando davvero uniti e fidandoci gli uni degli altri potremo sopravvivere.» Lydia lo capiva, non per questo però era semplice affrontare gli inevitabili incubi che la perseguitavano.
Il signor O’Brien si alzò dalla poltrona e le posò una mano sul braccio per tranquillizzarla. «Torna a riposare adesso, ne hai bisogno. Dirò a Lance di passare con un altro po’ di pozione Calmante, ti aiuterà.»
«No!» esclamò Lydia alzandosi a sua volta. «Niente pozione, sto bene.»
Il signor O’Brien la accompagnò alla porta. «Ne sei sicura?»
«Sì.» rispose decisa Lydia. 
«Allora se vorrai ti aspettiamo per cena. I bambini sentono la tua mancanza.»
Lydia ne dubitava. Eppure all’ora di cena si alzò dal letto e ripercorse la strada di poche ore prima. Aveva passato già troppo tempo chiusa nella sua camera con i suoi pensieri. Aveva bisogno di cambiare aria. Di distrarsi. E così tornò nell’identica posizione dell’ora di pranzo: davanti alla porta socchiusa da cui proveniva un confortevole brusio. Questa volta nessuno la fermò mentre la apriva con lentezza.
L’intera tavolata si voltò di scatto a guardarla. Per Lydia quell’attimo di immobilità durò secoli. Poi la signora O’Brien si alzò per andare da lei con le braccia spalancate. «Cara, pensavamo che avresti dormito ancora qualche ora, oppure ti avremmo aspettata!» Lydia rimase sbalordita da quel tono gentile e premuroso. Katherine fu la seconda a salutarla con un grande sorriso. Duncan invece continuò a tagliare la sua bistecca con uno sguardo che non prometteva nulla di buono, al contrario del padre, che le fece un cenno della mano per invitarla ad accomodarsi. C’erano due posti liberi, uno per lei e uno per Lance, non ancora riemerso dal suo laboratorio.
Lydia si stupì ancora una volta quando si avviò inconsapevolmente verso il lato del tavolo occupato dai bambini per andare a sedersi accanto ad Henry. Gli occhi del bambino si spalancarono a palla, prese un lungo fiato e poi iniziò a parlare prima ancora che Lydia si sedesse. «Sei tornata! Sono contento che sei tornata! Mi sei mancata ieri a cena, volevo venire a salutarti ma la signora O’Brien mi ha detto che stavi dormendo. Avevi tanto sonno? Anche io qualche giorno ho tanto sonno. Ho tanto sonno che mi addormento prima di cena, come te. Ma la mamma mi sveglia sempre perché dice che se no la notte non riesco a sognare. E io voglio sognare. Ieri ho sognato un unicorno. Lo sai che esistono davvero? Me l’ha detto Katherine. Mi ha detto che lei ne ha visto uno a scuola, tu l’hai visto? E i draghi? Hai visto i draghi? Sono i miei animali preferiti e lo sai che Harry Potter ne ha sconfitto uno?»
Simon sprofondò la testa nel piatto, esasperato. «Non di nuovo!»
«Simon! Hai la maionese nei capelli!» lo rimproverò la signora O’Brien.
Simon afferrò la maionese rimasta nel suo piatto. «Adesso me la caccio nelle orecchie così non devo più sentire Henry.» e tentò davvero di infilarla con un dito nelle orecchie.
Caitlin fece un verso disgustato, mentre la signora O’Brien si affrettò a bloccare il bambino. In tutto questo Henry non aveva smesso di parlare. «…E una volta ha anche ucciso un basilico, me l’ha detto la mia mamma!»
Lydia si lasciò scappare una piccola risata. «Oh sì, me lo ricordo anche io di quando ha ucciso il basilico! Lo sai che quel mazzetto di basilico stava terrorizzando la scuola da mesi?»
Questa volta fu Caitlin a fare un verso esasperato che si confuse tra le urla contrariate di Simon, mentre la signora O’Brien gli stava pulendo energicamente con un tovagliolo capelli e orecchie. «Così impari a cacciarti il cibo nelle orecchie! Ma cosa vi salta in mente a volte?»
Per Lydia fu il primo pasto spensierato in casa O’Brien. E il senso di pace continuò anche quando Henry interruppe il suo monologo per dirle: «Sono contento che sei qui. Voglio stare qui con te. Ieri mi sei mancata tanto. E quando non ci sei, penso alla mia mamma, e voglio la mia mamma. Se ci sei ci sto bene qui. Ti prego, resta.» E per la seconda volta, Lydia si ritrovò incastrata da un bambino senza due denti ma con un grande cuore.
«Va bene. Resto.»
Quando rialzò lo sguardo, Lydia vide che Lance era entrato nella stanza e si trovava di fronte a lei, un caldo sorriso gli illuminava il volto. Lydia si ritrovò a sorridere a sua volta.
Un calore si diffuse nel suo cuore facendola sentire in pace per la prima volta da molto tempo.
 
 

 

 

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