Dragon's Heartstrings - Pinkinku (traduzione)

Harry Potter - J. K. Rowling
F/M
G
Dragon's Heartstrings - Pinkinku (traduzione)
Summary
L'High Reeve Draco Malfoy non è solo il Mangiamorte più fidato di Voldemort, ma anche un agente sotto copertura dell'Ordine, che trama la caduta di Voldemort dall'interno.Dopo un equo scambio con l'Ordine, l'High Reeve chiede il sacrificio più alto: fare della strega più brillante della sua epoca Hermione Granger la sua moglie.
Note
Ispirato a Manacled di senlinyu.Ispirato a The Auction di LovesBitca8.
All Chapters Forward

Capitolo 26

Tornarono alla casetta in silenzio, senza parlare nemmeno quando furono dentro. Il corpo di Hermione si sentiva febbricitante e non desiderava altro che sdraiarsi, ma c'era molto lavoro da fare. Incontrò gli occhi di Draco. Non si era tolto il mantello.
"Vado", disse. "Troverò Voldemort e poi lo ucciderò".
Hermione era così, così stanca. Ma disse: "Vado anch'io".
"No".
La loro eterna battaglia di volontà.
"Non voglio rischiare che tu muoia per colpa mia", aggiunse più duramente.
"E non ti lascerò andare via da solo".
"Non posso essere ucciso, ricordi?"
"Ormai Tu-Sai-Chi sa già del tuo Horcrux".
"Per questo devi restare qui e tenerlo al sicuro". Le sue parole sembravano leggere, ma il tono con cui le disse era cupo.
Hermione voleva obiettare, voleva che tutto andasse a suo favore, ma era stanca, il suo corpo indebolito stava per accasciarsi proprio in quel momento sul pavimento. Ma naturalmente non poteva chiedergli di aspettare che si sentisse un po' meglio e, nello stato in cui si trovava adesso, sapeva che gli avrebbe solo reso le cose più difficili che non sarebbero servite a nulla. Lui lesse nei suoi occhi la risposta che lei non avrebbe mai pronunciato nell'universo.
Si odiò per questo. Si odiò ancora di più quando lui se ne andò. Si sentiva vuota e sola e non c'era universo nella sua mente in cui il pasticcio che era questa guerra potesse risolversi in modo soddisfacente: se l'Ordine avesse vinto, avrebbero crocifisso Draco, e lei insieme a lui, perché non c'era versione della fine in cui lei non sarebbe stata al suo fianco e non avrebbe accettato tutto ciò che gli capitava come se fosse destinato a lei. E se Voldemort avesse vinto, ancora una volta... Beh... Non c'era un lieto fine per loro.
Hermione non aveva mai pregato, ma ora pregava che Draco trovasse presto Voldemort, preferibilmente entro un'ora, e lo uccidesse finalmente con successo. Avevano fatto tutto quello che dovevano, avevano fatto tutto secondo "il libro", secondo come doveva essere fatto. Se non avesse funzionato ora, niente avrebbe funzionato.
Si addormentò e dormì per dodici ore.
Si svegliò con un senso di vertigine e disorientamento. Nel cottage c'era il buio più assoluto, solo il rumore delle onde, ora più forte di prima, era udibile all'esterno. Accese la punta della bacchetta e si guardò intorno. Draco non era ancora tornato.
L'unica cosa che la teneva unita era che l'anello al dito era ancora caldo, che Draco era impossibile da uccidere e che avrebbe fatto qualsiasi cosa in suo potere per mantenere intatto il suo Horcrux.
Non poteva sopportare l'attesa, così dormì ancora un po'. Questa volta Harry era il protagonista dei suoi incubi, la incolpava, la odiava, cercava di seppellirla nella tomba dei suoi genitori. Hermione urlò, ma il suono fu attutito dalla terra che Harry le stava gettando addosso.
Si svegliò di soprassalto. Fuori era un po' più chiaro, era mattina presto. Draco era ancora lontano.
Qualcosa salì dall'ombra da cui erano ancora ammantati gli angoli della sua camera da letto. Sussultò, ma riuscì a tenere a bada lo spavento, quando vide Draco... stranamente, non lo sentì tornare con la Materializzazione.
Cercò di capire se ci fosse riuscito o se fosse ferito, ma il suo corpo era gelido e il suo volto non tradiva nulla.
"Allora?", ruppe il silenzio a bassa voce.
"Non riesco a trovarlo", digrignò tra i denti. "Si sta nascondendo, sa che lo sto cercando".
Hermione provò sollievo: non si trattava della peggiore delle ipotesi. Cercare di nascondersi dal potere unito delle menti di Draco e Hermione era come cercare di mascherare dei passi insanguinati sulla neve fresca: impossibile, e stupido anche solo provarci.
Si alzò dal letto, pronta a iniziare un brainstorming di idee, pronta a cancellare quell'espressione cupa dal volto di lui. Non aveva mangiato nulla negli ultimi due giorni, o anche di più, ma non sentiva fame e il sonno l'aveva aiutata a recuperare un po' di forze. Era pronta a escogitare un piano che potesse funzionare davvero. Dovevano solo pensare a tutti i posti in cui Voldemort poteva nascondersi in questo momento...
Un sibilo risuonò all'interno del cottage, all'inizio così silenzioso da essere a malapena udibile, ma che guadagnava slancio a ogni secondo. Sembrava una bomba in procinto di esplodere e Hermione sentì il corpo di Draco sbatterle addosso, gettandola a terra e facendole da scudo con la sua carne. Sussultò mentre l'aria le usciva dai polmoni e non vide altro che i suoi capelli bianchi e la sua pelle pallida.
Ci siamo, Voldemort è venuto per loro, brucerà la casetta e non avranno abbastanza tempo per uscire prima che tutto esploda...
Ma invece di sentire un'esplosione videro una luce intensa. Draco si allontanò un po', ma continuò a tenerla ferma, osservando con sospetto la fonte della luce. Hermione fissava davanti a sé mentre la cosa prendeva forma.
Un Patronus.
Un Patronus cigno.
Cho.
Un messaggio singolare con una voce femminile morbida, quasi calma da medico. "Snape e Moody sanno che Harry è morto. Hanno ucciso Pansy per tradimento. L'Ordine pensa che sia stata lei a ucciderlo. Verranno a cercarti perché sei la loro prossima sospettata".
Il cigno evaporò lentamente.
Il petto di Hermione si strinse. Non riusciva a respirare.
"No, non è vero... non è giusto... Pansy non ha fatto nulla..."
Draco non sembrava scioccato o divertito o anche solo leggermente sorpreso. "C'era da aspettarselo". Lo fissò. "A loro non importa chi sia, cercano solo qualcuno a cui dare la colpa di tutto".
Hermione si alzò in piedi. "Devo andare là, a spiegare tutto... Dirò loro che Harry era un Horcrux e che era necessario farlo per battere Tu-Sai-Chi una volta per tutte...".
"Granger, non hai
sentito cosa ha detto il Patronus!", scattò. "Tu sei la prossima! Anch'io, ma tu sei quella che useranno per prendermi! Come pensi che andrà a finire!"
Hermione lo sentì, ma capì a malapena le sue parole. Snape non avrebbe ucciso Pansy, era una delle sue studentesse preferite. Niente aveva senso. Doveva far sì che tutto avesse un senso.
"No, è solo che non lo sanno, dirò loro che cosa è successo veramente, dirò loro che Pansy era innocente..." borbottò, voltandosi per andarsene, con gli occhi vuoti, senza vedere nulla se non quello che aveva davanti.
"Dove credi di andare?", le sibilò dietro.
"Andrò... andrò lì... e dirò loro la verità, capiranno..."
"Non andrai da nessuna parte! Lo capisci che ti uccideranno!", gridò.
Quel pensiero era ridicolo per Hermione: l'Ordine non l'avrebbe uccisa, avrebbero fatto di tutto per tenerla al sicuro! Per loro era preziosa quasi quanto Harry...
Solo che ora pensano che sia stata lei a ucciderlo senza motivo...
Si voltò verso di lui. "Andrà tutto bene", disse, sentendo poca verità nelle sue parole.
Un attimo dopo lui le fu addosso, afferrandole dolorosamente l'avambraccio. Gli occhi di Hermione si allargarono e lei cercò di strappare la mano dalle sue grinfie, ma senza successo.
"Lasciami andare, Draco".
"No. Non ti lascerò andare in una missione suicida".
"Ho fatto un casino, quindi devo rimediare".
"Tu non hai fatto niente. Sono io che ho ucciso Potter. E non mi arrenderò all'Ordine. Non lo farai nemmeno tu".
"Non mi faranno del male", continuò lei ostinata, cercando di liberarsi da lui.
"Sei così incredibilmente, stupidamente ingenua, Granger!" Draco sibilò. Il suo sguardo era selvaggio. Lei era certa che fosse pronto a fare qualsiasi cosa per tenerla con sé. Strinse forte la bacchetta nell'altro braccio.
Strinse gli occhi. "Dillo e basta: non ti importa se qualcun altro si fa male, ti importa solo di te stesso!"
L'intensità del suo sguardo le avrebbe tagliato la testa in due se non si fosse data una mossa. "No. Non me stesso, Granger".
Non ebbe il tempo di capire il significato delle sue parole, o la loro mancanza. Sollevò la bacchetta. Fortunatamente per lei, Draco era indifeso.
"Stupeficum!"
Gli occhi di lui si spalancarono e si accasciò ai suoi piedi, incapace di fare qualsiasi cosa, solo di guardarla andare via.


__


Si ritrovò all'interno del castello, all'altezza della Torre di Astronomia. Rimase immobile per un momento, senza muoversi, senza guardarsi intorno, senza parlare, cercando di assorbire il silenzio del castello che era innaturale e sembrava quasi inquietantemente strano. Uno strano tipo di vuoto le riempiva il petto, e teneva la bacchetta più saldamente in mano, come se potesse scivolarle tra le dita come un trapianto d'organo indesiderato: non la sentiva ancora sua.
Guardò lo spazio aperto davanti a sé, osservando il vasto parco di Hogwarts, illuminato da una luce pallida perché il sole c'era, ma era nascosto da nuvole grigie. Sapeva che era qui che Dumbledore era morto, che era qui che Snape lo aveva ucciso. Lo sapeva, ma non riusciva ad accettarlo. Non riusciva ad accettare che lo stesso destino potesse attendere lei.
Sentì una voce familiare come di ghiaia dietro di lei: "Granger".
Si voltò. Malocchio Moody sembrava proprio quello di prima, solo che la sua postura era più tesa. Cercò di capire dalle sue espressioni se era arrabbiato o deluso o se la faccia che aveva era solo quella di sempre, ma era impossibile farlo. Sapeva di dover dire qualcosa, di dover spiegare, ma quando aprì la bocca non le uscì nessun suono, nessuna parola. "Vieni nel mio ufficio, Granger", le fece Moody con il bastone.
Lei lo seguì all'interno, sedendosi sulla sedia circondata da vecchi oggetti vari lasciati dal vecchio professore di astronomia. Tutto sembrava intatto, e Hermione si chiese se Moody passasse il suo tempo in qualche altro ufficio e tenesse questo solo per bellezza. Si sedette di fronte a lei e la fissò con entrambi gli occhi, ispezionando, misurando, sospettando. Lei si sentiva come un'allieva che riceveva una lezione da un insegnante.
"Sei tornata", disse Moody.
"Sì... credo che lei abbia frainteso quello che è successo, professore. Devo spiegarle bene".
"Hai ucciso Potter", la interruppe lui. "Cosa c'è da fraintendere?"
"Non è quello che è successo".
"Allora che cosa è successo? Dimmelo".
Hermione inspirò. Non sapeva come uscirne. Non sapeva cosa dire per far sembrare la verità meno orribile. Non poteva dirgli che Draco aveva ucciso Harry, perché questo lo avrebbe fatto apparire ancora peggio di quanto già non sembrasse agli occhi dell'Ordine. Ma non poteva nemmeno prendersi tutta la colpa: conosceva l'opinione di Moody sui traditori e non voleva provare in prima persona la sua ira.
Vedendo che lei si sentiva dubbiosa nel rispondere, Moody si inclinò. "Allora? Potter è ancora vivo e tutta quella storia sulla sua morte era solo uno stratagemma?"
Hermione scosse la testa. "È morto, ma doveva morire. Finché Harry era vivo, non avevamo alcuna possibilità di uccidere Lei-Sa-Chi. Lei lo sa, professoressa, è quello che ci ha detto Snape, ricorda? Harry era un Horcrux e doveva morire..."
"Tu-Sai-Chi ha ucciso Potter durante la Battaglia di Hogwarts. Fine della storia. Qualunque altra cosa tu abbia da dire suonerà solo ridicola, quindi smettila prima di renderti ridicola, Granger".
"Ma deve ascoltarmi! Lei-Sa-Chi non ha distrutto l'Horcrux dentro Harry perché è impossibile farlo con una maledizione ch euccide! Proprio come il serpente, l'Horcrux dentro un essere vivente non può essere distrutto finché il suo contenitore vive! Se solo..."
"E chi te l'ha detto?".
Hermione deglutì. "Draco", rispose infine.
Moody la fissò, chiaramente deluso. "Fraternizzare con il nemico, eh?"
Aveva già sentito queste parole in passato, e la cosa non la rese meno furiosa questa volta.
"Mi permetta di ricordarle, professore, che è stato lei a dirmi di sposarlo per salvare l'Ordine, è stato lei a convincermi finché non ho ceduto. E Draco non è il nemico. È dalla nostra parte. Vuole uccidere Lei-Sa-Chi tanto quanto me e lei, e ha già fatto così tanto bene per la nostra causa..."
"Non credo di doverti ricordare quanti grandi e brillanti maghi e streghe ha ucciso, vero, Granger? Le persone che ha torturato, le vite che ha rovinato, non significano nulla per te?" Lei non rispose. "Devi aver passato troppo tempo con lui, ma non avrei mai creduto che ti saresti fidata di ogni singola parola che ha detto. Pensavo che non fossi così stupida".
L'ultima frase riecheggia nelle orecchie di Hermione. "E io pensavo che lei non fosse così stupido da credere alle dicerie e ignorare i fatti concreti anche se le dico di ammucchiarli davanti a lei!", digrignò tra i denti.
Moody, naturalmente, non fu colpito dal suo sfogo. "Pensavo che tu e Potter foste migliori amici".
Si fissò le mani. "Lo siamo... eravamo..."
"Ti ha fatto sentire bene quando l'hai ucciso? Ti ha fatto sentire come se avessi fatto la cosa giusta? Perché lascia che ti dica, Granger, che non l'hai fatto. Hai commesso un errore. Ti hanno fatto credere che le cose false fossero vere". Si appoggiò alla sedia. "Non ti biasimo per questo. Anche se posso immaginare come si sia sentito bene Malfoy a uccidere il suo nemico d'infanzia".
"Se pensi che l'abbia ucciso io, perché hai dato la colpa a Pansy?"
L'espressione di Moody divenne acida. "Non sono stato io. È stato Snape. Lei è venuta da lui, urlando e piangendo, dicendo che Malfoy aveva portato via Potter per ucciderlo. Snape ha controllato dappertutto, non credendo alla Parkinson perché sembrava isterica - ma Potter non era da nessuna parte a Hogwarts. Ha pensato al peggio".
Hermione sollevò le sopracciglia indignata. "Quindi per punire qualcuno con la morte bastano le supposizioni?"
Moody scrollò le spalle. "Io e Snape non abbiamo mai condiviso lo stesso consenso".
"Allora che cosa mi farete? Ora che sapete la verità?"
"L' High Reeve sa che sei qui?" Chiese Moody invece di rispondere.
Hermione strinse gli occhi. "Sì, perché?"
"Perché non ti ha seguito fin qui?", domandò lui, come se Draco che la segue verso un pericolo inevitabile si spiegasse da sé.
"Perché l'ho schiantato", rispose lei, chiedendosi perché le venissero fatte tutte quelle domande.
Vide la bacchetta di Moody, ma troppo tardi. Sentì la maledizione Imperius, ma non la registrò completamente. Un attimo dopo era una creatura priva di volontà, incapace di fare altro che quello che le veniva detto.
Moody le fece scivolare una fiala sul tavolo. La maledizione in cui era intrappolato il suo corpo le disse di berla, ma i resti della sua coscienza si stavano ancora opponendo. Il suo corpo era rigido e teso sulla sedia, teneva ostinatamente le mani strette ai fianchi perché sapeva che se le avesse mosse non sarebbe riuscita a resistere al comando di bere, bere. Credeva che fosse veleno, o qualcosa di peggio, e avrebbe preferito morire piuttosto che assaggiarlo. Sentiva il sudore caldo scorrerle sulla fronte per lo sforzo. Moody la ispezionò da vicino, divertito dalla sua sfida, con la bacchetta puntata contro di lei.
"Non ti ucciderò, sei troppo preziosa per farlo", le disse. "Ma ho bisogno che tu beva la fiala. Ti stordirà per qualche ora. La notizia della morte di Potter non si è diffusa solo tra noi, anche Tu-Sai-Chi lo sa già. È solo questione di tempo prima che attacchi Hogwarts. Fino a quel momento, il mio compito è di tenerti qui. Ti useremo per convincere l'High Reeve a fare marcia indietro".
Ridicolo, pensò Hermione, tutto ciò era ridicolmente ridicolo. Per tutto il discorso di Moody aveva cercato disperatamente di respingere la maledizione Imperius, e le parole pronunciate da lui sembravano assurde. Era questo che credevano? Che Draco avesse lavorato con Voldemort per tutto questo tempo, e che in qualche modo Hermione si fosse confusa e accidentalmente corrotta dal lato oscuro? Credevano davvero che minacciarla di morte avrebbe fermato la guerra?
Hermione si aspettava molte cose, ma questo scenario non le era assolutamente passato per la testa. Voleva dire ad alta voce quanto fosse stupido questo piano, quanto fosse incredibile e stiracchiato. Ma non poteva parlare. Non poteva nemmeno più reagire.
Hermione guardò la sua mano che si sollevava involontariamente e prendeva la fiala, sentì come la sua bocca si apriva, come i muscoli della mascella si tendevano e sentì il sapore amaro del liquido contenuto ricoprirle la lingua prima che tutto diventasse nero.


Forward
Sign in to leave a review.