The Story of the Prince

Harry Potter - J. K. Rowling
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The Story of the Prince
Summary
La prima guerra magica non è esplosa di colpo, non c’è stata una battaglia plateale ne schieramenti ben divisi. I Mangiamorte si sono insinuati nella comunità magica. Voldemort ha acquisito potere con pazienza e mentre uno dei più pericolosi signori oscuri di tutti i tempi si nascondeva dietro la facciata di un mago elegante e potente i giovani studenti di Hogwarts dovevano imparare a vivere in un mondo che presto sarebbe stato distrutto dalla guerra.I Malandrini non sono stati i soli studenti a combattere e perdere la vita, molti altri anche nella fazione opposta erano convinti di essere nel giusto e pur di perseguire i propri ideali hanno dato la vita.Questa è la loro storia.La storia di Severus Piton, Caradoc Dearborn, Regulus Black, Barty Crouch, Evan Rosier, Bruce Mulciber, Edmund Avery, Bellatrix, Andromeda Black e molti altri.
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COSPIRAZIONI E FALLIMENTI

Quando le lezioni ricominciarono a gennaio l’aria era tesa. Alcuni studenti più grandi erano andati a casa per le vacanze ed erano tornati con sguardi cupi e preoccupati, come se sapessero qualcosa che non potevano rivelare.
Caradoc osservò curioso Thomas Erwin, uno studente di Grifondoro un anno più grande di lui, se ne stava al con i gomiti appoggiati al tavolo della colazione e lo sguardo fisso.
Al contrario il rumoroso gruppo di James Potter non faceva che muoversi mimando azioni che non riusciva a capire e ridendo.
Per un istante immaginò Erwin con gli occhiali di Potter, non lo aveva mai notato, ma erano stranamente simili.
  «Maledizione!» esclamò Rosier che stava tenendo davanti a se la Gazzetta del Profeta aperta.
  «Che succede?» Chiese Wilkes prima di addentare una salsiccia.
  «Ha vinto White»
Caradoc inarcò un sopracciglio confuso, Wilkes in rispsote voltò il giornale nella sua direzione.
Il grosso titolo in grassetto torreggiava sulla prima pagina:

 

JENKINS SI DIMETTE

 

Mulciber sbuffò sonoramente
  «Hai troppa fortuna White» si lamentò Rosier
  «Non è fortuna» scosse lui la testa. «Sono solo più intelligente di voi.»
  «Ma che intelligente?» Si intromise Avery. «Bellatrix ti ha suggerito»
Caradoc scattò appena «Non è vero, eri proprio davanti a me, non mi ha detto niente.»
  «Bhe, ti ha fatto intendere.»
  «Ed sento le unghie che raschiato il vetro» sghignazzò Wilkes.
  «Non è giusto» si lamentò l’amico guardando con astio il suo piatto.
Severus al contrario non commentò la notizia, sembrava fosse impegnato a leggere velocemente l’articolo.
  «Qui dice che verrà sostituita da Minchum.»
  «E chi è?» Chiese Rosier infilzando con la forchetta una salsiccia.
  «Capo degli Auror» disse in fretta Caradoc, aveva sentito più volte suo padre nominarlo.
  «Che senso ha mettere un Auror come ministro?» chiese Wilkes.
  «Per dare l’illusione di stabilità, immagino» fece Avery senza smettere di guardare il suo piatto.
In effetti aveva senso, tutti erano preoccupati per gli attacchi dei Mangiamorte, avere un alto membro delle forze dell’ordine sarebbe stato una buona cosa, almeno in apparenza.
Ma Caradoc era convinto che Minchum fosse in combutta con Malfoy, era stato troppo rapido il cambiamento, tutti sapevano.
Bellatrix aveva ammesso di essere informata della questione.
Se chi era fedele al Signore era riuscito a mettere come capo del Ministero un alleato allora avevano già tutto il potere che gli serviva.

 

 

 

Regulus era seduto da solo al tavolo di Serpeverde, per un momento pensò di andare al tavolo di Corvonero vicino a Pandora e Barty, ma in realtà non gli andava di fare conversazione. Masticò svogliato le sue uova e quadro alzò lo sguardo incrociò gli occhi chiari di Sirius, fu un contatto breve, perché il Grifondoro li scostò quasi immediatamente.
Sua madre era stata intrattabile per il resto delle vacanze, Kreacher era andato da lei più volte per assicurarsi che stesse bene, ma a quanto pareva non c’era stato niente da fare. Era inconsolabile.
Suo padre al contrario se ne rimase nel suo studio anche durante i pasti, una volta scoperto che Sirius era andato dai Potter a suo dire non c’era motivo di preoccuparsi.
Ma Regulus non poteva farne a meno, anche se Sirius sembrava felice intorno ai suoi amici non riusciva a immaginare di non averlo più nella stanza accanto a casa.
Era solo un momento si disse.
Sarebbe tornato a casa per l’estate e tutto sarebbe tornato come prima, aveva litigato altre volte con i loro genitori, non era niente di grave.
Cercò di ignorare il ricordo del giorno prima in cui Sirius aveva bruciato la lettera di sua madre proprio davanti a lui in Sala Grande.
Era ancora arrabbiato, gli sarebbe passata.
Non sarebbe stato come con Andromeda.

 

 

 

 

Villa Lestrange era avvolta in un silenzio profondo, rotto solo dal sussurro delle fiamme nel grande camino del salone principale.
L'aria esterna era gelida, il vento si infrangeva con forza sulle finestre facendole vibrare.
Cygnus Black sedeva immobile in una poltrona di velluto scuro, lo sguardo fisso nel fuoco che crepitava davanti a lui. Le ombre danzavano sul suo volto severo, accentuando la linea netta delle sue sopracciglia e la freddezza nei suoi occhi.
Bellatrix si trovava di fronte a lui, in piedi, rigida come una statua, con il suo lungo abito nero che scivolava fluido sulla pelle. I suoi occhi, scuri e penetranti, non lasciavano trasparire emozioni, ma dentro la sua mente i pensieri si affollavano.
Doveva forzarsi per far si che le sue mani non iniziassero a tremare, il respiro rischiava di diventare affannato anche se era ferma.
Rodolphus era uscito senza dirle dove fosse diretto e nella ville erano rimasti solo lei e suo padre. Quella consapevolezza la turbava.
  «Le cose stanno cambiando, Bella» disse Cygnus, la sua voce bassa e calma, ma le parole portavano un peso che si poteva quasi toccare. «Si è presentata un’opportunità, finalmente»
Bellarrix sapeva perfettamente a cosa si riferiva, la notizia della fuga di Sirius era arrivata fin troppo velocemente alle orecchie di tutti gli eredi black.
  «Non possiamo permettere che il nome dei Black venga messo ulteriormente in ridicolo."
Un pensiero richiamò il volto di Andromeda, era stata una pessima influenza per Sirius.
Bellatrix non distolse lo sguardo da lui. La sua espressione non si alterò, fece leggero cenno di approvazione.
  «Non ci servono i più deboli, padre» Sapeva che era quello che voleva sentire, ma non riuscì a mascherare totalmente il tremolio nella sua voce.
Cygnus accennò un sorriso sottile che non raggiungeva mai i suoi occhi.
  «Esattamente» disse abbassando la voce.
  «Ma abbiamo un altro problema di cui occuparci»
Bella inclinò appena la testa.
  «Alphard» annunciò suo padre con sicurezza.
Bellatrix allargò gli occhi, non poteva voler davvero tornare su quell’idea. Si era lasciato andare mesi prima, trascinato dall’alcool, ma era un’idea folle, nessuno lo avrebbe mai appoggiato.
  «È sempre stato troppo… indulgente» disse, la sua voce sibilante. «Non vede la verità, come facciamo noi. La sua visione è limitata, è troppo debole, lo è sempre stato. umana. E come dici tu, i deboli vanno eliminati.»
Cygnus la guardò intensamente, il suo sguardo percorse il suo corpo. La sua mano, elegante e tesa, scivolò sul bracciolo della poltrona, come per seguire quello che i suoi occhi stavano solo sfiorando.
  «Ma dobbiamo muoverci con cautela.» Riprese con cautela, come se stesse rivelando un segreto.
  «Non possiamo lasciare tracce. Tu più di tutti sai quanto sia importante che tu prenda finalmente il posto che ti spetta. Dopo tutto… non c'è nessuna possibilità che le linee di sangue dei Black possano cadere in mano a chi non ne
è degno.»
Un brivido percorse la schiena di Bellatrix. Lei era l’erdere dei Black, se solo fosse nata maschio nessuno lo avrebbe messo in dubbio, non avrebbe dovuto lottare per avere un piccolo spazio in quella giungla di iene.
Se solo fosse nata maschio tutto sarebbe stato più facile.
  «Non c'è dubbio, padre» rispose, le sue parole piene di una certezza implacabile. «Le linee di sangue dei Black… sono le uniche che contano. E io farò tutto ciò che serve per onorarle.»
Cygnus carezzò la poltrona con un vago sorriso.
  «Entrambi sappiamo cosa serve per mantenere la purezza della nostra famiglia.»
Il volto di Bellatrix si fece più rigido.
La tensione tra di loro sembrava crescere, come una tempesta imminente. Odiava quella sensazione, ancora più dello sguardo del padre sul suo corpo.
Non osò muoversi di un passo, anche se un angolo della sua mente le gridava di scappare.
Ma in fondo scappare non era mai servito.
  «E se dovesse servire… ci occuperemo di Alphard, una volta per tutte.» disse con freddezza.
Si alzò lentamente, Bellatrix fece un passo indietro senza distogliere lo sguardo da lui.
Una mano le sfiorò la guancia sotto la quale contrasse la mandibola.
  «Avrai ciò che ti spetta" mormorò in una promessa minacciosa.
Bellatrix rispose con un sorriso che non raggiunse i suoi occhi, ma la sua voce era gelida e priva di emozioni.
  «Per i Black, padre.»
Nella penombra di quella stanza, padre e figlia si scambiarono un'intesa tacita, un accordo che trascendeva le parole, una promessa di potere e distruzione che avrebbe segnato il destino della famiglia Black per sempre.

 

 

Grimmauld Place numero 12, con i suoi corridoi oscuri e quadri che osservavano silenziosamente, era immersa in un’atmosfera greve. Le fiamme nel camino della cucina crepitavano, ma non c’era nessuno a gustarsi il suo calore.
Le uniche due persone nella casa erano al piano di sopra, nella stanza dell’arazzo.
Walburga Black stava in piedi davanti alla finestra, lo sguardo fisso nel vuoto, mentre si torturava le dita magre e pallide.
Rabbia e dolore si mescolavano dentro al suo petto.
Riusciva a vedere con la coda dell’occhio Orion al centro della stanza, le mani strette in pugni.
  «Dobbiamo diseredato, Walburga. Non ci sono altre opzioni.»
Walburga si voltò lentamente, fissando Orion con occhi infiammati. «Diseredarlo? Hai completamente perso il senno?»
  «Non possiamo rischiare di venire associati a quel traditore del sangue» disse Orion con una punta di disprezzo.
  «Sirius è nostro figlio!»
  «E ha deciso da che parte stare, ha scelto i traditori del sangue» esplose Orion «Non gli permetterò di infrangere il nome dei Black davanti a tutta la comunità magica.»
Walburga inspirò profondamente e fece un passo verso il marito.
Si fece avanti, la sua figura tesa come un arco, ogni parola che usciva dalla sua bocca carica di disillusione. «Non è così che lo convinceremo a tornare, hai visto come è finita con Andromeda»
Le narici di Orion vibrarono. «Tornare? Sei così ingenua da pensare che tornerà?»
  «Potrebbe» si affrettò a dire Walburga lasciando ricadere le braccia lungo i fianchi.
Orion sbuffò sonoramente. «Lo hai detto anche tu, è cocciuto»
  «Ma non…» le parole le si bloccarono in gola. «Non possiamo lasciarlo solo.»
  «Non è solo» un freddo sorriso inarcò le labbra dell’uomo «Ha quei Potter» pronunciò il nome come fosse un insulto. «Ha scelto loro, ha detto che preferirebbe non essere un Black, quale padre non accontenterebbe il figlio?»
  «Non prendermi in giro» walburga alzò le spalle con fastidio. «Non lo fai per lui»
  «Tutto quello che ho fatto fino ad oggi è stato per lui e ha deciso di buttare via tutto, quel lurido ingrato»
Walburga lo guardò come se lo stesse vedendo per la prima volta.
  «Non ruota tutto intorno a te, Orion, ai tuoi galeoni, al tuo nome o al tuo onore»
  «Da quando?» chiese con la furia nello sguardo. «Sono io che porto avanti il nome dei Black, io che discendo da Sirius Black II»
Walburga sbuffò «Sì complimenti e io da Pollux, allora? Vuoi una medaglia?»
Orion fece un passo rabbioso verso di lei.
  «Non sei l’unico Black qui»
  «Ma sono l’unico che ha ereditato qualcosa oltre al nome e uno stupido arazzo»
Quella verità la colpì come una stilettata.
Era sempre stata la verità che non mancava mai di venirle sbattuta in faccia. Era una donna, solo una donna, utile a sfornare figli ma senza titoli ne eredità.
Suo padre non aveva mai mancato di farglielo pesare, come se fosse colpa sua, come se lo avesse scelto.
Ma almeno Orion non lo aveva fatto, lui era diverso… o così pensava.
Un freddo sorriso inarcò le labbra di Walburga «Tutto quello che hai ereditato sparirà nel nulla se diseredi Sirius»
  «Abbiamo un altro figlio» ricordò con la voce bassa.
Walburga annuì «Un altro figlio da soffocare con la tua assenza paterna? Vuoi costringerlo a fare quello che tu non hai il coraggio di fare?»
  «Non osare» vide scattare la sua mano verso la tasca in cui teneva la bachetta, ma non fece un passo, rimase solo a guardarlo gelida.
  «A fare cosa? Dire la verità?» inclinò appena la testa in avanti. «È tutta la vita che ti lamenti perché il mondo non si inchina a te, ti aspetti che tutti ti rispettino solo perché ti chiami Black, ma tu per primo non rispetti nessun altro se
non te stesso»
Walburga lo fissò con occhi pieni di tristezza, dopo tanti anni finalmente lo vedeva per quello che era, un piccolo uomo, insicuro e debole.
Forte solo quando si trattava di sgridare un bambino.
Nel silenzio che seguì, Walburga si girò verso l’arazzo appeso alla parete, l’albero genealogico della famiglia Black. l fili d'oro con cui era ricamato scintillavano intorno ai volti degli antenati.
Nomi, volti, storie perse nei secoli, coperte daorgolgio e fame di potere.
Le vaste macchie bruciate si estendevano per tutto l’albero.
Togliere il marcio lo definiva suo padre.
Per far si che il nome dei Black non venisse infangato.
Eppure con tutte quelle bruciature il fallimento della famiglia veniva solo evidenziato.
Forse in fondo aveva ragione Alphard, avevano sbagliato tutto.
Lo sguardo si fissò sul posto in cui pochi anni prima c’era il volto orgoglioso di Andromeda.
Poco più giù invece c’era la loro linea, che portava a Sirius e Regulus.
La tappezzeria non dava loro giustizia, erano così piatti, così sfocati, deludenti in una blanda imitazione.
Forse la vera salvezza da quel mare di vite infelici, guidate solo dalla fame di potere e bieca apparenza era la sorte toccata a Andromeda. Sparire e basta, senza il peso della famiglia sulle spalle, liberi da aspettative, ridicoli matrimoni combinati.
Estrasse la bacchetta allarmando per un secondo Orion che estrasse la propria. Incurante Walburga l’avvicinò all’arazzo puntandola in mezzo al volto di Sirius. L’osservò per un ultimo secondo, prima che apaprisse una piccola fiamma scura. Il fuoco si propagò in fretta mangiando l’intero volto e il filo dorato che lo circondava.
Walburga si voltò verso Orion, il suo volto illuminato dal bagliore del fuoco, gli occhi pieni di una rabbia irrefrenabile.
  «È questo che vuoi?» chiese, la voce tremante di un’emozione mista tra dolore e furia.
La stanza divenne di colpo più buia, forse una nuvola sorvolò Grimmauld Place oscurando il cielo come era successo al volto di Walburga.
  «Un’altra bella macchia nella nostra storia, un altro fallimento sbattuto in faccia alle generazioni future»
Orion la fissò in silenzio, il suo sguardo sembrò vacillare per un instante.
La fiamma sull’arazzo si spense di colpo.
  «Non si torna indietro, Walburga»
  «No, infatti.» senza dire altro superò il marito e uscì dalla stanza con passo pesante.

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