The Story of the Prince

Harry Potter - J. K. Rowling
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The Story of the Prince
Summary
La prima guerra magica non è esplosa di colpo, non c’è stata una battaglia plateale ne schieramenti ben divisi. I Mangiamorte si sono insinuati nella comunità magica. Voldemort ha acquisito potere con pazienza e mentre uno dei più pericolosi signori oscuri di tutti i tempi si nascondeva dietro la facciata di un mago elegante e potente i giovani studenti di Hogwarts dovevano imparare a vivere in un mondo che presto sarebbe stato distrutto dalla guerra.I Malandrini non sono stati i soli studenti a combattere e perdere la vita, molti altri anche nella fazione opposta erano convinti di essere nel giusto e pur di perseguire i propri ideali hanno dato la vita.Questa è la loro storia.La storia di Severus Piton, Caradoc Dearborn, Regulus Black, Barty Crouch, Evan Rosier, Bruce Mulciber, Edmund Avery, Bellatrix, Andromeda Black e molti altri.
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FESTA DI NATALE

Caradoc uscì dal turbinio di fuoco verde e fece un passo verso il grande salone di Villa Malfoy, dopo pochi istanti apparvero anche suo padre con Severus al fianco.
La stanza era riccamente addobbata, ghirlande e candele fluttuavano sul soffitto. Numerosi elfi domestici apparivano e sparivano rapidamente per accogliere gli altri ospiti che uscivano dai camini.
  «Malfoy si è dato da fare» commentò Lycoris White ammirando la stanza.
  «Peccato che mamma non sia qui» mormorò Caradoc tristemente.
Lycoris gli posò gentilmente una mano sulla spalla. «Ci rifaremo, ora niente musi lunghi, non sono eleganti. E tu Severus, schiena dritta.»
Come se avesse ricevuto una spinta il ragazzo si raddrizzò di colpo.
Seguirono la folla che si era creata e percorsero il largo corridoio che conduceva alla Salotto.
Era di proporzioni schifosamente ampie, nemmeno Villa White era così grande.
Soffitti alti trenta piedi, due lampadari e un pianoforte a coda vicino alla parete opposta. Un imponente abete era disposto al centro della stanza, decorato con solo due colori, argento e oro. Numerosi quadri alle pareti mostravano i soggetti in eleganti abiti da sera che si accalcavano per vedere gli ospiti.
Caradoc per un momento pensò che avessero ampliato la stanza con la magia.
Sentì nella mente risuonare la voce di sua nonna Laurelle: Un volgare abuso edilizio.
Soffocò una risata con il dorso della mano e si lisciò la lunga giacca nera.
La stanza era piena di maghi e streghe con già dei lunghi calici in mano, alcuni erano immersi in fitte conversazioni, altri sembravano in attesa con le braccia incrociate e sguardi arcigni.
  «Oh Lycoris!» Walburga Black venne loro in contro allargando appena le braccia. «E guarda qua, Caradoc hai quasi raggiunto tuo padre in altezza»
Si ritrovò avvolto da un abbraccio inaspettato con tanto di accennati baci sulle guance.
  «E tu sei…»
  «Severus Piton» si presentò chiaramente a disagio.
  «Regulus mi ha parlato di te» annuì Walburga squadrandolo seria «Sei così simile a Prince Senior.»
Severus allargò gli occhi confuso.
  «Ero a scuola con tua madre, una strega davvero di talento» annuì Walburga prima di lisciarsi l’abito.
  «Venite, i padroni di casa sono stati assaliti dai Rosier»
  «Per carità andiamo a salvarli» rise Lycoris tendendo un braccio verso Walburga in modo che lo guidasse.
Caradoc e Severus li seguirono facendosi largo fra la folla.
I capelli biondo platino di Abraxas Malfoy e del figlio Lucius sembrarono scintillare sotto la luce del grande lampadario.
Il signor Rosier con la moglie a braccetto stava parlottando con Abraxas muovendo la mano con cui teneva il calice pericolosamente pieno.
Accanto a Lucius invece c’era Narcissa con al dito ancora l’anello di matrimonio in bella vista.
  «Posso salutare la nuova signora Malfoy?» Chiese suo padre facendo un piccolo inchino.
Narcissa gli fece un largo sorriso «Signor White, è un piacere rivederla.»
  «Il piacere e tutto mio… nostro» aggiunse facendosi da parte per mostrare anche loro due.
Lucius sembrò scattare a molla «Oh Severus, sono contento che tu sia riuscito a venire.» Gli diede una pacca sulla schiena che lo inclinò in avanti. «E Caradoc, sempre impeccabile.» Gli strinse sbrigativamente la mano.
Wlaburga fissò la signora Rosier con chiara antipatia, Lycoris si inclinò verso di lei mormorando.
  «Pensavo che a un certo punto si sarebbe guardata allo specchio e avrebbe capito che non può più vestirsi come una…»
Ma non riuscì a finire la frase, come se si fosse sentita chiamare la signora Rosier si staccò dal marito e venne loro incontro. «Walburga, sempre attaccata ai begli uomini!»
  «Oh non lusingarmi Alianne, sai che poi non mi contengo»
Caradoc si sforzò di non scuotere la testa, tutti quei convenevoli disgustosamente cortesi gli facevano venire il vomito. Quasi tutti si detestavano eppure fingevano di adorarsi, anche se non mancavano frecciatine.
Voltandosi riconobbe Orion Black nell’angolo che parlava con Cygnus, il padre di Narcissa. Alle loro spalle, come se volesse rimanere nascosto c’era un imbronciato Sirius Black che lanciava sguardi astiosi verso la madre.
  «Ehi ragazzi, venite a sedervi con noi» Evan Rosier arrivò loro alle spalle.
  «Dove vi siete infilati?» Chiese Caradoc guardando la folla.
  «Abbiamo preso possesso del divano che da alla sala da ballo.»
Incrociò brevemente lo sguardo del padre che annuì prima di tornare a parlare con Alianne e Wlaburga in quella che si era trasformata in una gara di finti complimenti.
Spintonando un po’ riuscirono a raggiungere il piccolo gruppo che si era affossato sul morbido divano senza la minima intenzione di lasciarlo.
Avery e Muciber tenevano le gambe accavallate dallo stesso lato con calici in mano che roteavano nel senso opposto, Wilkes era seduto su un bracciolo e alzò la mano appena li vide.
  «Che siete venuti a piedi voi due?»
  «No con la tua scopa» gli rispose Caradoc inclinando la testa.
Rosier si sedette sul posto vicino a Mulciber e fece segno a Severus di accomodarsi. Caradoc si guardò attorno alla ricerca di qualche bicchiere.
  «Ubriaconi, dove avete…» non fece in tempo a finire la domanda che apparve un elfo domestico con sollevato sulla testa un ampio vassoio argentato carico di calici.
  «Oh, grazie.» Ne prese uno per se e uno che passò a Severus.
Avery scosse la testa con disappunto. «Quando la smetterai di ringraziare gli elfi domestici?»
  «Quando tu la smetterai di distillare fanghiglia invece che pozioni» bevve un sorso di vino che gli pizzicò la gola. «Chi c’è di interessante?»
  «Bha, i soliti» fece Wilkes con un’alzata di spalle.
Nella sala da ballo suonava una lenta melodia che accompagnava il danzare di alcune coppie che si muovevano ondeggiando al centro, sotto il grande lampadario. Riconobbe qualche volto, ma nessuno degno di più attenzione di uno sguardo.
Trasalì appena quando si avvicinò una giovane donna mora, i capelli ricci raccolti in un’acconciatura alta. Aveva il classico bell’aspetto e portamento dei Black. Dei lunghi orecchini le pendevano sul collo nudo, argentati come la morbida fascia che aveva in vita sull’abito nero decisamente troppo scollato. Passò gli occhi scuri sui ragazzi seduti.
Per un istante l’aveva scambiata per Andromeda, ma sapeva che non poteva essere.
  «Chi viene con me a ballare?» chiese prima di inarcare appena le labbra sottili.
Mulciber e Wilkes si guardarono le dita con particolare interesse, Severus si incassò nel divano come se sperasse di venire inghiottito. Avery tenne lo sguardo fisso sulla parete lontana e Evan inspirò talmente piano da sembrare una statua. Caradoc non riuscì a impedirsi di ridere, facevano in gradassi ma poi erano così impacciati appena una ragazza si avvicinava. Le uniche con cui riuscivano a parlare senza sembrare degli imbranati totali erano Charity e Aurora, certo anche Pandora, ma lei non contava, era la sorella di Evan.
  «Vengo io» si propose Caradoc finendo in un sorso il proprio calice e lasciandolo a Wilkes.
Seguì Bellatrix verso il centro della stanza curioso. Ricordava anni prima il trambusto che si era creato con la fuga di Andromeda da casa, il piano di suo padre Lycoris di farlo sposare con lei andato in frantumi quando venne a sapere che lei si era sposata con un nato babbano. Eppure non aveva mai incontrato Bellatrix, aveva un fascino diverso dalla sorella, decisamente più adulto. Era chiaro che fosse consapevole di attirare molti sguardi, ma a differenza sua non sembrava a disagio con tutta quella attenzione addosso.
Caradoc si impegnò per non inciampare sui propri piedi come un idiota mentre Bellatrix gli guidava la mano attorno alla propria vita e teneva ben stretta l'altra nella sua. Sapeva di dover dirigere lui il ballo, ma si sentiva terribilmente goffo, Bellatrix lo spinse appena indietro e invertì il giro in modo da prendere il controllo. Si chiese se da fuori si vedesse, forse era per quello che la strega con il cappello sovrastato da una piuma nera e una pelliccia grigia lo stava guardando in quel modo serio?
Cercò di non pensare alle persone intorno a loro, anche se era chiaro che molti li stessero guardando. Forse appariva addirittura ridicolo, lui era solo un ragazzino in confronto a Belaltrix, lei era una donna fatta e finita mentre lui aveva solo quindici anni.
A lei però non sembrava importare, continuarono a volteggiare sulla pista seguendo il ritmo della musica.
Incrociò un paio di volte il suo sguardo prima di scostarlo, era quasi impossibile non guardare in quella maledetta scollatura. Cercò di evitarlo ma era come se i suoi occhi fossero attaccati a una calamita invisibile che puntava proprio li.
Con disagio cominciò a muoversi in maniera più rigida, c’era una fastidiosa pressione sul cavallo dei pantaloni che si stava facendo più intensa.
Pregò Merlino che nessuno se ne accorgesse, lanciò una rapida occhiata in basso, no la stoffa era tesa ma non lasciava intravedere niente. Cercò di evitare che gli occhi cadessero sulla profonda scollatura di Bellatrix e fece respiri profondi mentre continuavano a volteggiare.
La musica si fece più lenta fino a sfumare e rallentarono, ma Bellatrix non si staccò, anzi si avvicinò pericolosamente, sentì il suo seno sul petto e un lungo brivido gli percorse la schiena.
«Non preoccuparti, può capitare» Gli sussurrò all’orecchio.
La vergogna gli precipitò addosso di colpo, se n’era accorta.
Si allontanò appena spaventato che potesse addirittura sentirlo magari sulla gamba.
Sentì il volto avvampare e lottò con tutte le sue forze per mantenere il viso inespressivo.
Lei per tutta risposa gli sorrise mostrando un canino e finalmente si scostò, senza però lasciargli la mano.
Lo tirò appena verso il divano dove i suoi amici erano ancora seduti e chiacchieravano animatamente.
Caradoc si andò a sedere in fretta nella poltrona che aveva lasciato libera un mago di mezza età con lunghi baffi da tricheco.
Provò ad accavallare le gambe ma era troppo fastidioso.
  «Di che parlate?»
  «Jenkins» Rosier girando l’indice verso gli amici. «Stiamo scommettendo quando verrà sostituita.»
Bellatrix era decisa a tormentarlo, ormai era chiaro che si divertisse, scoperto il suo stato.
Non poté sottrarsi quando gli si sedette sulla gamba destra con disinvoltura.
Fu certo di scorgere una scintilla di sorpresa negli occhi di Rosier e Wilkes, ma finse di non darci peso e spostò il bracciò destro oltre il bracciolo, il modo che la donna avesse più spazio.
  «Allora, per te Doc? Quanto tempo ha la Jenkins?»
Ci rifletté un po’, aveva sentito suo padre parlarne e sembrava che tutti i purosangue sapessero che a breve sarebbe stata sostituita, ma quando era ancora un’incognita.
  «Voi quanto dite?»
  «Marzo» Avery alzò una mano seguito da Mulciber.
Wilkes si carezzò il mento «Settembre»
  «Io e Severus puntiamo maggio» disse Evan.
Senza pensarci alzò il braccio per poggiarlo sul bracciolo e picchiettare l’indice come faceva sempre quando pensava ma si ritrovò a sfiorare la schiena di Bellatrix. Evitò di ritrarla e si limitò a cingerla morbidamente, come se fosse stata quella l’intenzione fin dall’inizio.
  «È da mesi che se ne parla, non aspetteranno tanto» rifletté ad alta voce prima di alzare lo sguardo su Bellatrix.
Non si era reso conto di quanto fosse vicina. «Tu che dici?»
  «Io non posso» mimò l’azione di chiudersi le labbra.
  «Ma come?» Fece Caradoc prima di assottigliare lo sguardo «Perché tu sai» comprese con un sorriso.
Lei contrasse appena la mascella.
  «Ok» mormorò «Allora io dico… Gennaio.»
  «Come gennaio?» Evan si inclinò in avanti di colpo «Ma è troppo presto.»
  «È troppo tardi in realtà» disse Caradoc muovendo la mano destra. «È da inizio anno che si parala di sostituire Jenkins, gli attacchi di questi mesi hanno messo in mostra la sua inesperienza. Non è in grado di gestire i Mangiamorte ne di tranquillizzare la popolazione, le sue dichiarazioni alla Gazzetta sono state ridicole. Se non si vuole rischiare una caduta di governo devono sostituirla il prima possibile» spiegò con tono ovvio.
Severus lo stava guardando stupito, gli sorrise soddisfatto. Wilkes al contrario sbuffò sonoramente «Bene, quindi io sono già fuori, grazie White»
  «Che c’è? Non è colpa mia se non hai senso critico» lo punzecchiò.
  «Te lo do io il senso critico» mormorò il biondo scuotendo la testa. Era certo che se non ci fosse stata Bellatrix gli avrebbe lanciato un tovagliolo.
Si sentì stranamente al sicuro con lei in braccio, era come avere uno scudo.
Solo in quel momento si accorse che le stava carezzando la gamba sovrappensiero, lei non ne sembrava infastidita, anzi si era rilassata poggiando la schiena sulla sua spalla.
Era una sensazione strana, gli sembrava di essere un uomo adulto che teneva la moglie stretta mentre spiegava ai ragazzini come girava il mondo.
Che idea stupida.
Alzò lo sguardo verso la sala da ballo e vide che c’era un giovane uomo con capelli neri e una corta barba scura a incorniciargli il volto che lo guardava. Aveva qualcosa che gli ricordava Rabastan. Ci mise qualche secondo per mettere insieme i pezzi, doveva essere Rodolphus, il marito di Bellatrix.
Tirò appena indietro la testa, anche lei stava guardando il marito ma non diede segno di volersi alzare.
Gli occhi di Severus ebbero un guizzo guardando alle spalle di Caradoc.
Cercò di voltarsi per vedere oltre la poltrona, era certo stesse guardando Sirius Black, si era spostato dall’angolo in cui si era nascosto e stava parlando a Regulus con il volto contratto dalla rabbia.
  «Dobbiamo andare a salvare Reg?» chiese Evan allungando il collo.
  «Se la sa cavare» disse Avery con un’alzata di spalle.
Ma a quanto pareva Narcissa non le pensava così, la videro farsi spazio fra gli invitati e avvicinarsi ai fratelli Black seria.
Sirius doveva aver detto qualcosa di inappropriato, perché sia Regulus che Narcissa rimasero con la bocca aperta. Prima che potessero ribattere Sirius si allontanò dai due come una furia e uscì nel corridoio seguito dallo sguardo di Walburga e Orion.
  «Il solito ribelle» mormorò Bellatrix.
  «Mi stupisce che gli permettano ancora di venire a questi eventi» ammise Mulciber.
  «Non possono fare altrimenti, è l’erede dei Black» spiegò lei con una punta di risentimento.
Nonostante fosse la figlia più grande di Cygnus Black non avrebbe ereditato la fortuna di famiglia. Sapevano tutti che c’era una aperta competizione fra i figli di Pullux Black, Alphard e Cygnus erano gli unici eredi maschi. Tutti avevano dato per scontato che la fortuna dei Black sarebbe passata a Cygnus che si era dato da fare fin da quando era ancora a scuola per sfornare un erede. Con grande disappunto aveva avuto solo femmine. Alphard era l’unico dei tre non sposato e che sembrava disinteressato a compiere il suo dovere da Purosangue nonostante fosse il primogenito. Era stato un vero colpo di scena quando Walburga aveva dato alla luce due maschi, d’un tratto aveva sovvertito le aspettative di tutti ed era diventata l’unica in grado di portare avanti la linea di sangue.
  «Se solo fosse nato prima Regulus sarebbe stato tutto più facile» disse Evan scuotendo la testa.
Bellatrix arricciò le labbra «Non si può mai dire.»
Caradoc la osservò confuso, sperava davvero che Sirius si ravvedesse? Ostentava la sua differenza dalla famiglia con orgoglio, era certo che non ci fosse modo di convincerlo a seguire gli ideali di famiglia. Forse sperava che Regulus ne prendesse il posto?
Si inclinò verso il suo orecchio.
  «Sei stato bravo» sussurrò prima di alzarsi.
Gli sfiorò con noncuranza la gamba e si allontanò verso il corridoio in cui era sparito Sirius.

 

 

Sirius si allontanò con passo svelto, percorse il largo corridoio e voltò a sinistra verso l’ala est.
Erano riusciti a fare il lavaggio del cervello anche a Regulus. Come poteva davvero pensare che quel Voldemort stesse facendo gli interessi dei maghi?
Per non parlare dell’influenza che sembrava subire da Bellatrix. Era diventato surreale il modo in cui cominciava le frasi con: «Bellatrix ha detto…»
Perché i purosangue non riuscivano a ragionare con la propria testa?
Fissò con astio una candela che pendeva dalla parete. L’idea di dare fuoco a tutto gli balenò nella mente, sarebbe stato un modo per ravvivare un po’ la serata perlomeno.
  «Hai già dato spettacolo» la voce di Bellatrix alle spalle lo fece sobbalzare, si voltò lentamente fronteggiando la cugina.
  «Sono stupito che tu lo abbia notato, mi sembravi troppo impegnata strusciarti sopra a quel damerino di White» rispose con un sorriso beffardo.
Bellatrix sorrise inclinando la testa.
Tutti la consideravano bellissima ma per Sirius era solo una sgualdrina approfittatrice. Non era un caso che si dicesse fosse impegnata reclutare aspiranti Mangiamorte.
Avevano sempre avuto ragione lui e James su Mocciosus, era li intorno a tutti i peggiori purosangue che ci fossero in circolazione, razzisti fino al midollo. Alcuni come Rosier e White erano apertamente stati sostenitori di
Grindelwald. Alla faccia di Evans che si sprecava tanto nel difenderlo perché in fondo era una persona gentile.
Se lo avesse visto avvinghiato a Bellatrix avrebbe cambiato idea.
Si avvicinò con la lentezza di una fiera pronta a colpire «Non sarai mica geloso?»
La sola idea lo disgustava. «No grazie, preferisco un pool genetico più variegato»
  «Oh lo so» annuì «Mi hanno detto con chi vai in giro, Mezzosangue, Sanguemarcio e traditori del sangue, una bella varietà»
  «Meglio di una famiglia incestuosa che produce decerebrati pomposi.»
Bellatrix cercò di sfiorargli il viso, si allontanò di scatto.
Lei raddrizzò la testa senza smettere di sorridere e ritrasse la mano.
  «Sono contenta che tu sia venuto»
  «Mi hanno obbligato» ammise infilandosi le mani in tasca.
  «Sei davvero convinto che questa recita da cane bastonato reggerà? Hai una famiglia che ti ama e fuggi come se ti lanciassero cruciatus per punizione»
  «Abbiamo concetti di amore diversi»
  «Davvero?» vagò sul suo volto per un istante. «Cosa ti manca?»
Glielo stava chiedendo davvero? Si era aspettato che lo punzecchiasse, che lo deridesse.
  «Devo anche dirtelo?»
  «Perchè no?» Si passò lentamente una mano sul collo. Sapeva che era un gesto calcolato, tutto ciò che faceva era intenzionale, come camminava, come parlava abbassando la voce.
Come potevano essere così stupidi da cascarci gli altri?
  «Che cosa vuoi davvero?»
  «È così difficile credere che voglia solo parlare con mio cugino?»
  «Sì lo è» si passò una mano fra i capelli lunghi «Tu mi disprezzi e io disprezzo te, perché continuare questa recita?»
  «Perché credi che ti disprezzi?» Inspirò profondamente «Non approvo le tue compagnie, ma sei comunque il mio sangue.»
  «Già, vallo a dire a Andromeda»
Bellatrix trasalì, il sorriso si spense di colpo.
Sapeva che era stato un duro colpo la fuga di Andromeda con Edward Tonk, erano sempre state legate, fin da bambine. Per Andy Bellatrix era stata un modello da seguire, fino a quando non aveva cominciato a capire davvero in cosa consistessero gli ideali di famiglia.
  «Ha fatto la sua scelta» alzò il mento nella perfetta imitazione di sua madre. «Nostro padre era disposto a perdonarla, nessuno può biasimarti per una sbandata adolescenziale. Ma ha deciso di fuggire e sposare quel Sanguemarcio» La rabbia era evidente sul suo visto, anche se nella sua voce Sirius riconobbe una punta di dolore.
Deglutì puntando lo sguardo sulla parete alla sua sinistra. «L’hai sentita?»
Sirius corrugò la fronte.
Forse in fondo, molto in fondo, c’era un cuore nel petto di Bellatrix.
  «Ci siamo scambiati qualche lettera»
Era strano vederla in quel modo, senza la maschera da stronza altezzosa. «Ha detto che sta bene»
Bellatrix si tormentò le mani senza smettere di fissare la parete. «È con lui?»
  «Dove altro potrebbe essere?» l’avevano diseredata, Druella aveva bruciato con rabbia il suo volto dall’arazzo di famiglia, le avevano tolto qualsiasi supporto economico. Tonks era l’unica opzione possibile. Nel tentativo di convincerla a rimanere le avevano dato l’ultima spinta per andarsene davvero.
Doveva ammetterlo, l’aveva invidiata, era finalmente libera.
  «Potrebbe tornare dalla sua famiglia» Bellatrix tornò a guardarlo, aveva gli occhi vagamente lucidi.
  «L’accoglieresti a braccia aperte se rinnegasse suo marito?»
Bellatrix vacillò, si era aspettato che cominciasse a inveire contro la sorella, che il solo accennare a Tonks la mandasse su tutte le furie. Invece si limitò a guardarlo per un istante mordendosi l’interno della bocca.
  «È sempre mia sorella»
Questo lo stupì davvero, cercò di non darlo a vedere ma l’idea che Bellatrix avrebbe perdonato Andromeda nonostante tutto gli sembrava assurda.
Forse stava mentendo per cercare di manipolarlo, ma poteva essere davvero tutta una recita? Gli occhi che lottavano per non far scendere le lacrime erano fin troppo convincenti.
  «Lo so che ti senti fuori posto, dallo smistamento è stato tutto più difficile» inspirò nuovamente tirando indietro la testa «Ma non deve essere così per forza, la nostra famiglia non sarà perfetta…»
Sirius sbuffò di scherno, era un eufemismo.
  «Ma siamo in una posizione delicata» continuò ignorandolo. «Il mondo sta cambiando, non è il momento di schierarsi contro la tua stessa famiglia»
Sirius scosse mestamente la testa. «Credi di star cambiando il mondo unendoti a dei terroristi?»
Lei non rispose.
  «So che ne fai parte, tu e Rodolphus. Pensi che attaccare i Natibabbani sia la cosa giusta? Se credi davvero che minino alla sicurezza dei purosangue sei più idiota di Rabastan e fidati ce ne vuole»
  «Non sai di cosa stai parlando»
  «Davvero? Spiegami allora, cosa fate oltre che attaccare degli innocenti? Quale terribile colpa hanno i Natibabbani?»
  «Che colpa hanno delle formiche che ti entrano in casa? Vogliono solo nutrirsi no? Eppure le stermini»
Sirius raddrizzò la testa di scatto. «È questo che volete fare? Sterminare i Natibabbani?» chiese con orrore.
  «Puoi raccontartela Sirius, ma sai quanto me che non è il loro posto, il potere magico appartiene ai maghi»
  «Questo è un discorso che avrebbe potuto fare Grindelwald» disse con astio. «Ora capisco perché ti sei avvinghiata a White.»
La mascella di Belltrix si contrasse vistosamente.
  «Se vuoi i contatti di suo padre ti conviene portarti a letto Lycoris, certo a meno che mia madre non arrivi prima» Vederla schiumare di rabbia lo riempì di soddisfazione, il fatto che nella stessa frase potesse anche insultare la propria madre era come la ciliegina sulla torta.
  «Sei solo un ragazzino immaturo, senza riguardo per il tuo lignaggio, non hai onore ne rispetto.»
  «Detto da una che apre le gambe per convincere i purosangue a unirsi alla causa di un pazzo che si fa chiamare Voldemort…»
WHAM.
Lo schiaffo lo colpì sul lato sinistro con tanta forza da fargli girare la testa.
Era una cosa talmente babbana che per un momento pensò di prenderla in giro.
Tornò a guardarla sentendo la pelle bruciare.
Gli occhi scuri erano assottigliati, il volto teso con le guance infossate come se si stesse mordendo entrambi i lati della bocca dall’interno.
  «Non sai proprio niente» sibilò muovendo a malapena le labbra. «Pensavo fossi più intelligente di così.»
Si allontanò seguita dal suono dei tacchi sul pavimento e sparì dietro l’angolo verso il salone.
Sirius si massaggio la guancia, doveva essersi tagliato con un dente, iniziava a sentire il sapore metallico del sangue.

 

 

 

Regulus seguì sua madre verso il centro della stanza dove si erano raggruppati molti invitati. La musica era stata abbassata fino a diventare poco più che un sottofondo.
Lanciò uno sguardo alla porta in cui era uscito Sirius, Bellatrix tornò verso di loro ma era sola e sembrava livida.
Anche il gruppo di Piton si era alzato e tendeva il collo verso Abraxas Malfoy, l’unico davvero in disparte era lo zio Alphard, seduto su una poltrona e fumare una sigaretta chiara si guardava attorno con fare annoiato.
  «Credo di dire cose scontate quando affermo che la nostra società sia in pericolo, oggi più che mai i Purosangue vengono discriminati, i filobabbani ci additano come razzisti solo perché pensiamo che la magia appartenga ai maghi.» Si portò una mano al petto «Sapete quanto sia contrario agli attacchi degli ultimi mesi, li trovo dei veri atti di barbarie. Ma non si può negare che siano una reazione all’odio riversato vero la società Purosangue.»
Un paio di streghe vicino ai coniugi Rosier annuirono con vigore.
  «Ormai al Ministero ci sono maghi che vorrebbero farci vergognare del nostro sangue, con questa storia dell’inclusività siamo diventati noi i veri discriminati.»
  «È vero!» Gridò un uomo con dei folti baffi.
Un altro con dei capelli scuri laccati si fece avanti. «Vogliono metterci a tacere, stanno cercando di sovvertire l’ordine delle cose, tempo qualche anno e ci obbligheranno a unirci in matrimonio con dei Sanguemarcio.»
  «Bla, che schifo» mormorò qualcuno
  «Io non voglio sposare un sanguemarcio» sussurrò impaurita una ragazza bionda.
  «Per questo dobbiamo ribellarci» riprese Abraxas. «Non possiamo permettere che ci impongano il loro pensiero perbenista.»
Zio Alphard sbuffò sonoramente attirando diversi sguardi.
  «Oh no, non badate a me, continua pure Abraxas, illustrami cosa stanno cercando di fare i… chi sarebbero esattamente i nostri nemici?»
  «I Sanguemarcio!» Gridò qualcuno.
  «Oh giusto, giusto» annuì Alphard. «Pensavo fossero i Maghinò, ma quelli erano i capri espiatori di due mesi fa.» Mosse la mano con la sigaretta picchiettandosi poi il mento. «Siamo davvero circondati da nemici, così potenti che vogliono discriminarci facendo cosa esattamente?»
Walburga a fianco a Regulus sospirò esasperata.
  «Stanno mettendo in discussione il nostro modo di vivere»
  «Oh ma certo.» Alphard batté le mani «Ecco cosa mi ero perso, ci rinchiuderanno tutti ad Azkaban se non ci sposiamo con qualche natobabbano o magonò, e verranno ad arrestarci gli Auror vero?» Si voltò verso la folla e indicò qualcuno «Ci penserai tu Stebbins ad arrestarmi?» Un mago con dei lunghi baffi marroni ridacchiò imbarazzato.
  «Non mi permetterei mai»
  «Immaginavo, bhe allora magari tu Bell» indicò dalla parte opposta un uomo con un abito grigio dalla mascella squadrata.
  «Sai che non lo farei, Alphard»
  «No, certo che no» sorrise suo zio prima di alzarsi elegantemente «Allora chi lo farà?» si avvicinò a Abraxas «Chi dobbiamo temere? Un branco di maghinò che marciano per un paio di diritti riconosciuti? Dei Natibabbani che sono a tutti gli effetti maghi che hanno avuto la sfortuna di nascere in famiglie babbane?»
Si guardò intorno allargando appena le braccia.
  «Per ora forse non sono abbastanza potenti, ma lo saranno» insisté Abraxas. «Volete aspettare quando sarà troppo tardi per agire?»
  «Allora tu cosa proponi Malfoy?» diede un lungo tiro alla sigaretta e inspirò tutto il fumo. «Un bel colpo di stato?»
  «Certo che no» fece Abraxas tirando indietro la testa.
Lucius affiancò il padre sotto lo sguardo rapito di Narcissa. «Nessuno qui vuole minare alla stabilità del paese, ma dobbiamo essere onesti con noi stessi, i Natibabbani…» calcò la parola con enfasi «Sono un peso politico e economico non da poco, il ministero brulica di attivisti per i diritti dei Maghinò e perfino dei babbani. Noi siamo costretti a pagare tasse per pagare l'istruzione di figli di babbani che non hanno un galeone e se osiamo lamentarci veniamo zittiti»
Molti annuirono.
Abraxas posò una mano sulla spalla del figlio con un sorriso soddisfatto.
  «Le leggi approvate da Nobby Leach hanno rischiato di mettere il paese in ginocchio»
  «Vero, non ricordo un’annata più sfortunata per le corse dei cavalli» annuì Alphard rubando a Regulus una risata. «Ho perso una montagna di galeoni per colpa di Leach»
Cygnus Black si avvicinò al fratello con un sorriso bonario. «Sempre voglia di scherzare Alphard, è bello che cerchi di allentare la tensione, ma le preoccupazioni di Abraxas sono legittime»
  «Per questo ritengo che sia essenziale restare uniti» riprese Malfoy. «Ci sono grandi cambiamenti all’opera, da inizio anno forse avremo un po’ di respiro, ma raccomando a tutti prudenza, chiunque esterno alla nostra cerchia potrebbe essere un filobabbano.»
  «Aiuto» mormorò Alphard derisorio, Cygnus provò a tirarlo via ma dovette abbandonare il tentativo quando il fratello si scansò.
Non era decoroso fare una scenata in pubblico.
  «Cosa dobbiamo pensare di questi così detti Mangiamorte?» chiese inaspettatamente il signor Abbot.
Alcuni invitati si voltarono di scatto, Regulus lo sapeva, non si erano aspettati che qualcuno parlasse apertamente dei Mangiamorte. Chiunque infrangesse quella regola non faceva parte della vera cerchia.
Abraxas non si scompose «Non credo ci sia davvero da preoccuparsi, certo ci sono stati degli attacchi, ma oltre agli articoli allarmistici mi sono ben informato, non sono nulla di più che dei fanatici mascherati. Non hanno mai davvero ferito nessuno e di certo non se la prenderebbero con noi»
  «Allora possiamo dormire sonni tranquilli» disse Alphard dando una pacca alla schiena del signor Malfoy «Felice di sapere che non ci farai irruzione in casa» diede l’ultimo tiro alla sigaretta prima di farla sparire con un colpo di bacchetta «Oh no perdonatemi, deve essere il Brandy a parlare, intendevo dire che tu ci proteggerai… da chiunque provi a a farci del male»
Walburga scoccò al fratello uno sguardo di fuoco, Regulus tremò pur sapendo che non era rivolto a lui. Al contrario Alphard le fece il segno di un bacio e alzò le mani verso il soffitto. «Propongo un brindisi al nostro protettore! A Abraxas Malfoy!»
Molti si scambiarono sguardi titubanti, poi qualcuno gridò: «A Abraxas Malfoy!» e molti altri lo seguirono innalzando i calici tintinnanti.
Regulus incrociò lo sguardo di Severus Piton, sembrava preoccupato, un’ombra scura appesantiva i suoi occhi.

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