
TENSIONE
Con l'avvicinarsi degli GUFO, gli insegnanti li stavano caricando di più lavoro che mai, e c'era stato un cambiamento evidente nel programma. In Trasfigurazione stavano imparando a camuffarsi cambiando dettagli del proprio aspetto, Pozioni stava diventando uno studio approfondito sui veleni e i relativi antidoti. Il proffessor Hobday di Difesa li stava caricando di esercitazioni di duello. Ormai stava diventando chiaro che il clima di tensione del mondo esterno si stava riversando anche dentro Hogwarts.
C’erano due fazioni che si stavano separando sempre di più, chi difendeva i diritti dei Maghinò e chi invece riteneva che i Purosangue fossero le vere vittime sotto attacco. Gli indecisi stavano in mezzo, rimbalzando da una parte all’altra cercando di non prendere una vera e propria posizione.
Aurora Sinistra era fra questi. Sapeva bene che le politiche restrittive del ministero sarebbero arrivate a sfiorare anche i Natibabbani. Non poteva impedirsi di pensare a Charity, sembrava sempre sulle nuvole, disinteressata allo scontro che pareva avvicinarsi. Era certa che fingesse solo di non sapere, l’aveva vista ascoltare con interesse Edmund e Wilkes parlare di ciò che i padri avevano sentito all’interno del Ministero.
A sentire Avery Eugenia Jenkins era sul punto di dimettersi.
Charity si era lasciata sfuggire una smorfia.
Jenkins era l’unico vero ostacolo che si frapponeva fra la campagna purista e i Natibabbani. Ma con il passare dei mesi era diventato chiaro che non fosse adatta al compito. Gli attacchi dei Mangiamorte si erano fatti più fitti, alcuni maghi erano spariti da un giorno all’altro, ma la Gazzetta del Profeta li aveva accennati solo in un trafiletto verticale in terza pagina.
La maggior parte dei compagni non ne sapeva nulla.
«Non ti ci mettere anche tu» Lily uscì dalla biblioteca e scese le scale in fretta.
Caradoc la seguì con due libri sotto il braccio destro.
«Perchè no? Ha senso.» Le sfiorò la spalla «Lily aspetta un momento»lei si fermò di colpo e si voltò a guardarlo, una mano ancora sul largo corrimano.
«Tutto combacia, le assenze una volta al mese, i segni strani che nasconde sulle braccia, l’aspetto spossato» elencò muovendo le mani.
Lily sospirò, non riusciva a credere che Severus fosse riuscito a convincere anche Caradoc di quella follia.
«D’accordo, anche fosse?» incrociò le braccia strette al petto.
«Come, anche fosse?» Sgranò gli occhi incredulo «Stiamo parlando di…» si guardò attorno cautamente, sotto di loro c’era un via vai di studenti del secondo e terzo anno, ma nessuno sembrava fare caso a loro «Un Lupo mannaro» Sussurrò.
«Sì mi è chiaro, sono tre anni che Sev cerca di convincermi di questa stramba teoria.»
«Sarebbe un problema» insisté Caradoc.
«Perché?» Lily scosse la testa. «Se anche fosse, ed è un se molto grosso, cosa ti importerebbe?»«I mannari sono pericolosi, aggrediscono le persone, non si sanno controllare» per un istante le ricordò fastidiosamente James Potter e il suo tono da ti spiego io come va il mondo.
«Remus non farebbe del male a una mosca»
«Non volontariamente forse, ma una volta trasformato potrebbe»
«Quindi secondo te non dovrebbe poter studiare a Hogwarts?» Sbuffò sonoramente. «Se lo è davvero non lo ha scelto, è una vittima e merita di ricevere un’istruzione come chiunque altro.»
«Da quando ti interessano i diritti dei mannari?»
«Mi interessano i diritti di tutti!» gridò.
Alcuni Tassorosso che stavano risalendo le scale si voltarono di scatto a guardarla.
Caradoc inspirò lentamente e aspettò che i compagni li superassero prima di riprendere il discorso.
«C’è un motivo se ci sono delle distinzioni, se quelli come lui vivono in branco»
«Quelli come lui?» ripeté arricciando le labbra. «È un ragazzo come noi»
«Non è come noi»
Lily scattò appena con la testa all’indietro, non era certa di aver capito bene. Quello non poteva essere Caradoc, non il ragazzo che si era esposto in difesa dei Natibabbani fin dal primo anno.
«Ci sono stati molti casi di gente infettata o addirittura uccisa, basta un graffio e sei finito, è per la sicurezza di tutti che dovrebbero essere separati da noi»
«Noi… sai mi ricordi Malfoy»
«Non sto parlando di Purosangue o Natibabbani» si affrettò a dire lui.
«Perché no? Il passo è breve»
«No che non lo è.» Per un istante la fissò negli occhi in silenzio. «Tu sei una strega, io sono un mago non c’è nessuna differenza fra noi.» Sbuffò sprezzante «A parte per quei coglioni puristi» aggiunse provocandole un mezzo
sorriso. «Ma le creature come i mannari sono aggressive per natura, non pretendi certo che un Graphorn non ti carichi se gli passi davanti correndo.»
«Ma i mannari sono umani.»
«In parte» annuì. «Senti non sto dicendo che Lupin dovrebbe venir richiuso o cose del genere, ma gli altri dovrebbero almeno saperlo.»
«Così da poterlo isolare?»
«È solo una questione di correttezza»
«Sarebbe corretto andare a sbandierare in giro che una persona è malata?»
«Per te no?» Inclinò appena la testa «Se io fossi malato te lo direi»
«Ma non lo sei, è più facile dirlo quando non ti riguarda personalmente»
«Forse» annuì ragionevole. «È solo che Severus si preoccupa per te»
Lo sapeva, era ovvio eppure sentirlo dire così apertamente la fece sentire a disagio.
Severus si preoccupava per lei.
Lo aveva sempre fatto, l’aveva sempre aiutata a lezione i primi tempi per non farla rimanere indietro, si era offerto di studiare insieme a lei anche se conosceva perfettamente gli argomenti. E quel martellante dubbio crebbe, nessuno l’aveva mai presa di mira in tutti quegli anni.
Severus si preoccupava per lei.
Barty Crouch Jr carezzò l’articolo di giornale appoggiato sulle sue gambe incrociate «Cosa credi significhi il simbolo?»
La foto del marchio nero era stropicciata ma ben visibile, il titolo ATTACCO TERRORISTICO era malamente strappato ma ancora leggibile.
Evan Rosier osservò la foto serio. «Un teschio e un serpente, deve avere un significato intricato» rifletté grattandosi il mento. «Te la butto la Crouch, forse il teschio sta per morte, il fatto che dalla bocca gli esca un serpente è per la discendenza di Serpeverde, ma è un azzardo.»
Barty lo guardò di traverso prima di capire che lo stava prendendo in giro.
«Testa di troll» lo spinse sull'erba
«Ma dai che significato vuoi che abbia?» Sghignazzò Evan. «È il suo simbolo di riconoscimento.»
«Rabastan dice che suo fratello e la moglie lo hanno tatuato sul braccio sinistro.»
«Bhe, discreto.»
Barty si sollevò la manica e fissò la pelle pallida. «Mio padre mi ammazzerebbe.»
«Il diligente Crouch Senior ti taglierebbe il braccio per togliere l’onta» annuì Evan.
Barty si carezzò l’avambraccio lentamente, provò a immaginare il tatuaggio in netto contrasto con la pelle chiara. Forse i bordi sarebbero stati più spessi, tanto da sentirsi sotto le dita. Tracciò il disegno invisibile per alcuni secondi.
«Voldemort» disse Evan all’improvviso, Barty scattò a quel nome e si guardò attorno nel giardino mezzo vuoto.
«Ma che fai?» Sussurrò piegandosi verso l’amico.
«Volevo provare che effetto faceva ad alta voce» alzò le spalle. «Mangiamorte… Voldemort… Ha una fissa per la morte.»
«Cosa c’entra con la morte il nome Vol… quello?»
«Vol de mort, volo della morte in francese» spiegò Evan con tono ovvio.
«Ma lui non è francese» ricordò Barty alzando un sopracciglio.
«E chi lo sa?» Si stese sull’erba umida fissando il cielo «Non sappiamo praticamente niente di lui».
«Ma la madre di Reg era a scuola con lui, ha detto che il suo nome era…»
Evan si rimise seduto di colpo e lo zitti con una mano pigiata sulla bocca. «Non dirlo»
«...erché?» Bofonchiò prima che togliesse la mano.
«Ha fatto tanto per convivere le persone a usare il nome Voldemort, non vuole che si sappia il suo vero nome.»
«Ma perché?» Chiese Barty confuso «Nessuno usa nemmeno Vold… tu sai quale.»
«Perché hanno paura.»
E per una buona ragione, chi lo usava veniva attaccato o fatto sparire. Suo padre aveva passato gli ultimi tre anni a indagare su quelle sparizioni improvvise. Sembrava che ci fosse uno schema ben preciso, chiunque osasse opporsi alle politiche puriste che avesse un minimo di influenza al ministero sembrava sentirsi abbastanza sicuro da usare apertamente il nome di Voldemort. Lui doveva averla vista come una sfida e li aveva puniti.
Ormai erano anni che la gente aveva cominciato a temere quel nome. Suo padre gli aveva impedito categoricamente di dirlo, sia a lui sia a sua madre.
«Tu no?»
Evan sorrise mostrando i denti. «Ne avrei solo se mi schierassi contro di lui, fino a quando stiamo dalla sua parte pronunciare un nome non ci metterà in pericolo.»
«Forse» mormorò Barty. «Di certo è meno ridicolo di chiamarlo Il Signore.»
«In effetti» concordò Evan tornando a stendersi sull’erba.
Fitti fiocchi di neve cadevano imbiancando il cortile interno di Hogwarts. Dal cielo della Sala Grande si intravedevano i fiocchi vorticare prima di sparire a pochi centimetri dalle teste degli studenti seduti ai lunghi tavoli.
Severus stava sfogliando il manuale di pozioni sul cui aveva scarabocchiato qualche appunto in corsivo. Il levicorpus aveva funzionato, questo gli diede la spinta per tornare a lavorare su gli altri incantesimi che aveva solo progettato durante l’estate. Il movimento del Muffliatio era ancora troppo grezzo per funzionare.
«Tu ci vieni, Piton?» Alzò la testa velocemente verso Rosier.
«Dove?»
«Alla festa di Natale a villa Malfoy» disse lui con tono ovvio.
«Lucius ha mandato un invito.»
«Non ci provare Mezzosangue» Muciber gli puntò contro la forchetta con sopra un penzolante pezzo di pancetta. «Ho visto il tuo invito sul comodino.»
Maledetta mancanza di privacy. «Non sono mai stato a un evento del genere» ammise.
«Perché li hai evitati tutti» ricordò Avery. «Sono almeno tre estati che ti invitiamo.»
Annuì piano, non poteva dire ai suoi amici che il suo stupido ubriaco padre babbano si sarebbe messo a urlare e rompere qualsiasi cosa a tiro alla sola idea di lasciarlo andare anche in estate da svitati con bacchette magiche. Tutti gli anni si era inventato una scusa, ma stava diventando ridicolo.
«Bhe questa volta ci vieni» disse Caradoc con sicurezza «Basta dire a tua madre che devi rimanere per studiare come abbiamo fatto l’anno scorso per farti venire da me.»
L’estate migliore della sua vita, certo a parte l’esplosione dello studio del signor White.
«D’accordo.» Cercò di sorridere ma un pensiero terribile gli balenò in mente, non aveva nulla di decente da indossare, sarebbe stato circondato da purosangue impettiti e lui non aveva nulla di adeguato.
Dalla porta della Sala Grande cominciarono a entrare dei grossi abeti decorati, il professor Vitious e la professoressa McGranitt tenevano le bacchette alte facendo fluttuare due alberi, alle loro spalle il guardiacaccia ne trascinò uno sulle spalle.
Wilkes e Rosier sghignazzarono vedendolo.
Era l’unico oltre a Gazza a non usare la bacchetta in tutta Hogwarts. Negli anni si era sparsa la voce che anche Hagrid fosse un Magonò. Avery invece era convinto che gli fosse stata spezzata la bacchetta, fidandosi di una vecchia storia che gli aveva raccontato suo padre.
Severus lo osservò entrare a fatica dalla porta, non lo trovava affatto divertente. Assumere qualcuno che non poteva usare la magia per lavorare a Hogwarts gli sembrava una cosa ingiusta, come sbattere in faccia a qualcuno ciò che non può fare.
«Grazie Hagrid, mettilo pure laggiù» la McGranitt indicò l’angolo più lontano e si mise a decorare la sala con ghirlande d'agrifoglio e di pungitopo facendole pendere dalle pareti.
«E ecco che si fissa di nuovo» mormorò Rosier guardando Caradoc che stava osservando la McGranitt con una strana espressione, era come perso in qualche pensiero.
Anche Wilkes e Avery ridacchiarono sommessamente guardandolo.
«Sai White, dovresti farti fare una visita, non è sano sbavare dietro alle vecchie» proruppe Rosier a voce decisamente troppo alta.
Molti si girarono nella loro direzione e Caradoc si riscosse di colpo guardando l’amico.
«Ma che dici?»
«Ti abbiamo visto»
Wilkes annuì con forza. «È dall’anno scorso che vai dietro alla McGranitt»
Caradoc aprì la bocca in una smorfia offesa «Io non vado dietro alla McGranitt»
«Ma davvero?» Avery si incrinò verso di lui. «Professoressa potrebbe spiegarmi meglio il movimento per la trasfigurazione animale di terzo livello?» disse con un tono più acuto del normale.
«Professoressa lei è davvero bravissima» rincarò Rosier
«Oh si professoressa, mi dia ripetizioni private dopo cena» disse Wilkes prima di scoppiare a ridere.
«Quello non l’ho mai detto» si affrettò a rispondere Caradoc che si era fatto di colpo paonazzo in viso.
Rosier bevve un sorso di succo di zucca per smettere di ridere «Va bene che ognuno ha i propri gusti, però così sarebbe un po’ come filare dietro a tua nonna»
«Parla per te Evan, mia nonna è un vero bocconcino» disse Caradoc mostrando il suo classico sorriso beffardo
«Ah Doc, ma che schifo!» gridò Wilkes.
Avary scosse la testa «Voi White siete proprio matti»
«Il vino invecchiando migliora» continuò Caradoc alzando il mento con l’espressione di chi la sa lunga, provocando un conato di vomito a Rosier e alte risate agli altri due.
Severus e Mulciber erano gli unici a non trovarlo divertente evidentemente, o forse Bruce semplicemente non li stava ascoltando, aveva la testa china sul libro di difesa contro le arti oscure, gli occhi saettavano velocemente fra le righe.
«Oh bhe fa come vuoi White, tienti la tua fissa per le donne mature» Avery diede una pacca a Mulciber prima di alzarsi. «Andiamo, o faremo tardi a Incantesimi»
Caradoc lo affiancò nel corridoio mentre stavano andando verso l’aula, si inclinò verso di lui sussurrando: «Non ti preoccupare, ti presto io un vestito per la festa» voltò la testa di scatto, come diavolo faceva a saperlo?
Caradoc senza dire altro gli fece l’occhiolino.