The Story of the Prince

Harry Potter - J. K. Rowling
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The Story of the Prince
Summary
La prima guerra magica non è esplosa di colpo, non c’è stata una battaglia plateale ne schieramenti ben divisi. I Mangiamorte si sono insinuati nella comunità magica. Voldemort ha acquisito potere con pazienza e mentre uno dei più pericolosi signori oscuri di tutti i tempi si nascondeva dietro la facciata di un mago elegante e potente i giovani studenti di Hogwarts dovevano imparare a vivere in un mondo che presto sarebbe stato distrutto dalla guerra.I Malandrini non sono stati i soli studenti a combattere e perdere la vita, molti altri anche nella fazione opposta erano convinti di essere nel giusto e pur di perseguire i propri ideali hanno dato la vita.Questa è la loro storia.La storia di Severus Piton, Caradoc Dearborn, Regulus Black, Barty Crouch, Evan Rosier, Bruce Mulciber, Edmund Avery, Bellatrix, Andromeda Black e molti altri.
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Severus sei un mago

Severus aveva scoperto di essere un mago da pochi mesi, quando aveva attirato a se una forchetta durante la cena. Sua madre lo aveva fissato per alcuni istanti con gli occhi sgranati, prima di lanciare uno sguardo preoccupato verso il marito Tobias.
Severus non aveva capito subito perché l’uomo si fosse arrabbiato, ne perché sua madre lo avesse fatto andare in fretta in camera sua chiudendo a chiave la porta.
Quella fu una serata orrenda, ma che gli avrebbe cambiato la vita per sempre.
Le grida di suo padre lo raggiunsero perfino a un piano di distanza.
«Anche lui? Perché anche lui?»
«Toby può capitare, ne avevamo parlato»
«No, mi avevi detto che sarebbe stato normale, o almeno mezzo normale»
«Mezzosangue, avevo detto che sarebbe stato un mezzosangue» rispose sua madre con la voce tremante
«Un mezzo mostro vuoi dire! Perché a me? Cosa diranno i miei amici?» Ci fu una botta, come se suo padre avesse urtato qualcosa. «Può non usare la magia giusto? Come fai tu, può essere normale.»
«Non può controllarsi, non sempre, la magia accidentale capita.»
«Non in questa casa!» un’altra botta, sua madre singhiozzò.
«Ma è un bambino.»
«E verrà educato.»
«A Hogwarts gli insegneranno a controllarsi, è li che io ho…»
«Non lo manderò in quella scuola di matti.»
«Ma è l’unico posto in cui potranno insegnargli e…»
«E quanto mi costerebbe? Hai detto che è un castello, piatti d’oro e dormitori no?
«Non dovrai pagare nulla» si affrettò a dire sua madre piangendo.
Severus pigiò l’orecchio verso sulla porta per sentire meglio. «Pagherò io i libri e il resto»
«E con quali soldi?» Abbaiò suo padre.
«C’è un fondo per gli studenti, parlerò con il preside. Non dovrai sborsare un penny, te lo giuro Toby.»
Un’altra botta, più forte delle altre. «Che ho fatto per meritare un figlio così?» Gridò.
Severus sentì una lacrima bagnargli la guancia sinistra.
Dopo quella sera cercò di non fare più cose strane, anche se sua madre aveva cercato di rassicurarlo, dicendogli che non era un mostro.
Lui era un mago, come lei e discendeva da una importante famiglia purosangue.
Quando potrò andare a Hogwarts? Le chiese un pomeriggio, mentre suo padre era ancora a lavoro quando avrai undici anni arriverà una lettera di ammissione.
«Ma siamo sicuri che sarò ammesso?» chiese dubbioso.
«Certo Sev, tu sei un mago, ti ammetteranno» lo rassicurò.
Eppure quel giorno sembrava non arrivare mai. Capitarono altri casi di magia involontaria, ma sua madre finse di essere lei la responsabile. Suo padre si arrabbiò, ma non se la prese con Severus.
Per scappare dalle grida uscì di casa seguendo il lungo fiume fra le case a schiera, dopo una buona mezz’ora arrivò in un parco deserto. Il vento tiepido gli colpì il viso mentre attraversava il prato verde. L'enorme ciminiera era ancora ben visibile all’orizzonte, le diede le spalle andandosi a sedere contro un grosso albero e socchiuse gli occhi godendosi la brezza.
Devo solo aspettare si ripeté solo qualche mese e me ne andrò, devo solo…
«Aspetta!» Gridò una bambina in lontananza. Severus aprì gli occhi di scatto e si guardò intorno spaventato. Alle sue spalle, dall’altra parte del grosso tronco vide due bambine correre verso le altalene. Quella con i capelli rossi era in testa, seguita da un’altra con i capelli biondi e il fiato corto.
«Sai che non mi piace correre» si lamentò la bionda
«Oh ma dai» sorrise la rossa «Tunia potevi non venire»
«No invece, mamma dice che devo tenerti d’occhio.»
«Ma siamo vicine a casa» sbuffò la rossa
«Come sei ingenua Lily» con aria stizzita la bionda, dall’aspetto antipatico si sedette sulla seconda altalena ondeggiando quasi per inerzia.
La sorella al contrario si diede una forte spinta cominciando a salire sempre di più
«Sai mi è successo ancora»
«Cosa?»
«Ho mosso la matita ieri» disse con un certo orgoglio lily
«Non è possibile»
«Si invece, l’ho guardata, ho pensato vieni e quella si è avvicinata» continuò con convinzione
«Non è possibile» ripeté la sorella stringendo le labbra «le cose non si spostano da sole.»
«Bhe è successo»
«No invece»
«Oh ma dai» Lily rallentò appena il suo dondolare «lo hai visto anche tu l’altra volta. Ho fatto volare la busta di papà.»
Tunia scosse la testa con forza, come se il negare la cosa la rendesse falsa.
Severus si schiacciò maggiormente contro il tronco per non essere visto. Quella bambina, Lily spostava gli oggetti, anche lei era una strega allora. Un calore nuovo gli scaldò il petto. Non era solo, c’erano altri come lui in quel luogo triste e grigio.
Tornò tutti i giorni nel parco alla stessa ora. Giovedì e venerdì non vide le due sorelle, anche se le aspettò per due ore. Sabato invece le osservò giocare ancora sulle altalene. Ogni tanto litigavano, poi facevano pace quando Lily si
slanciava in un travolgente abbraccio fino a quando anche petunia, così si chiamava la bionda, non ricambiava.
Quel giorno si erano messe quasi subito sulle altalene a chiacchierare su qualcosa successa a scuola.

Severus si sporse un po’ oltre il cespuglio, avrebbe voluto così tanto avvicinarsi, poter parlare alla bambina strega, ma c’era sempre la sorella con lei. Sospirò aprendosi la larga e lunga giacca con fastidio.
Lily si dondolò sempre più in alto, molto di più della sorella.

«Lily, non farlo!» strillò la maggiore.
Ma la bambina, arrivata nel punto più alto dell'arco, si lanciò a volo, quasi letteralmente a volo, si gettò verso il cielo con uno scoppio di risate e, invece di precipitare sull'asfalto del parco giochi, si librò nell'aria come una trapezista e vi indugiò troppo a lungo, e atterrò con troppa leggerezza.
«La mamma ti ha detto di non farlo!»
Petunia fermò l'altalena piantando i talloni dei sandali a terra con uno scricchiolio, poi balzò in piedi, le mani sui fianchi.
«La mamma ha detto che non puoi, Lily!»
«Ma non mi sono fatta niente» ribatté Lily, che ancora rideva. «Tunia, guarda. Guarda cosa so fare».
Petunia si guardò intorno. Il parco giochi era deserto a parte loro e, anche se le bambine non lo sapevano, Severus.

Lily raccolse un fiore caduto dal cespuglio dietro il quale era nascosto Piton. Petunia si avvicinò, dibattuta tra la curiosità e la disapprovazione. Lily aspettò che la sorella guardasse bene, poi tese la mano aperta. Il fiore apriva e chiudeva i petali come una bizzarra ostrica con molte valve.
«Smettila!» strillò.

Quella Petunia era davvero antipatica, pensò Severus, proprio come a suo padre sembrava non piacere affatto la magia.
«Mica ti fa del male» obiettò Lily, ma poi chiuse la mano sul bocciolo e lo gettò di nuovo a terra.
«Non è giusto» protestò Petunia, ma il suo sguardo aveva seguito la caduta del fiore a terra e vi indugiava. «Come fai?» domandò, con un chiara invidia.
«È ovvio, no?» Severus non riuscì più a trattenersi e balzò fuori dai cespugli, doveva dirle la verità, non poteva lasciare che quella odiosa sorella continuasse a dirle di non usare la magia, che le dicesse che non era possibile quello che faceva.

Petunia strillò e tornò di corsa alle altalene, ma Lily, per quanto allarmata, rimase dov'era.

Severus si pentì di essere uscito allo scoperto vedendo l’espressione della rossa.
«Che cosa è ovvio?» chiese Lily.
Era agitato, come avrebbe potuto dirglielo in modo tranquillo?. Scoccò un'occhiata a Petunia che gironzolava vicino alle altalene, poi abbassò la voce e disse: «Io so cosa sei».
«Cioè?»
«Tu sei... sei una strega» sussurrò inclinandosi in avanti.
Lei parve offesa e Severus capì di aver sbagliato le parole, ma non c’era altro modo, come avrebbe douto dirglielo?
«Non è una cosa carina da dire!» esclamò Lily prima di voltarsi e allontanarsi a grandi passi verso la sorella.
«No!» esclamò Severus disperato, doveva convincerla. Era l’unica strega oltre a sua madre che conoscesse, doveva ascoltarlo.

Saltellò dietro le bambine, sentendosi goffo in quegli abiti troppo larghi e logori.
Le sorelle lo osservarono, unite nel disprezzo, tutt'e due aggrappate a uno dei pali dell'altalena come se fosse la tana in una partita di chiapparello.
«Lo sei» insisté Piton. «Sei una strega. È un po' che ti tengo d'occhio. Ma non c'è niente di male. Anche mia mamma è una strega, e io sono un mago».
La risata di Petunia fu come una doccia fredda.
«Un mago!» strillò, rinfrancata dopo lo spavento per l'improvvisa apparizione. «Io so benissimo chi sei. Sei il figlio dei Piton! Abitano giù a Spinner's End, vicino al fiume» spiegò a Lily, e dal suo tono si capiva che trovava l'indirizzo poco raccomandabile. Ma non era colpa sua se viveva lì, strinse i pugni con frustrazione.

«Perché ci stai spiando?»
«Non vi spio» si affrettò a rispondere accaldato, a disagio, con i capelli sporchi. «Non te, comunque» aggiunse sprezzante. «Tu sei una Babbana».
Anche se Petunia non capiva la parola, non poteva fraintendere il tono.
«Lily, su, andiamo via!» esclamò.

Lily obbedì immediatamente alla sorella e si allontanò, scrutando torva Severus. Lui le guardò attraversare il par-
co giochi. Non era così che aveva immaginato di farsi avanti, era andato tutto storto. Se solo non ci fosse stata quella odiosa Petunia. Calciò con rabbia un ciuffo di erba più alto degli altri.

Tre giorni dopo tornò al parco dondolandosi tristemente sull’altalena cigolante. Un vento pesante gli mosse i lunghi capelli neri, sentiva caldo sul collo, ma non si spostò.
Era una sfida, o forse solo impuntatura.
Aveva pensato più volte alla conversazione con le due bambine. Si era aspettato che Lily sarebbe stata contenta di scoprire la verità, come lo era stato lui. Invece sembrava spaventata. Doveva aver sbagliato qualcosa, era stato troppo impulsivo.
«Ciao» disse una voce familiare.
Alzò lo sguardo di scatto, Lily spuntava dal cespuglio dietro al quale si era nascosto lui tempo prima.
Fermò l’altalena di colpo. Era tornata, il cuore cominciò a scalpitare.
«Ciao» mormorò.
La bambina si avvicinò lentamente senza staccargli gli occhi di dosso «Io mi chiamo Lily»
«Lo so» annuì sentendo la bocca secca «Io… io sono Severus.»
Vide le labbra della bambina arricciarsi, come se non fosse sicura che dicesse sul serio.
«Posso?» Chiese accennando alla seconda altalena.
«Certo.» La guardò attentamente sedersi e cominciare a spingersi piano con i piedi.
Dondolarono per un po’ in silenzio, poi Lily sembrò farsi coraggio.
«È vero, quello che mi hai detto?»
Capì subito a cosa si riferiva. «Sì, sei una strega e io sono un mago.»
«Petunia, mia sorella dice che menti.»
«Lei non può capire» sbuffò guardando un punto sul terreno. «È solo una babbana.»
«Cosa significa babbana?» Domandò incerta.
«È una persona senza magia» rispose in tono ovvio prima di girarsi a guardarla. Aveva degli occhi verde chiaro, non li aveva mai notati.
«Perché noi siamo così?» Chiese voltandosi a guardarlo.
Seveus esitò un momento. «Perché siamo speciali» mormorò

 

 

Severus e Lily si trovavano in un boschetto. Il lungo fiume scintillava al sole che filtrava fra i tronchi. Gli alberi proiettavano sull'erba una pozza di fresca ombra verde. Erano seduti per terra a gambe incrociate, uno di fronte all'altro.
Severus si era tolto il cappotto; cominciava quasi a sentirsi a suo agio nella ridicola camicia che gli aveva dato sua madre. Nella penombra poi sperava che la fantasia si confondesse un po’.
«... e il Ministero può punirti se fai magie fuori dalla scuola, ti mandano delle lettere».
«Ma io le ho fatte!» gridò Lily preoccupata.
«Noi siamo a posto. Non abbiamo ancora la bacchetta. Ti lasciano stare, quando sei un bambino e non puoi farci niente. Ma a undici anni» annuì con aria d'importanza. «cominciano a istruirti, e allora devi stare attento».
Calò un breve silenzio. Lily raccolse un bastoncino e lo agitò, a mo di bacchetta. Dopo alcuni istanti lo lasciò cadere e si sporse verso Severus. «È vero, no? Non è uno scherzo? Petunia dice che mi racconti delle bugie. Dice che Hogwarts non esiste. È proprio vero?»
Era la seconda volta che glielo chiedeva. Quella Petunia doveva davvero essere insopportabile. Non voleva nemmeno immaginare come fosse averla in casa.

«È vero per noi» rispose con sicurezza. «Non per lei. Ma noi riceveremo la lettera, io e te».
«Sul serio?» mormorò Lily.
«Certo» confermò, sentendo alcune ciocche scendergli sugli occhi.
«E arriverà davvero con un gufo?» mormorò Lily.
«Di solito» rispose Severus. «Ma tu sei figlia di Babbani, quindi dovrà venire qualcuno della scuola a spiegarlo ai tuoi genitori».
«È diverso se si è figli di Babbani?»
Severus esitò. Certo che era diverso, sua madre gli aveva detto che nessuno sapeva spiegare perché alcuni figli di babbani nascessero con i poteri. Non erano visti di buon occhio da molti nel modo magico. Ma lily era a posto, era simpatica e intelligente, non potevano trattarla male.
«No» dichiarò infine. «Non è diverso».
«Meno male» sospirò Lily, tranquillizzata.
«Tu hai un sacco di magia» continuò Severus. «L'ho visto. Ti guardavo sempre...»
La sua voce si affievolì; Lily non stava ascoltando, ma si era distesa sul terreno coperto di foglie e osservava la volta di rami sopra di loro. La studiò con attenzione, ancora faticava a credere che ci fosse un’altra strega in quella città triste e grigia. Ma lei era reale.
«Come vanno le cose a casa tua?» gli chiese.
Una piccola piega apparve fra gli occhi di Severus.
«Bene» mentì, non gli piaceva parlare dei suoi genitori.
«Non litigano più?»
«Oh, sì, litigano» ribatté. Raccolse un pugno di foglie e cominciò a strapparle, soprappensiero. «Ma fra poco me ne andrò».
«A tuo papà non piace la magia?»
«Non gli piace praticamente niente» rispose.
«Severus».
Un piccolo sorriso incurvò le sue labbra quando lei disse il suo nome.
«Sì?»
«Parlami ancora dei Dissennatori».
«Perché?»
«Se uso la magia fuori dalla scuola...»
«Non ti danno ai Dissennatori per questo! I Dissennatori sono per chi fa cose veramente brutte. Sono le guardie della prigione magica, Azkaban. Tu non puoi finire ad Azkaban, sei troppo...»
Arrossì di nuovo e strappò altre foglie, incapace di finire la frase. Un fruscio attirò la sua attenzione.
Petunia, nascosta dietro un albero, aveva perso l'equilibrio. Perché non poteva lasciarli in pace?
«Tunia!» esclamò Lily, sorpresa e lieta insieme.

Severus balzò in piedi.
«Chi è adesso che spia?» gridò. «Cosa vuoi?»
Petunia era senza fiato, spaventata per essere stata scoperta. Era chiaro che stesse cercando qualcosa di perfido da dire.
«Che cos'è che hai addosso?» chiese infine, indicando il petto del bambino.
«La camicetta di tua mamma?»

Severus strinse i denti con rabbia. Quella piccola odiosa babbana non aveva il diritto di deriderlo. Lui era un mago, discendente dei Prince.
Si udì un crac: un ramo sopra la testa di Petunia cadde. Lily urlò: il ramo colpì sulla spalla Petunia, che barcollò all'indietro e scoppiò in lacrime.
«Tunia!»
Ma la sorella stava scappando. Lily si voltò verso Piton.
«Sei stato tu?»
«No». Voleva punirla ma non farle davvero male.
«Sì, invece!» Lei indietreggiò. «Sei stato tu! Le hai fatto male!»
«No... no, non sono stato io...»
Ma non convinse Lily: con un ultimo sguardo di fuoco corse via, dietro la sorella, e Severus rimase lì, desolato e confuso…

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