Il Rovescio del Destino

Harry Potter - J. K. Rowling
F/M
G
Il Rovescio del Destino
Summary
Al termine della guerra, Hermione Granger ha un conto in sospeso con Draco Malfoy.La risposta che ottiene non è quella sperata, ma la conseguenza della sua visita è inaspettata.
Note
Disclaimer:I personaggi e l'universo narrativo appartengono a J.K. Rowling e agli altri titolari dei diritti di Harry Potter. Questa è un'opera di fanfiction scritta per divertimento e senza alcuno scopo di lucro. Tuttavia, la trama, i dialoghi, le descrizioni e ogni contenuto originale sono di mia proprietà intellettuale.Nota:Non autorizzo la ripubblicazione, la distribuzione o qualsiasi uso non autorizzato di questa storia senza il mio esplicito consenso.
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Il peso dell'altro

Il gala era stato un successo. I fondi raccolti erano sufficienti non solo per rinnovare un’intera ala del castello, ma anche per finanziare nuove aule dedicate agli studenti più giovani e corsi di specializzazione avanzati in difesa contro le arti oscure e pozioni. La proposta di incentivare il Quidditch aveva riscosso un entusiasmo travolgente, tanto che erano già stati fissati incontri con diverse squadre professionistiche per il mese successivo. Ogni dettaglio era andato come previsto, e sebbene Hermione non fosse abituata a serate di gala così impegnative, poteva ammettere con una certa soddisfazione che, almeno una volta, il duro lavoro aveva dato i suoi frutti.

Ottobre, con i suoi colori dorati e le giornate fresche, era volato via in un batter d’occhio. Ora, l’inverno bussava prepotentemente alle porte. Gli alberi, spogli e piegati al vento, sembravano guardiani solitari del castello, mentre il gelo tingeva i prati di brina al mattino presto. Le luci del castello si riflettevano nelle finestre appannate, e l’atmosfera, carica di aspettative per il Natale imminente, si faceva più intima e raccolta.

Nella biblioteca, il camino scoppiettava piano, riscaldando la grande sala illuminata da torce tremolanti. Hermione sedeva a uno dei tavoli vicino al fuoco, avvolta nella sua sciarpa rosso-oro di Grifondoro, un piccolo riflesso dei colori accesi dell’autunno appena passato. Il tepore del caminetto le accarezzava il volto, ma non bastava a scacciare completamente il freddo che sembrava annidarsi nei corridoi del castello. Accanto a lei, Draco Malfoy sfogliava con calma un grosso tomo rilegato in pelle, i suoi occhi attenti che passavano da una pagina all’altra con un’espressione assorta. Il silenzio tra loro era strano, non imbarazzante, ma una sorta di quieto equilibrio che si era instaurato nelle ultime settimane. Davanti a loro, Harry Potter e Daphne Greengrass condividevano lo stesso tavolo, una combinazione che fino a qualche mese prima sarebbe stata del tutto impensabile. Harry stava prendendo appunti, la fronte leggermente corrugata in una concentrazione che Hermione conosceva bene, mentre Daphne, con il suo atteggiamento elegante e distaccato, lo guardava di tanto in tanto come se volesse controllarlo.

La mescolanza di Serpeverde e Grifondoro ormai non suscitava più sguardi increduli o mormorii scandalizzati. Era diventata una normalità, una piccola rivoluzione silenziosa che aveva preso piede grazie alla loro ostinazione. Hermione non poteva fare a meno di pensare che, forse, stavano dando un buon esempio. La tensione tra le casate era ai minimi storici, e anche se qualche battuta acida continuava a emergere, erano solo ombre del passato.

Il loro accordo sembrava ancora funzionare a gonfie vele, il mondo magico aveva accettato che Malfoy e Granger si erano sposati per amore. Di tanto in tanto, nei corridoi, si sentiva un “clic” di una macchina fotografica e i due ci teneva a mostrarsi sempre vicini e sorridenti, così da non destare sospetti. Anche lei, dopo lunghe riflessioni, aveva accettato ciò in cui si era immischiata, anche se una domanda di qualche giorno prima posta da Ginny le aveva fatto sorgere qualche dubbio: “cosa farai se ti dovessi innamorare?”.

Hermione aveva subito pensato che non sarebbe stato così brutto innamorarsi dell’uomo che aveva sposato, alla fine. E quando aveva espresso quel pensiero, Ginny l’aveva guardata stralunata e confusa.

“Intendevo di un altro uomo!” aveva detto la sua amica mentre si pettinava i capelli. Hermione, a quella possibilità, non ci aveva affatto pensato. Lei era una donna sposata, nessuno le si avvicinava con l’intento amoroso oppure di provare a creare una famiglia. Quel pensiero, però, fu messo in disparte perché Hermione aveva altro a cui pensare: Ron. La situazione con Harry sembrava in bilico, aveva trovato i due a parlare spesso. Non sempre sembrava una conversazione piacevole, ma almeno Ron non lo evitava come faceva con lei. Lo aveva visto chiaramente cambiare percorso più e più volte, mentre ormai nella sala comune di Grifondoro la evitava accuratamente, anche solo con lo sguardo.

«Hermione, quando inizia il club dei duellanti?» domandò riprendendola dai suoi pensieri Harry. Aveva chiuso il suo libro e stava posizionando le pergamene nella borsa.

«Il primo incontro per il mio livello sarà a dicembre, ma è già iniziato.» rispose Hermione, cercando poi con lo sguardo Anthony, ma non c’era.

«Chi lo gestisce?» domandò Harry. «Posso ancora iscrivermi, secondo te?»

Hermione alzò le spalle. «Devi chiedere ad Anthony.»

Harry corrugò la fronte. «Anthony chi?»

«Anthony Goldstein.» risposero i due Serpeverde in contemporanea, poi Daphne continuò. «Odio quell’uomo, è un viscido.»

«Come mai?» domandò Hermione curiosa. Draco alzò lo sguardo sulla sua amica che sembrava pronta a raccontare.

Daphne alzò le spalle, tornando al suo libro. «Non mi piace.» terminò velocemente.

Harry, non percependo la leggera tensione, si alzò dal suo posto e si avvicinò alla sua amica per baciarle la guancia e salutarla. «Vado a lezione, ci vediamo dopo?» domandò come per assicurarsi di poter andare e lasciarla sola con i due Serpeverde. Hermione sorrise, e gli baciò la guancia di rimando. Il salvatore del mondo magico, poi, lasciò la biblioteca. Hermione tornò con lo sguardo sul suo libro di incantesimi avanzati, mentre il dubbio riguardo la sua amicizia su Ron ancora era presente nella gran parte del suo cervello. Dicembre era dietro l’angolo e quello significava anche Natale. Aveva trascorso le ultime feste con i Weasley, dato che la sua famiglia non ricordava di averla mai avuta una figlia, e anche se Harry aveva proposto di tornare a casa con lui, il dubbio dei giorni di festa era ancora vivido. Harry sarebbe andato alla Tana, ovviamente, trascorrendo non solo il Natale con l’unica famiglia che gli era rimasta e aveva mai avuto, ma anche con i genitori della sua futura moglie, anche per quello Ron aveva dovuto migliorare il rapporto con il ragazzo – Hermione pensò.

«Devi per forza baciarlo ogni singola volta?» la voce di Malfoy le bloccò nuovamente il flusso di pensieri.

«Harry è mio amico, ci salutiamo così.» era la sesta volta che avevano quella conversazione. Letteralmente.

La piuma di Malfoy si muoveva tra le sue mani velocemente, mentre la gamba del ragazzo iniziò ad oscillare come sintomo di nervosismo. «Sabato verrai ad Hogsmade?» domandò Daphne, completamente fuori contesto. Lo facevano tutti i suoi amici Serpeverde, domandare qualcosa randomico per spezzare la tensione ed Hermione li ringraziava sempre con un cenno del capo.

«No, ho la partita contro Tassorosso.» perché Malfoy, a differenza di Harry, giocava ancora a Quidditch. Le aveva detto che lo vedeva come sfogo e come modo per riempire il tempo, non aveva intenzione di proseguire oltre. Daphne annuì, completamente disinteressata.

«Se vuoi andare, puoi.» disse a voce bassa Hermione sorridendo. Daphne smise di guardarsi le unghie e fissò la sua figura. «Giuro che rimarremo qui in silenzio.» promise e Daphne guardò Draco in cerca di un consenso. Quando lui annuì, lei si alzò subito in piedi.

«Se create un casino, giuro che ve la vedrete con me.» sussurrò prima di andar via. Hermione sorrise scuotendo il capo, tornando alla sua pergamena, riprendendo a scrivere il suo saggio sugli incantesimi di trasfigurazione sulle persone.

Trascorse poco tempo però, prima che Malfoy non desse retta alla promessa fatta alla sua amica. Afferrò, da sotto, il bordo della sedia e tirò verso di sé Hermione, facendola voltare. Un sussulto da parte delle ragazzine al banco dietro la fece girare curiosa, un gruppo di cinque ragazze del terzo o guardo anno li guardavano come si guardava una coppia famosa, mentre provavano a nascondersi dietro la copertina di un libro. «Devi davvero baciarlo ogni volta?»

Hermione riportò lo sguardo su Malfoy, i suoi occhi grigi erano stretti in una fessura. «Siamo amici, quante volte vuoi che lo ripeta?»

«Tutte le volte finché non mi convinco, e se lo stai riprendendo ancora è perché non ne sono convinto.»

Hermione sentì un modo di rabbia crescerle dentro e chiuse di forza il libro sul banco. Era il secondo uomo che la accusava di una relazione – che lei considerava incestuosa – con Harry Potter. «Perdonami se non comprendi cos’è l’amicizia, ma Harry è mio amico e saluto così i miei amici.» Hermione stava per alzarsi e lasciare tutte le cose lì, doveva prendere una boccata d’aria per smaltire la rabbia e si fissò mentalmente di braccare Ron in qualche corridoio. Ma Malfoy non glielo permise, la afferrò per il polso e la fece voltare verso di lui con un effetto molla. Si ritrovò tra le sue braccia, premuta contro il suo petto come ogni singola volta. Ogni singola volta che sembravano sul punto di litigare, lui faceva un gesto teatrale per distrarre l’attenzione degli ascoltatori. Lui respirava appena, come ogni singola volta che era arrabbiato. Il volto della ragazza era a meno di un palmo di mano da quello di Malfoy. «Devi gestire meglio la rabbia.» sussurrò come sempre. «Almeno io non mi faccio vedere insieme alla donna che avrei dovuto sposare, no?»

L’argomento Astoria tornava sempre, fisso. Si erano anche abbracciati ed erano stati ripresi dalle fotocamere, tre volte. «Astoria è un’altra cosa.» le diceva.

E non capiva come quella frase, per lui, potesse migliorare le cose, quando in realtà le peggiorava. Faceva sentire Hermione come il terzo incomodo in una coppia formata e sfasciata dalla sua sola esistenza, quando lei aveva accettato di indossare quella fede solo per liberarlo dal carcere. Hermione sentì le gambe tremare all’ennesima solita frase, percependo gli occhi umidirsi appena. «Lasciami, voglio uscire. Ho bisogno di aria fresca.»

Lui fece come per alzarsi. «Ti accompagno.»

«Non ho bisogno della balia, Malfoy.» lo ammonì velocemente. Un altro sussurro dalle ragazze le fece intendere che la loro conversazione aveva alzato leggermente i toni. Hermione posò una mano sul volto bianco dell’uomo ed accarezzò leggermente la guancia. Gli occhi del ragazzo si spalancarono leggermente, quella era la prima volta che era lei a toccare lui, e non il contrario. Mantenne contegno mentre la vide avvicinarsi, baciandogli la guancia. Hermione rimase qualche secondo ferma, provando a trasmettere più amore di quanto ne aveva fatto con Harry. «Torno subito.»

Malfoy si alzò comunque, richiamandola a sé. Il ragazzo afferrò il viso della mora con entrambe le mani e le baciò ancora la guancia, poi la fronte, trascorrendo parecchi secondi con gli occhi chiusi. Quando allontanò le labbra dal suo viso, posò la fronte contro quella della donna. «Ti aspetto qui.»

 

Hermione annuì, mentre i brividi dietro la sua schiena la scuotevano tanto da farle male. Quando finalmente la lasciò andare, camminò veloce oltre le porte della biblioteca, seguendo a memoria la planimetria del castello dato che la sua vista era completamente appannata, correndo fino al giardino estero. Cercò un luogo appartato, nascosta dietro alle mura del castello e poggiò la schiena contro le pietre gelide, iniziando nuovamente a prendere contatto con ciò che la circondava. Si sedette sull’erba fredda e umida mentre respirava profondamente. Hermione si lasciò scivolare contro il muro di pietra, le mani tremanti afferrarono i bordi della sciarpa di Grifondoro, tirandola contro il viso come se quel semplice gesto potesse soffocare il rumore delle sue emozioni.

Sentiva il cuore battere furiosamente nel petto, quasi dolorosamente, e ogni respiro era accompagnato da un senso di pesantezza, come se l’aria intorno a lei fosse divenuta improvvisamente troppo spessa da inalare. Lontana dagli occhi indiscreti e dal controllo forzato che si era imposta, Hermione sentiva il dolore emergere, strappandole ogni scudo che aveva costruito nel tempo. “Calma Hermione” pensò, stringendo i denti mentre una lacrima silenziosa le scivolava lungo la guancia. Ogni conversazione con Draco sembrava trasformarsi in un terreno minato. Eppure, ciò che la tormentava di più non era la sua capacità di ferirla, era il modo in cui riusciva, allo stesso tempo, a farla sentire al sicuro. Quella vicinanza, quei gesti improvvisi e intensi, il modo in cui si avvicinava per accarezzarle il viso o posare la fronte contro la sua, come se fosse la cosa più naturale del mondo… Hermione non riusciva a gestire quella confusione.

“Astoria è un’altra cosa” Quelle parole le ronzavano in testa come un’eco infinito, aggiungendosi a tutte le frasi dette da Ron. Ogni volta che lui le ripeteva quella frase, Hermione sentiva una fitta al cuore. Non voleva essere l’ombra di un’altra cosa. Hermione portò una mano al viso, asciugandosi le lacrime con un gesto frettoloso, quasi arrabbiato con sé stessa per essersi lasciata andare. Non era il momento per piangere. Guardò le sue mani, stringendo i pugni come per darsi forza. Aveva bisogno di spazio, di tempo per capire cosa volesse davvero da tutto quello. Il matrimonio con Draco aveva iniziato come un atto di altruismo, un sacrificio per salvare qualcuno che, nonostante tutto, credeva meritasse una seconda possibilità. Ma ora? Ora non era più sicura di riuscire a tenere separate le sue emozioni da quel legame formale.

Il pensiero la scosse, portandola a guardare difronte a sé in silenzio per minuti interi. Nelle sue orecchie un fischio incessante, quasi doloroso, la portò a rendersi conto di quella realtà: le piaceva Draco?

Una voce nella sua testa urlò “no”, come se volesse convincerla. Avevano trascorso pochissimo tempo insieme, di lui non sapeva nulla. Ma forse… era piacere fisico? Ancora la sua voce ripetette “no”, chiaramente e forte. Il freddo cominciava a farsi sentire più intensamente, ma Hermione non si mosse. Rimase lì, con le gambe piegate e il mento appoggiato alle ginocchia, mentre i suoi pensieri continuavano a intrecciarsi come fili aggrovigliati. “Che cosa voglio, davvero?” si chiese, fissando il cielo grigio sopra di lei.

La risposta non arrivò.

Tornò in biblioteca dopo essersi data una sistemata e trovò Draco Malfoy ancora lì ad attenderla. Quando la guardò in viso, i suoi occhi si allargarono leggermente e la mano si poggiò sulla guancia della ragazza. «Sei congelata.» sussurrò spogliandosi del mantello, per posarlo sulle sue spalle. Hermione non aggiunse una parola, non ne ebbe la forza.

 

 

Ginny aveva organizzato un'imboscata per Ron, chiedendogli di recuperare alcune scope vecchie per uno scherzo ai ragazzini del primo anno. Ron, sicuro di essere il migliore quando si trattava di sfuggire agli occhi della preside, si era subito offerto per portare a termine il compito al posto di sua sorella.

Hermione si trovava nascosta dietro l’angolo del ripostiglio delle scope, avvolta nel suo cappotto di lana, che sembrava non riuscire a proteggerla completamente dal freddo pungente del campo di Quidditch. L’aria era gelida, mista all’odore della neve che sembrava imminente, ogni respiro che usciva dalle sue labbra si condensava in piccole nuvole di vapore. Il campo di Quidditch si stava preparando per l’ultimo allenamento prima della partita, il vento che soffiava tra le strutture in legno e il terreno ghiacciato era tanto forte da tagliarle quasi la pelle. Il cielo era grigio e la superficie del campo sembrava quasi cristallizzata, con il terreno che scricchiolava sotto i piedi quando camminava. Le tribune erano vuote, i seggiolini metallici luccicavano alla luce del pomeriggio, mentre il fischio del vento era l’unico suono che accompagnava il silenzio di quei pochi minuti di attesa.

Alcuni giocatori di Serpeverde erano già lì. I loro corpi si intravedevano attraverso la nebbia gelida, ancora avvolti nelle divise da Quidditch. Hermione si strinse nel suo cappotto, avvolgendosi la sciarpa di Grifondoro intorno al collo.

Il respiro di Draco Malfoy si distingueva tra gli altri, visibile nella nebbia. Era lontano, ma la sua figura emerse per un istante quando si staccò dal gruppo di Serpeverde. Il suo mantello verde scuro contrastava con la pelle pallida e i capelli biondi come il ghiaccio, ondeggiava nel vento come se non sentisse il freddo. La divisa da Quidditch gli cadeva alla perfezione, aderente lo stemma di Serpeverde che brillava sul petto. I suoi pantaloni di pelle nera si adattavano al corpo agile ed Hermione notò con piacere che la figura snella che aveva incontrato ad Azkaban era solo un brutto ricordo, mentre la maglia verde scuro gli copriva le spalle e il petto, ben stretta sui muscoli che si muovevano con grazia. Ogni tanto, Draco alzava lo sguardo verso la zona in cui Hermione era nascosta, scrutando l’area con uno sguardo attento. Lei, che lo osservava da dietro l'angolo, notava il modo in cui il vento scompigliava i suoi capelli biondi perfettamente ordinati.

Qualcuno sembrò notare da lontano i capelli rossi di Ronald Weasley ed Hermione distolse lo sguardo dai capelli biondo argentato di Malfoy, preparandosi alla conversazione. Ron arrivò con il cappello di lana ricamato dalla signora Weasley ed una sciarpa malandata, scalandosi le mani vicino alla bocca. Il suo volto era arrossato, probabilmente per il freddo, ma l’espressione dura lasciava intendere che il gelo non fosse solo esterno. La notò subito, sbuffando e alzando gli occhi al cielo.

«Immagino che Ginny mi abbia attirato qui per questo!» disse Ron, il tono sarcastico. «Cosa vuoi, Hermione? Un’altra lezione su quanto sei intelligente e io sono un idiota?»

Hermione lo guardò con calma, ma dentro di sé lottava per tenere sotto controllo il tumulto di emozioni. «No, Ron. Non sono qui per litigare. Sono qui per cercare di sistemare le cose.»

Lui rise amaramente. «Sistemare le cose? Beh, puoi cominciare ammettendo che hai fatto un’enorme cavolata. Così magari riusciamo a parlare davvero.»

Lei sospirò, stringendo le mani a pugno per un momento prima di rilassarle. «Ron, non penso di aver fatto una ‘cavolata’, come la chiami tu. E non chiederò scusa per una scelta che credo sia stata giusta. Ma vorrei che tu almeno provassi a capire perché l’ho fatta.»

Ron scosse la testa, incredulo. «Capire? Hermione, ti sei sposata con Draco Malfoy! Il tipo che ci ha reso la vita un inferno per anni, che avrebbe consegnato Harry a Voldemort senza pensarci due volte! Non c’è niente da capire. È una follia, e tu sei troppo intelligente per non vederlo.»

Hermione alzò il mento, i suoi occhi brillavano di determinazione. «Sai cosa vedo io, Ron? Un’opportunità per cambiare le cose. Malfoy non è un santo, e non sto dicendo che lo sia. Ma conosco il potenziale che c’è nella sua famiglia, nella sua influenza. E so cosa possiamo fare, insieme. Questo non riguarda me, non riguarda lui. Riguarda il futuro del nostro mondo.»

Ron fece un passo avanti, puntandole un dito contro. «Non provare nemmeno a trasformare questo in un discorso nobile! Non stai salvando il mondo, Hermione. Stai solo cercando di convincerti che questo... casino abbia senso. Sei accecata dai soldi, dal potere, da tutte quelle cose che Malfoy può offrirti.»

Hermione si raddrizzò, il volto rigido. «Come osi insinuare una cosa del genere? Credevo mi conoscessi meglio. Non ho mai fatto nulla per denaro o potere, e non comincerò certo ora.»

«E allora perché lui?» Ron gridò, il tono spezzato dalla frustrazione. «Perché non qualcun altro? Perché non aspettare, trovare una soluzione diversa? Ma no, tu devi sempre avere ragione, sempre decidere tutto da sola!»

«Perché era necessario!» Hermione alzò la voce, finalmente esplodendo. «Perché c’era bisogno di una scelta difficile e qualcuno doveva farla! E non mi aspetto che tu capisca, Ron, ma almeno potresti smetterla di giudicarmi come se fossi la peggiore persona sulla faccia della terra!»

Ron rimase in silenzio per un momento, la rabbia nei suoi occhi si mescolava a un dolore che Hermione non poteva ignorare. «Ti voglio bene, Hermione. Ma non riesco a rispettare questa scelta. Non ci riesco.» camminò avanti ed indietro. «Non hai pensato al nostro di futuro?»

Hermione si morse il labbro inferiore, sentendo le lacrime minacciare di salire. «Quale futuro?»

Ron tornò a guardarla in viso. «Al nostro! Se mi fossi innamorato di te, io-»

Hermione sentì la rabbia accecarle la vista e stringerle la gola. «Davvero Ron? È questo il problema?! Quando mi sono spogliata a casa tua per medicarmi la ferita sul braccio hai vomitato nel salone davanti a me-»

«Sono sensibile al sangue, lo sai.» si difese imbronciato. Come se fosse lui il centro del mondo.

Hermione, allora, spalancò gli occhi. «Vaffanculo, Ron. Sinceramente. Sai cosa? Vaffanculo davvero, non voglio più avere a che fare con te. Cazzo, ti odio. Non riesci nemmeno ad accettare una ferita che ho sul braccio e tiri fuori il discorso di… noi? Noi non siamo mai esistiti, era solo una mia percezione fasulla di te e del futuro te! Io non posso continuare a cercarti perché non ragioni.»

«E io non posso scusarmi perché tu hai fatto una cavolata! Se questo significa perdere la tua amicizia, allora lo accetterò.» Ron fece un passo indietro, scuotendo la testa. «Sai una cosa? Forse non ti conosco più come pensavo. Ne vale almeno la pena?» Solo quando Ron lo indicò, Hermione si rese conto che Malfoy stava camminando verso di loro. Appena lui la affiancò e posò la mano sul fianco della ragazza, Ron rise amaramente e scosse il capo. «Vuoi far passare questo come amore, sul serio? Non vi guardate nemmeno, vi odiate.» indicò entrambi, poi si rivolse verso Malfoy. «Sono sicuro che ogni sera ti lavi e chiedi perdono a tutti i tuoi antenati, soprattutto a quella stronza di tua zia.» sputò via acidamente.

«Credo che la vostra conversazione sia terminata.» disse semplicemente Malfoy.

«Adesso decidi per lei?» si avvicinò di un passo all’uomo. «Ti fai comandare? Così ti piace, vero Hermione? Almeno ne vale la pena, penso, ti scoperà bene come con Krum-» uno schiaffo pose fine alle sue parole. La mano di Hermione ancora tremava mentre guardava il ragazzo con un volto familiare ma che non conosceva più.

«Signori, cosa succede qui?» la preside fece capolino. Malfoy tirò a sé Hermione e provò ad avere un’espressione normale. «Qualche problema, Weasley? Non è il tuo giorno di allenamento, non puoi essere qui.» un altro passo in avanti, solo allora notò Hermione e fu sorpresa. «Signorina Granger, anche lei qui?»

«La Granger era qui per me, non pensavamo fosse affollato questo posto.» chiarì subito Malfoy mentre Hermione abbassò il volto imbarazzato. «Ci dispiace, è stata una incoscienza.»

La preside congiunse le mani sul ventre ed annuì, sospirando. «Capisco… voi due potete andare ma ricordate che il vincolo matrimoniale non vi giustificherà sempre.» Hermione deglutì, mentre Draco la trascinò via di peso. Intanto, in sottofondo, la preside richiamava Ron ad una punizione.

Quando furono abbastanza lontani, Draco la guardò. «Cosa ci facevi lì, con lui, da sola?»

«Dovevamo parlare di una cosa.» rispose velocemente. «Adesso vado, torno dentro.»

Malfoy le tenne il polso, ispirando profondamente prima di parlare. «Ne riparliamo.»

Hermione corrugò la fronte e si tolse le sue mani di dosso. «Di cosa?! Faccio ciò che voglio, anche tu parli con le altre di cose che non posso chiedere, giusto?! Bene, Ron è un’altra cosa!» disse guardandolo in viso, poi si voltò e corse via.

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