Il Rovescio del Destino

Harry Potter - J. K. Rowling
F/M
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Il Rovescio del Destino
Summary
Al termine della guerra, Hermione Granger ha un conto in sospeso con Draco Malfoy.La risposta che ottiene non è quella sperata, ma la conseguenza della sua visita è inaspettata.
Note
Disclaimer:I personaggi e l'universo narrativo appartengono a J.K. Rowling e agli altri titolari dei diritti di Harry Potter. Questa è un'opera di fanfiction scritta per divertimento e senza alcuno scopo di lucro. Tuttavia, la trama, i dialoghi, le descrizioni e ogni contenuto originale sono di mia proprietà intellettuale.Nota:Non autorizzo la ripubblicazione, la distribuzione o qualsiasi uso non autorizzato di questa storia senza il mio esplicito consenso.
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Il problema delle carezze

La stanza singola di Hermione era arredata in modo semplice ma accogliente, con il tipico tocco di ordine che la caratterizzava. Una scrivania di legno scuro, ricoperta di libri e pergamene, occupava un angolo accanto alla finestra. La luce delle candele creava un’atmosfera calda, illuminando i poster e gli appunti incollati alle pareti. Un piccolo camino scintillava, diffondendo un calore leggero e invitante, mentre una coperta ricamata a mano era ripiegata ai piedi del letto. Sul comodino accanto al letto c’era una pila di libri con segnalibri sporgenti e una tazza di tè fumante, ancora intatta.

Ginny era seduta sul letto, le gambe incrociate sotto di sé, mentre si stringeva una tazza di cioccolata calda tra le mani. Harry, in piedi accanto al camino, fissava le fiamme con un’espressione seria, una delle mani che si passava nervosamente tra i capelli spettinati. Hermione, visibilmente agitata, passeggiava avanti e indietro per la stanza, le braccia incrociate strette contro il petto e le guance ancora rosse, non si capiva se per la corsa o per il nervosismo.

«Non riesco a crederci.» esclamò Hermione, interrompendo il silenzio. «Ron... non solo non capisce, ma si ostina a giudicarmi come se fossi una traditrice, come se non avessi mai fatto nulla di buono per lui!»

Ginny sospirò, bevendo un sorso di cioccolata. «Sai com’è fatto Ron. Quando qualcosa lo ferisce, diventa irragionevole. Ma... che diritto ha di insinuare di una possibile relazione tra voi due quando è stato lui ad abbandonarti in primo luogo?»

«Non è nemmeno questo il punto!» Hermione sbottò, girandosi verso di loro. «Non può accettare che io abbia preso una decisione difficile per un motivo più grande. Tutto per lui si riduce a un tradimento personale! E poi, insinuare quelle cose su Malfoy...» Scosse la testa, frustrata. Sul sesso, tra loro due.

Harry finalmente parlò, voltandosi verso di lei. «Hermione, sei sicura di non aver peggiorato le cose con quello schiaffo?»

Hermione lo fissò, stringendo i pugni. «Harry, non hai idea di quanto fosse insopportabile. Ha tirato fuori Viktor, insinuando... insinuando cose assurde!»

Ginny si raddrizzò sul letto, sorpresa. «Ha fatto cosa? Come osa? Hermione, hai fatto bene a reagire, davvero. Ron può essere un cretino, ma certe cose sono inaccettabili.»

Harry sospirò, scuotendo la testa. «Capisco perché tu sia arrabbiata.»

Ginny sospirò. «Cosa ha fatto Malfoy, poi? Strano che non lo ha aggredito.»

«Oh, certo, perché Draco è sempre perfetto!» replicò Hermione, sarcastica. «Mi ha rimproverato per essere stata da sola con Ron, come se non fossi in grado di gestire una conversazione! E poi mi ha tirato via davanti alla preside come se fossi un oggetto da trascinare in giro!»

Ginny scosse la testa, appoggiando la tazza vuota sul comodino. «Onestamente, lui non lo capisco.»

Hermione sospirò, lasciandosi cadere sulla sedia accanto alla scrivania. «A volte mi chiedo se ne valga la pena. Tutto quello che faccio sembra sbagliato per qualcuno. Ron pensa che io abbia tradito i miei amici. Draco... Dio solo sa cosa pensa. E io sono qui, da sola, a cercare di sistemare tutto senza che nessuno mi dia il beneficio del dubbio.»

Harry le mise una mano sulla spalla. «Non sei sola, Hermione. Ma hai Ginny e me. E noi siamo dalla tua parte, sempre.»

Ginny annuì. «Esatto. E se Ron vuole continuare a comportarsi come un bambino, allora che lo faccia. Ma non lasciarti abbattere, Hermione. Sei più forte di tutto questo.»

Hermione sorrise debolmente, stringendo la mano di Harry. «Grazie. Davvero. Mi fa bene sentire che almeno voi mi capite.» Si alzò abbracciando entrambi, poi Harry lasciò la stanza di fretta poiché, ovviamente, non sarebbe nemmeno potuto entrare. Uscì dalla finestra, afferrando la sua scopa per volare ad un punto cieco del giardino e tornare al castello il prima possibile. Hermione chiuse prontamente la finestra e guardò Harry volare, finché non sparì nella nebbia.

La stanza diventò improvvisamente silenziosa. Ginny si era stesa sul letto con disinvoltura, i capelli rosso fuoco sparsi sul cuscino e Grattastinchi che faceva le fusa accanto a lei. Il gatto sollevò appena la testa, come se percepisse qualcosa nell’umore di Hermione, che continuava a sistemare compulsivamente le divise piegate sulla cassettiera. «Adesso che Harry è andato via...» iniziò Ginny, rompendo il silenzio. La sua voce era dolce, ma piena di una curiosità. «Mi dici il tuo problema con Malfoy?»

Hermione non si voltò subito. Continuò a sistemare i colletti delle camicie in modo maniacale, come se la simmetria del tessuto potesse sistemare anche il caos nei suoi pensieri. «Del tipo?» chiese con un tono volutamente vago.

Ginny sbuffò, rialzandosi leggermente e piegando le gambe sotto di sé, lanciando a Grattastinchi uno sguardo complice. «Hermione, ti prego. Ho detto di aiutarti, ma così… è impossibile.»

Hermione finalmente smise di armeggiare con le camicie, le dita che si fermarono sul bordo della cassettiera come per raccogliere il coraggio. Deglutì, fissando un punto impreciso sul legno levigato. «Ti prego, dimmi che non mi giudichi.»

Ginny ammorbidì lo sguardo. Si alzò lentamente dal letto e si avvicinò a lei, posandole una mano leggera sulla spalla. «Mai, Hermione. Lo sai. Qualsiasi cosa sia, sono qui.»

Hermione si voltò verso di lei, il volto segnato da un’espressione che alternava il panico al sollievo. I suoi occhi brillavano alla luce del camino, due pozze di emozioni trattenute. Sospirò profondamente, come se stesse per saltare nel vuoto. «Quando gli sono vicino, sento...»

Non riuscì a finire, ma il modo in cui le sue labbra tremavano e il rossore che si diffondeva sulle guance completarono la frase al posto suo. Ginny rimase a bocca aperta per un attimo, poi le mani le scivolarono velocemente dalle spalle alle braccia, stringendole appena. «A te piace…» sussurrò, come se avesse paura di rompere l’incantesimo.

Hermione abbassò lo sguardo, mordendosi il labbro inferiore. «Non... non dovrebbe. Non dovrebbe succedere. E invece…» scosse la testa, incapace di trovare le parole.

Ginny lasciò andare un piccolo gemito di incredulità. «Oddio.» ripeté, il tono sempre più stridulo mentre si raddrizzava di scatto. Si passò una mano tra i capelli e cominciò a camminare nervosamente avanti e indietro nella stanza. «ODDIO.» urlò poi, come se il pensiero fosse esploso nella sua mente. Si fermò bruscamente, puntandole un dito tremante. «A te piace Malfoy. Ecco perché hai il tarlo di Astoria.»

Hermione sgranò gli occhi e si avvicinò a Ginny, agitata. «Ginny, ti prego, abbassa la voce!»

Ma Ginny sembrava troppo sconvolta per obbedire. «Hermione, questo spiega tutto! Perché sei sempre così nervosa quando si parla di lui, perché ogni volta che qualcuno lo nomina sembri morderti la lingua! Oddio. E anche Astoria... oh, il tarlo di Astoria. Questo è pazzesco!»

Hermione si lasciò cadere sul bordo del letto, le mani che si intrecciavano nervosamente. «Non volevo che succedesse. Non lo capisco nemmeno io. Cioè, non ci siamo parlati mai, ma... è così sbagliato! È Draco Malfoy, per l’amor del cielo!» esplose Hermione, la voce rotta da una frustrazione sincera. «Eppure, quando sono con lui, è come se... fosse diverso. Mi fa sentire...» Si interruppe, mordendosi il labbro, gli occhi che brillavano di confusione e rabbia. «Il problema sono le carezze!»

Ginny si raddrizzò, il volto segnato da un misto di sorpresa e curiosità. «Le carezze?» ripeté, la voce incerta.

«Le carezze!» urlò Hermione, gesticolando come a sottolineare il peso insopportabile della parola. «Mi tocca, di continuo! Mi accarezza, mi guarda, mi... mi tiene in considerazione. È folle, no?!»

Ginny inclinò la testa, cercando di assorbire ogni dettaglio. La luce del fuoco illuminava i suoi occhi spalancati mentre si avvicinava per sedersi accanto a lei. «Aspetta, andiamo con ordine,» disse con una calma studiata, ma la scintilla di divertimento nelle sue parole era innegabile. «Torniamo alle cose importanti. Ti fa sentire cosa?»

Hermione chiuse gli occhi, come se sperasse di sfuggire alle sue stesse emozioni. Stringeva le mani con forza, le unghie che affondavano nei palmi, quasi a voler scaricare la tensione fisica. «Mi fa sentire viva.» sussurrò infine. La voce le tremava, un misto di rabbia, imbarazzo e verità innegabile. «Mi fa arrabbiare come nessuno, ma allo stesso tempo c’è... c’è qualcosa di elettrico, qualcosa che non riesco a ignorare. Ed è sbagliato. È tutto sbagliato.»

Ginny la fissò, il suo sguardo penetrante e pieno di una comprensione che andava ben oltre le parole. Poi, come se non riuscisse più a trattenersi, scoppiò a ridere. Una risata calda, contagiosa, che spezzò la tensione nella stanza. Le fiamme sembrarono danzare più vivaci, accompagnando quel momento di leggerezza improvvisa. «Hermione Granger, genio assoluto, paladina della giustizia e campionessa delle scelte impossibili... è cotta di Draco Malfoy.» dichiarò Ginny, dandole una spintarella affettuosa sulla spalla. «Beh, questo è il plot twist dell’anno.»

Hermione alzò lo sguardo verso di lei, incerta se unirsi alla risata o se sprofondare nel pavimento. «Non è divertente, Ginny. È un disastro.» mormorò, scuotendo la testa.

Ginny scrollò le spalle con nonchalance, un sorriso astuto che faceva capolino sul volto. «Lo hai già sposato. Che problema c’è?»

Hermione rimase immobile per un istante, poi si alzò bruscamente in piedi. La sua figura era rigida, le mani che si agitavano nervosamente mentre si voltava verso Ginny. «Il problema è che lui ha detto testuali parole: ‘sono nato per fingere di amare mia moglie.’ Capisci?»

Ginny si fermò di colpo, il sorriso che svaniva mentre sgranava gli occhi. «No.» sbottò ridendo.

Hermione annuì furiosamente, camminando avanti e indietro come una leonessa in gabbia. «Mi tocca perché deve! Non perché vuole! Capisci cosa intendo? Se ci fosse stato qualcosa di vero, sarebbe successo prima. È tutta una farsa, una serie di sfortunati eventi che ci hanno portato al matrimonio!»

Ginny si grattò il mento, il volto segnato da un’espressione riflessiva. «La tua soluzione quale sarebbe?»

Hermione si fermò di colpo, come se quella domanda fosse la chiave per tutta la sua confusione. Si voltò verso Ginny, il volto determinato. «Evitarlo nei momenti non necessari,» dichiarò con la logica che tanto le era familiare. «Questa cosa delle attenzioni mi ha già portato a credere di essere innamorata di Ron. Non farò la stessa fine! Lo eviterò!»

Ginny sollevò un sopracciglio, trattenendo un sorrisetto. «E.. devo chiedertelo. Questo include anche evitare di baciarlo?»

«Assolutamente sì!» esclamò Hermione, alzando le mani in un gesto drammatico. «Non devo assolutamente baciarlo. Con Krum è successa la stessa cosa, sai? Ti ricordi? Lo baciai e pensai che potessi esserne innamorata, quando in realtà...»

«Erano le attenzioni che ti davano.» completò Ginny, annuendo con comprensione.

Hermione sorrise, per la prima volta rilassandosi un poco. «Esatto! Mi hai capito, per fortuna.»

Ginny le sorrise a sua volta, sollevandosi per abbracciarla con un gesto deciso. «Sinceramente, lo capisco. Gli uomini giocano spesso con questa questione delle attenzioni. Lo capisco. Bene, ti farò da spalla! Come sempre, dopotutto.»

La stanza sembrò più leggera mentre Ginny tornava a sedersi accanto a Grattastinchi, che sembrava annuire pigramente con la testa. Hermione lasciò uscire un lungo sospiro, grata per quella complicità che, almeno per ora, l’aiutava a mettere ordine nel caos.

 

 

Le prime luci del mattino filtravano pigre dalle alte finestre del dormitorio di Grifondoro, tingendo le pareti di pietra di una tonalità dorata e calda. Il fuoco nel camino scoppiettava ancora, un residuo della notte precedente e il lieve odore di legna bruciata si mescolava con l’aroma persistente del tè alla menta che qualcuno aveva lasciato sul tavolino accanto a una pila di libri. Ginny era distesa sul letto, con i piedi scalzi che dondolavano fuori dal bordo e tamburellava le dita contro la cornice di legno. Grattastinchi sonnecchiava accanto a lei, emettendo un basso e soddisfatto ronfare. Erano finite a dormire insieme quella notte, poiché avevano continuato a parlare fino a tarda sera.

«Non ci posso credere che Parvati stia ancora cercando di convincere Lavanda a tingersi i capelli di blu.» commentò Ginny, osservando il soffitto come se da lì potesse trovare un senso all’universo. «Non glielo ha detto nessuno che quel colore è un incubo con le divise?»

Hermione sorrise, piegando con precisione l’ultima camicia. «Onestamente, penso che Lavanda abbia una soglia di sopportazione incredibile, quasi più grande di tutti i suoi difetti. Se fosse toccato a me sopportare una campagna del genere, probabilmente avrei già citato il regolamento scolastico e minacciato di scrivere alla preside.»

Ginny ridacchiò, scivolando in posizione seduta e abbracciandosi le ginocchia. «Ecco perché sei tu quella che si fa leggere il regolamento come una fiaba della buonanotte e io sono quella che, al massimo, lo usa per accendere il camino.»

Hermione lanciò un’occhiata severa, ma il sorriso che si dipinse sul suo volto tradiva il rimprovero. «Ginny, non osare dire una cosa del genere davanti a Percy. Ti farebbe un sermone sulla sacralità del regolamento scolastico.»

«Oh, lo so.» disse Ginny, alzando gli occhi al cielo con esagerazione. «Percy mi tiene già abbastanza sermoni senza bisogno che io gli dia spunti. Una volta si è lamentato perché ho lasciato la sciarpa di Grifondoro su una sedia ‘non appropriata’.»

Hermione scoppiò a ridere, scuotendo la testa. «È così che funziona con Percy. Sai, a volte penso che dovrebbe fare un voto di solitudine e sposare il regolamento stesso.»

«Magari risolverebbe il problema della sua eterna ansia.» aggiunse Ginny, ridendo a sua volta. Poi cambiò tono, inclinando leggermente la testa e scrutando l’amica. «Parlando di ansia, Hermione... Come vanno i compiti, in tutto questo casino che hai da gestire?»

Hermione si fermò per un istante, lo sguardo perso nei bottoni della sua camicia, poi sorrise. «Sono avanti di un ripasso e in regola con i compiti anticipati, ovviamente. Dato che io e Malfoy dobbiamo farci vedere insieme e la sua voglia di parlare è paragonabile a zero, ho deciso di farlo in biblioteca! Silenzio e studio, intanto siamo seduti vicini, perfetto no?»

Ginny si allungò e le diede un leggero colpetto sulla spalla. «Sei un genietto, Granger!»

Hermione annuì, un piccolo sorriso soddisfatto le piegava le labbra. «Lo so. Grazie.»

«Andiamo a fare colazione? Tu non hai lezione, ma io sì!» e così, Hermione decise di accontentarla. La sala comune di Grifondoro era piena di studenti che si preparavano per la giornata, si muovevano avanti e indietro con espressioni ancora un po’ assonnate. Hermione e Ginny scesero le scale insieme, i passi accompagnati dal lieve scricchiolio del legno. Grattastinchi, più pigro che mai, le seguiva con un’andatura regale, come se fosse il vero padrone della casa.

«Non capisco come qualcuno possa scrivere una pergamena di dieci pollici a colazione.» osservò Hermione, indicando Seamus che armeggiava con una penna d’oca intinta nel calamaio, seduto a un angolo del grande tavolo di legno. La sua pergamena sembrava un campo di battaglia, con macchie d’inchiostro sparse ovunque.

Ginny rise piano. «Seamus vive sul filo del rasoio. Il giorno che consegnerà un compito in anticipo, probabilmente il mondo finirà.»

Poco distante, Dean stava cercando di piegare un ingombrante poster dei Cannoni di Chudley, suscitando lo sguardo disapprovante di Hermione. «Se solo mettesse lo stesso impegno nello studio che mette nel seguire il Quidditch...» commentò lei sottovoce.

Ginny alzò le spalle. «Non essere troppo dura. Dean ha i suoi metodi.»

Un gruppo di studenti del primo anno stava cercando di spostare un mucchio di libri che si erano accumulati vicino al camino, ma uno di loro inciampò, facendo cadere tutto con un rumore assordante. Hermione si fermò, pronta ad aiutare, ma Ginny la trattenne. «Lasciali fare. Sono al primo anno, devono imparare che i libri mordono.»

Hermione sorrise appena, ma i suoi occhi tradivano un istinto naturale di intervenire. «Spero che abbiano un piano per risistemare tutto, però.»

«Se la caveranno.» disse Ginny, guidandola verso il ritratto della Signora Grassa. «E ora, colazione. Non vorrei che mi rubassero tutte le uova strapazzate.»

Una volta uscite dalla sala comune, il corridoio del settimo piano era apparentemente tranquillo ma pieno di persone. Appena Hermione varcò la soglia del ritratto della Signora Grassa, il respiro le si bloccò in gola. Draco Malfoy era lì, appoggiato con un’eleganza disarmante al muro di pietra, le braccia incrociate sul petto e un’espressione indifferente. I suoi capelli biondo platino catturavano i raggi del sole del mattino, creando una sorta di aureola dorata intorno al suo volto, mentre i suoi occhi grigio argento, luminosi e penetranti, sembravano riflettere ogni sfumatura del cielo sopra Hogwarts. Indossava la divisa scolastica con una disinvoltura che sfociava nell’arroganza, su di lui non c’era nulla fuori posto: la cravatta verde e argento era perfettamente annodata, la camicia immacolata e i bordi del mantello erano talmente ben curati che sembravano appena usciti dalla sartoria. Il modo in cui si muoveva, anche semplicemente spostando il peso da un piede all’altro, trasudava sicurezza e un fascino che Hermione trovò inspiegabilmente... ipnotico.

Il cuore che batteva leggermente più forte. Provò a ricordarsi che era solo la bellezza a colpirla, ma lui si voltò. Era come se il mondo si fosse fermato, per qualche secondo Hermione dimenticò chi fosse, dove fosse e, soprattutto, quanto quell’immagine perfetta davanti a lei fosse in realtà Draco Malfoy, il ragazzo con cui aveva litigato per anni.

«Granger?» La voce bassa e un po' rauca di Malfoy interruppe i suoi pensieri.

«Granger!» La voce di Ginny esplose alle sue spalle, molto meno gentile e decisamente più esasperata. Le diede una spintarella sulla spalla, facendola sobbalzare. «Merlino, Hermione, vuoi smettere di fissarlo come se fosse un quadro di Botticelli?! È solo Malfoy! MALFOY!» un sussurro al suo orecchio, per fortuna coperto dal vociare indistinto.

Hermione arrossì violentemente, cercando di distogliere lo sguardo e di recuperare una parvenza di compostezza. «Io... Non stavo fissando.» mormorò, incapace di convincere nemmeno sé stessa.

Ginny scoppiò in una risata incredula, incrociando le braccia. «Oh, certo, Granger. E io non sono una Weasley. Dai, ti mancava giusto il violino di sottofondo!»

Malfoy, che aveva osservato la scena con un sopracciglio leggermente incuriosito, si schiarì la gola. «Granger, vorrei parlarti. Non ho tutta la giornata.»

Ginny si voltò verso di lui con uno sguardo furente. «Non hai tutta la giornata?! Ma che cavolo fai qui alle otto del mattino davanti alla nostra sala comune? Hai piantato radici?»

Malfoy ignorò l’affondo con la sua solita freddezza, i suoi occhi che però si incollarono di nuovo su Hermione, quasi come se stesse aspettando una sua reazione. Hermione, ancora un po’ stordita, si schiarì la gola e cercò di assumere un’espressione neutra. «Io... adesso ho un impegno.»

«Sì?» domandò lui, poi si trattenne dallo sbuffare e le si avvicinò di un passo. «Non puoi ignorarmi per interi giorni.»

«Ho solo un impegno, adesso.» ripetette lei sicura. «Vero, Ginny?»

Ginny, cogliendo la chiamata d’aiuto, intervenne con un sorriso radioso. «Sì, esatto! Un impegno molto, molto importante. Hermione è terribilmente impegnata oggi, Malfoy.»

Draco alzò un sopracciglio, guardando Ginny con una calma glaciale. «Davvero? Che tipo di impegno?»

Ginny si schiarì la voce, inventando sul momento. «Be’, c’è quella... riunione. Una riunione del... Club del... del Filo di Lana!» esclamò, annuendo vigorosamente.

Hermione spalancò gli occhi, incredula. «Il Club del Filo di Lana?» mormorò.

«Sì!» confermò Ginny con entusiasmo. «Sai, per insegnare ai ragazzi più giovani a lavorare a maglia. È fondamentale, Malfoy. Una questione di priorità educativa, l’ha detto mia madre. Hermione è la presidentessa, ovviamente.»

Draco sembrava meno impressionato, fissandola con un’espressione scettica. «Davvero? Hermione ha deciso di lanciare un club per lavorare a maglia?»

Ginny non si perse d’animo. «Oh, ma certo! È tutto parte della sua nuova... strategia educativa integrata!»

Draco fece un passo avanti. «Strano che io non abbia sentito parlare di questo club.»

«Non è ancora ufficiale!» Ginny si affrettò a spiegare. «Ci stiamo lavorando. È una cosa nuova, solo per pochi eletti. Sai, gente davvero responsabile.»

«Interessante.» disse Draco, incrociando le braccia. «E questo club inizia esattamente quando?»

Ginny esitò, cercando di pensare a una risposta. «Ehm... beh, subito dopo la lezione di Erbologia di questa mattina!»

Draco piegò leggermente la testa, confuso. «La lezione di Erbologia che Hermione non ha?»

Ginny si bloccò per un istante, poi esplose in una risata nervosa. «Ah, giusto, giusto. È così impegnata che a volte confonde gli orari delle lezioni con le sue altre responsabilità. Succede anche ai migliori!» si portò una mano alla fronte ridendo, poi afferrò il braccio della sua amica. «Ad ogni modo, oggi è impegnata. A domani, Malfoy!»

E corsero entrambe via ridendo.

 

 

Il sole di mezzogiorno scaldava dolcemente il giardino di Hogwarts, dove il vento portava con sé il profumo dell’erba appena tagliata e dei fiori selvatici. Hermione e Ginny erano sedute sotto un grande albero secolare che offriva loro una piacevole ombra mentre studiavano. I libri erano sparsi intorno a loro, insieme a pergamene scarabocchiate e un paio di piume d’oca che avevano perso la loro lotta contro l’inchiostro. Hermione tamburellava nervosamente con la penna sul bordo del libro di Incantesimi Avanzati, gli occhi che vagavano oltre le righe del testo. Verso il lago nero.

Là, seduto su una roccia liscia e inclinata che dava direttamente sull’acqua, c’era Draco Malfoy. Accanto a lui, in una posa quasi casualmente perfetta, c’era Astoria Greengrass. Il suo sorriso brillante si rifletteva nell’acqua e la risata leggera della ragazza sembrava raggiungere Hermione nonostante la distanza. Draco, con il gomito appoggiato al ginocchio e lo sguardo rivolto verso Astoria, sembrava stranamente... rilassato. Troppo rilassato.

Hermione sbuffò, chiudendo il libro con uno schiocco che fece sobbalzare Ginny. «Non capisco.» dichiarò, incrociando le braccia. «Con lei parla. Sorride. E sembra addirittura divertirsi. Ma con me? Silenzio tombale. Come se ogni parola fosse un peso insostenibile, al massimo litighiamo.»

Ginny, che stava disegnando pigramente sulla pergamena accanto a lei, sollevò lo sguardo con una scintilla divertita negli occhi. «Be’, forse con lei non si sente sul banco degli imputati.»

Hermione si voltò di scatto, fissandola incredula. «Sul banco degli imputati? Io non lo metto sul banco degli imputati!»

Ginny alzò un sopracciglio, un sorrisetto divertito piegava le sue labbra. «Davvero? E quella volta in biblioteca, quando gli hai chiesto perché avesse la smania di correggerti ogni cosa anche se sbagliava lui?» Hermione aprì la bocca per ribattere, ma Ginny la interruppe, alzando un dito. «Oppure quando in aula pozioni hai insistito che il suo taglio della radice di valeriana era sbagliato, anche se era esattamente quello che aveva detto il professore?»

Hermione chiuse la bocca, le guance che si coloravano di un rosa acceso. «Io... va bene, forse sono stata un po’ severa. Ma lui non rende le cose facili!»

Ginny scrollò le spalle. «E con Astoria sì, a quanto pare.»

Hermione si irrigidì, lo sguardo che tornava istintivamente verso il lago. Astoria si era avvicinata leggermente e ora stava mostrando a Draco qualcosa che aveva tra le mani. Lui le sorrise, un sorriso rilassato, quasi... dolce. Hermione sentì un nodo nello stomaco.

«Non capisco.» mormorò piano, quasi più a sé stessa che a Ginny. «Con lei è diverso. E non so perché mi dia tanto fastidio, ma... lo fa.»

Ginny non rispose subito, limitandosi a guardarla con un’espressione di crescente consapevolezza. Alla fine, si schiarì la gola. «Sai cosa penso, Hermione?»

«Che dovrei lasciar perdere e concentrarmi sul mio studio?» rispose l’amica, con un tono che tradiva il nervosismo.

Ginny scosse la testa, un sorriso furbo le incurvò le labbra. «No. Penso che dovresti andare a interrompere quel momento.»

Hermione spalancò gli occhi, guardandola come se fosse impazzita. «Cosa?! Non posso farlo! E perché dovrei?!»

«Perché altrimenti resterai qui a tormentarti per ore e io non ho intenzione di ascoltare altre lamentele su quanto lui sia insopportabile.» Ginny si alzò, afferrò il libro di Hermione e lo chiuse con decisione. «Vai lì, trova una scusa e scopri cosa sta succedendo.»

Hermione esitò, le mani che giocherellavano nervosamente con il bordo del suo mantello. «Ma... e se pensa che sia strano?»

Ginny scoppiò a ridere. «Hermione, tu sei già strana per lui. Non c’è nulla di nuovo. Ora vai e fai qualcosa prima che Astoria gli racconti per sbaglio della sua infanzia perfetta o gli chieda di scriverle una poesia. Vai!» Con un ultimo sguardo alla sua amica – che sembrava troppo divertita dalla situazione per aiutarla davvero – Hermione si alzò, stringendo i pugni per darsi coraggio. Si avviò lentamente verso il lago, ogni passo la faceva sentire sempre più incerta. Ginny rimase a guardarla da lontano, il sorriso soddisfatto di chi avesse appena creato una situazione molto interessante. «E vediamo cosa succede...» sussurrò a sé stessa.

Hermione si fece strada verso il lago nero, cercando di sembrare sicura di sé mentre il cuore le batteva forte nel petto, cercò di mantenere un’espressione neutra, di non lasciar trasparire nulla di quello che stava provando. Arrivò a pochi passi da loro, il suono delle onde che si infrangevano dolcemente sulla riva contrastava con il silenzio della sua mente. Draco, che sembrava assorto nelle parole della ragazza accanto a lui, alzò lo sguardo appena la vide avvicinarsi. Un sopracciglio si alzò impercettibilmente, il suo sguardo che si faceva più tagliente.

Astoria sorrise cortese, ma non sembrava sorpresa di vederla. «Oh, Hermione.» disse, la sua voce morbida e tranquilla. «Cosa ti porta qui?» La ragazza non sembrava dispiaciuta della sua presenza. Forse, in qualche modo, l'aveva già prevista.

Hermione si sentì un po' più imbarazzata, ma cercò di non darlo a vedere. «Eh, nulla... solo che...» esitò un momento, cercando una scusa che non suonasse troppo strana. «Malfoy mi aveva chiesto di vederci e in questi giorni sono stata un po’ impegnata, quindi l’ho visto e..»

Draco la osservava con attenzione, un piccolo sorriso che gli sfiorava le labbra. «Sì, Granger.» Il suo tono era, come sempre, un po' sprezzante, ma c’era qualcosa di diverso. Forse il fatto che non stava cercando di irritarla, o forse il fatto che non era così ostile come al solito.

«Se siete impegnati vado via.» rispose Hermione, cercando di mantenere la calma. «Semplicemente, sono venuta a fare due passi.» Non riusciva a smettere di guardarlo. I suoi occhi grigio chiaro riflettevano il cielo, quel sorriso appena accennato, seppur per una frazione di secondo, la fece sentire come se tutto fosse più complicato di quanto avrebbe voluto.

Astoria, con una leggera risatina, si alzò dalla roccia su cui era seduta. «Bene, Hermione. Non voglio trattenervi più a lungo. Penso che ci rivedremo più tardi, Draco.»

Hermione annuì, un po' sollevata. «Sì, certo. A presto.» disse, ma prima che si allontanasse, si fermò un attimo a guardare Draco. C'era qualcosa nel suo sguardo che sembrava quasi... curioso, come se stesse aspettando che lei dicesse qualcosa di più.

«C'è qualcosa che vuoi dire?» chiese lui, privo di freddezza che di solito lo contraddistingueva.

Hermione sentì il suo cuore battere forte nel petto. Avrebbe voluto scappare, eppure si avvicinò di qualche passo. «No, niente.» rispose infine, il suo tono più morbido di quanto avesse voluto. «Tu, avevi qualcosa da dire?»

Draco la guardò per un attimo, il suo volto diventando più serio. «Mi stavi evitando, le persone iniziavano a notarlo.» le fece cenno di avvicinarsi. Hermione sospirò, sedendosi al suo fianco. Non al posto di Astoria, al suo fianco. «Mi sembri... più distesa, oggi. Senza troppi impegni.» la sua voce era leggermente ironica. «Il club… di cosa?»

Hermione si sentì un po' in imbarazzo. «Idea di Ginny.» rispose, cercando di sembrare sincera. Tornò a guardare il lago, il sole stava per calare e l’umidità gelava le ossa. Hermione si chiese come avevano fatto Draco ed Astoria a trascorrere tutto quel tempo vicino all’acqua senza gelare e lui sembrò accorgersene, ampliando il raggio del suo incantesimo riscaldante.

«Sei una strega, Hermione. Ricordi?»

Hermione rise, alzando le spalle. «Su questo hai ragione.»

Il silenzio calò. Il paesaggio intorno al lago nero sembrava sospeso nel tempo. Il cielo si tingeva di sfumature calde di arancio e rosa, mentre il sole cominciava a scomparire dietro le colline che circondavano il lago. Le acque nere e tranquille del lago rispecchiavano la vastità del cielo. Le acque inquietanti e misteriose erano calmissime, interrompendo solo quando il vento soffiava leggermente, facendo ondeggiare le foglie degli alberi che spuntavano sulle rive. Le sagome degli alberi riflettevano nelle acque allungandosi e aggrovigliandosi, creando forme che sembravano muoversi da sole. Anche Draco sembrava assorto nella quiete, gli occhi persi nell’orizzonte, il volto accarezzato dalla luce morbida del tramonto che rendeva i suoi lineamenti più morbidi e rilassati, quasi distesi.

L'aria si faceva sempre più fresca, ma l’incantesimo che Draco aveva lanciato li circondava di un calore confortevole, creando una sorta di barriera invisibile contro il freddo. Non c’era fretta tra di loro, nessuna parola era necessaria, come se la tranquillità del paesaggio stesso avesse avuto il potere di parlare per loro. La scena sembrava dipinta con una perfezione che poteva sembrare irreale, come un quadro dove ogni dettaglio si incastrava con il prossimo, creando un senso di serenità che si stava impossessando di Hermione senza che nemmeno se ne accorgesse. Il cielo ormai scuriva, il sole ormai quasi sparito, ma l’atmosfera era di una quiete che rendeva tutto intorno ancora più incantevole. Non c’era fretta di andare via, nessuna pressione di dover fare qualcosa. Solo il dolce e incessante mormorio dell’acqua che scivolava sulla riva e il respiro leggero della natura, che sembrava sospesa come una promessa di un tempo che non sarebbe mai finito. Hermione si voltò verso l’albero doveva aveva lasciato Ginny, non c’era più nessuno e nemmeno le sue cose, sapeva che la sua amica la stava attendendo già nella sua camera.

Un suono improvviso, simile a un "clic" metallico, la fece sobbalzare. Hermione si voltò rapidamente, il cuore che batteva più forte per lo spavento. Dopo poco, il suo sguardo incrociò quello di Draco Malfoy che la guardava con un’espressione rilassata, più di quanto avesse mai visto prima. «È una fotocamera.» disse lui con un tono tranquillo. Con un gesto fluido, si sistemò meglio sul terreno, distendendo le gambe in modo da appoggiarle all'erba. «Vieni.» aggiunse, allargando le braccia in un gesto che sembrava invitante.

Hermione lo fissò per un attimo, confusa, e fece un passo incerto verso di lui. «Come?» chiese, la voce che tremava appena.

Draco ripeté la stessa frase, ma con una calma ancora più marcata, quasi come se non ci fosse nulla di strano in quel gesto. «Vieni qui.» Il suo tono non ammetteva obiezioni, ma non era né rude né autoritario. Era semplicemente… ovvio.

Con un altro passo, Hermione si avvicinò a lui. C’era una sensazione di calore che la avvolgeva quando lui le afferrò delicatamente il braccio, tirandola verso di sé. Non poteva fare a meno di sentire la sua pelle che si incrociava con la sua, come se ogni contatto tra di loro fosse amplificato, ogni sfioramento di pelle la facesse sentire viva in un modo che non riusciva a descrivere. Poi, con un movimento fluido, come se tutto fosse già stato scritto in un copione che lui conosceva a memoria, Draco la fece scivolare verso di sé, facendola sedere sulle sue gambe. Il cuore di Hermione saltò un battito e per un istante la sua mente si svuotò di ogni pensiero. Si adattò lentamente alla posizione, la schiena che si appoggiava contro il suo petto, il suo respiro che diventava un tutt'uno con il suo. Il suo cuore batteva più forte, ogni sensazione amplificata dalla vicinanza, dalla percezione del suo corpo contro il suo. La sua testa si appoggiò delicatamente sulla spalla di Draco, i capelli che sfioravano la sua pelle, e lei percepiva il suo calore, il battito del suo cuore, un respiro che sembrava sincronizzarsi con il suo. Era tutto così vicinissimo, così coinvolgente, che sembrava impossibile non esserne travolti.

Il mantello nero che lo avvolgeva sembrava estendersi, coprendo Hermione completamente, accogliendola in una protezione silenziosa. Era come se il mondo esterno non esistesse più. Non c'era più il lago, non c’erano più le colline, non c’era nulla, se non quel momento condiviso. Una quiete stranamente intima che la fece sentire fragile e forte allo stesso tempo. Hermione chiuse gli occhi per un istante, cercando di respirare. Il suo corpo, intrappolato in quella posizione che sembrava naturale, iniziò a reagire senza che lei potesse fare nulla. Non riusciva a comprendere tutto ciò che stava accadendo in quella frazione di tempo, ma sentiva la sua mente, di solito così razionale, essere travolta da una violenza emotiva che non riusciva a dominare.

Il suo sussurro, quando finalmente parlò, sembrò uscire con fatica dalle sue labbra. «Non ho ancora capito chi è che scatta foto.» disse, tentando di riportare il suo pensiero a qualcosa di più concreto. Draco, però, non sembrava turbato. La sua voce, bassa e pacata, si fece sentire sopra di lei, come un vento che sfiora delicatamente la pelle. «Spero non abbia ripreso me ed Astoria, oppure mia madre impazzirà.»

Hermione sospirò, aprendo gli occhi mentre bloccava ogni altro pensiero. «Mi racconterai mai qualcosa su questo tuo rapporto con quella ragazza?»

Draco rimase in silenzio per secondi interi, mentre altri due “clic” facevano da sfondo sonoro. «Conosco Astoria da sempre, le voglio bene.»

«Quindi è come me ed Harry?» domandò curiosa.

«Pensala così.» e la conversazione era nuovamente terminata. Hermione si morse il labbro, mentre la mano si poggiava sulla schiena del ragazzo per comodità. Il corpo di lui era bollente, era una fonte di calore attiva. Socchiuse gli occhi, decidendo che se non avesse voluto parlare almeno si sarebbe goduta il silenzio. «Cos’è successo con Weasley?» Hermione sbuffò pesantemente, pronta ad attaccare per non rispondere a quella domanda. «Facciamo così, una domanda tu, ed una domanda io.»

Hermione riaprì gli occhi, interessata. «Io e Ron abbiamo discusso perché ti ho sposato, gli ho spiegato le ragioni ma ha minimizzato dicendo che sono in cerca di soldi e mi giustifico dietro al bene comune.» spiegò velocemente. «Mi ha dato della troia, a quanto hai potuto ben udire con le tue orecchie da purosangue.» aggiunse ironica, mentre il corpo dell’uomo sotto di lei si irrigidì completamente. E quello le ricordò… «Cos’è successo tra te e Anthony?»

Malfoy sbattette le palpebre due volte, poi sospirò. «Mi ha sfidato a duello al quarto anno, stava pianificando di diffondere una voce su una persona e a me non stava bene.»

«Perché voleva farlo?» domandò lei, allontanando il viso dal petto per guardarlo. Hermione pensò che quella fosse una mossa sbagliata, perché gli occhi del ragazzo splendevano ancora più chiaramente alla luce della luna, ma mantenne il controllo.

«Una domanda alla volta, Granger.» la richiamò sorridendo, poi pensò alla sua domanda. «Tra te e Potter non è mai successo niente?»

Hermione rise, realmente di cuore. «Sei fissato! No! No! No! No! Mai, nemmeno in un sogno, nemmeno in un incubo!» chiarì prontamente, muovendo la testa in segno di disapprovazione. «Mi sento benevola e ti dirò per filo e per segno gli uomini con cui sono stata: ho baciato Krum, ho baciato Ron, una volta. Fine.» e solo quando terminò, si rese conto dell’errore fatto. Malfoy studiò le sue parole, poi i suoi occhi si mossero veloci su di lei. Una brevissima scintilla li illuminò ed Hermione pensò che volesse prenderla in giro, così anticipò. «Sì, non ho-»

«Voleva diffondere la voce su questa ragazza poiché aveva notato che era lasciata in disparte dal suo gruppo di amici e voleva approfittare nell’essere la sua spalla, quando la notizia si sarebbe diffusa. Sperando di arrivare ad un secondo fine, quindi.» interruppe lui, rispondendo alla sua precedente domanda. Il pollice della mano del ragazzo le massaggiava in maniera costante la schiena, portando Hermione a stendersi nuovamente su di lui. «Era Daphne.»

«Le vuoi bene?» chiese, portandosi poi una mano sulla bocca prontamente. «Non era una domanda!»

Draco scoppiò in una risata genuina, un suono che per Hermione risultò stranamente disarmante. Era la prima volta che lo sentiva ridere in sua compagnia, una risata vera, libera da sarcasmo o cinismo. Il suono aveva una tonalità calda, quasi musicale, che sembrava riecheggiare tra le onde tranquille del lago. Hermione, sorpresa e incuriosita, si voltò leggermente per osservare il suo volto. Le labbra di Draco erano piegate in un sorriso spontaneo, le guance appena arrossate per il divertimento. I suoi occhi, solitamente freddi e distaccati, brillavano di una luce nuova, morbida, come se il peso che portava costantemente sulle spalle si fosse dissolto per un attimo. La risata gli faceva fremere leggermente le spalle sotto il mantello nero, mentre il suo respiro si spezzava in brevi singulti di allegria.

Hermione rimase incantata a guardarlo, il volto illuminato da un'emozione così umana che la disarmò. Non poteva fare a meno di notare come quella risata, così semplice e sincera, gli conferisse un’aria completamente diversa. Sembrava quasi che l’arroganza e il controllo che lo caratterizzavano fossero svaniti. E poi, come a riportarla alla realtà, Draco si calmò. Gli angoli delle sue labbra rimasero incurvati in un sorriso più lieve, mentre riprendeva fiato. «Sì.» disse infine, con voce ancora leggermente incrinata dal divertimento. «Le voglio bene.» Le parole erano semplici, ma Hermione le sentì risuonare nel profondo. «Puoi fare la tua domanda, se vuoi.»

Hermione ci ragionò, aveva molte domande da porre ma non voleva rovinare il clima che si era creato con temi pesanti. Alzò le spalle e lo guardò. «Mi piacerebbe se lo facessimo più spesso.»

Draco la guardò leggermente confuso. «Parlare?»

«Sì, parlare.» rispose seria. «Sei un abile conversatore quando le parole che escono dalla tua bocca non sono “sanguesporco”, “guerra” e “mio padre lo verrà a sapere”.» continuò portando sulle labbra del ragazzo un altro sorriso. «Ah, ecco cosa posso chiederti! Hai comprato o no la tua partecipazione alla squadra?!» chiese curiosa.

Lui alzò gli occhi al cielo fingendosi annoiato. «Sì.» Hermione spalancò la bocca e lo guardò con lo sguardo di chi era pronta a dire “avevo ragione”, ma lui riprese a parlare. «Hai falsificato la scelta tra Weasley e Cormac, oppure no?»

Hermione scatto verso di lui confusa, allontanandosi di poco. «Sì.» rispose sussurrando, e lui alzò il sopracciglio sorridendo.

«Davvero brutto da parte tua, Granger.» scuoteva il capo in segno di disappunto. «Davvero brutto!» aggiunse, pizzicandole il fianco.

«Come lo sai?»

Lui semplicemente alzò le spalle. «Cormac viene da una buona famiglia, non delle ottime certo…. Ma buona famiglia. Ci siamo allenati insieme qualche volta d’estate ed è bravo.»

«Se Anthony è viscido, lui lo è di più.» disse Hermione sbuffando. «Oh, sì. Ho baciato anche lui, ma giuro che non avrei voluto.»

Draco la guardò più seriamente. «In che senso?»

«Beh, mi stava addosso tutto il tempo per il lumaclub! Era diventato impossibile vivere senza averlo dietro.» spiegò lei spostandosi i capelli dal viso, poi riprese sussurrando. «Ad una cena, mentre mangiavamo il gelato, ha leccato il cucchiaio come … capisci? È stato disgustoso, mi ha bloccato dietro le tende della festa e mi ha baciato, praticamente placcandomi. Gli ho dato un calcio nelle parti basse. A volte, lo vedo guardarmi ancora da lontano.»

«Anche adesso?» Hermione annuì. «Credo gli sia arrivata voce che sei sposata.»

Hermione sospirò sconfitta. «Lui non si arrende, è fatto così.» disse, guardando poi il castello. Le luci erano accese e la notte era completamente calata. «Forse dovremmo tornare, inizia a farsi tardi.» disse dispiaciuta.

Draco annuì e si alzò, aiutandola a mettersi in piedi, le poggiò il suo mantello sulle spalle mentre tornavano al castello, poi la accompagnò silenziosamente alla sua torre. «Domani scelgo un altro posto.» disse lui, fermandosi davanti il quadro della Signora Grassa. Hermione annuì, notando ancora studenti in corridoio che li guardavano. Draco si abbassò sul suo viso e le baciò lentamente la guancia, tre volte. Sorrise imbarazzata e ricambiò lei, con un veloce bacio sulla sua guancia in punta di piedi, poi lo salutò con la mano e sparì all’interno del suo dormitorio.

Quando arrivò in camera sua, trovò Ginny già dormendo ma almeno le aveva portato qualcosa da mangiare. Hermione sorrise, poggiandosi la mano sulla guancia, mentre la sua mente le dava della stupida.

“Il problema sono le carezze! Ti faranno impazzire!”

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