Il Rovescio del Destino

Harry Potter - J. K. Rowling
F/M
G
Il Rovescio del Destino
Summary
Al termine della guerra, Hermione Granger ha un conto in sospeso con Draco Malfoy.La risposta che ottiene non è quella sperata, ma la conseguenza della sua visita è inaspettata.
Note
Disclaimer:I personaggi e l'universo narrativo appartengono a J.K. Rowling e agli altri titolari dei diritti di Harry Potter. Questa è un'opera di fanfiction scritta per divertimento e senza alcuno scopo di lucro. Tuttavia, la trama, i dialoghi, le descrizioni e ogni contenuto originale sono di mia proprietà intellettuale.Nota:Non autorizzo la ripubblicazione, la distribuzione o qualsiasi uso non autorizzato di questa storia senza il mio esplicito consenso.
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La finzione dell'impegno

L'aula vuota sembrava più stretta del solito, le pareti di pietra fredde e pesanti come il silenzio che separava Draco ed Hermione. Il ragazzo aveva scelto quel luogo per il loro incontro serale, lontano dagli sguardi indiscreti e dai mormorii incessanti che sembravano seguirli ovunque da quell’episodio in biblioteca. Senza esitazione, Malfoy chiuse la porta dietro di sé con un colpo secco, poi con un rapido movimento della bacchetta silenziò la stanza. Non si voltò subito verso di lei, come se stesse radunando i pensieri o forse il coraggio per affrontare ciò che sarebbe venuto. Quando finalmente si girò, però, la sua espressione era dura e inflessibile, gli occhi grigi scintillanti nella luce fioca delle candele. «Cos’era quella scenata in biblioteca?» La voce rimbombò nello spazio, bassa ma carica di tensione.

Hermione, che fino a quel momento era rimasta immobile, incrociò le braccia al petto, decisa a non farsi sopraffare. «E quello che tu hai fatto, allora?» ribatté con fermezza, senza distogliere lo sguardo dal suo volto.

Lui si avvicinò di un passo, riducendo ulteriormente la distanza tra loro. «Sono nato per fingere di amare mia moglie.» sibilò, la voce impastata di amarezza. Le sue parole si abbatterono su di lei come un colpo secco, ma Hermione non indietreggiò.

Il cuore le batteva forte, eppure mantenne la postura rigida. «E io non sono nata per fingere di essere cieca!» rispose, la voce incrinata da un'emozione che faticava a tenere sotto controllo. Malfoy corrugò la fronte confuso, ma lei riprese a parlare. «Ero venuta per parlarti del Gala, che a quanto pare si svolgerà domani sera! Ne eri a conoscenza, Malfoy?»

Lui sospirò, passando una mano sul suo volto. «No.»

Hermione rise amaramente. «Ovvio, eri impegnato a-»

Draco premette le mani contro il legno del banco, le nocche bianche per la tensione, come se la solidità della superficie fosse l'unica cosa che gli impedisse di perdere il controllo. La sua voce, quando riprese a parlare, era bassa ma carica di emozioni represse. «Per questo ti ho detto di non accettare.» mormorò senza guardarla, il volto chinato verso il pavimento come se pesasse sotto il peso delle sue stesse parole. «Ma tu hai scelto di fare di testa tua.» Una risata breve, vuota e priva di allegria gli sfuggì dalle labbra. «E adesso? Come pensi che sarà tra noi, Hermione?» Il silenzio che seguì sembrava riempire ogni angolo della stanza, soffocante e carico di tensione. Hermione lo fissava, il cuore che batteva in modo irregolare contro il petto. Le sue parole la ferivano, sì, ma c’era anche una verità tagliente in esse che non poteva ignorare. «Io sono cresciuto fingendo di amare le persone accanto a me,» continuò Draco, la voce roca e amara. «E te l’ho dimostrato.» Finalmente alzò lo sguardo su di lei, i suoi occhi grigi intrisi di una vulnerabilità che raramente lasciava trasparire. «Ma tu… tu non ti fai nemmeno toccare.»

Hermione sentì un brivido attraversarle la schiena, un misto di vergogna e ribellione. Il suo corpo sembrava aver sviluppato una memoria autonoma, reagendo involontariamente al suo contatto e non sempre nel modo che avrebbe desiderato. Ma non era solo paura, e lei lo sapeva. Era la consapevolezza di stare sull'orlo di qualcosa che non sapeva come gestire.

Draco oltrepassò il banco che li separava con movimenti lenti ma decisi. Il suono dei suoi passi risuonò nella stanza vuota, facendole accelerare il battito. «Come possiamo fingere di amarci.» continuò, la voce ora un sussurro tagliente. «Se rabbrividisci ogni volta che ti sfioro?»

Hermione si costrinse a mantenere lo sguardo su di lui, anche se sentiva il viso avvampare. Non era rabbia quella che le ardeva dentro, o almeno non solo. Era una confusione devastante, un vortice di emozioni che non riusciva più a controllare. «Io non—» iniziò a dire, ma lui alzò una mano per zittirla.

«Non dire che va tutto bene, perché non è così,» la interruppe. Il suo tono si ammorbidì, ma il suo sguardo rimase severo. «E non fingere che puoi venire qui, fare scenate di gelosia e poi andartene come se nulla fosse successo.» Il dolore e la frustrazione trasparivano chiaramente dalla sua voce. «Devi accettare la realtà di ciò in cui ti sei calata.»

Hermione serrò la mascella, combattendo contro l'istinto di difendersi. «E tu? Cosa accetti, Draco? Hai mai pensato che forse nemmeno io sia abituata a tutto questo? Che forse non sono nata per fingere, per mentire o per giocare con i sentimenti delle persone?»

La stanza sembrava trattenere il respiro con loro. Per un attimo nessuno dei due parlò, l’eco delle loro parole risuonava nell'aria.

Draco scosse lentamente la testa. «Io lo sapevo che non sei nata per fingere, tu hai voluto acconsentire. Ma ora siamo qui, e fingere è l’unico modo per sopravvivere.»

Hermione lo fissò, la mente confusa mentre rifletteva sulle parole che lui aveva appena pronunciato. «Quindi deve starmi bene?» chiese, facendo riferimento alla scena che aveva visto in biblioteca. «Ho vissuto due anni della mia vita passando come l’amante dei ragazzi che avevo frequentato oppure che amavo, non passerò la vita ad essere la moglie tradita.»

Malfoy la guardò corrugando la fronte. «Non ci siamo promessi fedeltà in quel campo.» Hermione sentì il suo respiro farsi più affannoso mentre osservava il volto di Draco, cercando di decifrare le sue parole. La stanza, ormai priva di rumori, sembrava comprimersi attorno a lei. Il battito del suo cuore risuonava nelle orecchie, forte, come se stesse cercando di farsi ascoltare sopra il silenzio che li avvolgeva. Hermione fece un passo indietro, il suo corpo reagì automaticamente. «Domani al Gala mi starai vicino, e dovremmo ballare. Cerca di trovare tranquillità, stanotte. Oppure non andremo da nessuna parte.» e con quello, andò via.

Hermione tornò velocemente al suo dormitorio, nascosta dal mantello dell’invisibilità e trovò fortunatamente Ginny seduta al bordo del suo letto mentre accarezzava Grattastinchi. Gli occhi della rossa saettarono su di lei ed attese che chiudesse la porta per parlare liberamente. «Possibile che senza di me combini solo guai?»

 

 

La mattina successiva le foto della biblioteca erano stampate e fisse sulla prima pagina della gazzetta della scuola, e alla quinta pagina del giornale. La gazzetta del profeta parlava di effusioni d’amore tra il purosangue migliore del mondo e… Hermione. Il fatto che lei avesse salvato il mondo magico e che fosse stata dichiarata da tutti come la strega migliore di quella generazione era passato semplicemente in secondo piano, oscurato dal fatto che era stata abbastanza brava da arpionare a sé l’uomo più desiderato del mondo magico. Aveva riso quando aveva letto, dato che poco meno di due mesi fa, senza di lei, Draco Malfoy era dietro le sbarre di Azkaban ad impazzire, mentre fuori le persone si dividevano tra chi lo dichiarava un traditore e chi sperava che morisse.

Quella notte aveva dormito poi, aveva raccontato tutto a Ginny e adesso la rossa si era dichiarata la sua consigliatrice personale, senza di lei non sarebbe stata presa nessuna decisione o mossa avventata. Nulla sarebbe successo, se la rossa non lo avesse saputo e approvato prima. Hermione aveva convenuto che era fattibile e logico. Per la prima volta, necessitava di qualcuno che le indicasse che strada percorrere.

«Forse ha qualche bisogno che Astoria soddisfa senza fare unitili domande.» le aveva detto Ginny.

«Che tipo di bisogno?» aveva domandando ingenuamente la mora.

La rossa aveva riso per due minuti, contorcendosi sul letto. «Il sesso!»

Hermione aveva convenuto che avrebbe lasciato Astoria occuparsi di quel lato, anche se l’idea la infastidiva. Ma la soluzione qual era? Per lei, non c’era. La sala grande era in preparazione per il gala e la colazione si svolse all’esterno, in giardino. Fortunatamente, le giornate erano ancora tiepide e soleggiate, anche se Hermione si sentì in colpa per gli elfi che avevano dovuto trasportare le portate con la smaterializzazione e non con un semplice incantesimo di scambio. Hermione beveva una tazza di caffè caldo mentre osservava il sole splendere sul lago nero, mentre commentava con Ginny la scelta che avevano avuto di riempire di alberi e fiori le colline spoglie.

«Credo che dovresti venire all’allenamento di domani pomeriggio, Ron non è più così ostile.» disse poi dopo qualche secondo di silenzio, indicando con il capo suo fratello che era circondato da Neville e altri ragazzi, tra cui Anthony Goldstein. «Si è fatto più carino, vero?» sussurrò Ginny, dandole una spintarella con il gomito.

Hermione sbattette le palpebre due volte e guardò la sua amica. «Sei quasi sposata!»

«Ciò non toglie che ho due occhi funzionanti!» la prese in giro, ridendo. Hermione guardò nuovamente il ragazzo interessato, che come chiamato si voltò verso di lei e la salutò con un cenno di capo. Hermione ricambiò poi si voltò verso i fiori nuovamente. «Ha reso il club dei duellanti qualcosa di legale, secondo me dovresti farci un salto.» continuò la rossa, tralasciando la presa in giro palese che Hermione le stava servendo su un piatto d’argento, con le guance rosse di imbarazzo.

«Forse potrei.» acconsentì, godendosi il sole in pieno viso.

 

 

La giornata trascorse velocemente, Hermione quel giorno aveva dovuto seguire solo due lezioni ed aveva il pomeriggio completamente libero. Aveva trascorso maggior parte del tempo seduta in biblioteca, portando a termine già il compito di incantesimi che la preside e professoressa aveva assegnato. Aveva appuntamento con Ginny nella sua camera per prepararsi al gala, e non voleva fare alcun ritardo, ma prima voleva fare un salto in sala grande. Posò i libri che aveva utilizzato e infilò la piuma e le pergamene nella sua borsa, portandola alle sue spalle con un incantesimo di lievitazione. Vide Harry parlare con Ron, non sembrava una conversazione piacevole ma almeno non si stavano urlando contro. Harry le diede un leggero sguardo, ma le fece capire di non avvicinarsi. I due erano al lato opposto della stanza, vicino alla scalinata, proprio dove doveva salire Hermione. Sospirò, decidendo di fare il giro lungo. Andò verso la scalinata inferiore, facendo quindi il giro verso la sala di erbologia.

«Hermione!»

La voce di Neville la fermò, facendola voltare. Il ragazzo era impegnato a mantenere un enorme mandragola ben coperta di terreno, con i paraorecchie e i guanti. «Neville, finalmente ci incontriamo.»

Neville le lasciò un bacio sulla guancia, sorridendo. «Come stai?» domandò sincero, poi il suo sguardo cadde velocemente verso l’anello al dito. «Non sapevo di questa novità finché Luna non mi ha mandato una copia del giornale.» disse, con una leggera espressione confusa in viso. «Non ci hai nemmeno invitato…»

Hermione deglutì, dovendo riflettere bene su quanto dire. «È stata una cosa veloce.» rispose distogliendo lo sguardo dai grandi occhi che la stavano studiando. «Abbiamo preferito poco pubblico, in realtà. C’era sua madre, e due testimoni. Sai… le cose erano complicate in quel periodo.»

Neville annuì. «Solo che non mi immaginavo… cioè, vi odiavate, no?» domandò ancora confuso. Hermione rise leggermente, annuendo. «Ho sempre pensato avesse una cotta per te, era così geloso! Però, da lì a sposarlo… è stato strano. Però sono contento se sei contenta.»

Hermione non indagò ulteriormente, anzi fu contenta che le aveva creduto senza troppi intoppi. «Sì, sono contenta.» disse ovviamente, rigirandosi la fede al dito. «Tu, invece, che mi racconti?»

Neville si sistemò la mandragola sul fianco ed iniziò a parlare con entusiasmo. «Sai che Luna ha iniziato a sentire Rolf Scamander? Ha una conoscenza illimitata di animali fantastici, grazie a Newt! Durante questo periodo estivo ho trascorso molto tempo con Luna, e ci siamo appassionati.» spiegò sorridendo realmente felice, cosa che non faceva da un po’. «Adesso lavoriamo insieme per scoprire possibili utilizzi delle piante e degli animali, speriamo di pubblicare un libro innovativo! La professoressa di erbologia ci aiuta e quindi… ho lavori extra nelle serre!»

«Neville sono davvero contenta, non scordarti di ringraziarmi a fine libro!»

«Oh, Hermione! Per te una pagina intera, senza di te non avrei superato nessuna materia…e pozioni, poi!» disse ridendo, dovendo socchiudere gli occhi quando gli vennero le lacrime. Non seppe se per la risata oppure per i ricordi di loro bambini. «Adesso, però, devo scappare. Se faccio attendere Luna mi inizia a cercare per il castello con delle carte incantate che poi mi scaglia contro. Ci vediamo dopo!» le disse, prima di darle le spalle e iniziare goffamente a correre con la pianta.

Hermione continuò a percorrere il corridoio, passando per il retro del giardino, davanti alla torre dell’orologio. All’interno era dove si teneva il club dei duellanti. Anthony Goldstein era al suo interno, teneva una pergamena tra le mani e camminava avanti ed indietro mentre rifletteva su qualcosa. Hermione si avvicinò incuriosita, pensando anche che poteva utilizzare la porta sul retro della sala per entrare più velocemente all’interno del castello.

Il ragazzo moro, alto più o meno come Harry, si voltò e la notò. «Hermione Granger.» la chiamò sorridendo, allungandole la mano. Hermione camminò verso di lui, pensando che effettivamente non si erano mai propriamente presentati. Lei lo conosceva perché Ginny era uscita qualche volta con lui, senza poi concluderci nulla. «Cosa ti porta qui?»

Hermione non voleva dire che stava evitando di incontrare Ron, quindi alzò le spalle. «Volevo fare un giro più lungo, ma mi sono annoiata. Pensavo di usare la porta sul retro.» disse sorridendo leggermente.

Anthony annuì, ridendo. «Spesso mi succede, quindi sei libera di passare quando voi.» disse, lasciandole passaggio libero. Hermione annuì e riprese a camminare, fino a che lui la richiamò. «Sai, mi manca qualcuno per i duelli avanzati. Se tu volessi partecipare…»

Hermione si voltò, incuriosita. «Che tipo di duelli sono?»

Anthony si mantenne sul vago. «Duelli base, solo che sono divisi in difficoltà. Trovare qualcuno di bravo è complicato…»

Hermione annuì, pensandoci. «Posso fare una prova, perché no.» accontenì, lasciando che Anthony scrivesse il suo nome sulla pergamena. Si poggiò al muro e scrisse il suo nome e cognome. Hermione notò con piacere che il foglio era incantato, il nome veniva scritto in alto e poi la pergamena divideva a seconda di livelli. I ragazzi al livello più basso erano nomi sconosciuti, probabilmente del primo o secondo anno, mentre notò con piacere che al livello difficile c’era qualche nome che riconosceva, la maggior parte serpeverde e corvonero. La pergamena, però, rifiutò il nome di Hermione, cancellandolo.

Anthony fece un sospiro curioso, poi si voltò verso di lei. «Come se non ti riconoscesse negli archivi della scuola.»

Hermione corrugò la fronte, anche abbastanza sorpresa. Ci pensò su qualche minuto, poi annuì. «È Malfoy.»

Anthony la guardò meravigliato, quasi come se non ci credesse. «Dunque è vero.» disse incrociando le braccia al petto, pensando a qualcosa. Hermione annuì, ondeggiando sui suoi talloni imbarazzata. «Avrei dovuto capirlo, sicuramente.» disse alzando gli occhi al cielo mentre rideva, poi tornò a scrivere sulla pergamena mentre sussurrava qualcosa. «Sono stato due giorno in infermeria per-»

«Goldstein.» una voce alla porta, lo fermò dal parlare. Poi, qualcuno camminò sulle pietre fredde ed avvolse una mano intorno al fianco di Hermione. «So che l’hai reso legale.» disse, senza nemmeno guardarla.

Anthony annuì, con leggera riverenza e timore. «Vuoi partecipare?» domandò con accennato tono di sfida.

«Io partecipo.» Hermione si intromise, provando a spezzare quell’imbarazzo che si stava formando nella sala. «Almeno un giro di prova.»

Draco portò finalmente lo sguardo su di lei ed alzò il sopracciglio. Non era d’accordo e glielo si leggeva in viso, la sua presa si strinse e la mascella si contrasse. «Hermione, il serpeverde non pare d’accordo. Vuoi cancellare l’iscrizione?» giocò.

Draco si voltò nuovamente verso il ragazzo ed Hermione in un passo minimo si interpose tra loro due. «Mia moglie sceglie liberamente ciò che vuole o non vuole fare, Goldstein.» scandì bene le sue parole. «Se vuole partecipare, lo farà. E sono anche certo che vincerà. Ora, se vuoi scusarci, abbiamo un Gala da organizzare.» disse, facendo un passo indietro con Hermione al suo fianco. «Forse stasera troverai qualcuna per nascondere il vuoto al tuo fianco.» disse salendo le scale. Hermione lo guardò arrabbiata, non aveva senso metterlo in imbarazzo in quel modo.

«Sei sicuro che non vuoi partecipare, Malfoy? per ricordare un po’ i vecchi tempi.» disse Anthony mentre erano vicino alla porta.

Malfoy rise, voltandosi. «Ho già vinto, Anthony. Non pensi?»

Hermione e Malfoy camminarono lungo il corridoio verso la sala grande in silenzio, lui le teneva la mano dietro la schiena e lei lo sguardo fisso davanti a sé. Arrivarono alla prima porta che li divideva dalla sala ed Hermione si fermò, afferrando la camicia bianca di Malfoy. «Cosa significava quello che hai fatto, adesso?»

Lui alzò le spalle. «Niente. Mia madre ti cercava e ti sono venuto a prendere.» era tranquillo. Hermione si portò una mano alla tempia, provando ad analizzare velocemente le parole dette da Anthony e il significato della loro conversazione. Ma non trovava senso nella sua testa, avrebbe dovuto chiedere a Ginny. «Andiamo?»

Hermione lo seguì per altri due passi. «Come sapevi dov’ero?»

Lui, ovviamente, non rispose. Si limitò a serrare la mascella e a mantenere un’espressione impassibile mentre apriva la grande porta di legno massiccio che conduceva alla Sala Grande. L’eco del suo gesto rimbombò per un istante nel corridoio, seguito solo dal lieve scricchiolio della porta che si chiudeva dietro di loro. La luce delle torce danzava sulle pareti di pietra, creando un contrasto netto con la vivacità che regnava all’interno della sala.

Narcissa Black era già lì, impeccabile come sempre. Si muoveva tra gli addetti ai lavori con una grazia, le sue istruzioni precise e irremovibili. Ogni decorazione, ogni festone, ogni tavolo doveva essere posizionato esattamente come previsto, senza spazio per errori o deviazioni dall'ordine stabilito. I lunghi festoni nei colori delle quattro casate si avvolgevano attorno ai rispettivi tavoli: rosso e oro per Grifondoro, argento e verde per Serpeverde, blu e bronzo per Corvonero, giallo e nero per Tassorosso.

Hermione notò come le tonalità brillanti sembrassero quasi soffocate dall'atmosfera solenne che Narcissa portava con sé, come se anche il colore dovesse sottostare al suo volere. La donna, nonostante la compostezza, aveva un'aria tesa. Gli occhi azzurri taglienti scrutavano ogni minimo dettaglio, e bastava un cenno del capo per far scattare uno degli elfi domestici o un giovane mago incaricato dell’organizzazione.

«Quel fiocco è leggermente fuori asse.» commentò Narcissa con voce bassa ma tagliente, indicando un drappo dorato che pendeva dal soffitto sopra il tavolo di Grifondoro. «Correggilo immediatamente.»

«Sì, signora!» rispose prontamente un ragazzo, sudato e agitato, mentre tentava di rimediare all'errore.

Draco avanzò nella sala senza distogliere lo sguardo, evitando qualsiasi contatto visivo con sua madre. La tensione tra loro era evidente, un filo invisibile che sembrava tendersi ogni volta che si trovavano nello stesso ambiente. Hermione lo seguì con passo deciso, al fianco del ragazzo. Narcissa alzò appena lo sguardo. «Sei finalmente arrivato! Avevi detto di sapere dove fosse…» disse, senza dare troppo peso alle formalità. «Hermione, cara, vieni.»

Draco si limitò a un breve cenno del capo, ignorando il rimprovero implicito. «Le decorazioni stanno procedendo bene?» chiese con tono volutamente neutro, forse per evitare ulteriori confronti.

Narcissa inclinò leggermente la testa, lo sguardo ancora attento a ogni dettaglio. «Procedono come devono. Questa serata deve essere impeccabile, non ci sono margini di errore.»

Hermione si trattenne dal commentare, ma non poté fare a meno di chiedersi quanto di quel perfezionismo fosse realmente per il Gala e quanto fosse per mantenere intatta l’immagine della famiglia Malfoy. Narcissa era abituata a controllare ogni aspetto della sua vita e di quelle intorno a lei, e questa serata non faceva eccezione.

Una voce più giovane interruppe il momento. «Oh, signora Malfoy, il set di cristalli per il tavolo principale è appena arrivato.» Un giovane mago con il volto acceso dall’eccitazione si avvicinò con una scatola magica tra le mani. Narcissa annuì impercettibilmente e fece un cenno al mago per sistemarli al loro posto.

«Ogni dettaglio è essenziale.» mormorò più a sé stessa che agli altri. Poi si voltò verso Draco e Hermione, e per un istante i suoi occhi si posarono su di loro con una valutazione precisa. «Voglio che siate perfetti stasera. Draco ti ha riferito del ballo? E ti ha detto che…» la sua voce continuò a fare domande su domande. Draco mantenne la sua espressione impassibile, ma Hermione sentì un peso aggiungersi alle sue spalle.

«Hermione sa ballare, non preoccuparti.» disse Draco interrompendo la voce di sua madre. Narcissa lo guardò ancora provando a rimproverarlo, poi sospirò e si avvicinò alla ragazza. «Madre.» la richiamò lui, mentre Narcissa afferrava le mani della mora.

«Sei pronta?» domandò interessata. «Ti ha raccontato Draco del contatto-»

«Adesso basta.» interruppe lui, ancora. Narcissa si voltò verso di lui, poi guardò nuovamente il volto confuso di Hermione. «Saremo perfetti.»

Narcissa strinse leggermente la presa delle mani di Hermione, poi si voltò verso di lei completamente. «Il Ministero non crede al vostro matrimonio.» Draco, palesemente, si trattenne dall’urlare contro sua madre. Allargò le braccia esasperato e si allontanò qualche secondo, per poi tornare dalle due donne. «Perché non le dici ciò che ti dico di riferire?!» sussurrò irritata. «Se dovessero scoprire, tu tornerai dietro le sbarre!»

«Io, appunto!» disse trattenendo un tono cauto. «Non tu! Dovrei preoccuparmene io, dunque!»

«Ma tu non sembri preoccupartene, Draco. Anzi, fai di tutto per insinuare dubbi.» disse sua madre, lasciando andare Hermione. «Ti avevo detto di allontanare la ragazzina Greengrass-»

«Lascia stare Astoria.» la sua voce tuonò in un istante e qualcuno si voltò verso di loro. Draco attese che gli operai tornassero ai loro affari, prima di continuare a parlare. «Fino a qualche mese fa adoravi l’idea che la sposassi-»

Narcissa afferrò la camicia di Draco e lo avvicinò a sé. «Come ti permetti di parlare di un’altra donna, ora?» Hermione sbattete le palpebre più volte, confusa. Sentì la stanza girare intorno ai suoi piedi, mentre l’idea che Draco Malfoy si fosse innamorato realmente della sua precedente scelta iniziò ad insinuarmi nella sua testa come un picchio che martellava ogni secondo contro il suo cervello. «Ho sopportato troppo parlarti di quel matrimonio e di quella ragazzina, non pensi figliolo? Non hai mai voluto sposarla, oppure erro?» Narcissa gli si avvicinò tanto che le parole iniziarono a risultare lontane per Hermione, che già si era persa gran parte della frase precedente. «Desideravi un’altra donna, o sbaglio?» lo lasciò andare spingendolo, guardando male qualcuno che stava prestando troppa attenzione a loro. «Non è questo ciò di cui dobbiamo discutere, ora. Dovete essere vicini, complici… vi tengono d’occhio.»

«Ti dico che sarà pronta.» disse lui.

«Sarà?! È stasera, Draco!» ribattette lei, voltandosi verso Hermione. La ragazza era sbiancata, provava ad aggrapparsi al tavolo dietro di lei. «Hermione, ti senti bene?»

Hermione annuì, mentre Draco la afferrava per non farla cadere. «Vieni con me.» disse, iniziando a camminare fuori da quella sala. Hermione si lasciò condurre da Draco senza opporre resistenza, il cuore che batteva furiosamente contro le costole. Ogni passo sembrava amplificare la confusione che le si era annidata nella mente. Le parole di Narcissa risuonavano ancora nelle sue orecchie: il sottile riferimento a un’altra donna, i dubbi sul loro matrimonio, e la gelida determinazione con cui la madre di Draco esigeva una farsa impeccabile per il Gala. Tutto ciò le lasciava un senso di vertigine, come se la realtà attorno a lei fosse improvvisamente scivolata fuori dal suo controllo.

Attraversarono i corridoi silenziosi del castello, illuminati solo da qualche torcia tremolante che gettava ombre lunghe sulle pareti di pietra. Draco camminava davanti a lei con passo deciso, il volto inespressivo, ma Hermione poteva percepire la tensione nel suo portamento rigido, nei pugni stretti lungo i fianchi.

Quando finalmente si fermarono in una sala laterale vuota, Hermione inspirò profondamente cercando di calmare il tumulto interno. «Cosa voleva dire tua madre? Di chi stava parlando?» disse, la voce incerta.

Lui chiuse la porta dietro di loro con uno scatto secco prima di voltarsi a guardarla. «Non è importante.» La sua risposta fu brusca, come se volesse mettere subito fine a quella conversazione. Ma Hermione non era disposta a lasciar correre.

«Non è importante?» ribatté, il tono tagliente. «Tu pensi che io possa semplicemente ignorare tutto questo? Ti comporti come se il nostro matrimonio fosse un patto che posso accettare senza fare domande. Ma io ho bisogno di sapere la verità, Draco.»

Lui la fissò per un momento, i suoi occhi grigi freddi come il marmo, ma sotto la superficie c’era un’ombra di frustrazione, forse anche di vulnerabilità. «La verità…» mormorò lentamente. «È che nulla di ciò che stiamo vivendo ora avrebbe mai dovuto accadere. Non per me. Non per te.»

Hermione sentì una stretta al petto. «Ma siamo qui, per liberarti da Azkaban.»

Draco si avvicinò di un passo, il volto serio. «Perché a volte il dovere schiaccia ogni altra scelta.» Fece una pausa, il suo sguardo cercando il suo. «Il ministero ci osserva, pensa che sia costretta. Cosa vera, ma chi lo dice a loro che mi hai immischiato tu in questa situazione e non il contrario?» Le sue parole, per quanto crude, avevano un fondo di sincerità che Hermione non poté ignorare.

Respirò a fondo, cercando di liberare la mente dalla confusione. «Quindi cosa dobbiamo fare?»

Poi si voltò verso Hermione, chiudendo la distanza tra loro in un solo, deciso movimento. Le sue mani si mossero con sicurezza, una a sfiorarle la schiena mentre l’altra trovava posto sulla sua guancia. Il contatto era allo stesso tempo delicato e risoluto, un contrasto che confondeva e disorientava Hermione. L’istinto le suggeriva di allontanarlo, di difendere quello spazio che da sempre proteggeva con tenacia. Ma il suo corpo, per qualche motivo che sfuggiva alla sua logica, sembrava rifiutare l’idea. Si trovava a combattere con la voglia naturale di posare le mani sul suo petto e spingerlo via, mentre un altro lato di sé, più silenzioso e nascosto, la tratteneva.

Era una dinamica che aveva già vissuto. Ron, Viktor… tutti gli uomini con cui aveva condiviso qualcosa avevano usato lo stesso approccio nei momenti di confusione: interrompere il suo flusso inarrestabile di parole e pensieri con un gesto, una presa, un bacio improvviso che mettesse fine a qualsiasi discussione. Ma questo momento con Draco era diverso. Non c’era brutalità nel suo tocco, nessuna urgenza disperata. Solo una strana calma, una delicatezza che Hermione non avrebbe mai associato a lui. La sua mano le accarezzava la guancia come se volesse imprimere quel contatto nella memoria, non solo nel corpo. Quando Draco abbassò la fronte fino a sfiorare la sua, si fermò. Sembrava esitante, combattuto sul da farsi, e per un attimo Hermione pensò che si sarebbe tirato indietro. I loro respiri si mescolarono nell’aria silenziosa, una frazione di secondo che si allungava interminabile.

Hermione inspirò a fondo, cercando stabilità nel caos delle emozioni. Il suo cuore batteva contro il petto con una forza che sembrava riecheggiare nel silenzio della stanza. «La ami?» chiese a voce bassa, ma decisa. Le mani di Hermione, posate sul centro del petto di Draco, avvertirono il battito accelerato del suo cuore. Fu un dettaglio che non poté ignorare, un segnale che avrebbe potuto strapparle un sorriso se la situazione non fosse stata così delicata. Draco Malfoy aveva un cuore, e ora batteva tanto forte quanto il suo.

«Cosa?» chiese lui, il tono basso e carico di sorpresa genuina.

Hermione non distolse lo sguardo. «Voglio sapere se la ami.» ripeté, la voce ferma nonostante il nodo che le si era formato in gola. Vedere l’incertezza negli occhi di Draco le diede il coraggio di andare fino in fondo. «Astoria.»

Per un istante sembrò che persino le mura fredde della stanza avessero trattenuto il fiato con loro, sospese nell’incertezza di quelle parole in bilico tra rivelazione e difesa. Hermione percepiva la tensione nell’aria come se potesse toccarla, un filo invisibile che la legava a Draco e al significato di ciò che stava per dire.

«No, ovvio che no.» La risposta di Draco arrivò rapida, ma non frettolosa, come se l’avesse già formulata prima ancora che lei ponesse la domanda. C’era una sincerità palpabile nella sua voce, e Hermione la percepì chiaramente. Non era abituata a sentirlo parlare con quel tono diretto, privo di sotterfugi. «Siamo amici da sempre e… Astoria è una ragazza fragile, la proteggo.»

Hermione deglutì, lasciando che le sue parole si sedimentassero. Nella sua mente si formava un’immagine chiara di quella ragazza delicata, ben diversa dall’idea che aveva sempre avuto di una possibile rivale. «Le vuoi bene.» disse infine, la frase non suonava come una domanda ma come una conclusione inevitabile.

«Sì.» confermò Draco, annuendo con lentezza, pensieroso.

Il silenzio tra loro si riempì del ritmo misurato dei loro respiri. Hermione si ritrovò a osservare distrattamente il resto della stanza, come se il concentrarsi su qualcosa di tangibile potesse aiutarla a mettere ordine nei pensieri turbolenti che si agitavano nella sua mente. ‘Ginny vorrà sapere tutto’ pensò con un filo di ironia. Ogni dettaglio sarebbe stato soppesato e analizzato come parte di una strategia per comprendere meglio quella situazione assurda in cui si trovava immersa.

Eppure, nonostante i suoi tentativi di spostare l’attenzione altrove, la presenza di Draco non le dava tregua. Il suo respiro sfiorava ancora la sua pelle, calmo ma costante. Sentiva il calore del suo corpo troppo vicino al suo, una vicinanza che la faceva vacillare più di quanto volesse ammettere. Con un lieve movimento, fece un passo indietro, cercando di ristabilire le distanze. «Che problema hai con Anthony?» chiese, il tono più controllato di quanto si sentisse.

Ma Draco non le concesse quella fuga. In un gesto rapido ma non brusco, la attirò nuovamente a sé, una mano stretta attorno al suo polso, l’altra salda sulla sua vita. La forza del gesto non era minacciosa, ma risoluta, come se volesse impedirle di allontanarsi da una verità che entrambi stavano ancora imparando a comprendere. Hermione si ritrovò nuovamente intrappolata nel suo sguardo, un misto di sfida e qualcosa di più profondo che non riusciva a decifrare. «Cose passate.» disse Draco, la voce bassa e quasi roca, come se ogni parola gli costasse fatica.

Hermione cercò di recuperare il controllo della situazione, ma il contatto tra loro le faceva perdere lucidità. Sentiva il peso del momento gravare su di lei, ma al tempo stesso avvertiva la spinta a sfidarlo. Draco era vicino, troppo vicino per i suoi confini abituali, eppure lei non trovava la forza di respingerlo come avrebbe dovuto. Hermione non era il tipo da accontentarsi di risposte evasive. Sollevò il mento, mantenendo il contatto visivo con determinazione. «Non sei uno che si ferma al passato, Malfoy. Se fosse solo quello, non avresti reagito così.»

Draco rimase in silenzio per un lungo momento, i suoi occhi grigi studiavano il volto di lei con intensità. «Non posso permettermi errori con Anthony.» disse infine, la voce calma ma piena di significati nascosti. «Lui è fisico ed io perdo il controllo, non posso battermi ancora.»

Hermione corrugò la fronte. «In che senso?»

Draco scosse la testa, il tono più duro. «Sono cose passate, Granger. Basta adesso.»

Hermione si irrigidì leggermente e sospirò, sgusciando via dal calore delle sue braccia. «Dunque, pensiamo al Gala.» disse ponendo la loro solita distanza tra i loro corpi. «Sorridiamo e recitiamo parte perfetta.» disse lei con un tono ironico.

«No.» rispose Draco, sorprendendola. «Voglio solo che sia credibile. Che non sembri tutto... forzato.»

Hermione lo fissò, valutando le sue parole. «E cosa pensi che debba fare per sembrare credibile?»

Il suo sguardo la trapassò, come se stesse cercando qualcosa oltre la superficie delle sue parole. «Non fingere con me.» disse infine. «Quello è già abbastanza.»

Hermione sentì il battito accelerare, ma mantenne la calma apparente. «E se la verità non bastasse?»

Draco fece scivolare la mano dal suo polso, lasciandola libera ma non distante. «Basterà, Granger. Basta che ci crediamo noi.»

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