Il Rovescio del Destino

Harry Potter - J. K. Rowling
F/M
G
Il Rovescio del Destino
Summary
Al termine della guerra, Hermione Granger ha un conto in sospeso con Draco Malfoy.La risposta che ottiene non è quella sperata, ma la conseguenza della sua visita è inaspettata.
Note
Disclaimer:I personaggi e l'universo narrativo appartengono a J.K. Rowling e agli altri titolari dei diritti di Harry Potter. Questa è un'opera di fanfiction scritta per divertimento e senza alcuno scopo di lucro. Tuttavia, la trama, i dialoghi, le descrizioni e ogni contenuto originale sono di mia proprietà intellettuale.Nota:Non autorizzo la ripubblicazione, la distribuzione o qualsiasi uso non autorizzato di questa storia senza il mio esplicito consenso.
All Chapters Forward

Le domande scomode

Le luci tremolanti delle candele illuminate fluttuavano sopra il tavolo lungo della cucina di Grimmauld Place. Il profumo speziato del curry preparato da Kreacher riempiva l’aria, mischiandosi al crepitio sommesso del fuoco nel camino. Hermione sedeva accanto a Ginny, cercando di non incrociare troppo lo sguardo di Ron, che da quando era entrato non aveva smesso di scrutarla con un’espressione che oscillava tra il disappunto e il silenzioso rimprovero. Harry, sempre sensibile alle tensioni tra i suoi amici, cercava di mantenere l’atmosfera leggera, anche se la situazione era ben lontana dal definirsi serena.

«Kreacher ha decisamente superato sé stesso, eh?» disse Harry con un sorriso forzato, indicando le pietanze fumanti.

Ginny annuì con entusiasmo, cercando di dare manforte al marito. «Davvero, è diventato un cuoco spettacolare!»

Hermione abbozzò un sorriso educato, ma la tensione che gravava sul tavolo sembrava impenetrabile. Ron, accigliato, infilzava distrattamente un pezzo di pollo con la forchetta, evitando di parlare. Alla fine, però, non riuscì a trattenersi. «Quindi, Hermione.» esordì con una freddezza malcelata. «Stavi dicendo che Malfoy ti ha comprato una biblioteca?»

Ginny sussultò leggermente, lanciando un’occhiata di avvertimento a suo fratello. Harry sospirò, scuotendo la testa. «Ron, possiamo almeno provare a non parlare di Malfoy durante una cena tranquilla?»

Ron ignorò il commento, i suoi occhi fissi su Hermione. Lei, mantenendo la calma con uno sforzo notevole, posò delicatamente la forchetta sul piatto. «Non l’ha comprata per me, Ron. È stato un gesto... complicato. Ma non è questo il punto.»

«Oh, giusto. Perché sposare uno come Malfoy deve essere semplice e privo di complicazioni.» La sua voce era intrisa di sarcasmo. «Non capisco perché te ne stia lì a giustificarlo come se fosse un eroe.»

«Non lo sto giustificando.» Hermione mantenne il tono pacato, ma il bagliore nei suoi occhi tradiva la sua determinazione. «Sto cercando di trovare un equilibrio tra ciò che è necessario e ciò che è giusto. Non devi essere d'accordo, ma almeno cerca di rispettare le mie scelte.»

Ron si appoggiò allo schienale della sedia, incrociando le braccia sul petto. «Rispettare che hai deciso di legarti per sempre a uno che ci ha trattato come spazzatura? Davvero, Hermione? Non riesco proprio a capirlo.»

Ginny intervenne, con il tono deciso. «Ron, è evidente che non è stata una decisione facile per Hermione. E onestamente, non spetta a noi giudicarla.»

Harry annuì. «E poi, chi meglio di noi sa quanto la vita non sia sempre in bianco e nero?»

Ron serrò la mascella, ma il colore che gli arrossava le orecchie suggeriva che stesse lottando con le proprie emozioni. «Non è solo questione di bianco e nero.» mormorò. «È questione di fiducia.»

Hermione si sporse leggermente in avanti. «So cosa sto facendo, Ron. E se pensi che io abbia fatto tutto questo senza pensarci mille volte, ti sbagli di grosso.»

Ron scosse il capo e giocò con il cibo nel suo piatto e rimase in silenzio proseguendo la cena senza aggiungere nient’altro. Ginny, fortunatamente, tornò a parlare riguardo le possibilità che la scuola dava per essere messi in mostra per le squadre di Quidditch, sembrava davvero contenta mentre ne parlava, anche se si ritrovava il dubbio riguardo il cercatore. Harry, dovendo seguire i corsi di preparazione per gli Auror, non avrebbe potuto dividersi anche con il Quidditch, e su Ginny ricadeva la scelta della nuova squadra. Anche se il discorso non coinvolse per niente Hermione, era felice di sentirli parlare senza preoccupazioni. Ron anche, sfortunatamente, prese parte con qualche assenso del capo e nient’altro.

«Ho pensato di prendere qualche lezione di ballo.» esordì poi Harry. «Il ballo ad ogni Gala è stato al limite dell’imbarazzante ed ho letto articoli su di me che… beh, voglio imparare. Ecco.»

Ginny rise. «Non mi vedrai mai ballare il valzer, Potter.»

«E al nostro matrimonio cosa balleremo?» sembrava realmente preoccupato. «Non voglio un altro articolo di Rita sui miei piedi storti, anche il giorno del mio matrimonio!»

Ron sembrò risvegliarsi dai suoi pensieri per un istante. «Hermione può sempre denunciarla come animagus.» disse portando una risata sulle labbra di tutti.

«Impareremo!» si impose Harry dopo, allungando la mano alla sua promessa sposa. Ginny sospirò, però sorrise ed acconsentì.

«Avevo pensato di organizzare un ballo a scuola, per una raccolta di fondi.» informò poi Hermione, riprendendo voce. «Alcune aule non verranno ristrutturate, anche se la maggior parte delle famiglie sta pagando per la ricostruzione. Sono sicura che la proposta di ampliamento delle aule e del numero dei professori possa interessare a molti.»

Ginny annuì interessata. «Potrebbero mettere finalmente qualche corso avanzato per il volo, qualcosa di più mirato.»

Hermione annuì. «Io e Narcissa ne avevamo discusso e credo che potrebbe essere una buona idea.»

Ron lasciò uno sguardo su entrambe le donne, poi alzò lo sguardo e fronteggiò nuovamente Hermione. «Sei interessata ai suoi soldi.» La tensione si fece tagliente come una lama quando Ron lanciò la sua accusa, colpendola senza alcun preavviso. Il tintinnio delle posate contro i piatti si interruppe bruscamente, lasciando un silenzio denso di sconcerto nella stanza. Ginny spalancò gli occhi, incredula, mentre Harry restò immobile, la forchetta a mezz’aria, incapace di credere a ciò che aveva appena sentito.

Hermione si irrigidì, lo shock evidente sul volto pallido. «Ron...» balbettò, la voce incrinata. «Non posso credere che tu stia dicendo una cosa del genere.»

«Oh, certo che lo sto dicendo!» replicò Ron con rabbia, alzandosi di scatto dal tavolo. Il tovagliolo di stoffa volò via dalle sue mani, atterrando sul pavimento. «Prima hai provato con Harry, poi con Krum, poi con me, e adesso vai direttamente al vertice della piramide con Malfoy! Non era questo il piano, Hermione?»

«Basta!» esclamò Ginny, la voce risuonante nel silenzio opprimente. «Ron, che diavolo ti prende?»

Ma Ron era inarrestabile, il viso paonazzo e gli occhi carichi di accuse. «Sai una cosa, Ginny? Forse Rita Skeeter non scriveva solo stronzate quando l’ha chiamata cercatrice d’oro. Prima era Harry, poi Viktor... e ora Malfoy, con tutti i suoi dannati soldi!»

Hermione si alzò lentamente, le mani tremanti mentre serrava i pugni per mantenere la calma. «Come osi insinuare una cosa del genere? Credo tu mi conosca meglio di così.» provò a farlo ragionare, alzandosi anche lei. «Seguendo questa logica, poi, non avrei mai dovuto essere interessata a te!»

«No, Hermione, forse non ti conosco affatto.» Ron si passò una mano tra i capelli, esasperato. «E magari quella volta nella foresta era tutto vero! Hai dormito con lui, vero?»

Un silenzio gelido calò sulla stanza. Harry si alzò lentamente, la mascella tesa. «Ron, fermati.» Il tono era calmo ma carico di avvertimento.

«No, Harry, non star zitto!» sbottò Ron, puntando il dito verso di lui. «Eravamo via insieme, eravamo una squadra. E poi ho trovato voi due soli, troppo vicini per i miei gusti. Quindi dimmi, Hermione, l'hai fatto? Hai tradito tutto e tutti per metterti con Malfoy ora?»

Hermione era pallida, ma gli occhi ardevano di una furia trattenuta. «Non ti permetto di parlare così. Non ti permetto!» La sua voce si spezzò leggermente, ma il significato rimase chiaro e inequivocabile. «Ho sacrificato ogni cosa per la nostra causa. Per te, per Harry, per il mondo intero! Non osare insinuare che io abbia agito per denaro o potere.»

«E allora perché lui? Perché sposare Draco Malfoy?» chiese Ron, quasi implorante, la rabbia mescolata alla frustrazione. «Di tutti i maghi del mondo, proprio lui?»

Hermione inspirò profondamente, cercando di calmarsi. «Perché era necessario.» Le parole erano pesanti ma decise. «Non lo faccio per amore, non lo faccio per me stessa. Lo faccio perché so che è la scelta giusta per garantire stabilità al nostro mondo, per proteggere persone che non possono difendersi.»

«Oh, certo, sempre la martire.» sbottò Ron con sarcasmo, ma Ginny lo interruppe, la sua pazienza esaurita.

«Ron, smettila!» gridò la ragazza, il viso arrossato per la rabbia. «Non puoi parlare così a Hermione. Non dopo tutto quello che ha fatto per noi.»

Harry si fece avanti, posando una mano sulla spalla del suo amico. «Ti stai lasciando accecare dalla rabbia. So che è difficile accettare tutto questo, ma attaccare Hermione non risolverà niente.»

Ron sembrò esitare per un momento, poi si scostò bruscamente, scuotendo la testa. «Non posso accettarlo, Harry. Non questa volta.» Guardò Hermione un'ultima volta, il dolore evidente negli occhi. «Spero davvero che tu sappia cosa stai facendo. Io non sarò qui a vedere questa scenata.» Senza aspettare risposta, si voltò e uscì dalla stanza, lasciando dietro di sé un silenzio carico di tensione e rimpianto. Ginny chiuse gli occhi per un attimo, mentre Harry sospirava pesantemente.

Hermione rimase immobile, la mascella serrata, ma dentro di lei il dolore e la delusione bruciavano come una ferita aperta. «Non importa» disse infine con un filo di voce. «Se questo è ciò che serve per fare la cosa giusta... andrò avanti comunque.»

«Hermione, quello che ha detto-» provò Ginny.

«Quello che ha detto, ha detto. Fine della questione. Non voglio parlare più con lui, quindi prendete la vostra scelta.» Hermione si sedette, ponendo i suoi migliori amici davanti alla scelta di seguire Ron, oppure rimanere con lei. Ginny guardò la porta sospirando. «Resterò la moglie di Malfoy, in ogni caso.» chiarì, pronta a perdere la sua migliore amica.

Harry scosse il capo e si sedette, portando una mano sulla spalla della sua migliore amica. «Ron è istintivo e sappiamo com’è fatto, forse cambierà idea. Ma io sarò qui.» disse chiaramente, portando lo sguardo su Ginny. «Non mi aspetto tu faccia lo stesso, ma sappi che questa è la mia posizione.»

Ginny guardò entrambi, poi si sedette anche lei. «Ron è un coglione.» affermò a voce alta, poi mentre Hermione era pronta a dire qualcosa, lei anticipò. «So che non siete andati a letto insieme.» Infine, Ginny cercò di stemperare la situazione. «Beh, qualcuno vuole del dolce? Kreacher ha preparato una torta al cioccolato incredibile.»

Hermione sorrise debolmente. «Grazie, Ginny. Suona perfetto.»

 

 

L'aria era pungente quella mattina sul binario nove e tre quarti. L’autunno londinese portava con sé il profumo umido delle foglie secche, mescolato al familiare odore di ferro delle rotaie. Il vapore bianco del treno serpeggiava tra i binari, avvolgendo studenti e genitori in un abbraccio ovattato mentre valigie traboccanti venivano caricate sugli scompartimenti. Hermione stava ferma accanto al bagaglio, il cuore appesantito da un misto di emozioni contrastanti. Tornare a Hogwarts, il luogo che era stato rifugio e casa per tanti anni, ora sembrava diverso. Più freddo, più distante. Persino i colori del treno sembravano meno vibranti sotto il cielo grigio, o forse era solo la sua percezione ad essere mutata dopo tutto quello che era accaduto.

Ginny le si avvicinò, prendendola per il braccio con un sorriso incoraggiante. «Andrà tutto bene.» le sussurrò. «Un passo alla volta.»

Hermione annuì, anche se una parte di lei si chiedeva se Ron avesse deciso di non venire apposta per evitarla. L'assenza del suo amico era palpabile, come uno spazio vuoto che nessuna risata o battuta avrebbe potuto riempire. Era stato difficile ignorare il peso delle sue parole durante la cena a Grimmauld Place, e anche se il tempo aveva placato la sua furia iniziale, il dolore persisteva. Quando salì sul treno, Hermione si guardò intorno con un senso di spaesamento. Le cabine erano animate dal chiacchiericcio degli studenti che si preparavano a ritrovare amici e compagni. Alcuni la salutavano con calore, altri la osservavano con curiosità o mormoravano tra loro. Non era una sorpresa: il matrimonio imminente con Draco Malfoy l’aveva già trasformata in un argomento di discussione nel mondo magico.

Nel loro scompartimento, Ginny si sedette accanto al finestrino mentre Harry sistemava i bagagli sulla cappelliera. Hermione si sistemò lentamente sul sedile, le mani che giocherellavano nervosamente con l'orlo del maglione. La cabina sembrava troppo vuota senza Ron. Le loro risate, le discussioni, persino le battute sarcastiche di un tempo sembravano echi lontani in quel silenzio insolito.

«Ti manca anche a te, vero?» chiese Ginny piano, rompendo la tensione.

Hermione esitò un momento prima di rispondere. «Sì.» ammise con un filo di voce. «Ma le cose cambiano, e dobbiamo accettarlo.»

Harry si voltò verso di loro con uno sguardo determinato. «Ron tornerà in sé. Ha bisogno di tempo, ma alla fine capirà. È sempre stato così.»

Nonostante il conforto delle sue parole, Hermione sapeva che alcune ferite richiedevano più del semplice scorrere del tempo per guarire. Mentre il treno lasciava la stazione, la campagna inglese iniziò a scorrere veloce oltre il finestrino, con i campi che sfumavano in macchie verdi e dorate sotto il cielo plumbeo. Hermione si ritrovò persa nei ricordi: la prima volta che aveva preso quel treno, con la sua frenesia di apprendere tutto sul mondo magico; le risate condivise con Harry e Ron durante le loro avventure giovanili; le paure e le lotte contro Voldemort che avevano segnato i loro anni. Ma ora non c'erano più solo ricordi passati a tenerle compagnia. C'era anche l’incertezza del futuro: un matrimonio politico con Draco Malfoy, le pressioni del mondo magico per la ricostruzione e il bisogno costante di dimostrarsi forte anche quando avrebbe voluto semplicemente cedere.

«Non sei sola, Hermione.» La voce ferma di Ginny la riportò alla realtà. Hermione le sorrise debolmente, grata per la lealtà dell’amica. Distolse lo sguardo dal finestrino, dove la campagna continuava a sfrecciare, avvolta da toni grigi e dorati. Era vero, aveva Harry e Ginny al suo fianco, ma non poteva negare che c'era una parte di sé che si sentiva inesorabilmente isolata. Il pensiero di Draco le balenò nella mente. Doveva cercarlo? Vedere come stava? Capire come si stava muovendo in quel mondo di tensioni e aspettative? Nonostante il loro legame fosse una necessità politica più che una scelta personale, il loro destino ormai era intrecciato. Ignorarlo sarebbe stato solo un'illusione temporanea. Ginny la osservò attentamente, come se potesse leggerle nella mente. «Lo stai pensando, vero?» chiese con un sorriso gentile. Hermione sospirò, lasciando che la testa le cadesse leggermente all'indietro contro il sedile. «Anche mia madre gli ha parlato, tornerà sui suoi passi.»

Hermione, allora, si voltò confusa. «Stavo pensando a Draco.» ammise e Ginny la guardò sorpresa, ma la invitò a continuare a parlare. «Non so se sia la cosa giusta da fare.» ammise. «Tutto questo è già complicato abbastanza. E se andare da lui non facesse che peggiorare la situazione?»

Harry intervenne, la voce calma e rassicurante. «Non peggiorerà niente. Se vuoi parlarci, fallo. Siete entrambi coinvolti in questo, ed è meglio affrontarlo insieme che girarci intorno.»

Ginny annuì. «Non devi farlo da sola. E se qualcuno ha qualcosa da ridire, che venga da me.» Le sue parole erano risolute, accompagnate da uno sguardo determinato.

Hermione si lasciò sfuggire un sorriso più genuino. «Grazie, ma questa parte devo affrontarla io. Anche se non so cosa aspettarmi...»

Ginny le diede una leggera pacca sulla spalla. «E allora fallo con la testa alta, come fai sempre.»

Hermione inspirò profondamente. «Andrò.»

Mentre il treno rallentava avvicinandosi alla fermata, Hermione si preparò mentalmente. Una volta arrivata a destinazione, i rumori del binario la investirono, accompagnati dall'eco familiare delle voci degli studenti che si riunivano in gruppi. Il castello si stagliava in lontananza, ma lei non vi posò lo sguardo troppo a lungo. Si era ripromessa di trovare Draco, e nulla l’avrebbe fermata. Lo scorse infine, sotto un arco di pietra vicino ai vagoni di carico. Le mani infilate nelle tasche, l’espressione imperturbabile che sembrava ormai la sua armatura contro il mondo. Ma non era solo. Una figura snella e dai lunghi capelli castani era accanto a lui: Astoria Greengrass. La ragazza rideva a bassa voce, il viso rivolto verso Draco con una confidenza che fece stringere il petto a Hermione. C'era una leggerezza naturale tra loro che Hermione non riusciva a ignorare, un contrasto stridente con il loro legame forzato.

Per un istante, rimase immobile, combattuta tra il desiderio di andarsene e quello di interrompere quel momento. Draco alzò lo sguardo e la vide. Astoria seguì il suo sguardo e il sorriso le si affievolì, anche se non si allontanò di un passo. Hermione avanzò, sentendo ogni passo risuonare nel proprio petto come un martellante promemoria della complessità di quella situazione. Il sorriso di Astoria si era dissolto del tutto, lasciando il posto a una neutralità calcolata mentre si voltava leggermente verso Draco, come a volerlo proteggere o reclamare la propria vicinanza. «Granger.» salutò Astoria con una voce tranquilla, ma c'era un sottile filo di condiscendenza nel tono che Hermione non poté ignorare. Le sarebbe piaciuto correggerla, era Malfoy, ma non le sembrò il caso.

Draco si limitò a un cenno del capo, mantenendo le mani infilate nelle tasche del mantello. «Hermione.» L'uso del suo nome di battesimo invece del solito cognome rigido attirò l'attenzione di Astoria, che alzò un sopracciglio impercettibilmente. Hermione colse il cambiamento ma decise di ignorarlo. Non era lì per Astoria. Era lì per Draco, per stabilire un terreno comune su cui entrambi potessero muoversi.

«Volevo solo parlare con te un momento.» iniziò, la voce più ferma di quanto si aspettasse.

Astoria fece un passo indietro con grazia studiata. «Non voglio interferire.» La sua voce era zuccherina ma carica di sottintesi. «Noi ci vediamo più tardi, Draco?»

Draco le rivolse uno sguardo che sembrava voler essere neutro ma finì per risultare vagamente infastidito. «Vedremo.» Quando Astoria si allontanò, Hermione provò un senso di sollievo misto a tensione, come se l'aria stessa fosse cambiata con la sua partenza. Draco fece un passo verso di lei, i lineamenti ora più distesi ma ancora riservati. «Non pensavo che saresti venuta a cercarmi così presto.»

Hermione incrociò le braccia sul petto, mantenendo un certo distacco. «Abbiamo molto di cui discutere. Ho bisogno di sapere dove ci troviamo... e cosa aspettarmi da questa situazione.»

Draco la fissò per un lungo momento, poi annuì lentamente. «Lo capisco. Anche io sto cercando di capire come muovermi in tutto questo.»

«Non sembra difficile per te.» osservò lei con una nota di amara ironia, riferendosi alla presenza di Astoria.

Lui sospirò, passando una mano tra i capelli. «Astoria è solo una vecchia conoscenza. Non complicarti le cose più del necessario.»

«Non sono io a complicarle, Malfoy.» ribatté Hermione, lasciando che l'antica abitudine di chiamarlo per cognome riaffiorasse. «Sono già abbastanza complicate da sole.»

Per un attimo sembrò che entrambi fossero pronti a ricadere nei vecchi ruoli di antagonisti, ma poi Draco fece qualcosa di inaspettato: abbassò la guardia. «Hai ragione.» Il tono era sincero. «Non ho mai voluto coinvolgerti in questa follia, ma hai insistito e siamo qui.»

«L’ho fatto per-»

Lui la interruppe. «Sì, lo so.» afferrò la valigia della ragazza e le portò una mano sulla schiena. «Andiamo?»

Hermione esitò, poi annuì. «Ce la fai?» domandò a voce più bassa, ricordando quanto era debole in carcere e subito dopo. Malfoy annuì sicuro.

«Sì.» Draco la fissò con un'intensità che la sorprese, mentre era ancora preoccupata. «Ho mangiato a casa di Blaise. Molto, anche.» aggiunse sentendo un leggerissimo velo di ironia nella voce.

«Perché sei andato lì?» chiese lei, mentre posava le loro valigie insieme. Erano il centro di ogni chiacchiera intorno a loro, forse anche per quello lui non si allontanava mai e la teneva per il fianco. «Volevo parlarti dopo Hogsmade, ma sei stato irraggiungibile.»

«Dovevo sistemarmi.» disse semplicemente, serrando la mascella quando Hermione strinse il pugno e lo guardò con aria di rimprovero, pronta a dire qualcosa. «Vuoi continuare a domandare ancora, Granger? Mi sono ripreso, dovevo stare da solo e connettermi con la natura. Questa stronzata ti zittisce o ti serve altro?»

Hermione deglutì quando vide due ragazzine camminare troppo vicino, così diede loro le spalle portandosi davanti all’uomo. «Non voglio che sparisci.»

Lui scosse il capo alzando il labbro come se volesse ridere. «Ti preoccupi per me, moglie?»

«Sì.» e la sentì vera. La guardò, poi la carrozza per portarli al castello interruppe il loro scambio di sguardi. Draco la aiutò a salire, fortunatamente c’erano solo Blaise e Theo e nessuno avrebbe detto una singola parola in merito. Silenziosamente, arrivarono di nuovo ad Hogwarts.

Forward
Sign in to leave a review.