Il Rovescio del Destino

Harry Potter - J. K. Rowling
F/M
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Il Rovescio del Destino
Summary
Al termine della guerra, Hermione Granger ha un conto in sospeso con Draco Malfoy.La risposta che ottiene non è quella sperata, ma la conseguenza della sua visita è inaspettata.
Note
Disclaimer:I personaggi e l'universo narrativo appartengono a J.K. Rowling e agli altri titolari dei diritti di Harry Potter. Questa è un'opera di fanfiction scritta per divertimento e senza alcuno scopo di lucro. Tuttavia, la trama, i dialoghi, le descrizioni e ogni contenuto originale sono di mia proprietà intellettuale.Nota:Non autorizzo la ripubblicazione, la distribuzione o qualsiasi uso non autorizzato di questa storia senza il mio esplicito consenso.
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La realtà della vittoria

Draco indossava un completo elegante nero, la stoffa preziosa ma semplice. Anche i suoi capelli, solitamente in disordine per il lungo tempo trascorso ad Azkaban, erano stati ordinati con cura. Narcissa aveva ottenuto un permesso speciale per occuparsi personalmente dell'aspetto di suo figlio, come se volesse sottolineare la loro rispettabilità nonostante tutto. Al suo fianco, Hermione Granger camminava con determinazione. Indossava una giacca nera che accentuava la sua figura snella, i ricci disciplinati in un’acconciatura elegante fatta da Ginny Weasley. Il suo portamento era deciso, quasi sfidante. Dietro di loro, Harry e Ginny Potter sedevano in prima fila, il sostegno silenzioso ma visibile dei due amici era una presenza rassicurante.

Il giudice entrò nella sala, un uomo anziano dai tratti severi e dallo sguardo indagatore. Narcissa aveva insistito per giorni perché Hermione desse l’impressione di un amore sincero e profondo, capace di convincere il Wizengamot della genuinità della loro unione. Quando il giudice prese posto, Hermione agì d’istinto: afferrò la mano di Draco, intrecciando le dita alle sue. Sentì immediatamente la resistenza del biondo, il tentativo istintivo di liberarsi da quel contatto. Tuttavia, lei mantenne la presa, ostinata, e dopo un istante di tensione lui smise di opporsi. Non aveva la forza né la volontà di rovinare quella messa in scena. Le sue dita magre e fredde erano deboli, non la stringevano affatto.

Quando Hermione fu chiamata a testimoniare, il cuore le balzò nel petto ma mantenne un volto imperturbabile. Camminò fino al banco dei testimoni, consapevole che l’intera sala aveva gli occhi puntati su di lei. Le venne somministrato il Veritaserum. Draco aveva avuto ragione: non si sarebbero accontentati di meno per verificare la sincerità delle sue parole.

«Il suo nome e cognome?» chiese un mago con una voce monotona e neutrale.

«Hermione Jean Granger.» Rispose senza esitazione. Le domande proseguirono in rapida successione: luogo di nascita, istruzione, ruoli durante la guerra. Hermione rispondeva automaticamente, incapace di filtrare le sue risposte sotto l’effetto della pozione.

Poi arrivò la domanda che tutti attendevano.

«Sei innamorata di Draco Malfoy?»

Un mormorio serpeggiò tra i presenti. La domanda non lasciava spazio a interpretazioni.

Hermione si aggrappò alla calma che Narcissa le aveva garantito sarebbe stata possibile, se la legilimanzia avesse funzionato correttamente contro l’effetto della pozione. Chiuse gli occhi per un istante, sentendo la leggera invasione mentale guidata dall'incantesimo di Narcissa.

«Sì.»

La risposta fluì dalle sue labbra con sicurezza. Il silenzio nella sala divenne quasi assordante, ogni scricchiolio delle sedie sembrava amplificato dal peso della rivelazione. Draco la fissava, le labbra serrate e il volto inespressivo, ma gli occhi tradivano incredulità e un conflitto interiore che nessuna maschera poteva celare completamente.

«E cosa provi per lui?» continuò il mago, il tono freddo e inquisitorio.

Hermione si impose di mantenere il controllo. «Stima, rispetto e... amore.»

La parola sembrava quasi una sfida lanciata al mondo. Sapeva che avrebbero cercato di minare ogni affermazione, ma lei era determinata a difendere la loro posizione fino alla fine.

Il mago annuì freddamente, senza dare segno di approvare o dubitare della risposta. «Puoi descrivere la natura della vostra relazione? Come è nato questo sentimento?»

Hermione inspirò a fondo. «È cresciuto nel tempo, non so di preciso quando.»

Draco abbassò lo sguardo, la tensione ancora evidente nella sua postura rigida.

«Lui non era il suo bullo d’infanzia?»

Hermione sospirò annoiata. «Come ho già testimoniato, quella è roba passata.» e non le servì l’aiuto di Narcissa.

Il giudice alzò una mano per fermare l’interrogatorio. «Per ora può bastare.» Si voltò verso il banco dell’accusa. «Altri testimoni saranno chiamati, ma al momento la sincerità della signorina Granger sembra incontestabile.»

Hermione tornò al suo posto accanto a Draco, ancora consapevole della mano che aveva stretto la sua poco prima. «Hai recitato bene.» sussurrò lui, con un tono che cercava di essere tagliente ma suonava quasi ammirato.

«Non sto recitando.» rispose lei freddamente, gli occhi dritti davanti a sé. «Sto facendo il mio dovere.»

Draco rimase in silenzio, ma l'eco delle sue parole rimase sospesa tra di loro, pesante come l’aria carica di attesa che avvolgeva la sala.

 

 

Due giorni dopo, Draco era seduto a capotavola nella tenuta dei Black, dove sua madre aveva stabilito il proprio rifugio durante il periodo di incertezza. La sala da pranzo era sontuosa, decorata con arazzi antichi e candelabri scintillanti che riflettevano la luce delle fiamme sulle pareti rivestite in legno scuro. La tavola era imbandita con tutte le pietanze che dodici elfi avevano meticolosamente preparato, e l'aria era intrisa di profumi ricchi e avvolgenti. Draco tamburellava distrattamente le dita sul bordo del tavolo, il mento appoggiato su una mano mentre fissava il piatto davanti a sé. Hermione era seduta a qualche sedia di distanza, gustando con evidente piacere il suo pasto. Ogni tanto il tintinnio delle posate contro il piatto rompeva il silenzio. La strega sembrava ignara della tensione che aleggiava nell'aria, oppure semplicemente brava a ignorarla. All'estremità opposta del tavolo, Narcissa discuteva sommessamente con due avvocati in abiti impeccabili. Le loro voci basse erano difficilmente udibili, ma Draco colse frammenti qua e là: termini legali, strategie, e la menzione del contratto che lo tormentava da giorni.

Draco spostò lo sguardo su Hermione, osservandola con una certa curiosità mista a frustrazione. «Come fai a mangiare così serenamente?» sbottò infine, il tono intriso di sarcasmo.

Hermione posò la forchetta con calma, pulendosi le labbra con il tovagliolo prima di rispondere. «Non mi lascio intimidire da una tavola ben imbandita o da una conversazione legale, Malfoy.»

Lui inarcò un sopracciglio. «È chiaro che non ti lasci intimidire da molto. Non so se ammirarti o preoccuparmi per la tua sanità mentale.»

«Accetto il primo, ignoro il secondo.» Hermione si allungò per prendere un calice di vino, sorseggiandolo tranquillamente. Avevano entrambi firmato davanti al giudice quella mattina, erano sposi. Al dito di Hermione c’era una fascia dorata a ricoprirle il dito, così come a Malfoy. Blaise, il testimone di nozze di Draco, stava mangiando tutto ciò che gli veniva proposto, leccandosi anche i baffi. Harry, invece, era seduto con Ginny al suo fianco e sembrava interessato all’arredamento, più che altro. Draco, che era l’unico a dover riempire il suo stomaco, era in silenzio e immobile. Hermione provava ad affrontare le cose semplicemente con ironia, aveva riflettuto troppo su quella decisione per farsi prendere da ulteriori dubbi. Aveva sposato Draco Malfoy.

Guardò il muro e ripetette la frase nella sua mente.

A riprenderla, fu proprio lui che si alzò dalla sedia e camminò verso il giardino, superando le tende. Narcissa fu la prima a voltarsi verso suo figlio, ma a raggiungerlo fu Hermione.

«Dovresti mangiare, sei spaventosamente magro.» provò a ferirlo nell’orgoglio.

«Perdonami, la merda della prigione non mi piaceva.» rispose lui fintamente ironico.

«Dovremmo andare a comprare il materiale per il ritorno a scuola, usiamo questa scusa come prima uscita in pubblico.» provò quindi a cambiare discorso.

Lui si voltò verso di lei sorridendo amaramente. «Non me ne frega un cazzo della scuola, Granger.» disse chiaramente, guardandola in viso. «Non me ne frega un cazzo di questa farsa.» continuò avvicinandosi. «Non me ne frega un cazzo della mia vita.» concluse cristallino.

«Forse dovresti, c’è gente che è morta.»

Draco rise sommessamente, scuotendo il capo. «Pensi me ne freghi qualcosa?»

«Che problema hai?» sbottò Hermione, allora. «Stiamo provando a salvarti, ma a quanto pare sei proprio tu a non volerti salvare.»

«Finalmente l’hai capito, strega migliore della nostra generazione.» commentò lui, alzando il bicchiere in segno di brindisi.

Hermione strinse i pugni. «A te non da fastidio il matrimonio, a te da fastidio che sono io. Ti da fastidio che i tuoi amici sappiano che ti hanno costretto a sposare me per la libertà! Sono io il problema.» disse lei, guardandolo. «Vero?»

«Sì.» ammise, voltandosi verso di lei per fronteggiarla. «Tu eri libera.» e le catene che hai scelto di indossare non sono più leggere di quelle della prigione, avrebbe voluto aggiungere.

«Ho fatto la mia scelta, Malfoy. Tenere un anello al dito non mi cambia l’esistenza.» sbottò lei indicando la sua mano.

«Non saresti dovuta entrare nelle mie cose private, ma poi i soldi hanno corrotto anche il tuo animo puro, no? Ti fai pagare come una-» non terminò la frase che lo schiaffo lo colpì in pieno viso. «Sei incazzata perché è così. Prendi il mio cognome e fai ciò che non facevi prima, ti diverti a giocare alla ricca-» un altro schiaffo lo colpì, sulla guancia già rossa. «Ricorda che sei sempre una sporca e lurida-» un altro schiaffo, questa volta lo colpì in pieno e con più forza. Draco non riuscì a non gemere dal dolore, allontanandosi di un passo.

Quando lo vide traballare dovette frenare la voglia di aiutarlo. «Userò i tuoi fondi per aiutare i nati babbani ad entrare nel mondo magico, grazie dell’idea, marito.» disse prima di tornare in casa.

 

 

Il primo settembre, un giorno che di solito segnava l’inizio di un nuovo anno scolastico a Hogwarts, il castello rimase desolatamente silenzioso. Mai prima d'ora, nella lunga storia della scuola di magia più prestigiosa di tutto il Regno Unito, le porte di Hogwarts erano rimaste chiuse. Le classi, una volta splendide e piene di vita, giacevano in rovina, con i muri scheggiati, le scale crollate, e i corridoi che ancora conservavano tracce dei feroci combattimenti che avevano devastato il castello. Ogni angolo dell’edificio sembrava raccontare una storia di distruzione, e l’aura di abbandono che aleggiava in quelle stanze era palpabile.

Hermione, con un’aria concentrata e determinata, stava sistemando la lista delle sue materie per l'anno accademico. Lei era una delle poche che, avendo ricevuto il voto massimo in tutti i G.U.F.O., non aveva restrizioni nella scelta delle materie dei M.A.G.O. La sua mente brillante e la sua dedizione allo studio le permettevano di scegliere senza limiti, ma la libertà di scelta, per quanto affascinante, non le rendeva la decisione facile. Seduta al tavolo della cucina, con il quaderno aperto davanti a sé, Hermione tracciò con un dito le diverse opzioni disponibili. "Incantesimi" non poteva mancare, come anche "Storia della Magia" e "Difesa contro le Arti Oscure". Queste erano scelte quasi obbligate, materie che l’affascinavano profondamente e nelle quali sentiva di poter crescere ulteriormente. Ma le materie opzionali erano una sfida. "Rune Antiche", con la sua complessità enigmatica, "Arti Mistiche" che tanto la incuriosivano, ma anche "Babbianologia".

Alla fine, Hermione decise. Avrebbe scelto "Rune Antiche" e "Babbianologia", sentendo che quelle materie avrebbero dato un equilibrio perfetto. Sistemandosi la lista dei libri e il materiale necessario nella tasca del jeans, si alzò, pronta a incontrare gli altri per una giornata di svago. Quella mattina, a differenza degli anni passati, non c’era l'emozione frenetica che di solito accompagnava la partenza per Hogwarts. Il mondo, ora, era più lento, più riflessivo, ma comunque pieno di speranza. Decisero di andare tutti insieme a Hogsmeade, un piccolo ritorno alla normalità dopo tutto quello che avevano affrontato. Scese le scale con passo deciso, trovando Harry al piano inferiore, intento a sistemare qualche libro.

I due amici si incamminarono verso il villaggio di Hogsmeade, e trovarono già Ron e Ginny ad aspettarli all'ingresso. I giornali avevano riportato la libertà di Draco Malfoy per ben quattro giorni, scatenando pensieri contrastanti, ma ancora nessuno sapeva del suo matrimonio, per volontà di Malfoy. Non si erano più visti o sentiti dopo la loro discussione alla tenuta Black, ed Hermione iniziò a pensare che sarebbe stato così il loro rapporto. Con Narcissa, invece, scambiava lettere almeno ogni mattina. La signora Black – così si firmava – la informava della salute di Draco e chiedeva se Hermione avesse qualche richiesta particolare, mentre Hermione spingeva per eventi benefici. Ne avevano già approvati due, il primo si sarebbe svolto il giorno successivo all’inizio della scuola, per raccogliere fondi per la ricostruzione. Anche se la famiglia Malfoy stava finanziando la ristrutturazione – a cui si erano aggiunte altre famiglie purosangue – alcune parti che erano già in disuso non erano state prese minimamente in considerazione. La scuola aveva assunto particolare rilevanza e con il progetto di Hermione per l’aiuto ai nati babbani per frequentare la scuola, c’era bisogno di un ampliamento del castello stesso.

Inoltre, non lo aveva ancora annunciato a nessuno. Il suo matrimonio.

«Hermione!»

Nessuno, come Ron. «Come stai?» domandò la mora ricambiando l’abbraccio.

«Contento, per il primo anno non dovrò studiare pozioni!» Ginny alzò gli occhi al cielo, aveva raccontato ad Harry che Ron lo aveva detto almeno cinquanta volte al giorno. «Andiamo ai Tiri? Devo prendere qualche caramella di buio pesto, può sempre servire!»

«Per saltare le lezioni?» domandò Ginny.

«Annotazione: non ti farò i compiti quando sarai in infermeria perché non ci vedi.» disse Hermione a voce alta mentre Ron si lamentava come un bambino.

In fondo alla strada, con estrema riluttanza, c’era Draco Malfoy accompagnato e protetto dai suoi amici. Daphne aveva già minacciato due uomini abbastanza palesemente con la bacchetta, mentre Theo aveva spinto un paio di persone, accompagnato da Blaise che li aveva apertamente mandati a quel palese. Pansy, invece, era silenziosa al suo fianco. Sembrava lei, la sua donna. Avevano approfittato della necessità di comprare i materiali scolastici per fare la prima apparizione pubblica del ragazzo.

«C’è tua moglie.» la voce di Blaise, ironica e bassa, gli fece alzare il volto in maniera confusa. Dovette trascorrere due secondi in silenzio per ricordarsi che aveva sposato Hermione Granger, e non era stato solo un incubo. Si voltò verso il punto indicato dal suo amico, trovando la riccia parlare con la Weasley donna fuori dal negozio di scherzi dei Weasley. Sembrava spensierata mentre parlava tranquillamente con la sua amica, indossando abiti completamente fuori luogo per essere presentata al suo fianco. Eppure, al dito c’era la fede nuziale dei Malfoy. «Bel culo.» commentò poi Blaise.

Draco lo fulminò con lo sguardò. «Stai parlando di mia moglie.»

Il suo amico alzò le spalle. «Qualcuno se la dovrà scopare, prima o poi.» aggiunse ironico, afferrando poi il pomello della porta per entrare alla libreria. Pansy gli portò una mano sulla schiena e lo spinse ad entrare, così da non rimanere solo in mezzo alla folla.

Hermione, invece, attendeva ancora Ron fuori dai Tiri, tenendo già una busta tra le mani. Aveva preso delle pergamene nuove per i suoi temi, avrebbe voluto anche acquistare una piuma nuova, ma non voleva spendere tutti i suoi soldi. Ovviamente, non usando quello che Malfoy le aveva dato. «Ginny, vado in libreria. Mi annoio di attendere.»

Ginny le disse che l’avrebbe seguita, poiché anche Harry si era perso nei corridoi degli scherzi. La biblioteca regnava nel colore marrone e nell’odore di carta stampata. Quel posto le portava inspiegabilmente felicità.

La libreria di Hogsmeade era un rifugio di legno e carta, un luogo dove il tempo sembrava scorrere più lentamente rispetto al mondo esterno. Le pareti erano rivestite di scaffali che si innalzavano fino al soffitto, pieni zeppi di libri dalle copertine in pelle consunta, pergamene arrotolate e tomi antichi incisi con rune dorate. L'odore era una miscela inebriante di carta vecchia, inchiostro e un lieve aroma di spezie magiche che aleggiava nell’aria. Hermione rimaneva ogni volta incantata dalla magnificenza.

«Hai deciso i tuoi corsi?» Ginny al suo fianco la seguiva, mentre cercava qualche titolo tra i tomi. «Io so solo che continuerò volo e incantesimi, per ora.»

Hermione annuì. «Anche io ho scelto incantesimi, spero ci sia la McGranitt e non venga sostituita poiché preside.» di fermò al secondo corridoio, sfiorando i libri di narrativa e storia. Hermione adorava quella libreria poiché riusciva a trovare molte prime stampe esposte, mentre in altre librerie venivano solo esposte ed era impossibile toccarle. Afferrò un libro "Magia e Matriarcato: Le Streghe nella Storia Arcana". Il libro era in uno sfondo blu scuro, disegnato in oro e bordeaux. Era stupendo. Hermione lo aprì incantata, per leggere i titoli dei paragrafi mentre camminava verso l’aria relax, per poterlo leggere e studiarlo meglio. In alcuni angoli più appartati, poltrone imbottite in velluto scuro offrivano comodi punti di lettura per i visitatori che volevano sfogliare i volumi senza fretta.

«Devi comprarlo per leggerlo.» una voce al suo fianco la informò. Un uomo, vestito elegante, stava riordinando i libri sugli scaffali. Hermione tornò a guardare il libro e notò che era protetto da un velo appannato, che rendeva impossibile leggerlo. Quindi, lo voltò per leggerne il prezzo. Deglutì e sospirò, trovandosi costretta a doverlo posare. «Come immaginavo…» un sussurro del ragazzo la colpì in pieno.

«Come, scusa?»

Il ragazzo si voltò verso Hermione con un leggero sorriso beffardo. «Dico solo che non dovreste puntare libri che non potete permettervi. Ci sono altre copie in fondo, sono usate, vedi se puoi permetterti qualcosa.»

Hermione strinse i pugni. «Ma con chi credi di avere a che fare?»

Lui la squadrò. «Con una nata babbana.» e sorrise.

Hermione raramente aveva utilizzato quella carta, a differenza degli altri. Harry, ovviamente, veniva riconosciuto da un miglio di distanza e non aveva nemmeno la possibilità di pronunciarla, ma lei qualche volta lo aveva fatto. Non per avere vantaggi, ma per imbarazzare la gente. E quello, era esattamente il momento giusto. «Pensi non me lo possa permettere solo perché sono babbana? E se ti dicessi che sono la babbana che ha salvato il mondo magico?» Il ragazzo si voltò, abbassando gli occhiali dal viso per guardarla meglio. Poi sospirò e sbattette due volte le palpebre. «Dovresti mostrare rispetto per i clienti, che comprano e ti pagano da vivere. Non sconsiglierò la libreria ma spero tu venga licenziato.»

Il ragazzo boccheggiò e la seguì verso il corridoio. «Signorina, io…»

Hermione si voltò verso il ragazzo. «Signora!» corresse e alzò la mano per posare il libro.

Un’altra mano afferrò il libro, prima che lei lo posasse del tutto. «Lo compriamo.»

Hermione non dovette voltarsi per capire che la voce proveniva da Draco Malfoy, la sua mano era decorata dalla fede e dallo stemma della casata. Il ragazzo davanti alla figura di Draco Malfoy si gelò sul posto, annuendo velocemente. «Certo, Signore.»

«Chiedi scusa.» la sua voce era gelida.

Il ragazzo abbassò il capo guardando le sue scarpe. «Certo, Signore. Mi dispiace, Signore. Sono mortificato-»

«Chiedi scusa...» interruppe Draco. «… a mia moglie.» disse chiaramente.

Il ragazzo alzò lo sguardo in un fulmine e guardò entrambi, poi con gli occhi cercò le fedi. E le trovò. Con gli occhi spalancati e lo sguardo umiliato, deglutì. «Signora, sono dispiaciuto del malinteso. Veramente, sono-» aveva paura.

«Non c’è bisogno, tranquillo.» si sentì di dover dire Hermione, scuotendo il capo. «Spero tu abbia capito la lezione.» disse, per poi lasciarlo andare. Hermione sospirò, voltandosi per fronteggiare suo marito. Che teneva tra le mani la copia del libro.

«Volevi imbarazzarmi, Granger?» sussurrò a denti stretti, calando su di lei per non far udire la loro conversazione a nessuno. Con la fine dell’occhio notò avvicinarsi Blaise e Theodore Nott, facendo quasi da scudo alle entrate del corridoio. Hermione tornò a guardarlo confusa. «Sei una Malfoy, adesso. Se vedi qualcosa che ti piace, lo compri.»

«Non volevo spendere i tuoi soldi.»

Lui si poggiò con una mano alla libreria e lo vide stringere la presa tanto da far sbiancare la mano. Stava per avere una delle sue crisi nervose? «E allora perché cazzo mi hai sposato?»

Hermione gli sbuffò in viso, alzando gli occhi al cielo. «Per farti uscire da Azkaban.»

Draco le sembrò confuso, mentre teneva strette le mani. Poi, chiuse gli occhi e sembrò che contasse mentalmente, per poi restituirle il libro. «Compralo.»

Stava per andarsene quando Hermione disse. «Non lo voglio più.»

Lui si portò una mano sul viso e Theo gli si avvicinò di un passo. «Va alla cassa e compralo.»

La figura di Ginny svoltò l’angolo del corridoio e guardò la scena confusa, camminando poi dritta verso di loro. «Hermione, ci sono Harry e Ron.»

Hermione posò il libro, ma Malfoy lo afferrò ancora. «Ho detto che lo devi comprare.»

Hermione scosse il capo. «Non lo voglio più e non lo voglio mettere sul tuo conto.»

Lui, per la prima volta, la toccò. La afferrò per il braccio e con una spinta la portò a sé. Hermione alzò il volto verso di lui, stringendo i denti. «Se non esci da qui con quel libro, comprerò la libreria. Licenzierò quel coglione e poi darò fuoco a tutto.»

Hermione lo guardò sconvolta. «Non lo faresti!»

«Non mettermi alla prova.»

Una mano si posò sulla spalla di Draco come se volesse tirarlo via. «Draco, fa il bravo con tua moglie.»

Ma lui la guardava ancora in viso, con i suoi occhi grigi gelidi. Hermione era tentata di vedere cosa avrebbe fatto, ma la in-espressione del suo viso la irrigidì sul posto. Lo aveva già visto scatti d’ira con sua madre, non immaginava cosa avrebbe potuto combinare con gente sconosciuta. Strinse il libro tra le braccia e sfilò via la presa incombente del ragazzo, camminando dietro Ginny.

Un registratore di cassa in ottone massiccio troneggiava accanto al bancone principale, dove un vecchio libraio dai capelli argentati accoglieva i clienti con un cenno cordiale. Hermione si avvicinò velocemente e posò il libro sul bancone. «Oh, ottima scelta.» gli occhi dell’uomo si posarono sulla ragazza e vide che nascose l’espressione confusa. Hermione lo guardò sconvolta, quella libreria era diventato un covo di razzisti. «Lo metto sul conto di?»

«Malfoy.» sussurrò appena, mentre batteva il piede sul pavimento. Doveva muoversi, prima che Harry e Ron la vedessero pagare con il suo nuovo cognome.

Il signore anziano sorrise appena, poi posò il libro. «Signorina, non può addebitare libri su conti randomici. Deve esserne proprietaria, oppure comproprietaria.»

Hermione stava per sbottare, si era stancata della gentilezza e di spiegare. Stava per urlare che la guerra non aveva insegnato nulla a nessuno dei presenti, e che lei era la salvatrice del mondo magico e avrebbero dovuto baciarle il culo e stendere un tappeto rosso al suo passaggio. Era stanca, aveva combattuto per mesi, perdendo amici e familiari, per nulla. Si ritrovava sempre a sbattere su qualche muro di incomprensione, che sembrava fortificato alla fine della guerra e non abbattuto.

Una mano si posò sul bancone prima che lei potesse urlare. Ancora Malfoy. «Voglio parlare con lei nel retro.» afferrò una busta da dietro al bancone ed infilò il libro all’interno. Il signore anziano lo guardò confuso, stava per dire qualcosa per quanto riguarda il fatto che Hermione non aveva pagato il libro, mentre Draco glielo consegnava.

«Signore-»

Il pugno di Malfoy si strinse ed il signore si silenziò. «Sul retro.»

Posò la busta con all’intero il libro tra le mani di Hermione, poi si mosse per raggiungere il vecchio. «Draco!» sussurrò Hermione avvicinandosi. Lui si voltò appena. «Cosa hai intenzione di fare?» domandò, ma lui non rispose e svanì dietro una porta in vetro. Sperò solamente non avesse dato fuoco a tutto, anche ai corpi dei due uomini.

Il silenzio era rotto solo dal fruscio delle pagine e dal lieve crepitio delle lampade. I clienti si muovevano con rispetto quasi religioso tra gli scaffali, tutti ammassati per osservare ciò che era appena successo. Hermione deglutì, poi tornò verso Ginny e le disse che era il momento di uscire.

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