Nel silenzio dell’oscurità

Harry Potter - J. K. Rowling
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Nel silenzio dell’oscurità
Summary
Dopo la morte di Sirius, Harry sprofonda in un abisso di dolore e rabbia. Il legame con i suoi amici si incrina e il suo comportamento diventa sempre più imprevedibile. Silente, preoccupato, decide di affidarlo per l’estate a una figura inaspettata: Severus Piton.Costretti a vivere sotto lo stesso tetto, i due iniziano a conoscersi realmente, lontani dai ruoli scolastici. Lentamente, Piton scopre un Harry fragile, ma straordinariamente determinato. Intanto, Draco Malfoy, che vive un distacco crescente dal padre, viene coinvolto da Silente in un piano per redimere sé stesso. Draco finirà per essere temporaneamente affidato anche lui a Piton.I tre si troveranno in un delicato equilibrio di odio, rivalità e comprensione, che cambierà per sempre la loro vita.
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Ogni giorno lo stesso

Il terzo gradino dal basso scricchiolava, quindi Harry imparò a evitarlo.

Era una di quelle cose che s’imparano con il tempo, come trattenere il respiro quando Dudley lanciava insulti nella sua direzione o come camminare sulle punte per non far vibrare i vetri quando zio Vernon dormiva.

Vivere con i Dursley era una danza fatta di silenzi e passi attenti. Una coreografia invisibile che, se sbagliata, portava a urla, schiaffi o—nei giorni peggiori—un pugno che lasciava segni dove non si vedevano.

Quella mattina, come molte altre, Harry era stato svegliato da uno strattone secco alla coperta.

«Fuori dal letto, sfaticato!» aveva urlato Vernon, la voce grossa che faceva vibrare le pareti. «La siepe non si taglia da sola.»

Harry si era alzato senza rispondere. Non perché fosse d’accordo, ma perché discutere significava guadagnarsi il primo livido della giornata. Aveva imparato in fretta, da piccolo: i Dursley non volevano risposte. Volevano obbedienza.

Il sole batteva forte nel giardino, e la tosse di Petunia si sentiva dalla cucina mentre lui si chinava sotto il peso del sacco dell’immondizia. Le mani tremavano un po’. Non mangiava bene da settimane. Pane raffermo, quando c’era. Scarti. Zia Petunia aveva cominciato a servirgli le porzioni dei pasti direttamente nel portico, per evitare che “contaminasse l’aria” in sala da pranzo.

«Non sei ospite qui,» gli aveva detto. «Non dimenticarlo mai.»

Harry non lo dimenticava. Neanche per un secondo.

Mentre tagliava l’erba con le vecchie cesoie arrugginite — Dudley aveva rotto il tagliaerba mesi prima e nessuno si era mai preoccupato di sostituirlo — sentiva il sudore colargli lungo la schiena magra. Ogni tanto si fermava a guardare il cielo. Ma anche quello sembrava più lontano, meno blu.

Si chiese, per un momento, se a Hogwarts qualcuno pensasse a lui. Non Hermione, non Ron — loro sicuramente scrivevano ancora. Ma Silente? McGranitt? Lupin?

Si chiese se sapessero che i Dursley gli avevano chiuso le lettere a chiave nel mobile della lavanderia. Che Vernon gli aveva lanciato contro un piatto, un giorno, per una parola sbagliata. Che dormiva con la bacchetta sotto il cuscino non per paura dei Mangiamorte, ma per proteggersi da suo zio.

Una volta, Dudley lo aveva colpito con una mazza da cricket. Una volta sola. Poi aveva smesso. Ma non per senso di colpa.

Harry aveva riso.
Non forte. Non felice. Solo… riso.

Quel suono aveva spaventato Dudley più di qualsiasi minaccia.

Nel pomeriggio, mentre sistemava il garage, inciampò su una trave e batté la spalla contro la porta metallica. Il dolore lo fece barcollare, ma non urlò. Solo un suono secco, trattenuto, come una tosse strozzata.

Restò immobile per alcuni secondi. Il respiro corto, gli occhi chiusi.

Non piangere. Non ti muovere. Non dare loro la soddisfazione.

Poi si rialzò. Come sempre.

Quella sera, nel letto, il dolore pulsava sordo nella spalla. Forse si era slogato qualcosa. Forse no. Non aveva più il senso delle cose. Il corpo era diventato solo un guscio da trascinare.

Il cielo si oscurava lentamente, e le luci dei lampioni disegnavano ombre sulla parete. Una falena sbatteva le ali contro il vetro della finestra.

Harry chiuse gli occhi.

Pensò a Sirius. Alla voce calda. Al sorriso sghembo. Alla mano sulla spalla. Alla promessa non detta che, un giorno, ci sarebbe stata una casa diversa. Un posto suo.

Sirius era morto.
E con lui ogni promessa.

Domani sarà uguale. Forse peggio. Ma sarà ancora domani.

E Harry Potter avrebbe aperto gli occhi.
Ancora.

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