
Hearts
Stavano discutendo come al solito. Non era una novità dopotutto. I due fratelli Holmes non si sopportavano. Improvvisamente, Mycroft si mise una mano al cuore e crollò a terra, aggrappandosi al fratello. Era la prima volta da anni che tra i due c’era un contatto del genere e la situazione non era decisamente una delle migliori.
Sherlock gridò aiuto. Tutti i segni indicavano un infarto. Mycroft ansimava, la mano sul cuore, un espressione di dolore sul volto.
Il detective fu invaso dal terrore. Per quanto dicesse di odiare suo fratello in realtà lo amava, gli voleva bene, era ingiusto che un uomo che doveva avere un cuore di ghiaccio morisse d’infarto accanto ad un uomo che il cuore non ce lo aveva.
Sherlock si inginocchiò accanto a suo fratello e gli iniziò a fare un massaggio cardiaco, senza sosta. Mycroft respirava, era il cuore che minacciava di fermarsi. Sherlock non glie lo avrebbe permesso. Non sapeva quanto tempo fosse rimasto li, a far battere quell’organo che loro disprezzavano così tanto.
L’ambulanza arrivò e li portò in ospedale. Sherlock recitò come un mantra le informazioni che gli chiedevano, sembrava un automa, gli occhi fissi sul suo fratellone.
L’aveva sempre dato per scontato, la sua presenza, il suo aiuto. Nulla era scontato invece. Sentì la fiamme di un amore nascosto da troppo tempo bruciargli dentro. Le lacrime minacciavano di zampillare dai suoi occhi, incontrollate.
Passò un tempo infinito, gente andava e veniva mentre lui aspettava, il pensiero fisso su Mycroft, sull’intervento che stava subendo. Registrò a malapena le parole che il medico gli riferì. Capì solo che era sopravvissuto, ce l’aveva fatta.
Lo fecero sedere accanto al letto di suo fratello e lui gli prese la mano, controllò i monitor più volte per vedere se c’erano variazioni nel battito cardiaco del politico. Cullato dalla tranquillità di sapere che Mycroft stava bene, che era ancora li, e dal ritmo del suo cuore, Sherlock si addormentò.
Quando si svegliò nuovamente, Mycroft gli carezzava i capelli. L’espressione leggermente stupita del politico era piena di un affetto controllato, di chi l’ha nascosto per troppo tempo e non è certo di poterlo ancora dimostrare.
Sherlock si fiondò su suo fratello e sigillò le loro labbra in un bacio. I monitor bipparono con forza, il battito cardiaco del politico salito alle stelle per colpa di quel gesto proibito al quale non si era mai permesso di pensare.
Il più giovane si separò di colpo da lui quando una serie di medici entrarono di corsa a controllare il paziente. Mycroft li confortò, gli occhi che tornavano a Sherlock ogni tanto. I medici non gli permisero di togliersi gli elettrodi che lo collegavano ai monitor e gli dissero di stare attento alle emozioni.
Sherlock si riavvicinò al letto del fratello, timoroso di aver passato un limite eccessivo. Mycroft chiuse gli occhi ed aprì le braccia verso di lui. Sherlock lo guardò incerto, poi, stando attento ai fili, salì sul letto del fratello e appoggiò la testa sul suo cuore. Il battito normale, il cui battito veniva scandito dai bip dei vari macchinari, tranquillizzava non poco il detective.
Mycroft strinse a se il suo fratellino, come quando erano piccoli e Sherlock si rifugiava nel suo letto dopo un incubo. “Sssh è tutto ok Sherlock, sono qui, va bene”
“Non lo rifare mai più” mormorò il detective sul petto dell’altro. Erano entrambi molto più consapevoli della presenza degli organi che loro tanto disprezzavano. I loro cuori sembrarono battere all’unisono da quel giorno in poi, quasi come una magia.