Le sue notti
Ogni notte, il Dottore le faceva visita. A volte lui non era il suo amore, suo marito, a volte lui era solo un uomo che non la conosceva e che la portava in varie delle sue avventure, come un’altra companion qualsiasi.
Altre notti lui sapeva tutto di lei e tra un’avventura e l’altra c’erano baci appassionati, fughe, notti di passione… Le volte in cui era accompagnato dai suoi genitori, lui stava a rispettosa distanza, i baci erano fugaci, era evidente che non voleva essere visto da loro.
River capiva la sua riluttanza, lei stessa non aveva voglia di essere beccata con suo marito dai propri genitori. Ma quei giorni le mancava comunque il calore di lui.
Erano passati quasi due mesi dall’ultima volta che si erano visti da soli per l’ultima volta. Quando sentì il familiare suono del TARDIS (sempre perché il Dottore scordava sempre i freni) non riuscì a resistere, si fiondò su di lui e lo baciò con passione spingendolo contro la console e strusciandosi contro di lui.
In quel momento non pensò che i suoi genitori potevano essere a bordo, non pensò che quella versione del Dottore poteva non essere ancora sposata con lei, aveva solo bisogno di lui, voleva il suo corpo, i suoi baci, il suo amore, tutto.
River si spinse contro il corpo del suo amante, i loro quattro cuori battevano all’impazzata, i loro corpi si strusciavano. Il Dottore le alzò il vestito e le sue mani tremanti esplorarono il suo ventre facendole venire i brividi sempre più forti mano a mano che si avvicinava a dove le serviva di più. Quando quelle dita affondarono dentro di lei provocandole spasmi di piacere, inarcò la schiena.
Spinse a sua volta una mano tra i loro corpi uniti, le labbra ancora fuse tra loro in un bacio che sembrava non voler finire mai. Con mano ferma, carezzò il cavallo dei pantaloni di suo marito, il suo membro era chiaramente eretto. Con un gesto ormai familiare, River lo liberò dai pantaloni e gli saltò in braccio.
Il Dottore la prese, le mani sotto le sue ginocchia, le gambe di lei attorcigliate attorno alla sua vita, lei guidò il suo membro dentro al suo corpo con facilità e gemette di piacere. Il Dottore invertì le loro posizioni senza mollare la presa e la spinse contro la console.
Si possedettero li, in mezzo al TARDIS, senza nemmeno aver lasciato la prigione, con desiderio e passione, spingendo l’uno contro l’altra fino a che non raggiunsero il culmine del loro piacere, le loro bocche ansimanti ancora unite in un languido bacio.
Caddero insieme sul pavimento, stremati.
“Ciao” sussurrò il Dottore quando riprese fiato.
“Ciao” rispose lei con un lieve sorriso.
“A cosa devo questo stupendo benvenuto?”
“Mi sei mancato” sussurrò lei.
“E se fossi stato un me più giovane?”
“Speravo che non lo fossi” lo guardò negli occhi. “Ti amo”
“Anche io” sussurrò lui stringendola a se con forza.
A loro non servirono altre spiegazioni, sarebbero presto tornati alle loro avventure e corse sfrenate per salvare i pianeti, ma c’erano alcune notti in cui le cose andavano in quel modo.