
Respirare
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La prima volta che succede Tony è nell'armatura.
E' notte fonda, ma c'è una luce accesa nella biblioteca della mansion.
Sa perfettamente chi è sveglio.
"Steve".
Steve solleva la testa dal vecchio volume che ha tra le mani e sorride. "Shellhead".
Indossa dei pantaloni che sembrano essere quelli di un pigiama e una maglietta grigia; sul tavolo, una tazza da tè con il filtro ancora in infusione si sta raffreddando.
L'insieme è così morbido e familiare che Tony sente una stretta al petto.
"Tutto bene?", chiede, anziché Brutti sogni?, perché sa che sia lui che Steve sono intimamente familiari con quelli.
"Sì, volevo solo finire il capitolo"
Tony si siede sulla sua poltrona preferita, rossa, morbida e rinforzata per reggere il considerevole peso dell'armatura.
"Non mi sembri pronto per andare a dormire", commenta Steve, con una nota divertita nella voce. "Oppure questo è il tuo pigiama?"
"No, ovviamente no; la mia armatura da sonno è totalmente diversa", risponde, stando al gioco. "Mr Stark doveva finire alcune modifiche ai jet boots", aggiunge, a mò di spiegazione.
"Oh. Spero che Mr Stark si stia riposando: l'ho incontrato quando è tornato dall'ufficio e doveva aver lavorato fino a tardi...". Il tono di Steve è gentile come se fosse veramente preoccupato per la salute di Tony anche fuori dall'armatura.
"Ognuno deve guadagnarsi la paga a suo modo", risponde, soffocando la familiare sensazione di imbarazzo provocatagli dagli ignari commenti di Steve.
"E' un peccato che Mr Stark sia sempre occupato; sono certo che al team farebbe piacere vederlo di più", continua Steve. Tony non riesce a trattenere un suono sorpreso che non è sicuro di come i modulatori vocali dell'armatura possano tradurre. "Ma non vorrei che ti sentissi a disagio ad avere il tuo datore di lavoro a una delle serate con il team", aggiunge, fraintendendo la reazione di Tony.
"No, no, non è questo... E' solo che - Mr Stark è occupato", risponde, debolmente.
"Immagino. E' un uomo impegnato", mormora Steve, abbassando lo sguardo sul libro tra le sue mani. "Sono contento che tu non sia così impegnato, Shellhead", aggiunge, sollevando la testa e sorridendogli.
In quel momento, Tony sente qualcosa solleticargli la gola e bloccargli il respiro, quasi. Ha in bocca un sapore che non riconosce.
"Ho sempre tempo per il team, Winghead", mormora.
Il sorriso di Steve è sincero e luminoso.
Due giorni più tardi, Steve gli offre una tazza di thé e Tony fa a malapena in tempo a rifiutare ed a scappare dalla cucina, prima voltare l'angolo, sollevare il faceplate e iniziare a tossire come se stesse soffocando.
Gli occhi gli lacrimano e la gola si contrae come se avesse qualcosa bloccato nella trachea e tossisce e tossisce e tossisce fino a vomitare una manciata di petali azzurri.
Oh. Pensa stupidamente. Sto per morire.
Tony sta morendo, ma non è una novità.
Chissà se sarà il suo cuore danneggiato a smettere di battere o se la sua nuova malattia lo soffocherà prima, pensa, cercando di evocare un sarcasmo che non sente.
In ogni caso, metaforicamente o meno, sarà il suo cuore ad ucciderlo.
Il mondo non si ferma per Tony, e nemmeno Victor Von Doom.
"I fantastici 4 ci devono un favore", borbotta Tony, distruggendo l'ennesimo doombot.
"Invero. Già pregustavo l'eccellente torta di Jarvis". La voce di Thor nel comunicatore suona delusa. "Ed era giunto il mio turno di scegliere lo spettacolo televisivo"
"Se ci sbrighiamo, possiamo fare ancora in tempo", commenta allegra Jan, zigzagando nella sua forma ristretta tra i doombot e colpendoli con scariche di energia. "A - ah! Ventitré", esclama soddisfatta.
"Magari possiamo mangiare un boccone prima di tornare alla Mansion", concorda Capitan America, recuperando al volo lo scudo. "Se troviamo locali aperti. Comunque, quarantotto, Wasp. Sei fuori forma? Devo programmare altri allenamenti?", continua, con una nota divertita nella voce.
"E' New York, non bastano qualche centinaia di bot di Von Doom per convincere gli abitanti a cambiare routine", aggiunge Iron Man, ignorando la replica indignata di Wasp.
"Ehi, penso di aver individuato il doombot che controlla tutti gli altri - ", li interrompe Hank.
Riescono a concludere la battaglia in una decina di minuti, con zero casualità e non troppi danni alla proprietà pubblica.
"Non capisco perché Von Doom insista, se questo è il meglio che riesce a fare", commenta Tony, voltando uno dei doombot ormai disattivati che ricoprono la strada. "E' imbarazzante"
"Ehi, Iron Man, stiamo andando a cena in quel locale sulla 17°. Vieni con noi?"
Tony alza la testa e il sorriso speranzoso di Steve gli fa dolere il petto e bloccare il respiro.
"Magari puoi prendere uno di quei milkshake con la cannuccia?", aggiunge Steve con un sorriso imbarazzato perché ogni volta che il team cena insieme, Iron Man può scegliere solo tra frullati o bevande perché non può sollevare il faceplate e mangiare con loro.
"Grazie per l'invito, ma Mr Stark mi sta chiamando". Deve andarsene da lì, perché il sapore nauseante dei fiori gli sta bloccando il respiro.
"Oh". Steve sembra deluso. "Oh, certo, ci vediamo in giro, immagino"
"Certo. Bye, Cap".
In un attimo, i jetboots lo fanno sfrecciare in cielo, diretto alla mansion e Tony, dentro l'armatura, ansima e soffoca e tossisce. Non può vederli, ma sente i petali rotolargli fuori dalle labbra e perdersi dentro il casco. E' irrazionale e impossibile, ma gli sembra come se non ci sia abbastanza aria dentro l'armatura e, non per la prima volta, si sente intrappolato in una gabbia di metallo.
Quando arriva alla mansion e, chiuso nella sua camera, si sfila il casco, non trova solo una manciata di petali blu, ma anche uno schizzo di sangue.
Non ha molto tempo. Non che possa farci nulla.
"Mr Strak?".
La voce al di là della porta è familiare, anche se non dovrebbe esserlo per Tony Stark.
"Avanti", risponde, alzando gli occhi dalla pila di bilanci da controllare che Bambi gli ha rovesciato sulla scrivania.
"Mr Stark", lo saluta Steve "Spero di non disturbare". E' in divisa da Capitan America, compresa la maschera, ma il sorriso è tutto di Steve Rogers.
Solo vederlo sulla soglia, sorridente e rilassato, gli fa accelerare il battito e sentire il sapore dolciastro e rivoltante dei fiori.
"No, no, nessun disturbo, Cap", dice, incoraggiante, cercando di respirare piano e ignorare il groppo che sente in gola. "Cosa posso fare per il team?"
"Oh", Steve sembra preso alla sprovvista. "Oh, no, volevo solo domandare se fosse tutto okay con Iron Man. Sono giorni che non lo vediamo in giro e io - cioè, il team si sta un po' preoccupando"
"E' in missione segreta per le Stark Industries", mente Tony. "In Medio Oriente. Non posso aggiungere altro, mi dispiace, Cap", aggiunge, con un'espressione contrita. "Ma procede tutto secondo i piani. Nessun contrattempo! Gli farò sapere che vi manca". Il suo tono è leggero, come se fosse solo una battuta.
"Sì, capisco. Okay", concorda, invece, Steve.
"Posso fare altro, Cap?"
"Ecco, il team pensava di organizzare una partita a pallacanestro questo pomeriggio - capisco se è impegnato, ma ci chiedevamo se volesse unirsi a noi e -"
Per un attimo Tony è preso alla sprovvista. "E' davvero un invito allettante, ma - temo di essere stato intrappolato dalle scartoffie". Solleva una pila di carta come a dimostrare le sue parole.
"Oh, capisco" Steve sembra vagamente deluso, ma non sorpreso. "In ogni caso, l'invito resta. Il team sarebbe felice di vederla in giro più spesso - fa tanto per noi, aprendoci la sua casa e fornendoci l'equipaggiamento e le divise e non sappiamo come ringraziarla"
E' una delle poche volte nella sua vita che Tony è a corto di parole. "E' il minimo che possa fare, Cap", dice, alla fine. "Non possiamo essere tutti eroi. Quello che posso fare è mettere i soldi", aggiunge, scrollando le spalle e distogliendo lo sguardo.
"Fa anche più del necessario - e non solo con i soldi, ma anche con il tempo e la dedizione alla causa"
Tony alza gli occhi e Steve è luminoso, sincero e irraggiungibile.
"Non è niente, davvero", dice, afferrando il bordo della sedia, cercando di ricacciare in gola quello che probabilmente sono un'altra manciata di fiori che rischiano di soffocarlo. "E chiamami pure Tony", aggiunge, cercando di atteggiare il viso in un sorriso.
"Solo se mi chiami Steve".
"Steve", dice Tony, come se stesse pronunciando quel nome per la prima volta e non fosse familiare tra le sue labbra. "Con piacere"
Appena Capitan America si chiude alle spalle la porta dell'ufficio, Tony china la testa e cerca di respirare piano dal naso - ma gli spasmi alla gola lo costringono a chinarsi e a tossire e tossire finché la moquette accanto alla scrivania non è ricoperta di sangue e petali blu. Al centro, intatto, un non ti scordar di me.
Tony ride e ride, finché non ricomincia a tossire, perché non è come se potrebbe mai scordarsi Steve Rogers, ed è esattamente quello che lo sta uccidendo.
La beffa dell'intera situazione è che esiste un rimedio: un'operazione chirurgica per rimuovere la malattia alle radici. Letteralmente, in questo caso.
Un'operazione fattibile solo per chi non abbia il torace e l'addome protetti da una spessa lastra di metallo.
Tony sa perfettamente che non esiste una tecnologia che possa guarire il suo cuore - e di certo, non ha abbastanza tempo e conoscenze per inventare qualcosa di diverso dal cheastplate che indossa.
Forse dovrei solo togliermelo e risparmiarmi qualche settimana passata a sputare sangue e fiori, pensa - ma poi si lascia scivolare a terra, nella sua camera da letto, e collega la spina elettrica alla presa sul suo petto, per ricaricarlo.
Non è così che vuole morire.
La sera stessa indossa l'armatura ed esce con Steve, in divisa completa da Capitan America, e si siedono uno di fronte all'altro nella caffetteria due traverse dalla mansion.
Tony ordina un caffè nero e lo beve con la cannuccia e per un'intera ora finge che sia un appuntamento. Si sente patetico.
Quando Steve lo guarda sotto le ciglia bionde e gli sorride, sente la gola chiudersi nuovamente. "Il boss mi sta chiamando", dice, alzandosi in piedi.
Steve sembra deluso, ma sa che alcuni obblighi vengono prima di tutto. "Salutami Mr Stark. E vedi di tornare tutto intero".
Tony aziona i jet bots e scappa via.
E' nascosto nel laboratorio della mansion, seduto a terra e tutta la sua attenzione è concentrata sul compito quasi impossibile di respirare tra un attacco di tosse e l'altro. Ha del sangue che gli cola sul mento e a terra, oltre ai soliti petali blu dello stesso colore degli occhi di Steve, c'è il fiore intero di una rosa rossa. Sarebbe quasi poetico, se non fosse semplicemente doloroso e orribile sotto ogni punto di vista.
Respira, respira e in un attimo, ricomincia a tossire e ha gli occhi che gli lacrimano e il naso che cola ed è più sangue che saliva quella che sputa a terra, insieme a una spina di rosa.
Forse sarebbe potuto sopravvivere qualche anno con un cuore malandato, ma nessun transistor potrà salvarlo dalla realtà che Steve Rogers non lo ricambia: i fiori che continua a tossire sono una prova tangibile e inconfondibile.
Se solo il mondo sapesse, pensa, esausto e amareggiato, il playboy Tony Stark che tutti invidiano sta morendo perché non può avere chi vuole davvero.
Non è giusto, vorrebbe gridare, ma è troppo impegnato a tossire e vomitare fiori di cui non conosce nomi e dall'odore nauseante.
Non rimpiange l'essersi innamorato di Steve; quello che rimpiange è non è essere il tipo d'uomo che Steve potrebbe amare.
La settimana gli porta due missioni per gli Avengers (nessuna delle quali occupa più di mezza mattinata; ma, d'altra parte, Amora sembra più annoiata che determinata a conquistare il mondo), il lancio di un nuovo modello di Starkphone, l'invito a una serata di beneficenza a cui Tony risponde con un messaggio di scuse per l'assenza e un generoso assegno, e l'appuntamento con il notaio per rivedere il suo testamento.
Non ha più molto tempo, non più di qualche settimana, probabilmente; la tosse è sempre più frequente e Tony odia visceralmente ogni singolo fiore che si ritrova tra le mani.
Non è mai stato appassionato di botanica, ma ha sempre avuto un certo gusto estetico che gli permetteva di ammirare i grandi mazzi di fiori che Pepper amava lasciare in giro per rallegrare l'ufficio; adesso la vista dei gigli o delle orchidee sulla scrivania gli provoca un'ondata di nausea.
Tony sa perfettamente che non esiste cura per lui - e non può certo sperare che per un'improbabile coincidenza Steve decida di ricambiare i suoi sentimenti in qualche settimana. Non c'è molto che si possa fare, per un amore non corrisposto.
L'unica, minuscola fortuna, nella maledizione è che nessuno l'abbia ancora scoperto.
E' notte fonda e Tony è nella cucina comune della mansion, intento a fissare il nulla.
Avrebbe dovuto finire del lavoro per le S.I., ma ha passato la sera ripiegato sulla scomoda brandina nel workshop, troppo impegnato a tossire e a soffocare su manciate di fiori, per poter fare altro.
E' esausto.
Ricorda di aver pensato che fosse una buona idea farsi del caffè per cercare di lavorare qualche ora, ma potrebbe essere un'idea ancora migliore andare direttamente a letto.
"Pensavo di essere l'unico ancora sveglio".
Tony sobbalza, preso alla sprovvista e si volta; sulla porta della cucina, c'è Steve a braccia incrociate che gli sorride.
Il sorriso vacilla dopo un'occhiata alla sua faccia. Tony sa che probabilmente non ha aspetto stellare, ma si sente comunque vagamente offeso.
"Tutto okay, Mr St - Tony?"
"Tutto perfetto", risponde Tony, con un gesto noncurante della mano, voltandosi ad accendere la macchinetta del caffè, tanto per dare l'impressione di essere impegnato e non di aver passato gli ultimi dieci minuti fissando la parete della cucina. "Lavoro", aggiunge, a mò di spiegazione.
Steve per un attimo sembra voler commentare la decisione di bere caffé alle due e mezza di notte, ma poi chiude la bocca, senza dire una parola. Tony sa perfettamente che se avesse indosso l'armatura, l'altro non avrebbe trattenuto il commento - ma Tony Stark e Steve Rogers non sono amici. E' meglio così.
"Cioccolata?", gli chiede, invece, Steve, aprendo una delle ante della cucina.
"Uh". Forse potrebbe essere un'idea migliore rispetto al caffè. "Perché no. Grazie, Cap"
"Steve", lo corregge l'altro, prendendo due tazze e una confezione di cioccolato in polvere. "Iron Man è in giro?"
"E' - nelle vicinanze", risponde, scrollando le spalle e cercando di non avere un'aria colpevole.
"Spero che Shellhead stia riposando; meglio approfittare di questi giorni tranquilli, prima che i criminali decidano di conquistare il mondo tutti lo stesso giorno".
"Per qualche motivo, la maggior parte di loro finisce per farlo di lunedì", borbotta Tony.
"Pura malvagità", sorride Steve. E poi abbassa lo sguardo sul pacco di cannucce che ha tra le mani. "Oh". Tony guarda con sorpresa l'altro arrossire.
"Bere bevande calde con la cannuccia non è il massimo", commenta, stupito dalla strana reazione di Steve. Dovrebbe saperlo bene: in armatura, è l'unico modo in cui può bere senza alzare il faceplate e rivelare la sua identità. Fortunatamente, ha sempre amato i milkshake.
"Oh, sì - ehm, lo so. Forza dell'abitudine, immagino. Iron Man - "
Ah. AH. Steve stava pensando a lui. Tony viene investito da un'ondata di affetto e di vergogna per la necessità di dovergli mentire per proteggere la sua identità.
"- Bhè, non è stato in giro molto, questi giorni. Non che voglia immischiarmi nei vostri rapporti di lavoro-", si corregge subito Steve, come se si fosse improvvisamente ricordato di star parlando con il datore di lavoro del suo compagno di squadra. "E' solo che - Jan, Hank e Thor tornano alle loro case e - non c'è nessun altro in giro per passare la serata a leggere o giocare a carte -"
Tony ha lasciato solo Cap per settimane, realizza con un guizzo di vergogna. L'uomo si è risvegliato dopo due decenni di sonno in un mondo che non conosce e lui l'ha lasciato solo.
"Sono sicuro che Iron Man sarà più presente, nei prossimi giorni", cerca di non pensare al fatto che ben presto Iron Man non ci sarà per nessuno, mai più. Chissà dopo quanto tempo gli Avengers realizzeranno che non tornerà più dall'ultima missione in cui Tony Stark lo avrà inviato. "Avete fondato un club del libro, voi due?", aggiunge, per alleggerire l'atmosfera.
"Sì, possiamo dire di sì", risponde divertito Steve, iniziando a preparare la cioccolata calda per entrambi. "Abbiamo una passione in comune per Asimov e, ultimamente, Shellhead sta cercando di farmi appassionare a Re Artù". Sbuffa divertito.
"E'... Un ottimo consiglio", mormora, indeciso se confessare che condivide gli stessi gusti letterari di... Se stesso.
"Immagino. E' solo che - Immaginare Iron Man leggere storie di cavalieri... Mentre indossa un'armatura scintillante... E' un'immagine divertente", scrolla le spalle, cercando di trattenere un sorriso.
Tony ringrazia mentalmente che la sua carnagione gli renda molto difficile arrossire.
"Shellhead è... Il nostro cavaliere, dopotutto", ridacchia Steve, voltandosi a recuperare le tazze per versare la cioccolata calda ormai pronta.
Improvvisamente, non è più l'odore di cacao a riempirgli le narici, ma, in maniera assolutamente irrazionale, quello dei fiori che non può ancora sentire e che lo stanno soffocando di nuovo.
Basta, basta, basta - pensa, esausto per aver passato quasi tutta la giornata ripiegato su se stesso a tossire fiori e sangue. Che finisca.
"Tony?", la voce di Steve è interrogativa, come se si stesse chiedendo perché l'altro non abbia ancora afferrato la tazza fumante che gli sta porgendo.
"Scusa, Cap", riesce a dire con voce soffocata. "Devo -", ma le altre parole rimangono bloccate nella gola chiusa. Deve andarsene subito. Eccetto che non fa in tempo a voltarsi che la mano di Steve lo afferra per un gomito. Ops, improvvisamente non si sente molto stabile. "Tutto bene?" gli chiede, scrutando il suo volto in cerca di un gesto di assenso.
Tony cerca di respirare con il naso, ma - i suoi occhi iniziano a lacrimare per lo sforzo di non gettarsi a terra a quattro zampe e tossire fino a vomitare il malloppo di petali e chissà che altro che è incastrato nella sua gola. Non ha idea del perché così tanti film e romanzi abbiano dipinto una simile malattia come poetica.
"Tony?", e questa volta il tono è preoccupato.
Tony cerca di annuire, ma persino un gesto così piccolo è uno sforzo troppo grande e non può fare assolutamente nulla per evitare di piegarsi in avanti e tossire così forte da sentire una fitta di dolore alla gola. Al secondo colpo di tosse, china ancora la testa e vomita sul pavimento una boccata di sangue e due perfetti fiori azzurri di cui non ricorda e non vuole nemmeno sapere il nome.
Steve fa un balzo all'indietro, preso alla sprovvista e lascia la presa sul suo braccio.
Tony, senza forze e senza nessuno a tenerlo, si lascia scivolare in ginocchio e continua a tossire e tossire e tossire. Non alza lo sguardo verso Steve. Gran bello spettacolo, dice, nella sua testa, la voce che sembra Howard. E' intimamente familiare con quella voce. Gran bella opinione deve avere Capitan America di qualcuno che non si regge in piedi per qualche colpo di tosse.
Tossisce, sputa un'altra manciata di petali e chiude gli occhi, cercando di respirare.
Non ha mai provato una simile vergogna.
"Tony - ", dice piano Steve, inginocchiandosi al suo livello. Fa per allungare una mano e -
"No" - dice Tony, indietreggiando, e l'altro si blocca come se qualcuno avesse premuto il tasto pausa.
Non mi piace essere toccato. Niente di personale. Aveva detto Tony Stark, con tono contrito, ma amichevole a Capitan America più di un anno prima, quando l'uomo era entrato nella mansion per la prima volta, indossando ancora la divisa con cui era caduto nel ghiaccio vent'anni prima.
Nonostante non vorrebbe altro che afferrare e stringere la mano allungata di Steve, non può permettersi di lasciarsi toccare: basterebbe una pacca sulla spalla per far realizzare all'altro che sotto i suoi vestiti c'è una spessa lastra di metallo. Il cheastplate che fa sì che il suo cuore continui a battere e che, allo stesso tempo, lo condanna a morire soffocato dai fiori.
Non può permettere che l'altro scopra che sotto l'armatura di Iron Man non c'è altri che Tony Stark.
"Mi dispiace, avevo quasi dimenticato - ", dice Steve, con tono imbarazzato.
Come se fosse lui ad avere qualcosa di cui vergognarsi, pensa Tony, con amarezza, mentre cerca di ricacciare indietro le lacrime e un altro attacco di tosse, questa volta più debole. Sputa ancora qualche fiore stropicciato e insanguinato e finalmente, respira.
"Tony... Chi - ?". Non alza lo sguardo verso Steve perché non vuole vedere l'espressione di pietà che sicuramente gli starà rivolgendo. Chi è che non ti ricambia?, gli sta chiedendo, senza osare finire la frase perché Steve Rogers e Tony Stark non sono amici e certo non confidenti.
"Qualcuno che - non merito", risponde con voce roca.
"Tony - ", esita Steve che per la prima volta da quando lo conosce, sembra non sapere cosa dire. "Chiunque sia questa persona -"
"No", lo interrompe Tony, che non può starsene seduto sul pavimento della cucina ad ascoltare l'uomo di cui è innamorato parlare di se stesso senza saperlo. Non vuole sentire la solita frase di circostanza che Steve sembra sentirsi in dovere di fornirgli.
"So che i medici possono fare qualcosa, in questi casi", dice piano, alla fine. "Andrà tutto a posto, vero?".
"Sì", mente Tony. "Guarirò".
Tony passa i successivi tre giorni a soffocare su boccate di sangue e fiori.
Prova a lavorare su qualche progetto per le S. I. senza nessun successo, fino a quando non si arrende e si siede sulla brandina accostata alla parete ruvida e si limita a cercare di respirare.
Gli mancano Happy e Rhodey e Pepper e Jarvis, ma non vuole farsi vedere in simili condizioni.
Pensa a Jan e Hank e Thor e Steve che probabilmente sono al piano di sopra, magari nella cucina a mangiare insieme qualsiasi cosa Jarvis abbia cucinato. Mi mancheranno, pensa, irrazionalmente, come se fossero gli altri a star per andarsene per sempre.
Proprio quando Tony riesce finalmente a respirare per qualche minuto, l'identicard sulla sua scrivania lampeggia.
Almeno un'ultima volta, pensa, afferrando la valigetta che contiene la sua armatura.
"Iron Man!", lo saluta allegra Jan, volando verso il grosso drago che sembra aver preso residenza in Central Park. "Era ora che tornassi a darci una mano!"
"Eh, l'armatura non era il massimo per prendere il sole in spiaggia, Wasp", risponde, con tono leggero.
Scarta a mezz'aria e accelera, deciso a dare un'occhiata più da vicino alla gigantesca bestia intenta a... Ammirare il panorama.
E' grande come un palazzo di quattro o cinque piani e di un rosso acceso. Le zampe hanno lunghi artigli che la bestia sta usando per frugare pigramente nel terreno davanti a sé. Le creste sul dorso, fino alla punta della lunga coda, sembrano affilate e scintillano come rubini alla luce del tramonto, ma il drago appare perfettamente soddisfatto dallo starsene accucciato come un cane ubbidiente.
"Uh. Non sembra particolarmente feroce"
"Per fortuna"
"Cap! Non eri ansioso di affrontare un vero drago?"
"Io? Forse confondi chi, tra noi due, è appassionato di mitologia, Shellhead - ", può sentire il sorriso di Steve nelle sue parole che risuonano chiare attraverso il comunicatore.
"Uh. E' stata l'armatura a tradirmi?"
"Quella e le letture che - "
Ma Steve non riesce a finire la frase che un lampo squarcia il cielo e il dio del tuono appare, con Mjolnir tra le mani, e un'espressione furiosa sul viso.
Successivamente, Tony ricorderà con chiarezza l'istante in cui realizza che Thor non si sta fermando -
"Thor! NO!", urla, ma il tempo sembra rallentare solo ai suoi occhi, perché l'altro Avengers ha già sollevato il martello carico di elettricità e, prima che nessuno possa far nulla per impedirlo, punta l'arma contro il corpo acciambellato del drago. "Arrenditi, bestia!", tuona.
Il drago sobbalza e spalanca le fauci da cui esce un roco verso di dolore. Fa per voltarsi e -
"Cap! ATTENTO!", urla Tony, accelerando verso l'enorme coda decorata da scaglie e creste acuminate che scatta nervosa verso il punto in cui si trova Steve.
Sul viso di Steve compare un'espressione determinata e alza lo scudo, ma Tony spinge i jet boots al massimo e in un attimo è al suo fianco e - non si ferma, ma spinge Cap fuori dalla traiettoria un momento prima che l'enorme coda guizzi al suolo nel preciso punto dove si sarebbe trovato Steve.
"Iron Man!", sta urlando qualcuno - ma Tony è troppo impegnato a cercare di respirare, e per la prima volta dopo giorni, per un motivo diverso da qualche manciata di fiori bloccata in gola.
Il metallo dell'armatura si piega sul fianco destro dove la coda della bestia lo colpisce e Tony pensa stupidamente - fa che non si rompa, fa che non si rompa - prima di ricordarsi che forse, dopotutto, non sarebbe così male morire salvando la vita a Steve, anziché soffocare lentamente.
"Iron Man! Status!", grida Steve, correndo verso di lui e Tony si lascia cadere in ginocchio, scuotendo la testa per cercare di pensare lucidamente.
"E' tutto okay", mente, cercando di respirare tra una fitta al fianco e l'altra. "L'armatura mi ha protetto", e, per lo più, è vero; Tony è intimamente familiare con i sintomi dell'infarto e il fatto che non ne stia avendo lo rassicura che il cheastplate funzioni ancora, nonostante le ammaccature che gli premono sul fianco.
Ma in quel momento, nel peggior istante possibile, sente la gola contrarsi e il sapore nauseante dei fiori sulla lingua. "Scusa, Cap, devo andare", dice, senza fermarsi ad aspettare la risposta. Grazie al cielo i jet boots funzionano, pensa, sfrecciando verso la mansion, senza voltarsi indietro.
Spenge il comunicatore nel casco e inizia a tossire e tossire, strozzandosi sui fiori che gli risalgono in gola e di cui il sistema di areazione dell'armatura non riesce a disfarsi.
Non sa nemmeno come riesca ad arrivare alla mansion, ma appena entra nel workshop, sgancia il casco e lo lascia cadere a terra. Dopotutto è già ammaccato, pensa, ma sa che la ragione è perché presto non gli servirà più.
Inginocchiato a terra come se stesse pregando un dio a cui non crede abbassa la testa e tossisce e sputa sangue e gli odiosi fiori blu, dello stesso colore degli occhi di Steve.
Steve, pensa e non riesce a odiarlo per quello che gli sta accadendo - ed è esattamente il problema.
"Iron Man!", lo chiama una voce che conosce.
La porta è aperta, pensa con orrore Tony, ancora a capo chino verso il pavimento coperto dagli schizzi di sangue e petali. Non può essere qui!
Ma Steve entra nel suo workshop dalla porta rimasta spalancata e si blocca.
Indossa ancora la maschera, ma non basta a celare gli occhi spalancati e l'espressione scioccata sul suo viso.
Tony alza lo sguardo. Se devo morire, che io muoia così, pensa, con l'immagine di Steve stampata negli occhi.
"Tony", e la sua voce è remota e incredula. "- sei -"
Perdonami per tutte le menzogne, vorrebbe dire, ma non ha più la forza per fare nient'altro che non sia respirare piano e cercare di non ricominciare a tossire.
"-Iron Man", finisce Steve e si inginocchia accanto a lui, come se non avesse notato il sangue e i petali sul pavimento. "Oh", mormora. "Sei tu. Sei sempre stato tu che io -"
Tony chiude gli occhi e respira e respira e per la prima volta dopo più di un mese non soffoca.
"Sei sempre stato tu", ripete Steve, con qualcosa come meraviglia nello sguardo.
Non morirò, pensa Tony, mentre con vertiginoso stupore osserva il suo mondo ribaltarsi. Non morirò, si ripete con incredula convinzione. E poi, ad alta voce: "Ti amo anch'io".
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NOTE.
Altrimenti detta la Fic dove Steve si innamora di Iron Man e Tony si innamora si Steve ed è tutto un grosso triangolo tra due persone soltanto.
Per la cronaca, sono sicura che Thor si sia prontamente scusato con il povero drago, una volta capita la situazione.