
48. Caffè
Marzo 2002
“Non posso farcela.” Aveva appoggiato la fronte sui fogli sparsi sul tavolo della cucina di Steve e Bucky. Stava studiando. O almeno stava facendo finta di studiare. Bucky giocava alla PlayStation, sbraitando contro il gioco ogni volta che lo facevano fuori. Natasha era seduta sulla poltrona, con un libro in mano, ma era sicura che stesse osservando tutti loro. Lo faceva sempre anche se sembrava che nessuno se ne rendesse davvero conto. O forse erano solo fin troppo abituati a questo suo comportamento. Clint era alla finestra, continuando a dire che avrebbe voluto sparare a tutti i piccioni che continuavano a sporcare la scala anti incendio. Stranamente si era unito anche Rhodes a loro, che studiava assieme lei quello su cui stava lavorando.
E Steve, il suo magnifico Steve, era seduto accanto a lei. Le accarezzava distrattamente i capelli mentre studiava anche lui.
“A me sembri ad un ottimo punto. Se continui con questo ritmo la tesi sarà anche pubblicata.” Rhodes aveva indicato un punto preciso sul foglio, ma lei non lo stava guardando. Non poteva farcela. Ne era certa.
“Non si riferiva alla tesi. Quella sa che sta uscendo benissimo, ieri me ne ha parlato per due ore al telefono, anche se devo ammettere che non ho capito molto.” La mano di Steve si era spostata dai suoi capelli, e aveva solo sentito il libro che veniva appoggiato sul tavolo. “Parla del caffè.”
Aveva sbuffato. A questo punto aveva solo sbuffato. Lentamente aveva voltato la testa verso di lui e lo aveva guardato male.
Avevano fatto una scelta. Avevano fatto una scelta probabilmente molto scellerata e sconsiderata di cui non avevano ancora informato nessuno, ma l’avevano fatta. E lei aveva subito fatto dei cambiamenti repentini nella propria alimentazione abituale.
Non c’erano più litri di caffè o birra. La seconda era stata eliminata seduta stante assieme a tutto il repertorio di alcolici che fin troppo spesso ingurgitava. Il caffè era stato limitato. Non eliminato. Non voleva credere che un simile nettare degli dei inventato solo per fare del bene all’umanità potesse nuocere davvero. Non poteva essere vero. Non poteva e non voleva crederci. Come poteva quello che la manteneva in vita ogni giorno cercare di uccidere quello che stava crescendo in lei. Non ci credeva. Non c’erano abbastanza studi scientifici a sostegno di questa tesi perché lei ci credesse.
Aveva tuttavia ridotto l’assunzione di caffeina. Poco caffè diluito in mezzo litro di latte al mattino. Solo per riuscire a carburare e mettere in moto la macchina che era il suo cervello e il suo corpo. Non poteva rinunciare del tutto. Già aveva rinunciato a tutto il resto del suo repertorio contenente caffeina. Niente energy drink, niente Coca-Cola. Al caffè non poteva rinunciare.
“Niente caffè, niente alcol, niente sushi. Tasha, stai morendo?” Era stato Bucky a parlare, senza staccare gli occhi dal suo gioco. Non sembrava neppure prestare molta attenzione a quello che realmente stava succedendo attorno a loro.
“Steve non l’avrà tirato fuori in tempo.” Clint non si era spostato dal posto in cui si era appollaiato sulla finestra. Continuava a fissare qualcosa in strada. O ancora qualche piccione che voleva far fuori.
“Quanta volgarità, Clint. E poi parli di Steve. Scoperà con tre preservativi sull’uccello per essere sicuro di non fare cazzate. Sai com’è paranoico il ragazzo e quanto gli piace avere tutto sotto controllo.”
Aveva solo guardato Bucky, quasi schifata dalle parole che erano appena uscite dalla sua bocca. Ma non aveva il coraggio di aprire bocca, perché Bucky e Clint avevano ragione entrambi. Perché un piccolo Steve stava davvero crescendo in lei.
“In realtà sì. Ho fatto il danno.”
Aveva avuto una sincope e il suo cervello era andato in tilt non appena aveva sentito la voce di Steve. Non lo avevano detto a nessuno. Era una cosa che era ancora solo loro. Rhodes non lo sapeva. Il suo Rhodey che di solito era il primo a sapere tutto, non ne era stato messo al corrente. E aveva paura a guardarlo in quel momento. La stava giudicando. Ne era sicura. Silenziosamente la stava giudicando.
Ma la stavano giudicando sicuramente tutti. La stanza era piombata in un silenzio assoluto e si sentiva osservata. Sapeva sempre quando qualcuno la osservava. Ci era abituata. E ora la stavano guardando. Li stavano guardando, per la precisione. Perché gli occhi di Bucky erano fissi su Steve anche se non gli stava dicendo nulla.
“Steve.” La voce di Bucky era bassa e seria, come non lo aveva mai sentito prima. E non toglieva gli occhi dal proprio migliore amico. “Stai scherzando, vero? State scherzando entrambi, giusto? Tu hai sempre usato il preservativo e tu non sei incinta. Non puoi essere incinta, cazzo! Hai 17 anni! Non sei neppure maggiorenne!”
“Per quanto mi pesi ammetterlo, sono d’accordo con Barnes stavolta.” La voce di Rhodes aveva raggiunto le sue orecchie, ma non voleva guardarlo. La stava giudicando. Lo stava facendo seriamente stavolta. Non era come le altre cazzate fatte da Natasha Stark. Questa era più seria. Era la cosa più seria che lei avesse mai fatto probabilmente.
“Eppure c’è un baby Rogers in questo involucro di carne e frustrazione. Già da un po’.” Aveva guardato Steve, che ancora non aveva interrotto il contatto visivo con Bucky. Stavano sicuramente comunicando telepaticamente.
“Non ci credo!” Clint era scoppiato a ridere e si era spostato dalla finestra. Sempre ridendo si era avvicinato al frigorifero e ne aveva preso una birra. Subito dopo averla aperta si era seduto a tavola con loro. “Tasha, per quello che vale, hai il nostro appoggio.”
“Parla per te, Barton. Questa è una mocciosa, non può averne uno a sua volta.” Rhodes non era mai simpatico. Questo lo aveva sempre saputo e sapeva che non avrebbe mai avuto la sua compassione. Anzi. Rhodes le avrebbe fatto una paternale non appena fossero rimasti da soli. Lo conosceva bene. Sapeva che non le avrebbe dato pace fino a quando non avesse avuto qualche risposta che lo soddisfaceva da lei. Qualunque fosse stata.
“Oh, dai, Rhodes! Per crescere un bambino ci vuole un villaggio, e non siamo quel villaggio! Non è mica da sola!” Clint aveva ridacchiato con gusto mentre le scompigliava i capelli e lei lo fulminava con lo sguardo.
“Quindi avete deciso di tenerlo?” Natasha li aveva guardati non muovendosi dal divano. Era ancora seduta accanto a Bucky, ma sembrava quella più rilassata e tranquilla di tutta la stanza. Osservava loro due e sembrava anzi quasi divertita dalla situazione. Non sarebbe mai riuscita a capire quella donna. Ne era sicura.
“Sì, abbiamo deciso di tenerlo.” Aveva risposto Steve al suo posto. Ed era così sicuro di quella risposta proprio come lo era stato quando lo aveva detto a lei. Quando ne avevano parlato a lungo dopo che lei aveva appena fatto la visita ginecologica. Le aveva lasciato carta bianca su cosa fare. Aveva espresso la propria opinione, le proprie preoccupazioni. Aveva parlato in modo razionale e calmo mentre lei aveva solo camminato in tondo come una pazza non riuscendo a decidere nulla lucidamente. Aveva solo parlato a vanvera, piena di paura e terrore, mentre non sapeva cosa fare e cosa decidere. Ma Steve era riuscito a rassicurarla e farla decidere. Farla scegliere cosa voleva davvero fare. E per quanto fosse assurdo, quel bambino lei lo voleva.