
steve/fem!bucky
Steve non ha mai davvero considerato il fatto che Bucky fosse una ragazza, da quando sono diventati amici da bambini, perché Bucky prima dei quattordici anni non sembrava davvero una femmina: unica figlia e primogenita di quattro, suo padre l'ha sempre adorata e ha sempre lasciato che facesse ciò che voleva nonostante la maggior parte delle attività che la interessavano fossero maschili. Andare al garage per vederlo lavorare e farsi spiegare come funziona un motore e provare ad aggiustarlo con lui? Con piacere. Fare qualche lezione di boxe alla palestra di un amico di famiglia? Non si sa mai che tipo di delinquenti possa incontrare, molto meglio che sia in grado di mandare qualcuno al tappeto. Indossare solo pantaloni e camicie, e raccogliere sempre i suoi lunghi capelli neri sotto il berretto? Giocare con gli altri bambini indossando vestiti con la gonna sembra molto difficile, dopotutto.
Perciò Steve non può essere davvero biasimato quando rimane ammutolito e con gli occhi sgranati nel vedere Bucky agghindata come una ragazza, quella domenica mattina dopo la Messa: è come avere davanti un'altra persona e non la sua migliore amica, pensa, perché Bucky all'improvviso lo intimidisce con indosso un delicato abito dalla fantasia floreale e con i capelli scuri acconciati in boccoli morbidi. Il sorriso sulle sue labbra (che per qualche motivo sta avendo molte difficoltà a non fissare) è sempre lo stesso, la scintilla nei suoi occhi chiari immutata rispetto al giorno prima, ma Steve si sente impacciato come mai prima quando Bucky gli chiede un parere su come stia prima ancora di salutarlo, facendo una giravolta che fa sollevare un poco la gonna. Si sente le guance andare a fuoco, e la sua bocca non vuole sapere di chiudersi, e le sue dita formicolano con il desiderio di impugnare una matita e ritirarla, ma nel frattempo l'ampio sorriso di Bucky si è fatto incerto e notevolmente più timido di prima e Steve si sente per un attimo preso dal panico perché Bucky è sempre stata una delle persone più belle che abbia mai visto, in ogni situazione, ma non l’ha mai trovata attraente, forse perché l’ha sempre considerata prima di tutto la sua migliore amica e non una ragazza, ma oh. Oh.
“Posso disegnarti?” gli scappa di bocca prima che possa davvero rifletterci su, e Bucky trasalisce da dove si è avvicinata di un passo nel timore che il ragazzo stesse per avere una crisi, poi avvampa violentemente e infine si mette a ridacchiare in modo quasi civettuolo con una mano a coprirle la bocca.
“Non l’hai già fatto milioni di volte?” chiede lei, cogliendolo di sorpresa e facendolo nuovamente arrossire di vergogna perché non pensava che lei sapesse, ma davanti allo sguardo incoraggiante della ragazza si limita ad annuire perché tanto sa che mentire non servirebbe a niente.
“Vorrei provare a ritrarti così,” risponde, e Bucky sorride e, audace o sfrontata come solo lei può permettersi di essere, gli prende una mano e si stringe al suo fianco nonostante la notevole differenza nelle loro altezze.
“Andiamo subito, allora, ti va?”
Anni più tardi, quando Steve ha ormai lasciato questo mondo e Bucky è rimasta vedova (e madre di due gemelli) ad appena ventotto anni, il ritratto che suo marito le ha fatto quel giorno è incorniciato e appeso vicino al suo comodino.