
Di come Capitan America incontrò la ragazza di Young Justice
Steve Rogers camminava per le strade di New York con indosso un vistoso cappello arancione e degli occhiali da sole brillantinati , tutto ciò nella speranza di non essere riconosciuto.
Dopo aver registrato il penultimo episodio della sua serie di video per la scuola superiore, aveva deciso di prendersi una piccola - e meritata - pausa. Recitare un copione era mille volte più faticoso di combattere il crimine o di sopportare l’ingombrante presenza di Tony Stark !
Steve era rimasto un po’ perplesso da quello che gli sceneggiatori e i produttori avevano deciso: lui avrebbe preferito un approccio più diretto con gli studenti, ma da persona positiva qual era covava fiducia negli esperti del mestiere.
Il suo piano attuale era quello di gustarsi un bel panino in un bar di sua vecchia conoscenza. O meglio: sempre se il bar che ricordava di frequentare da ragazzo esistesse ancora.
In tal caso, si sarebbe seduto al tavolo vicino alla vetrata- il suo preferito - altrimenti, avrebbe trovato un altro posto dove pranzare. Di certo a New York non scarseggiavano i ristoranti.
Arrivò fiducioso davanti all’entrata del ristorante , o almeno a quella che in passato lo era stata.
Al suo posto si ergeva imperiosa una catena di fast food, specializzata in quei prodotti saturi di grassi e conservanti che Bruce aveva la pessima abitudine di ordinare nei momenti più intensi in laboratorio. Steve cercava di evitare questi posti: non era per fare il salutista, a differenza di ciò che diceva Tony, ma più che altro perché non voleva finanziare le grandi multinazionali. Una volta aveva letto di come le aziende americane sfruttassero le foreste dell’Amazzonia per trapiantare degli allevamenti intensivi. Che senso aveva combattere tutti i giorni per un mondo migliore se poi era complice dei capitalisti senza scrupoli?
Adesso, qualcuno - Tony! - lo avrebbe definito un ipocrita.
Perchè, dopo aver contemplato l’idea di tornare indietro, riprendere la metro, cercare un altro posto dove mangiare, ordinare, pranzare senza strozzarsi e poi tornare sul set, elaborò che avrebbe impiegato troppo tempo e il risultato finale sarebbe stato terminare la giornata senza pranzo.
Steve prese un respiro profondo, gettò un’occhiata intorno a sé per essere sicuro che nessuno lo stesse spiando e varcò la soglia del locale.
Gli bastò restare lì per qualche minuto per decidere che no, cascasse il mondo non avrebbe mangiato nulla uscito da quella macchina di metallo gorgogliante.
Fece dietrofront a passo spedito, cercando per la strada qualcuno a cui chiedere un’informazione. Prima di importunare qualche passante , anche se, onestamente, sarebbe stato lui quello importunato: data la sua fama, gli era impossibile rivolgersi ad un civile senza il tipico rituale complimento- selfie - autografo.
Aveva autografato gli oggetti più atipici ( decoltè,borse della spesa, felpe, svariati slip di svariate fattezze ) ma questo era niente in confronto a ciò che ha firmato Thor.
L’asgardiano aveva infatti posto la sua firma artistica anche su dei documenti che certificavano l’acquisto in una villa alle Maldive.
Quella tecnicamente era una truffa ma Thor non aveva voluto sentire ragioni.
Dopo tre anni era ancora convinto che quello fosse stato un immenso gesto d’affetto di un fan sfegatato . Che il suddetto fan fosse il prestanome di una startup che commerciava filo interdentale con base in Nicaragua era un dettaglio trascurabile.
Alla ricerca - sempre più disperata - di un posto a sedere e di qualcosa di commestibile da mettere sotto i denti, Steve registrò un corpo estraneo sbattere contro di lui. Raddrizzò la sua postura già impeccabile, pronto all’attacco.
Un inconveniente del genere non ci voleva proprio: per dare una lezione a qualunque entità misteriosa che avesse deciso di ostacolare il suo cammino sarebbe servito molto più tempo della sua pausa pranzo. Non voleva poi ritardare il suo secondo appuntamento della giornata con uno dei produttori: quel giovane sembrava non dormire da secoli e Steve avrebbe dovuto preservare le giovani menti della sua nazione, non sfinirle ulteriormente!
A proposito di giovani menti, l’ufo che lo aveva urtato non era altro che un ragazzino alto e allampanato con una zazzera di capelli rossi e lentiggini da ogni parte. Il suo abbigliamento particolare - scarpe verde acido,jeans con dettagli catarifrangenti, t-shirt arancione e giacca a vento fosforescente che cozzava incredibilmente con la sua capigliatura - e la quantità spropositata di volantini che aveva tra le mani lo rendevano un soggetto piuttosto riconoscibile. A causa dell’impatto alcuni dei suddetti volantini erano finiti sparsi a terra e , nel raccoglierne uno, Steve si fermò a leggerne il contenuto.
"Offerta incredibile : panino, contorno e bibita a scelta a soli 8 $!
Un dolce in omaggio e la possibilità di tentare la fortuna: vincerai? "
Forse era un segno del destino: aveva trovato un posto dove pranzare!
Gettò un’occhiata al ragazzo , il quale sicuramente aveva un paio di anni in più di quelli che Steve gli aveva dato.
-Mi scusi, non volevo urtarl- i suoi occhi assunsero le dimensioni di vinili - STEVE ROGERS! OMMIODDIOROYNONMICREDERÀMAI-
Steve gli tappò la bocca prima che una folla di curiosi impertinenti potesse accerchiarli. Per il momento non sembrava esserci nessuno in giro: quel ragazzino parlava così velocemente. Ogni tanto - nella sua testa - Steve si lamentava di come il protetto di Tony sfornasse parole su parole ma ehi, questo tipo sarebbe potuto rivelarsi un ottimo risultato.
-Shh. Sì, sono io. Lavori in questo ristorante ? - gli domandò puntando con l’indice l’offerta in caratteri cubitali.
-Io… Sì sì sì. Cazzo sto parlando con- No vabbè, ho le allucinazioni? Sapevo che non avrei dovuto mangiare quello yogurt scaduto e-
Steve sollevò un sopracciglio a quel fiume di stupidaggini, ma allo stesso sorrise leggermente per il genuino entusiasmo di quello che , ipotizzò , fosse una sorta di fattorino.
-Hai mangiato dello yogurt scaduto? - ripeté per essere sicuro di aver capito bene.
-Signor sì signore ! Yogurt intero alla banana scaduto l’altro ieri signore !- scattò quello portandosi la mano alla tempia ed imitando un gesto militare.
-Stai andando al ristorante?
-No signore.
-Potresti darmi delle indicazioni?
Steve non aveva effettivamente pensato a dove potesse trovarsi il locale: magari il ragazzo stava distribuendo quei volantini in una zona molto distante da esso.
-Posso accompagnarla io. Signore.
Ancora un po’ scosso dall’incontro, come evidenziato dalle sue gambe molli e dall’enorme sorriso sulla faccia lentigginosa , il ragazzo - che scoprì chiamarsi Wally- lo condusse davanti una paninoteca dall’aspetto un po’ anonimo. Fuori c’erano un paio di tavoli occupati da un gruppo di anziani impegnati in una partita di poker.
Steve si calò meglio il berretto sugli occhi, apprezzando la tranquillità di quella parte un po’ periferica della città.
Seguì Wally nel locale, trovandosi davanti un bancone dalle dimensioni modeste e quattro sgabelli di vernice nera. Qualche tavolo a destra, una saletta adibita alle tavolate e agli eventi a sinistra, un televisore vecchio di qualche anno che trasmetteva una partita di baseball. Si respirava un’aria sonnecchiante e piacevolmente rilassata, in netto contrasto con la sua vita frenetica.
Steve stava per sedersi al bancone e sfruttare la promozione che aveva letto prima, ma Wally lo frenò prima che potesse anche solo avvicinarsi ad uno degli sgabelli.
-Signore scherza ? Per il cap solo un posto esclusivo ! - esclamò Wally sussurrando l’ultima parte in nome della riservatezza che Steve lo aveva implorato di mantenere.
Il vecchietto appisolato alla fine del bancone e con il sigaro che pendeva pericolosamente dalla sua bocca semiaperta non sembrava essersi reso conto di nulla. Steve osservò come la bava che calava a gocce si depositasse in una macchia uniforme sulla camicia a quadri sbiadita.
Wally lo portò in un tavolino più appartato degli altri , la cui vista affacciava sul parchetto del quartiere, al momento desolato a causa del sole cocente.
Rimasto da solo con il menù - un cartoncino plastificato dai toni sgargianti - Steve pensò per qualche minuto a cosa ordinare. La scelta non era molta e optò per un hamburger classico, una coca senza zuccheri e un'insalata mista.
Poco dopo - come se lo stesse tenendo sotto controllo - apparve Wally, ora con indosso la sua tenuta da cameriere. Il giovane aveva aggiunto al suo sgargiante abbigliamento un grembiule color menta e un taccuino che stava per finire tutti i fogli. Alla mano una matita più piccola di un pollice, Wally era pronto per prendere la sua ordinazione.
-Bene, prendo una coca senza zuccheri, un’insalata mista e un hamburger classico.
-Il dolce signore ?- domandò Wally appuntando tutto diligentemente.
-No grazie, sono apposto così.
-Ma è in omaggio, Artemis potrebbe rimanerci male se-
Steve non ebbe tempo di domandarsi chi fosse Artemis perchè una voce autoritaria e un po’ inquietante risuonò dalla cucina della paninoteca.
-GRAYSON DOVE HAI FICCATO LE CIPOLLE .
Steve immaginò che la frase fosse stata pronunciata senza punto di domanda alla fine, in pieno stile militare. Il povero Grayson sembrò aver ritrovato le preziose cipolle dato che non si sentirono più suoni dragheschi.
-Hm sì, come stavo dicendo… Artemis potrebbe rimanerci male. Le consiglio di scegliere un dolce, signore.
Steve decise di dare retta al ragazzo, il quale sembrava essere familiare agli scoppi d’ira di questa Artemis.
-Torta di mele allora. Con gelato alla vaniglia, grazie.
-Ottima scelta ! - proferì Wally prima di lasciare la sala alla velocità della luce. Dalla cucina si udì qualche piccolo frastuono, ma nessuno tranne lui nel locale sembrava esserne stato turbato.
Steve prese a tamburellare con le dita sul tavolo in attesa della sua bibita. La cola gli venne servita con abbondante ghiaccio e limone, così che risultò particolarmente rinfrescante e rigenerante nell’afa del primo pomeriggio.
Poco dopo fu il turno delle due portate principali: l’hamburger aveva un aspetto discreto e Steve apprezzò il formaggio, che grazie alla sua ottima stagionatura non sovrastava il sapore della carne e dei sottaceti.
Mentre era a metà della sua insalata mista - ottima per sciacquarsi la bocca in previsione del dessert - le luci all’interno del ristorante si spensero di colpo.
Per la seconda volta in quella giornata Steve pensò di essere vittima di un qualche attacco.
Percepì invece dei passi vellutati ma decisi, incalzanti, consci di cosa volevano e di come ottenerlo. A causa della scarsissima illuminazione Steve non potè intravedere l’aspetto della misteriosa figura, ma scartò Wally a priori.
Aveva infatti notato che le sue scarpe verdi e ultra luminose avevano un caratteristico e fastidioso suono, come se ad ogni passo il ragazzo affondasse i piedi in una bacinella piena di calzini grondanti d’acqua.
Questo ticchettio era invece associabile ad una scarpa più elegante, forse con un po’ di tacco. Con il volto in controluce, Steve si ritrovò davanti una bellezza mozzafiato.
La ragazza era alta, slanciata, con curve generose ma proporzionate e soprattutto evidenziate dal suo abbigliamento. Una gonna nera fino al ginocchio le fasciava perfettamente i fianchi contenuti, una camicetta striminzita incorniciava le spalle ampie e un petto prosperoso, fino ad un insulso giacchetto di filo verde che aveva la presunzione di rendere meno sexy il tutto. I suoi lunghi capelli biondi erano legati in una treccia ferrea e beh, le scarpe erano simili a ciò che aveva immaginato. Potevano essere una sorta di ballerine dotate di un tacchetto corto e quadrato sicuramente comodo per chi passasse molte ore in piedi.
-Scusi il ritardo… Volevo darmi una sistemata prima di incontrarla. - disse una voce suadente e calda.
Steve dovette allentare un po’ il colletto della sua polo che sfortunatamente iniziava ad incollarsi alla sua schiena.
La ragazza aveva portato con sé una ruota di cartone dotata di una freccetta di plastica arancione. Steve si domandò in quale razza di posto fosse finito e se forse sarebbe stato meglio finanziare l’industria tutt’altro che etica dei fast food e delle mucche geneticamente modificate.
La sua mente gli riportò davanti l’immagine del volantino pubblicitario e l’accattivante proposta di tentare la fortuna… Era arrivato il suo momento?
-Si sente in vena di sfidare la sorte ? - domandò lei sbattendo le folte ciglia dei due fanali color nocciola che si ritrovava. Steve studiò il suo viso perfettamente simmetrico per qualche minuto e considerò che sì, aveva decisamente un po’ di tempo per giocare. Solo lui e la sua coscienza sarebbero stati al corrente di tutte le storie che aveva fatto per risparmiare tempo e non creare disagio ai produttori.
-Certo, perchè no.
Lei annuì soddisfatta, le sue labbra carnose piegate in un sorrisino consapevole : sapeva che lui avrebbe accettato. Forse sarebbe dovuto essere turbato dal potere che una sconosciuta aveva su di lui, ma nulla in quel momento era capace di distrarlo dall’aura ammaliatrice della giovane.
La ragazza si mosse verso di lui, gli sistemò il colletto della polo e lo guardò negli occhi. Poi si appoggiò al suo tavolo e Steve immaginò che esso si rompesse, schiacciato dal peso di tanta meraviglia.
-È pronto a girare ?
Steve non le rispose, ma ruotò direttamente la freccetta osservando i molteplici giri che compì e le varie possibilità della ruota: una birra gratuita, un buono da sette dollari, un grembiule da cucina in regalo e un… Caffè.
La freccetta si fermò esattamente su una casella verde che offriva un caffè in omaggio.
-Oh, che casualità ! - esclamò lei, spostando la freccetta sulla casella affianco, la quale era totalmente occupata dallo sticker di un cupcake.
-Ma ho già ordinato un dolce… - mormorò Steve guardando i suoi fianchi ondeggiare verso la cucina. La ragazza aveva sparecchiato il tavolo , portando con sé il suo hamburger a metà e tutta la sua sicurezza. Se fosse entrato un giaguaro dalla finestra sarebbe stato meno sorpreso.
Normalmente Steve se ne sarebbe andato : la situazione era sempre più ambigua e non era nella sua personalità far aspettare qualcuno e non rispettare i suoi impegni, soprattutto se essi avevano come fine quello di aiutare le nuove generazioni.
Stavolta però non riusciva a trovare la forza di alzarsi né di mentire a sé stesso: l’attrazione magnetica che quella sconosciuta esercitava su di lui lo teneva incollato alla sedia.
La ragazza tornò poco dopo, un cupcake con una ciliegia su un vassoio e
un ‘espressione maliziosa dipinta sul suo viso ambrato.
-Eccomi qui. - disse avvicinandosi sempre di più. Piegò i gomiti sul tavolo e Steve dovette mantenere il suo sguardo sui suoi occhi, imponendo al suo cervello di non permettere una discesa scivolosa verso il basso.
Lei afferrò la ciliegia tenendola per il picciolo : Steve si vide venire incontro le sue dita affusolate e curate, un viaggio a rallentatore che aveva come unica e precisa destinazione la sua bocca. Masticò la ciliegia come un’automa, senza rendersi conto della panna che gli venne spalmata - e poi leccata - sulla mascella.
Le luci soffuse rendevano l’intero momento ancora più surreale.
Steve non registrò le sue mani che le circondavano la vita, i polpastrelli che inviavano onde elettriche mentre saggiavano il tessuto sintetico della gonna alla ricerca di ciò che essa nascondeva.
Ad un certo punto lei si sporse così tanto che se non fosse stato per i riflessi fulminei di Steve si sarebbero scontrati. Lui si girò prontamente di lato trascinando la sua figura longilinea con sé. Studiandole ancora una volta i lineamenti da modella, Steve Rogers, alias Capitan America, prese una decisione: il produttore sottopagato e sfruttato sarebbe stato ignorato ancora una volta.
La baciò con lo stesso furore con cui picchiava i criminali e lei rispose impiegando la medesima forza, come se fosse avvezza alla sua danza e la praticasse quotidianamente. Gli circondò le spalle con le braccia e Steve interpretò il gesto come un invito ad avvicinarsi maggiormente, a fondersi del tutto con la sua presenza. Lei si appoggiò al suo petto, così vicini da poter udire i battiti dell’altro ma ancora troppo lontani. Steve si avventurò per le sue coscie, le afferrò con decisione e la portò sulle sue ginocchia.
Lei non liberò neanche un gemito sorpreso, come se avesse già letto quella storia e stesse recitando un copione che aveva scritto lei stessa. Steve pensò che quell’idea vaneggiante non fosse troppo lontana dalla realtà.
-Hai almeno un nome ? - le domandò spostando l’attenzione dalle sue labbra al collo sottile e profumato.
-Lo hai già sentito… - sospirò lei, la sua voce melodiosa che prendeva le sembianze di un tono impetuoso e sgraziato.
-Artemis… - mormorò Steve mentre affondava una mano tra i suoi capelli e le scioglieva la treccia impeccabile. - Sei proprio una dea… - continuò Steve senza essere cosciente delle sue parole.
La risatina di Artemis gli riempì le orecchie facendo scattare in lui un tasto che era stato sopito per tanto - troppo - tempo. Le sue sinapsi si sentirono come sulle montagne russe e le labbra di Artemis increspate in un ghigno che non poteva essere descritto che con “intrigante e sensuale” lo shot di vodka che serviva alla sua mente per scollegarsi completamente.
Cercò per il locale un posto dove appoggiarsi comodamente, ma i suoi occhi frenetici non rilevarono nulla di più del primo esame a cui aveva sottoposto la sala.
Indeciso sul da farsi, Steve si alzò in piedi portando Artemis con sé, le sue gambe strette intorno al suo busto.
-C’è una saletta in fondo al corridoio.- gli suggerì la ragazza mentre sbottonava con dita abili e leggere i bottoni della sua polo.
Steve non se lo fece ripetere due volte: attento a salvaguardare il prezioso fondoschiena di Artemis evitando di scontrarsi con qualche spigolo, arrivò ad una porta con un grande cartello “RISERVATO”.
Con un cenno della testa - che a causa della loro vicinanza assomigliava più alle fusa di un gatto - Artemis gli confermò che si trovavano davanti alla porta giusta. Steve entrò facendosi largo con le spalle, poi chiuse la porta dietro di sé con un calcio poderoso. Puntò diretto l’unica seduta nella stanza,ovvero un letto ad una piazza coperto da un sottile lenzuolo rosa.
-Non ti credevo tipa da rosa. - soffiò Steve ad un centimetro dalla bocca di Artemis. La sua affermazione era campata in aria sotto ogni punto di vista: prima di tutto non conosceva abbastanza la ragazza per determinare il suo colore preferito e poi com’era una tipa da rosa ? Aveva dato aria alla bocca solo per riempire gli attimi di silenzio che sarebbero stati animati solo dai loro respiri più che ansimanti.
-Infatti è di un’amica. - rispose Artemis prima di agganciarsi nuovamente alle ampie spalle di Steve. Lui si sporse avanti, sovrastandola del tutto e ingabbiondola tra le sue braccia .
I loro baci erano così rumorosi che Steve - per un momento soltanto - si chiese se le altre persone presenti nella paninoteca li avessero già sentiti e , di conseguenza cosa pensassero della situazione. Artemis era solita passare molto tempo in quella stanzetta grande come uno sgabuzzino ?
Steve non aveva voglia né le energie sufficienti per pensare alle implicazioni delle sue parole. Al momento tutta la sua attenzione era stata risucchiata dal puro concentrato di bellezza e passione che era Artemis.
La sua polo raggiunse il pavimento grigiastro e poco dopo fu seguita dal golfino e dalla camicetta della ragazza. Trovatosi con le mani sul suo reggiseno nero, Steve si sentì onorato. Slacciò delicatamente il reggiseno, ma se ne dimenticò con la stessa velocità con cui ignorava le lamentele di Tony.
Osservò con malcelata ammirazione e stupore i due seni turgidi della ragazza, le areole più scure del resto della pelle che lo invitavano ad avvicinarsi. Lei ridacchiò e passò una mano tra i suoi capelli corti ma folti. Steve depositò l’ennesimo bacio della giornata tra quelle due valli rigogliose.
Mentre era impegnato nella ricerca del suo tesoro, immerso nelle profondità di un bosco lussureggiante e florido, gli parve di udire un colpo deciso alla porta.
Steve decise di non farci caso, il volto stravolto a causa del piacere di Artemis che costituiva un motivo sufficiente per continuare il suo lavoro.
-Artemis ! - esclamò la voce dietro la porta con una certa urgenza. Il tono gli sembrò leggermente familiare, ma la sua mente annebbiata non era in grado di processare correttamente quell’informazione insulsa.
-Lascialo perdere… - bofonchiò lei spingendo la sua testa più a fondo.
Steve le diede retta, più che felice di portare a termine il suo compito.
Un secondo colpo alla porta li avrebbe dovuti mettere all’erta , ma nessuno dei due se ne preoccupò.
Proprio come era accaduto un paio di ore prima, una zazzera di capelli rossi irrompè nella vita di Steve: Wally cacciò un urlo stridulo e si girò verso il muro, le mani salde contro gli occhi.
-CHE CAZZO ARTEMIS!
Come svegliata da un sonno profondo, la ragazza si allontanò immediatamente da Steve e tirò il lenzuolo verso di sé per coprirsi.
-Wally. Cosa vuoi ? - domandò a denti stretti evitando di guardare Steve negli occhi. Non sapeva se Artemis si vergognasse di essere stata beccata o dell’atto in sé, ma Steve non sapeva come muoversi. Rimase inginocchiato ai piedi del letto cercando di non dare nell’occhio e di far dimenticare ai due ragazzi della sua presenza.
Si pulì la bocca con il dorso della mano solo per sentire ancora il sapore salato di Artemis sul palato.
-Hanno chiamato Dick, dobbiamo andare anche noi. - rispose Wally allontanando le mani dal volto per guardare meglio la situazione. La sua espressione sconcertata e confusa colpì Steve con la stessa forza di un maremoto, ma percepì un movimento vicino a sé. Artemis si era alzata dal letto senza curarsi del lenzuolo, ormai scivolato inerme al suo fianco. Wally si girò di nuovo, indeciso se sbattere la testa contro il muro o soffermarsi ad ammirare la bellezza di Artemis.
-Che… Che cazzo però… - mormorò a nessuno in particolare.
Artemis li stava ignorando completamente: tirò fuori da uno zaino affianco al letto di cui Steve non si era accorto per niente un paio di mutande pulite, un jeans dal lavaggio chiarissimo e una t-shirt nera.
Ripescò il reggiseno da dove Steve lo aveva mandato, indossò l’intimo, i pantaloni, la maglietta e legò le sue lunghe ciocche dorate in una coda morbida.
Steve non fu degnato neanche di uno sguardo: Artemis lo superò con nonchalance, seguita da Wally e dal più grande, entrambi in cerca di una spiegazione o di qualche indicazione. Artemis recuperò le proprie ballerine da dove le erano scivolate durante il percorso frettoloso alla saletta.
Fece un rapido cenno al ragazzo dai capelli rossi ed uscirono dalla paninoteca, lasciando Steve da solo. Si accorse che quel vecchio aveva continuato a dormire per tutto quel tempo solo grazie al suo sottile russare.
Steve si guardò un po intorno, poi lo sguardo gli cadde sui propri pettorali scoperti: stava girando per una paninoteca a petto nudo dopo aver fatto sesso.
Non si sarebbe più potuto lamentare con Tony per le sue scorribande serali, soprattutto quando tutto ciò gli era accaduto alla luce del sole. Diede un’occhiata all’orologio rosso appeso alla parete davanti a lui: era ancora in perfetto orario per raggiungere il produttore.