
Poker D'Assi
Non camminare davanti a me, non posso seguirti. Non camminare dietro di me, non posso essere una guida. Solo cammina accanto a me e sii mio amico
-Albert Camus
Esiste una teoria che spiega che ogni persona viene al mondo con un mignolo avvolto da un sottilissimo e invisibile filo rosso che la collega alla sua anima gemella. Il destino deciderà poi come farle incontrare, questo legame resterà sempre, non lascia scappatoie o vie di fuga: prima o poi la si incontrerà e anche se si dovesse perderla, bisogna ricordare che il destino farà in modo da ricongiungere le due anime comunque, alla fine.
E forse il destino aveva deciso di divertirsi unendo indissolubilmente le vite e le strade di giovani ragazzi che erano pezzi di un puzzle che andava completato, piccoli cocci di un vaso rotto che doveva essere riparato con un'antica pratica*** che prevedeva l'uso dell'oro perché anche da ciò che apparentemente sembra distrutto si può ottenere un'opera d'arte.
Questa è l'età dell'oro dei Malandrini.
Asso di cuori: Lupin
Era una delle ultime giornate soleggiate d'estate, l'aria era calda e si stava bene in giardino, così il piccolo Remus aveva avuto l'autorizzazione di uscire un po' fuori a giocare col proprio coniglietto domestico mentre la madre Hope, lo guardava sorridente poggiata all'uscio della porta.
Remus era sempre stato solo, chiuso e nascosto nella bolla di protezione che sua madre e suo padre gli avevano costruito attorno; da quando venne trasformato in un lupo mannaro, una bestia, la sua vita era drasticamente cambiata: per prima cosa si erano trasferiti dalla città a un paesino sconosciuto della campagna inglese, lontano da tutto e da tutti, così da poter vivere tranquilli e lontani da occhi indiscreti.
Avevano attrezzato la casa con una cantina silenziata con incantesimi, dove potesse trasformarsi una volta legato a delle catene piuttosto resistenti al punto da poter reggere la forza del lupo che cercava di divincolarsi per poter sbranare tutto ciò che gli era a tiro.
Remus, sapeva bene che tutto quello fosse giusto, aveva ormai accettato l'idea di restare solo per sempre, di non potersi permettere degli amici come tutti i suoi coetanei, lo faceva per difenderli anche se nessuno l'avrebbe mai saputo, chi voleva essere amico di un mostro? Di qualcuno che una volta al mese perde il controllo di sé stesso e cerca di uccidere chiunque, senza distinzione? Spesso pensava di voler scappare via e vivere come una bestia nelle foreste, almeno avrebbe protetto anche i suoi genitori.
Vedeva gli occhi sofferenti di sua madre quando curava le sue ferite, gli diceva sempre che andava tutto bene e di star tranquillo accarezzandolo dolcemente col suo solito modo di fare, come se fosse facile poi ma almeno il suo amore e il suo contatto lo facevano stare meglio. Aveva sempre avuto il timore di aver deluso suo padre, che potesse essere spaventato o potesse addirittura essere nauseato da ciò che era diventato; sapeva non fosse colpa sua ma in qualche modo si sentiva inadatto, sbagliato.
Spesso sentiva dentro di sé il lupo combattere, nei momenti pesanti, come quando qualcuno lo irritava con modi di fare fastidiosi, aveva davvero difficoltà nel riuscire a controllarsi, avrebbe preso a pugni chiunque, proprio per questo si chiudeva in sé stesso e nelle scuole babbane, gli altri ragazzi lo prendevano di mira per il suo modo di essere estraniato dal mondo: aveva deciso di essere un lupo solitario perché era la cosa più giusta da fare. Inoltre, come se non bastasse, alla sua "stranezza" comportamentale si aggiungevano anche le grandi cicatrici che aveva lungo tutto il corpo, costringendolo ad indossare maglioni a collo alto per non farle intravedere, insomma era un mostro che doveva travestirsi da pecora per non farsi scoprire, la sua vita era completamente il caos.
Così trascorreva le sue giornate leggendo qualche libro, che rappresentava la sua unica via di fuga da quella realtà che chiamava vita e che non sentiva gli appartenesse molto, o giocando in giardino col suo piccolo animaletto domestico che sperava sempre non diventasse la sua cena nella notti di luna piena.
Quella mattina stava correndo un po' nel prato quando vide un uomo piuttosto anziano avvicinarglisi.
"Ehm salve" disse Remus prendendo il proprio coniglio in braccio e accarezzandolo.
"Ciao ragazzo. I tuoi genitori sono in casa? Vorrei parlare con te e con loro" rispose l'uomo sorridendogli.
"S-sì, sono dentro signore" rispose il ragazzino annuendo col capo e indicandogli la porta, così lo sconosciuto si alzò e bussò alla porta, non appena suo padre lo vide disse:
"Signor Silente, prego entri" disse Lyall facendo accomodare l'uomo in casa. Così Remus, incuriosito, entrò anche lui e si sedette sul divano per ascoltare quella conversazione, d'altronde quell'uomo aveva detto che voleva che fosse anch'egli presente.
"Sono qui per chiedervi di iscrivere vostro figlio alla scuola d Hogwarts. È un mago ed è il posto al quale appartiene" disse Silente sorridendo al ragazzo che ricambiò timidamente quel sorriso, poi si rabbuiò perché il suo sogno era entrare in una scuola di maghi, ma ovviamente il suo problema mensile non gliel'avrebbe permesso.
"Signor Silente, lei sa bene quanto vorremmo. Ma Remus, lui non può. Sarebbe un pericolo per tutti gli altri studenti" rispose Lyall grattandosi un po' il capo.
"Non sarà alcun problema invece. Ho pensato a tutto io, il ragazzo verrà scortato alla Stamberga Strillante, un posto ormai abbandonato, dalla nostra infermiera che si prenderà cura di lui il mattino seguente. Ho fatto piantate un Platano Picchiatore appositamente per lui cosicché nessun altro possa avvicinarsi. A saperlo saranno solo i professori, io e ovviamente l'infermiera. Il ragazzo sarà in ottime mani e avrà un'educazione adeguata" disse l'uomo ammiccando in direzione di Remus che sorrise come se gli avessero appena portato un regalo di Natale, così si alzò subito dal divano e corse in direzione del preside abbracciandolo con gli occhi lucidi, poi si voltò in direzione del padre.
"Ti prego" mormorò piano.
L'uomo sorrise e accarezzò i capelli del figlio scombinandoli dolcemente.
"Va bene. Andrai ad Hogwarts figliolo! In questi giorni andremo a comprare tutto il necessario. Grazie Silente" disse Lyall mentre Remus corse ad abbracciare suo padre e poi sua madre, saltellò felice per tutta casa e poi salutò il preside che gli sorrise dolcemente.
"Ti aspetto il primo settembre ragazzo" disse andando via poco dopo.
Remus si voltò a guardare i propri genitori, non riusciva a contenere tutta quella felicità, a stento ci credeva ancora, finalmente una scuola dove poter imparare a usare la sua magia, aveva letto già alcuni libri di incantesimi, rubandoli di nascosto dalla stanza, anzi dall'ufficio del padre; era al settimo cielo e avrebbe fatto di tutto per non sprecare quell'occasione che gli era stata data, sarebbe stato attento ad ogni lezione e avrebbe studiato diligentemente, ovviamente avrebbe continuato a vivere in disparte, non poteva permettere che il suo segreto venisse a galla, avrebbe rischiato l'espulsione e in più avrebbe potuto mettere a repentaglio la vita degli altri studenti: doveva solo star molto attento.
"Secondo te dove verrò smistato? Sarò corvonero come te?" Chiese il ragazzo ancora sognante.
"Non lo so Remus, forse sì o forse no. Ovunque andrai, sarà casa tua. Dai scendiamo a fare compere tra poco ti vedo febbricitante" disse il padre sorridendogli e accarezzandolo.
Preso dalla felicità Remus, corse in bagno per fare una doccia fredda per cercare di calmarsi, aveva convinto il padre a uscire quel pomeriggio per fare acquisti, così una volta uscito dal piatto doccia, diede una sistemata ai suoi capelli castano chiaro e sorrise soddisfatto: quella era davvero una bellissima giornata.
Asso di picche: Black
Nel frattempo il destino, decise di occuparsi di altri tre ragazzini, si sarebbe divertito molto a vederli tutti insieme diventare amici, probabilmente sarebbero stati le sue carte vincenti per quella partita di Poker contro la morte (o l'altra sua faccia della medaglia, la vita),imprevedibile come sempre, sperando che essa, non avesse una Scala Reale, nel qual caso la partita sarebbe stata persa in partenza.***
Come secondo asso nella manica, dunque, si mosse verso Grimmauld Place 12, in una delle famiglie più ricche e potenti di maghi purosangue: i Black.
Sirius, primogenito di Walburga e Orion Black, era impegnato a giocare in camera con suo fratello minore Regulus, tutti erano in trepidante attesa per la lettera di Hogwarts, avrebbe dovuto studiare in quella scuola di maghi come suo padre e come suo nonno ancora prima di lui e come qualcun altro ancora dei suoi predecessori, non gli importava più di tanto in realtà, tanto i loro nomi erano sull'albero genealogico di famiglia, li avrebbe ricordati quando voleva andando a leggere.
Tutti, i suoi genitori soprattutto, non facevano altro che parlare di quanto fosse importante quella scuola e che lui venisse smistato in Serpeverde come suo padre e suo nonno ancor prima di lui, insomma aveva capito che doveva imitarli tutti, ma in verità lui voleva essere diverso e lo aveva sempre dimostrato.
Regola numero uno della famiglia Black: comportarsi come se il mondo fosse ai tuoi piedi e calpestare tutto ciò che esiste di babbano, e Sirius come prima intelligente mossa si era appassionato alla loro musica, non sapeva se perché effettivamente gli piacesse tanto o per far un dispetto alla sua famiglia, probabilmente più la seconda opzione.
Regola numero due: capire bene la regola uno. Fin da bambino gli era stato detto che era il rampollo della famiglia Black, il loro unico orgoglio e che non avrebbe mai dovuto deluderli; erano una delle famiglie più importanti del mondo magico che preservavano ancora una purezza di sangue, cosa che a detta loro, li rendeva molto più potenti, tutti gli altri maghi dai mezzosangue ai nati babbani non erano altro che feccia. Sirius non aveva mai condiviso e compreso quelle idee, gli sembravano arcaiche, primitive anzi senza alcun fondamento e senso logico, erano pensieri aberranti. Per cui dal momento in cui arrivò la lettera era certo soltanto di una cosa: lui non sarebbe mai stato un Serpeverde, non era come il resto della sua famiglia, era migliore di loro e lo avrebbe dimostrato.
"Mamma, è arrivata la lettera" urlò Sirius correndo velocemente fuori dalla stanza e scendendo le scale, si diresse subito nel Salotto dalla madre che era presa a chiacchierare con le sue cugine: Bellatrix, Andromeda e Narcissa, tutte e tre orgogliosamente Serpeverde come tutti volevano, avevano onorato e rispettato la famiglia e adesso era il suo turno, peccato che le sue intenzioni fossero ben altre e distanti da quella di portare onore alla grande casata Black.
"Sirius, sto parlando non vedi? Fa' vedere comunque" rispose sua madre tirando via la lettera da mano a suo figlio e sorridendo compiaciuta. Si girò verso suo marito porgendo anche a lui quel pezzo di carta, dicendo poi:
"Spero sia la scelta giusta, Silente ormai ammette in quella scuola cani e porci"
"Cara, sebbene tu abbia ragione, resta comunque la miglior scuola, e inoltre è quella che abbiamo frequentato io, mio padr-"
"E tutti gli altri prima di voi, sì lo so bene papà" cantilenò Sirius scocciato di sentire sempre le solite parole.
"Sirius! Ancora devi imparare a star zitto quando parliamo noi! Spero che avrai una severa educazione a Hogwarts" disse la donna restituendo la lettera al figlio e promettendogli che sarebbero andati a fare compere nei giorni successivi, così da garantirgli tutto il necessario. Sirius roteò gli occhi al cielo a quel rimprovero, non aveva detto nulla di male.
Cosi si voltò per tornare in camera, ma sua cugina Bellatrix lo interruppe dicendo:
"Ci aspettiamo tutti grandi cose da te. Noi Serpeverde ti stiamo aspettando con piacere, non è vero? " chiese rivolta alle sorelle che annuirono, Sirius roteò gli occhi al cielo di tutta risposta e prima di voltarsi incrociò uno sguardo quasi pieno di compassione, da sua cugina Andromeda. Era l'unica che gli risultasse più simpatica e gradevole, però molto probabilmente quello sguardo era stato solo una sua impressione, scosse il capo come a riprendersi e salì le scale per tornare a giocare in stanza con suo fratello, che si era affacciato per origliare un po' la conversazione.
"Quando andrai ad Hogwarts, mi manderai delle lettere? Vorrei tanto venirci anch'io" disse Regulus abbassando un po' lo sguardo, era triste perché avrebbe sentito la mancanza di suo fratello quando sarebbe partito, erano sempre stati molto legati sebbene fossero così diversi tra loro: Sirius era diverso anche da tutta la loro famiglia, era un ragazzo solare, incredibilmente affettuoso e ingegnoso, sempre pronto a scherzare e a divertirsi: era il perfetto ragazzino di undici anni che aveva soltanto una voglia matta di godere della propria libertà. Regulus, invece, era il suo opposto , molto introverso e riflessivo, da un osservatore esterno poteva sembrare freddo e distaccato, la verità era che era un ragazzino molto timido e intimorito dalla sua stessa famiglia. Il più piccolo dei Black, era un po' preoccupato, conoscendo suo fratello, sapeva che stesse tramando qualcosa soprattutto perché spesso lo sentiva lamentarsi di ritenersi migliore rispetto alle loro cugine e alla loro famiglia, e che non poteva mai essere una Serpe come loro.
"Certo che sì, Reg. Mi mancherai da impazzire, come farò senza di te? Ti prometto che quando ci rivedremo ti porterò qualche regalino da Mielandia" rispose il fratello strizzando l'occhio, poi lo prese per mano e lo trascinò con sé in camera.
"Sempre se torno vivo per Natale" mormorò senza farsi sentire.
Asso di fiori: Potter
James Potter era il figlio di un'altra delle famiglie più importanti del mondo magico, i suoi genitori, però, erano una coppia ben diversa da quella Black: amorevoli e dolci, consideravano il loro bambino come una priorità, era il loro mondo.
Il ragazzo era solare e divertente, a primo impatto anche un po' pieno di sé, molti avrebbero detto che quest'eccessiva sicurezza fosse dovuta al fatto che fosse figlio unico e che quindi fosse abituato ad essere il centro di riferimento di tutti; ma nel cuore di quel ragazzo, si nascondeva una grande forza e lealtà, non vedeva l'ora di andare alla scuola di magia di Hogwarts, per poter conoscere altri ragazzi e fare nuove amicizie, inoltre gli succedeva spesso di sentirsi solo, così passava i pomeriggi in una stanza costringendosi a inventare giochi o scherzi per non annoiarsi.
Quel mattino, si alzò un po' prima e vide al suo fianco la lettera d'ammissione ad Hogwarts, gli si illuminò il volto per la felicità, così saltò velocemente giù dal letto, scombinandosi ancora un po' i suoi indomabili capelli neri, e corse in cucina dai suoi genitori sventolando la lettera come fosse un trofeo, ed effettivamente per lui era un po' così.
"Oh ma buongiorno James, cos'hai lì? " chiese suo padre, Fleamont, con un sorriso smagliante e distogliendo lo sguardo dal giornale che stava leggendo e togliendosi gli occhiali, decise di mascherare con un sorriso il volto preoccupato dall'incombente guerra magica, non voleva rovinare quel giorno così tanto speciale per suo figlio, anche se sapere di un pazzo delirante lì fuori lo destabilizzava molto.
"Papà, è arrivata, è arrivata!! " urlò James saltellando felice e porgendo la lettera alla madre.
"Mi sa che dovremo proprio andare a fare compere in questi giorni, figliolo" rise l'uomo cercando di fossilizzare lo sguardo sul figlio che era così smanioso da muoversi ovunque in casa.
"James dai su, fai colazione, più tardi magari cominciamo ad uscire, magari ti dai una regolata" disse sua madre Euphemia accarezzando i capelli del ragazzo e porgendogli una tazza di the caldo con un po' di latte.
"Sì mamma" rispose James sedendosi a tavola cominciando a fare colazione.
"Sicuramente sarò un Grifondoro! " disse il ragazzo con ancora i biscotti in bocca, rischiando quasi di affogarsi prima di poter iniziare quella nuova avventura.
"Ovunque tu venga smistato, figliolo, sarai sempre il nostro orgoglio, pensa a divertirti e a farti degli amici. Questi anni che dovrai vivere, ti resteranno per sempre" disse suo padre nascostosi nuovamente dietro le pagine del giornale.
James gli sorrise, avrebbe fatto di quelle parole il suo motto e la sua guida ad Hogwarts, probabilmente però suo padre non intendeva dire:
"Fai quel che vuoi, divertiti e combina guai" però nella sua mente quei consigli apparvero esattamente così. Poco dopo corse in bagno per lavarsi e cambiarsi per poter uscire con i suoi genitori a Diagon Alley e cominciare a comprare tutto l'occorrente per la partenza, non vedeva l'ora, non era più nella pelle per la felicità e non riusciva a contenersi o a controllarsi.
Asso di quadri: Minus
Nello stesso momento, la lettera arrivò anche a un altro ragazzino proveniente da un'altra famiglia purosangue: Peter Minus.
Il povero Peter era sempre stato un tipo un po' sulle sue ed emarginato da molti ragazzi della sua età, era però un ragazzo molto gentile e a modo, con lampi di coraggio che spesso non sapeva neanche lui da dove provenissero. Sperava che con l'ingresso ad Hogwarts, avrebbe conosciuto nuove persone, e che potesse trovare un gruppo di amici con il quale difendersi dai ragazzi più grandi e prepotenti, cercava in un certo senso più protezione che una vera e propria amicizia, che nel qual caso fosse nata non gli sarebbe affatto dispiaciuta.
Quando gli arrivò la lettera d'ammissione, era seduto a tavola a far colazione, fu molto felice di riceverla e cominciò a sbandierarla in direzione di sua madre che sorrise felice. Peter non aveva mai conosciuto suo padre, era stato costretto a diventare l'uomo di casa fin da subito, sentiva l'obbligo morale di prendersi cura di sua madre Jane, motivo per il quale cercava sempre una soluzione che potesse tenerli al sicuro da tutti i loro problemi.
"Oh Pete, amore mio, sono davvero felice!" Disse la donna abbracciandolo e dandogli un bacio sulla fronte.
"Grazie mamma, dobbiamo comprare un po' di cose come dice qui sopra, ce la faremo, no?" Chiese Peter
"Certo amore mio! Dai su vai a prepararti che tra poco usciamo!" Disse la donna accarezzando dolcemente il figlio, così il ragazzo annuì obbedendo, e si diresse nella propria stanza prendendo dei vestiti puliti per potersi andare a lavare.
Anche se non era del tutto entusiasta, era felice certo di iniziare una nuova storia, ricominciare tutto daccapo, ma da un lato era preoccupato: era dispiaciuto nel dover lasciare sua madre da sola, sapeva che fosse una donna forte e capace e che non gli avrebbe mai impedito di seguire i suoi sogni, però sarebbe rimasto comunque in pensiero per lei, la amava molto, più di qualsiasi altra cosa e avrebbe fatto di tutto pur di proteggerla.
Così quasi per caso, quei quattro ragazzini, uscirono con le proprie famiglie a fare le spese per l'inizio del nuovo anni scolastico, erano tutti felici e inconsapevoli che per pochissimo non si incontrarono prima ancora di vedersi sul treno del binario 9 e 3/4.
Era una bellissima giornata e l'alba di un'amicizia che sarebbe stata ricordata per sempre.
Il destino aveva fatto la sua mossa, aveva in mano il suo poker d'assi ed era pronta a giocare la partita del secolo con il binomio imprescindibile di vita o morte, che gestiva attentamente le sue mosse.
I suoi quattro assi nella manica sarebbero stati per sempre i Malandrini.