
La Sala Grande di Hogwarts era considerato un gioiello di architettonica medioevale e gotica. Con un tocco di magia, ovviamente, come il cielo notturno riflesso nelle nubi dense e che minacciavano pioggia e gli enormi stendardi delle case che sventolavano come se ci fosse vento continuo. Ma anche senza calcolare quei prodigi, i tavoli antichi, i particolari in oro delle architravi, i finti capitelli dove le volte si univano lungo la navata, le vetrate piombate in centinaia di colori che ritraevano tanto i Fondatori quanto altre figure magiche antiche ed importanti, sarebbero stati la gioia degli occhi di qualunque architetto appassionato di arte medioevale.
E il punto focale era al centro, il leggìo a forma di gufo, con le ali che leggevano il libro maestro del preside, o qualunque appunto lui volesse leggere all'intera scuola.
O per meglio dire, lo era stato.
Ora era piegato verso destra, con il fusto ridotto ad una sorta di gelatina rosa, traslucida, incapace di sostenere la parte alta, più pesante. E sembrava contagioso, la gelatinosità si propagava verso il piedistallo e poi saliva anche, sempre di più.
«Fermalo!» disse Rufus ancora con la bacchetta tremante in mano.
«Io?! Fermalo tu, non so nemmeno come hai fatto a fare questo» rispose Lance, secondo anno, la cui idea di un amichevole duello notturno con uno sfondo figo come la Sala Grande ora sembrava un idea non più così felice.
«Siamo stati entrambi», disse Rufus. «Hai visto, no? Gli...»
«Gli incantesimi si sono scontrati e specchiati contro il leggìo» ammise Lance, completando la frase del suo amico-rivale. «Se ci scoprono siamo così tanto an' bile yur heid» aggiunse, con pesante accento scozzese.
«Che significa?» chiese Rufus camminando nervosamente davanti e indietro tra la panca Grifondoro e il leggìo, che ora era completamente a terra, fuso in una sorta di pozza di liquido rosa e trasparente, solo metà ala di gufo era ancora integra, ma che non sarebbe durata molto.
«Che se ci beccano siamo...» iniziò Lance, che però si interruppe. «Passi. Per Artù, Rufus, sta arrivando qualcuno.»
«Ok, ok! Piano... ci prendiamo la responsabilità in due?»
Lance annuì con convinzione. D'altronde, erano due Grifondoro.
Le enormi porte si aprirono e fece il suo ingresso il musino nero di un miagolante micino, che di corsa li raggiunse, seguito, molto più lentamente e in silenzio, dalla sua proprietaria.
«Ragazzi» disse la nuova arrivata. «Ma che ci fate qui a quest'... ooooh cacchio. Oh cacchio, che avete fatto.»
«Eloise», sussurrò Rufus con fare cospiratorio. «Fa' silenzio, ti prego! E' stato un incidente.»
«MA AVETE SCIOLTO IL LEGGIO!!"
«Ma adesso lo rimettiamo a posto!» rispose Lance, più per farla smettere di urlare che per pura convinzione, tanto più che il micino, Loyd, stava già cominciando a lappare la gelatina da terra.
«Avete provato con Reparo?» chiese la ragazza, che aveva cominciato a cercare di tenere il suo famiglio lontano da quello che sembrava essere il suo cibo preferito.
«Due volte», disse Lance.
«Due volte... ma non è che si annullano? Tipo, avete dis-riparato il Reparo o che...»
«Non credo che funzioni in questo modo», sussurrò Rufus.
«Fate provare me, prima che Floyd lo mangi tutto. E' piccolo ma vorace. Rep...»
Un rumore alla porta, che si aprì qualche istante dopo. Nonostante ora ci fossero tre persone – e un gatto – a temere l'arrivo del custode, altri due Grifondoro fecero il loro ingresso.
«Lance, ma che... OH CACCHIO!» Era stata Dorothea King a parlare, col passo che accelerava mentre percorreva la navata, seguita dal fratello.
«Che accidenti ci fate tutti qui», si chiese Lance, preoccupato.
«Volevamo vedere il duello», sussurrò in risposta Roger King.
«Ti abbiamo seguito», confermò la sorella.
«Ma doveva essere un duello segreto», rispose il giovane Knight mentre sullo sfondo, Rufus lanciava reparo a ripetizione sulla pozza di gelatina, mentre con un piede teneva lontano il piccolo piranha versione gatto.
«FINITE!!» Gridò Thea con fare teatrale, puntando la bacchetta contro la pozza di gelatina che ora stava ribollendo pigramente.
Non vi fu reazione. «Io... non lo so, credevo avrebbe funzionato!»
«Siamo nei casini. Siamo tutti nei casini», disse Isabella Langdon, che nessuno aveva visto arrivare ma che ormai faceva parte del nutrito gruppo di Grifondoro.
«Ohhh, sì che lo siete», interloquì Ostara Weaver, Serpeverde, una delle migliori amiche di Lance, slash piovra slash qualunque cosa volesse.
«Osty! E tu che ci fai qui, non sei nemmeno Grifondoro.»
«Volevo una tazza di latte caldo, mi sono alzata, e poi ho deviato per seguire il gruppo», rispose Ostara, facendo spallucce. «Se vuoi vedere qualche casino, segui mezzo dormitorio Grifondoro in giro oltre il coprifuoco, e non sbagli mai», commentò, concludendo con un sorso dalla tazza di latte, come se fosse il suo punto fermo.
Lance sospirò. «Qualcun altro? Ci sono altri spettatori?»
«Glacius» sussurrò Jason Morris sulla pozza di gelatina, trasformandola in sorbetto.
«P-petrificus?» provò Rosana Rumblestone con il suo accento scozzese anche più pesante di quello di Lance. Piccoli cubetti di sorbetto emersero dalla superficie della pozza.
«Chiedete ad un elfo?» suggerì Ostara con tono piatto.
Vi fu un momento di silenzio generale, prima che sei dei Grifondoro choamassero sei diversi nomi di Elfi, il che ovviamente li fece materializzare tutti, nonostante l'ora.
«I Grifondoro fuori dormitorio a quest'ora...» sussurrò scandalizzato un elfo domestico ad un altro, con fare un po' da suocera. «Il leggìo...» bisbigliò un altro.
Frilly, un elfa particolarmente intraprendente, si fece avanti. «Frilly risolve. Frilly sa come fare!»
E così dicendo fece prima sparire la pozza congelata dal mattonato, quindi, con un gesto, il leggìo ricomparve al suo posto, svettante e integro.
«Come hai fatto» esclamò meravigliato Rufus.
«Frilly non dice! Elfi di Hogwarts hanno i loro segreti!» E in quel frangente tutti gli elfi scomparvero dalla loro vista, lasciando mezzo dormitorio Grifondoro e un'intraprendente Serpeverde con l'animo più leggero, ma con una netta perplessità.
Nei dormitori sotterranei degli elfi, Frilly ricomparve circondata dai suoi simili, e con in mano un piccolo calderone di gelatina alla fragola.
Varcò un'arcata e la poggiò in un angolo, nell'oscurità, davanti a lei, una dozzina di leggii-gufo, tutti identici, brillarono alla luce di un'unica torcia.
L'elfa sorrise, pensando a quante volte in più di 900 anni di storia quel leggìo era stato sostituito, di fronte ad ondate di maghetti pestiferi e sperimentatori.