
Sei anni dopo
Sei anni dopo
«Corri!»
Lydia sapeva che era arrivata la loro fine.
Nulla li avrebbe salvati.
Sfrecciò in mezzo ad un gruppetto di anziane signore, che reagirono lanciandole imprecazioni che mal si addicevano a delle così adorabili nonnine.
«Scusate, scusate!»
E ovviamente Lance perse tempo a cercare di farsi perdonare piuttosto che correre per salvarsi la vita.
«Lance!» esclamò Lydia, senza fermarsi.
«Scusa!»
I passi affrettati alle sue spalle e il rumore di decine di persone che li insultavano al loro passaggio, le confermò che Lance aveva avuto il buon senso di ricominciare a correre.
«Questa volta ci ammazzano.» Lydia frenò all’ultimo secondo prima di investire un bambino minuscolo, che abbracciò terrorizzato il suo peluche nel vedersela piombare addosso.
«Scusa!»
«Lance!»
«Sto correndo!»
«Non abbastanza!»
I polmoni di Lydia avevano difficoltà a ricordarsi come si facesse ad inspirare, i muscoli delle sue gambe bruciavano e la milza sembrava sul punto di esplodere, ma non rallentò. Non si sarebbe arresa. Nulla le avrebbe impedito di raggiungerlo.
Nulla tranne una valigia lasciata incustodita.
Lydia non la vide neppure. Si accorse della sua presenza solo quando il suo ginocchio sbatté contro l’angolo della valigia rossa, spedendola a parecchi metri di distanza e facendole perdere l’equilibrio. Per un istante percepì la gravità spingerla verso il pavimento, quando un braccio si strinse attorno alla sua vita e la rimise in piedi.
«Salvata.» sussurrò Lance al suo orecchio, e Lydia non aveva bisogno di vederlo in volto per capire che stava sorridendo.
Si liberò dalla sua presa e si voltò verso di lui. «Pensi che sia divertente? Quelli ci ammazzano davvero questa volta.»
Lance continuò a sorridere. «Forse.» disse prendendole la mano. «O forse non ce ne sarà bisogno.» e con una piccola spinta, la condusse oltre il muro di mattoni di fronte a loro, rivelando la banchina affollata e il treno rosso lucente che aspettava sui binari.
L’Espresso di Hogwarts non le era mai parso così bello.
E così in ritardo.
Lydia controllò il suo orologio da polso, e rialzò lo sguardo verso il treno e la folla tranquilla (per quanto potesse essere tranquilla una mattinata del primo settembre sul binario nove e tre quarti).
«Ho spostato il tuo orologio avanti di mezz’ora. Sapevo che sarebbe stato l’unico modo per farti arrivare in orario.» La riconoscenza impedì a Lydia di far sparire il sorrisetto di Lance dalle sue labbra con una fattura.
«Solo per questa volta, O’Brien.» lo minacciò invece, picchiettando l’indice sul suo petto «La prossima volta ti troverai trasformato in una graziosa e molto bionda rana.»
«Se lo farai allora voglio una fotografia così potrò ricattarlo per il resto dell’eternità.»
«Ah, ah. Molto divertente, Duncan.» Lance squadrò il fratello.
Lydia invece affiancò Duncan. «Immagina una foto con la rana Lance su una mini bicicletta.»
«O con un fiocco al collo.» replicò Duncan, appoggiandosi al suo vecchio bastone, lo stesso che aveva strappato dall’albero sradicato nel corridoio di Hogwarts dopo la battaglia.
«O un fiocco sui capelli biondi che gli lascerò.» annuì Lydia.
Lance incrociò le braccia al petto. «Avete finito?»
«O una foto della rana Lance con il mantello e il cilindro di Silas in miniatura. Ora sì, ho finito.» Il sogghigno di Lydia era identico a quello di Duncan.
«Per tutti i troll…» borbottò Lance «Dove è Kate? Insieme siete sopportabili solo quando c’è anche lei.»
«È là, con la mamma, che a proposito è furiosa con voi perché siete in ritardo.» Duncan indicò un punto imprecisato tra la folla di studenti e genitori (e animali di ogni forma e dimensione) «Spero che la vostra luna di miele sia andata bene perché la vostra breve vita sta per finire.» E con un’ultima risata, scomparve abilmente tra la folla, lasciando i due sposi a fissare il vuoto che aveva lasciato.
«Lo odio quando fa così.» brontolò Lydia.
«Non gli funziona una gamba! Come fa a camminare così velocemente?»
«I misteri degli O’Brien.»
La signora O’Brien non li uccise, né li ferì gravemente, né li gettò in pasto al serpente che uno studente del primo anno stava cercando di far entrare in una gabbietta. Ma la sua urla crearono il vuoto attorno alla famiglia O’Brien, e cessarono solamente quando Evelyn chiese con la sua voce angelica «Nonna, possiamo andare a vedere le Puffole Pigmee?» Lydia adorava sua nipote, e per l’ennesima volta si chiese come potesse una creatura così stupenda essere la figlia di Duncan, il quale comparve al fianco di Kate nello stesso istante in cui la signora O’Brien si allontanava tenendo la mano di Evelyn e dicendole con un tono così dolce che avrebbe potuto attirare uno sciame di api che potevano andare a vedere tutte le Puffole Pigmee che volevano.
Il signor O’Brien, che era rimasto in disparte fino a quel momento, particolarmente interessato ad una ruota dell’Espresso, si avvicinò infine a Lydia e Lance. «Bentornati! Allora, come è andato il viaggio?»
Lydia sorrise. «Magnifico! Abbiamo visto delle città spettacolari.»
«Per non parlare dei negozi! Lo sapevi che in Italia usano anche la frutta e la verdura babbana nelle loro pozioni? E ci sono degli ingredienti che qui non ho mai visto!»
«Penso che Lance abbia depredato le scorte di tutti i venditori che abbiamo incontrato.»
Katherine si avvicinò, con la piccola Marion aggrappata al suo collo che si guardava attorno e ridacchiava ad ogni gufo che vedeva passare. «E come sta Alice?»
«Bene.» Lydia accarezzò la guancia della nipote, che trillò ed allungò le manine verso di lei «Le hanno prolungato il contratto per un altro anno e le hanno persino parlato di una promozione.»
«Quindi resta in Italia?»
«Lei continua a dire che prima o poi tornerà in Inghilterra.» Appena Marion vide Lance, si gettò letteralmente tra le sue braccia «Ma non mi stupirebbe se tra qualche anno sarà nominata direttrice dell’ufficio degli Affari Esteri italiano.»
«Di sicuro sta meglio di quando era qui.» concluse Lydia «E voi invece? Come è andato questo mese senza di noi? Ammettetelo, vi siamo mancati.»
«Terribilmente.»
«Kate. Non sei proprio capace di mentire.»
Katherine rise.
«E comunque ci dispiace esserci persi la presentazione del tuo libro.» Lance spostò Marion sull’altro braccio.
Lydia vide la sua mano iniziare a tremare in un movimento che per altri sarebbe stato impercettibile. Senza dire nulla, prese Marion dalle sue braccia.
«Non vi preoccupate, ce ne sono stati altri e ce ne saranno altri ancora. Sto già iniziando a scrivere la bozza del mio nuovo trattato. ‘L’educazione e la formazione dei Purosangue come causa e conseguenza delle guerre magiche’. Su questo mi servirà il tuo aiuto, Lydia.» Lydia diede un bacio veloce sui capelli ricci di Marion e la lasciò tornare da sua madre «Ma ne parleremo dopo, adesso vi sta aspettando.»
«Dove è?» Lydia si alzò in punta di piedi per cercare di intravederlo sopra alle teste e i cappelli che le bloccavano la visuale.
«E’ là.» Kate indicò uno sportello aperto dell’Espresso a diversi metri da loro «Ha già trovato gli altri.»
«Andiamo.» Lydia strinse la mano di Lance ancora attraversata dai tremiti e affrontarono insieme la fiumana di gente che li divideva dalla persona più importante.
Appena li vide arrivare, Henry si illuminò. I suoi occhi brillarono e il suo sorriso rischiarò la piccola folla che lo circondava. «Lydia! Lance!» Trascinando Keira con sé, che era aggrappata al suo mantello, Henry corse verso di loro e li travolse nel suo abbraccio. Lydia non si era ancora abituata al fatto che Henry, il suo piccolo Henry, fosse diventato così alto.
«Non ce lo saremmo persi per nulla al mondo.» gli disse stringendolo a sé. Lance tossicchiò e Lydia gli diede una gomitata.
«E comunque ci sono anche io.» La vocina apparteneva alla piccola Keira, che li squadrava dal basso, con le mani ancora saldamente aggrappate al mantello di Henry.
«Ciao, Keira.» Lance si inginocchiò davanti a lei «Posso chiederti cosa stai facendo?»
«Non lascio salire Henry sul treno.» rispose decisa la bambina, sollevando i pugni stretti attorno al tessuto per dimostrare la sua intenzione «Non può andare a scuola. Deve rimanere con me. O io devo andare con lui.»
«Lo sai che ti scriverò una lettera ogni giorno, sorellina.»
Henry le scompigliò i capelli, ma Keira si scrollò la sua mano dalla testa e mantenne il broncio. «Non è la stessa cosa. Tu devi rimanere a casa con me.» Henry lanciò uno sguardo implorante a Lydia e Lance.
«Ma lo sai che cosa ho appena visto, Keira?» chiese Lance con entusiasmo.
Keira sollevò un sopracciglio. «Che cosa?»
«Un serpente!» esclamò Lance «Uno grande e grosso come quelli che piacciono a te!»
Il broncio di Keira si incrinò, mentre la curiosità ed un malcelato entusiasmo cercava di sostituirlo. «È uno di quelli che possono mangiare i topi in un solo boccone?»
Lance le tese una mano. «Cosa dici se andiamo a controllare insieme?»
Keira guardò prima la mano tesa di Lance, poi il mantello di Henry. «E va bene.» capitolò infine, aprendo i pugni e lasciando cadere il tessuto «Ma diamo solo un’occhiata veloce.» E si allontanò mano nella mano con Lance, lasciando Lydia e Henry da soli. No, non da soli, si accorse Lydia guardando oltre la spalla del ragazzo.
«Simon.»
Simon la guardò allarmata, per poi iniziare a guardarsi attorno frenetico alla ricerca di una via di fuga e borbottando qualcosa sul dover salutare suo nonno e l’aver dimenticato la bacchetta, sparendo subito dopo sulla scia di Lance e Keira. Lydia non riuscì a trattenere un sogghigno.
«È ancora terrorizzato dal matrimonio.» le spiegò Henry, come se Lydia avesse bisogno di spiegazioni.
«Così impara a cercare di tramare un piano malefico nel giorno delle mie nozze.»
«Voleva solo assaggiare lo champagne.»
Lydia rivolse un’occhiata minacciosa ad Henry. «Dì un’altra parola, Henry Carter O’Brien, e ti troverai in punizione fino alle vacanze di Natale.»
Henry ebbe il buon senso di desistere.
«Sei troppo dura con il ragazzo.»
La nonna di Lydia era stata in disparte fino a quel momento, a fissare con attenzione il vagone del treno che fischiava sui binari. Qualcuno, probabilmente il signor O’Brien, aveva portato fino a lì una sedia pieghevole per farla accomodare. Lydia aveva la certezza che si trattava di una sedia vera e propria e non di un’apparizione magica, sua nonna si rifiutava categoricamente di utilizzare oggetti che non fossero creati con il duro lavoro manuale. Lydia intravide anche i suoi genitori alle sue spalle, intenti a conversare con il nonno di Simon.
«E tu sei troppo permissiva, nonna.» Si chinò su di lei e le scoccò un bacio sulla guancia rugosa.
La nonna agitò il bastone. «Sciocchezze. Mi comporto con Henry come faccio con tutti i miei innumerevoli nipoti.»
«È vero!» annuì Henry «A proposito, grazie ancora per le caramelle, nonna.»
«Caramelle? Perché per noi non ci sono le caramelle, nonna?» Lizzie indossava già la sua divisa, lo stemma di Grifondoro che risaltava sul nero del mantello.
«Chi ha parlato di caramelle?» Tristan allungò il collo per cercare i dolcetti.
«Avrai tempo per mangiarne sull’Espresso, Tris.» Christine scosse la testa «E comunque sei un ingordo.» Edrik annuì alle sue spalle.
«Vedo che la rimpatriata è già cominciata.» sorrise Lydia, il cuore pieno d’amore come ogni volta che rivedeva i suoi bambini di nuovo tutti insieme. Anche se da qualche anno si rifiutavano di essere chiamati ‘I bambini di casa O’Brien’ e pretendevano che li nominassero ‘I ragazzi di casa O’Brien’. Da quel momento Lydia e Duncan avevano cominciato a definirli ‘Le rane di casa O’Brien’ alle loro spalle (e a volte non solo). Salutò i bambini riservando un abbraccio per ognuno di loro. «Ci siete tutti?»
«Quasi.» rispose Elinor.
Leonard guardò verso una figura a qualche metro di distanza da loro. «Manca solo lui.»
«Come sempre.» aggiunse Beatrix.
Daniel era accanto ai suoi genitori, si dondolava sul posto, le mani affondate nelle tasche e la testa bassa. Lydia si infiammò di rabbia davanti a quell’immagine. «Non ci posso credere.» ringhiò. E si avviò verso il trio, ignorando le proteste e i richiami dei ragazzi e di sua nonna.
Daniel la vide avvicinarsi, spalancò la bocca stupito e lanciò un’occhiata preoccupata verso i suoi genitori, i quali non se ne erano ancora accorti, intenti come erano a parlare con un’altra coppia. Lydia li aveva quasi raggiunti. Li avrebbe fatti pentire di ogni cosa e si sarebbe scaraventata su di loro se un braccio non si fosse stretto attorno alle sue spalle e l’avesse costretta a cambiare drasticamente direzione. «Suvvia, Lydia cara. Ci saranno momenti più adatti per la nostra tanto bramata vendetta.» La presa di Duncan era ferrea mentre la trascinava via.
«Ma come fai a essere sempre ovunque!?»
«Modestamente, tanto talento e due figlie di cinque e un anno che sembrano avere come obiettivo nella vita diventare il pasto di un drago o unirsi ad una comunità di gnomi. E non ho ancora capito quale delle due opzioni mi terrorizzi di più. Ah, eccoti qui.» Duncan spinse Lydia tra le braccia di Lance.
Lance le strinse un braccio attorno alla vita. «Cosa è successo?»
«Tua moglie stava cercando di guadagnarsi un’altra denuncia.»
«I genitori di Daniel?»
«Ovviamente.» rispose Duncan.
«Non li sopporto!» sbottò Lydia, la rabbia che ancora le ribolliva nelle vene. «E dove hai lasciato Keira?»
«Appena ha visto il serpente è corsa dalla mamma per provare a convincerla a comprargliene uno. Temo che entro sera potrebbe esserci un nuovo abitante a casa O’Brien.» rispose Lance, senza però lasciarsi distrarre. «Hai ragione ad essere arrabbiata, ma –»
«Come tutti noi.» lo interruppe Duncan «Ma questo non significa che possiamo fare una scenata davanti all’intera comunità magica.»
«Duncan ha ragione, Lydia. Dobbiamo stare tranquilli fino a quando le cose non si saranno sistemate, o fino a quando non saremo in tribunale.»
Duncan si chinò verso di loro. «Quello che possiamo fare è riempirgli la casa di Puffole Pigmee, dovrebbe essergli arrivato un pacco dal Serraglio Stregato proprio ieri.»
«Duncan!» esclamò Lance, inorridito.
Lydia si voltò d’istinto verso la famiglia di Daniel, e nonostante fosse seminascosta nella folla, vide che il bambino aveva una Puffola Pigmea sulla spalla, ed altre due sbucavano dalla sua tasca. Lydia scoppiò a ridere. «Non posso crederci che non mi hai aspettata!»
«Scusa tanto se la nostra luna di miele ha distrutto i tuoi piani di vendetta.» borbottò Lance.
«Chi si vuole vendicare di chi?» Silas era comparso in una nuvoletta di fumo, letteralmente, nel suo mantello migliore (una nuova versione di un rosa così acceso che occorreva una protezione magica per poterlo fissare per un periodo superiore ai tre secondi) ed un cilindro talmente alto che sovrastava ogni altra persona presente sulla banchina.
«Lydia, dei signori Holt.» rispose Lance dando delle pacche sulla schiena di Lydia, che tossiva soffocata dal fumo d’ingresso di Silas.
«Oh, sono ancora sul piede di guerra?»
«Direi di sì.» rispose Lance «A fine giugno hanno sporto un’altra denuncia. Prima sostenevano che la Pozione Anti-Traccia che abbiamo somministrato ai bambini durante la guerra avesse soffocato la magia di Daniel, poi è arrivata la lettera di Hogwarts e hanno scoperto che in fondo loro figlio è davvero un mago, solo che è un mago tardivo.»
«Genitori…» esclamò Duncan con sprezzo «I loro figli non trasformano una tazzina in una lumaca all’età di sette anni e già pensano che non siano abbastanza.»
«Pensavamo che con l’arrivo della lettera di Hogwarts la storia si fosse conclusa e invece, indovina? Quando a giugno hanno ricevuto il resoconto dei voti del primo anno, ci hanno denunciato di nuovo perché sì, in fondo la mia pozione non ha soffocato il fulcro magico di Daniel, ma lo ha comunque compromesso, secondo loro. Senza contare il fatto che gli altri bambini stanno tutti benissimo e non hanno alcun tipo di problema, anzi, i loro genitori non fanno altro che ringraziarci per il livello di preparazione che hanno avuto durante quei mesi. Sai che la professoressa McGranitt in persona mi ha riferito che ha apprezzato il livello avanzato che hanno dimostrato i nostri bambini al loro ingresso ad Hogwarts? E invece no, i genitori di Daniel si sono fissati che la mia pozione era tossica!» Ad ogni parola pronunciata, la voce di Lance era sempre più intrisa di risentimento «Perché se no come altro si giustificherebbero i voti appena sufficienti in Pozioni, Trasfigurazioni e Astronomia? Astronomia!» sbottò infine infuriato «Non c’è neppure bisogno di essere un mago per frequentare Astronomia!»
«Finalmente una lezione di Hogwarts che sarebbe piaciuta anche a me.» Caitlin era comparsa al fianco di Silas.
Lydia alzò le braccia al cielo. «Ma come fate tutti a comparire all’improvviso?»
«Talento degli O’Brien.» si limitò a rispondere Caitlin, stringendosi nelle spalle.
«Ah, ecco cosa volevo dirvi, c’è anche Caitlin!» esclamò Silas, per poi voltarsi verso Caitlin stessa «Perché non hai usato la fialetta di fumo? Cosa ti avevo detto delle entrate ad effetto?»
«Che sono banali e senza senso?» rispose innocentemente Caitlin.
«No!» urlò Silas, facendo voltare metà banchina verso di loro «Che sono il fondamento di ogni buon spettacolo! Fai un’entrata ad effetto e ti sei già garantito mance generose!»
Caitlin lo squadrò per un istante. «Vorrei ricordarti che ho già un lavoro.»
«In un triste laboratorio circondata da persone altrettanto tristi e annoiate. Come fate a vivere senza il brivido dell’incognito? Del violare le regole e fuggire prima che possano catturarvi?»
«Ti posso assicurare che il mio lavoro non è affatto noioso.» si difese Caitlin, incrociando le braccia al petto e squadrando con i suoi occhi di ghiaccio il cugino «Abbiamo iniziato a collaborare con il San Mungo su un saggio per esplorare le possibilità dell’utilizzo congiunto dei rimedi magici e babbani, Lance ci sta aiutando. Lance, diglielo anche tu che non è un lavoro noioso!»
Silas rispose sbadigliando vistosamente. «Mi sono addormentato a ‘San Mungo’.» Caitlin emise un verso esasperato «E comunque» continuò Silas, la noia trasformata in un ghigno «È il tuo lavoro ad essere così affascinante o la collega con cui stai scrivendo questo saggio? Sai, quella babbana così intelligente, con la sorella strega ed un profondo amore per il caffè, di cui non parli assolutamente mai.»
E in quel momento successe qualcosa che Lydia non aveva mai visto accedere prima: Caitlin arrossì.
E per riportare le cose alla normalità, Caitlin si profuse in una serie di insulti nei confronti del cugino che lo portarono ad alzare le braccia e dichiarare la sconfitta. «E comunque se lavoreresti per me non potresti permetterti di parlarmi in questo modo.»
«Non vorrei mai lavorare con te, neanche se dovessi scegliere tra il tuo stupido spettacolo e vivere sotto un ponte.» ringhiò Caitlin, le guance e le orecchie ancora in fiamme.
«Hai ragione, è un vero despota.» annuì Cyril, comparendo dietro a Lydia e facendola sobbalzare e urlare un: «Non è possibile!» seguito da un «Ciao Nik!» quando vide avvicinarsi il fidanzato di Cyril.
«Finalmente qualcuno con un po’ di buone maniere.» continuò Lydia «Voi O’Brien dovreste imparare da lui, che sa come non far perdere dieci anni di vita alle altre persone ogni volta che entra in una stanza e… state bene?»
Lance e Duncan però non risposero. Erano paralizzati, con gli occhi strabuzzati e con la stessa identica espressione tra l’incredulo e lo stupito che avrebbe potuto divertire Lydia se non fosse stata così preoccupante. «No, davvero ragazzi, state bene?» Forse erano stati colpiti da un Petrificus Totalus di qualche ragazzino, o forse c’era un Basilisco nel binario nove e tre quarti. Qualsiasi fosse il motivo, i due continuavano a fissare Caitlin, immobilizzati nel loro stupore.
«Stanno bene.» rispose stizzita Caitlin, ancora risentita dal commento di Silas.
Lydia non era altrettanto fiduciosa. Osservò il marito e gli schioccò le dita davanti agli occhi, provocando solo un battito di ciglia. «Sei sicura?»
«Sì.» Caitlin si voltò verso l’Espresso di Hogwarts «E comunque non capisco cosa abbiate mai trovato di tanto meraviglioso in tutto questo. È un semplice treno. Un treno vecchio, per giunta. Avete almeno l’aria condizionata lì dentro?»
«Ehi!» brontolò Lydia, pronta a gettarsi in difesa del suo caro, vecchio Espresso.
«L’unica cosa fuori dalla norma è il modo in cui si raggiunge questo posto dimenticato dal mondo. Il passaggio nel muro è stato…» rabbrividì «Interessante. E comunque voi due state iniziando a diventare inquietanti.»
Lance si riscosse finalmente dalla sua paralisi, e senza smettere di fissare stranito la sorella, sussurrò «Avevi giurato che non saresti mai tornata qui.»
Duncan annuì. «Non ci sei più stata dopo… la lettera.»
«E allora?» disse Caitlin «Le promesse sono fatte per essere infrante. E comunque questo è il minimo per il mio fratello preferito.» E dopo aver fatto l’occhiolino a Lydia, spalancò le braccia e si allontanò urlando «Henry!»
Duncan e Lance la seguirono con lo sguardo, la bocca ancora socchiusa e le menti che cercavano di rendere sensata la presenza di Caitlin nel luogo che più rappresentava la sua esclusione dal mondo magico.
«Allora, Lydia…» esclamò Silas per attirare la sua attenzione. Si sfregò le mani e alla ragazza non piacque per nulla lo sguardo che le rivolse. Lo conosceva troppo bene.
«Non ci pensare neanche.» dichiarò immediatamente.
«Ma non sai neppure cosa vogliamo chiederti!»
«Di fare cadere qualche accusa nei vostri confronti al Ministero.»
«Io mi dissocio da qualsiasi richiesta.» replicò prontamente Cyril.
Il sorriso di Silas si incrinò, ma solo per un istante, quello successivo era di nuovo tornato a sorridere sfregandosi le mani. «Si tratta solo di una piccola incomprensione, sono sicura che tu, con i tuoi contatti, potresti appianarla in men che non si dica. E avresti tutta la nostra – »
«Io non c’entro.» disse Cyril.
«Mia» si corresse Silas «Riconoscenza. E sai quanto possa essere preziosa.»
«Quante volte devo dirti che non voglio saperne nulla dei vostri affari?» Lydia si sfregò la fronte, con un imminente mal di testa causato da troppi O’Brien tutti insieme nello stesso luogo «E comunque anche se a volte collaboro con gli Auror e il Dipartimento di Giustizia questo non significa che io abbia il potere di cancellare le vostre denunce, neanche se lo chiedessi ad Harry Potter in persona.»
Gli occhi di Silas brillarono «Puoi chiederglielo davvero?»
«No!» esclamò Lydia «Non posso e non voglio! E comunque lavoro all’Ufficio per i Diritti di Maghi e Streghe da zero a undici anni, non nel Dipartimento ‘Cerchiamo Di Scagionare Un Cugino Con Un Senso della Moda Orrido’!»
Silas la fissò accigliato. «Potevi semplicemente dire di no. Non occorreva insultare il mio povero abbigliamento.» E si strinse nel mantello, costringendo Lydia a distogliere lo sguardo per non rimanere accecata.
Il fischio prolungato del treno sovrastò per alcuni secondi ogni altro rumore, e riempì Lydia di un’angoscia che non pensava di provare. Si diresse immediatamente verso Henry, il suo piccolo Henry, il bambino non più così bambino che stava per salire per la prima volta sull’Espresso di Hogwarts, dove avrebbe iniziato una nuova avventura della quale Lydia non avrebbe fatto parte. Superò l’intera famiglia O’Brien che lo circondava, e strinse Henry in un abbraccio, sprofondando il volto nei suoi ricci. «Mi raccomando, scrivimi ogni giorno. Promettimelo.»
Henry si staccò dalle sue braccia per rivolgerle un sorriso. «Me lo hai già fatto promettere altre cinque volte. Penso che la prima volta avevo solo otto anni.»
«Fa niente, non era mai troppo presto. Tu promettimelo ancora una volta.» Lydia lo prese per le spalle e lo costrinse a guardarla negli occhi «Promettimi che mi scriverai, e che starai attento, e che se avrai un problema, qualsiasi problema, me lo dirai subito, così potremo risolverlo insieme.»
«Va bene, lo prometto.»
«Bene. Adesso passiamo alle regole.» ignorò il verso di disperazione di Henry «Devi studiare tutte le materie, anche quelle che non ti piaceranno, fare sempre tutti i compiti senza rimandarli all’ultimo pomeriggio. Non saltare i pasti. Ricorda di lavarti i denti e niente dolci dopo le nove di sera oppure non riuscirai a dormire, e se non dormirai non riuscirai a seguire le lezioni, e se non seguirai le lezioni prenderai dei brutti voti, e se prenderai dei brutti voti ti arriverà una Strillalettera davanti a tutti in Sala Grande, intesi?» Henry si affrettò ad annuire.
«Cara, nostra figlia sta diventando un po’ troppo simile a te.»
Lydia distolse lo sguardo da Henry solo il tempo necessario per lanciare un’occhiataccia a suo padre.
«Ti proibisco di violare il coprifuoco» continuò imperterrita. «Vietato entrare nella Foresta Proibita, vietato causare risse o litigi di qualsiasi genere o natura e sì, mi riferisco anche a qualsiasi modo ti provocherà Simon.»
«Ehi!» protestò Simon stesso.
Henry, nel frattempo, stava cercando di rimpicciolirsi, probabilmente desiderando ardentemente che il pavimento lo inghiottisse considerando che attorno a loro si era creata una piccola folla composta da tutti i bambini (o ragazzi, o rane) di casa O’Brien e dei relativi famigliari.
«Non ho finito.» Lydia strinse la presa sulle sue spalle per costringerlo a rimanere dritto «Vietato uscire di nascosto dai confini di Hogwarts, vietato cercare di entrare nella sezione proibita della biblioteca, o volare quando non ci sono i professori a sorvegliarti. Vietato fare scherzi a Gazza o qualsiasi altra autorità.» Un altro fischio del treno ricordò a tutti che mancavano solo pochi minuti alle undici, Lydia iniziò a parlare più velocemente «Qualsiasi sia la Casa in cui il Cappello Parlante ti Smisterà, ti vieto di provare ad entrare nelle altre Sale Comuni. E ti vieto di avvicinarti agli animali di Cura delle Creature Magiche senza la presenza di Hagrid, anzi, ripensandoci, ti vieto proprio di avvicinarti in generale. E anche di fare esperimenti con le Pozioni, o di finire in Infermeria più di tre volte al mese!»
E Lydia avrebbe continuato all’infinito, se Lance non le avesse preso le mani per costringerla a lasciare andare il povero Henry. «Ti rendi conto che stai elencando tutte le cose che noi abbiamo fatto ad Hogwarts, vero?»
«Sì! E infatti non ho ancora capito come abbiamo fatto a sopravvivere per sette anni! E non voglio che Henry torni a casa senza un arto, o la sua sanità mentale!»
Un altro fischio acuto, e i Prefetti e i Capiscuola iniziarono a urlare che era l’ultima chiamata. La piccola folla che si era riunita attorno a Lydia e Henry si rianimò, accendendosi delle ultime veloci raccomandazioni e saluti.
«Lydia.» Lydia si voltò di nuovo verso Henry, che la guardava con un sorriso gentile e con gli occhi che luccicavano di quell’entusiasmo che non lo aveva mai abbandonato, nonostante il dolore che era stato costretto a vivere «Mi mancherai.» E questa volta fu lui ad abbracciarla così stretta che per un istante Lydia temette di soffocare, non che le importasse, no, voleva solo che il tempo si fermasse, poter usare un maledetto incantesimo e prolungare il tempo a loro disposizione all’infinito, ma Henry si staccò, e con un ultimo saluto della mano, prese la gabbietta del suo gufo e corse sul treno, insieme a tutti i suoi amici.
Il nodo alla gola impediva a Lydia di parlare. Si limitò ad avvicinarsi semplicemente al treno, mettendosi proprio sotto il finestrino dove Henry e i suoi amici si erano accomodati, e a continuare a salutare con la mano, mentre tutti i portoni si chiudevano, l’Espresso emetteva il suo ultimo fischio e i motori si avviavano. Il treno iniziò a muoversi lentamente, e lei continuò a salutare, così come stavano facendo i suoi genitori, sua nonna, i signori O’Brien, Caitlin, Duncan, Katherine, Silas, Cyril, Nikolas, insieme alle piccole Keira, Evelyn e Marion, che apriva e chiudeva la manina senza neppure capire chi doveva salutare.
E Lance. Le stringeva un braccio attorno alle spalle, mentre con la mano sinistra salutava il vagone che si allontanava sempre di più, portando Henry fuori dalla loro vista.
Fu Silas il primo a smettere di salutare. «Non lo sa, vero?»
«No.» rispose Lance senza riuscire a trattenere un sorriso.
Silas rise. «Vorrei tanto poter vedere la faccia di Henry quando questa sera ti vedrà seduto al tavolo dei professori. Anzi, vorrei vedere la faccia di tutti loro! Non è che puoi fare una foto o qualcosa del genere?»
La mano di Lydia era ancora alzata a salutare, anche se Henry era lontano e il treno era quasi completamente uscito dalla stazione. «L’ho già chiesto anche io, ma si rifiuta. Ho anche minacciato di usare un incantesimo di Disillusione per assistere alla scena di persona, ma non vorrei fargli perdere il posto di lavoro il primo giorno.»
«Ci mancherebbe solo questo.» sospirò Lance «La professoressa McGranitt ha rischiato molto assumendomi. Tra la denuncia dei genitori di Daniel e la mia mano, i genitori e il Consiglio non saranno così contenti quando scopriranno che sarò il professore di Pozioni dei loro figli.» Lydia cercò per istinto la mano sinistra di Lance, e la strinse. Il tutore che indossava era sottile, ma copriva la ragnatela di cicatrici che la attraversava, nei punti in cui i medici babbani erano intervenuti per ricucire i nervi, ed era intriso di unguenti e incantesimi che tenevano sotto controllo il dolore. Non era guarita, non sarebbe mai guarita del tutto, come la gamba di Duncan e la cicatrice sul viso di Lydia, ma almeno aveva ricominciato a rispondere ai comandi di Lance, nonostante in molti momenti, venisse ancora attraversata da tremiti incontrollabili che gli impedivano di utilizzarla fino a quando non si calmavano. Ed era anche il motivo per cui era stata Lydia ad insistere affinché Lance accettasse la proposta di lavoro ad Hogwarts. «Spero solo che avremo finalmente un periodo di tranquillità…» concluse Lance, lo sguardo preoccupato fisso sulla coda del treno, che svanì in lontananza.
Gli occhi di Lydia erano rivolti verso i binari vuoti del treno, la sua mente invece era già nel minuscolo appartamento che li attendeva ad Hogsmaede, dove avrebbero iniziato la loro nuova vita, una vita che forse non sarebbe stata così tranquilla come entrambi desideravano, ma non per questo meno avventurosa. Perché se anche ci fossero state delle difficoltà, le avrebbero affrontare insieme, come avevano sempre fatto, pronti a combattere e lottare per difendere le persone che amavano, per la vita che erano riusciti a costruirsi e per il futuro che li attendeva.
Lydia posò la testa sulla spalla di Lance e sorrise sussurrando un’unica frase.
«Andrà tutto bene.»
FINE