Piume di Cenere

Harry Potter - J. K. Rowling
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Piume di Cenere
Summary
Il Ministero è caduto, le lettere di convocazione al Censimento per i Nati Babbani sono state inviate e quando Lydia Merlin riceve la sua, sa che è arrivato il momento di nascondersi. Ma una lezione che ha imparato durante i sette anni ad Hogwarts è che i suoi piani non vanno mai come dovrebbero.Un incontro fortuito con un ex compagno di scuola ed un bambino troppo chiacchierone le ricorderanno che la fuga non è un’opzione, e che in un mondo magico che ha dimenticato cosa sia l’umanità e la pietà, c’è ancora qualcosa per cui vale la pena combattere.Una storia di sopravvivenza, ingiustizia e dei mostri che si annidano nei luoghi più oscuri.Dall'Epilogo:«Corri!»Lydia sapeva che era arrivata la loro fine.Nulla li avrebbe salvati.Sfrecciò in mezzo ad un gruppetto di anziane signore, che reagirono lanciandole imprecazioni che mal si addicevano a delle così adorabili nonnine.«Scusate, scusate!»E ovviamente Lance perse tempo a cercare di farsi perdonare piuttosto che correre per salvarsi la vita.
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Capitolo 23 - La stella di Ecate

Capitolo 23 
La stella di Ecate

 

L’incidente con la pozione delle Memorie non causò gravi effetti collaterali in Lydia. Tranne il perpetuo mal di testa, la costante sensazione di vivere in un deja-vu e i ricordi che affioravano all’improvviso, senza alcun preavviso. E il più fastidioso di tutti: essere seguita da Caitlin ovunque andasse.
«Hai chiesto a Caitlin di controllarmi? A Caitlin?» aveva chiesto Lydia esterrefatta la mattina dopo l’incidente.
Lance la osservava attentamente, andando ad esaminare ogni suo minimo gesto e tenendo un taccuino a portata di mano per annotare qualsiasi comportamento fuori dalla norma. Lydia avrebbe voluto gettarlo nel camino. Il taccuino e Lance insieme a lui.  «Ho bisogno di qualcuno che ti controlli mentre io sono in laboratorio. Devi riferirmi ogni sensazione o malessere che hai, va bene? Non l’avevo ancora testata, potremmo scoprire effetti interessanti non considerati.»
«Sì, ma Caitlin
«Era l’unica disponibile. Katherine lo direbbe a Duncan, e Duncan lo direbbe a mamma, e mamma mi bandirebbe da ogni esperimento. La scelta era o Caitlin o Henry. Ma Henry si distrae facilmente. E poi Caitlin ha una formazione medica di base… sai, in caso…»
«E davvero pensi che Caitlin non andrà a spifferarlo subito a Duncan o ai tuoi genitori?»
«Non questa volta. Ho trovato finalmente qualcosa con cui ricattarla.»
«Potresti dirmi cosa? Sai, potrebbe sempre tornare utile avere un’arma contro tua sorella.»
Caitlin li guardava a braccia incrociate. «Lo sapete che sono qui, vero?»
Lydia grugnì. «E va bene. Ma ti avviso, non starmi troppo attaccata.»
Il sorrisetto di Caitlin le fece presagire guai.
 
Come aveva previsto, Caitlin prese fin troppo alla lettera l’ordine di Lance e passò la giornata incollata a Lydia come un’ombra (o una sanguisuga, come preferiva definirla lei), in un modo talmente inquietante da attirare l’attenzione degli altri abitanti di casa O’Brien. Quando il signor O’Brien le vide appiccicate ad apparecchiare la tavola, si limitò a scrollare le spalle e tornare al suo dipinto, Duncan si fermò ad osservarle per diversi minuti, con gli occhi sgranati e con il dubbio che si trattasse di una scommessa persa o un incantesimo Collante terminato in tragedia. L’unica a non trovare nulla di strano nella loro condizione fu la signora O’Brien, la quale dichiarò più volte che era una gioia per lei vedere fiorire la loro amicizia.
Caitlin non si arrese neanche quando Lydia si offrì volontaria per gestire qualche ora i bambini (o più precisamente, quelli che non erano in preda alla febbre o al vomito), anzi, fu la prima a proporre di uscire in giardino a giocare con la neve. Lydia scoprì successivamente che era stato solo un trucco per non doversi trovare rinchiusa nella stessa stanza con loro e lasciare che i bimbi si disperdessero nell’ampio giardino, allontanandosi così da Lydia e, di conseguenza, da lei. Ma ormai il guaio era fatto e Lydia si trovò in giardino con un’orda di bambini sovreccitati che giocavano a sotterrarsi nella neve e una Caitlin che continuava a fissarla come se dovesse crescerle una testa in più da un momento all’altro.
«Simon, esci subito da lì!»
«Lizzie, non nei pantaloni!»
«Ewart Parker, sputa subito quella neve!»
Dovette anche salvare Henry dal congelamento quando si convinse di essere un perfetto scheletro per un pupazzo di neve. «Vedi?» le disse mentre i suoi compagni ammontavano la neve attorno al suo corpo «Così resta su, se no cade subito.»
«È per dargli stabilità.» annuì fiera Bethany.
Lydia afferrò Henry e lo liberò dal cumulo di neve. «Il prossimo che sotterra un suo amico finisce dritto in punizione.»
Dieci minuti dopo si trovò a tirare fuori Tristan da una buca. «Tu hai detto che non potevamo sotterrare i nostri amici. Lui non è mio amico.» rispose Simon alzando le spalle, per nulla impressionato.
Caitlin si grattò il mento. «Il suo ragionamento non fa una piega.»
«Puoi smetterla almeno tu?» sbottò Lydia.
E poi i fiocchi di neve ricominciarono a scendere dal cielo. I primi erano fiochi, aleggiavano dolci nell’aria, i bambini cominciarono a saltare con le bocche spalancate nel tentativo di catturarli. L’idillio durò solo pochi minuti. Quella che era iniziata come una semplice nevicata leggera si trasformò improvvisamente in una bufera. La neve scendeva copiosa, andando a coprire tutti i bambini con il suo mantello bianco.
«È ora di entrare!» urlò Lydia.
E attorno a lei si creò il vuoto assoluto.
I bambini schizzarono da tutti le parti e Lydia non poté fare altro che guardarli attonita mentre correvano via da lei. «Cosa mi hai fatto fare?» chiese con un filo di voce.
Caitlin non era mai parsa più tranquilla. «Correre nella neve fa bene alla salute. Sei in preda ad un ricordo?»
«No!» esclamò Lydia, le mani ancora nei capelli «Sono in preda alla disperazione. E alla voglia di trasformare tutti in rane!»
Caitlin alzò le spalle. «Sei proprio fissata con le rane.»
Alla fine fu solo l’intervento miracoloso di Katherine a salvare la situazione. O meglio, il vero miracolo furono le parole magiche che urlò dalla finestra della cucina. «La cioccolata è pronta!»
Prima ancora che Lydia potesse dire qualcosa, la marea di bambini era corsa urlando verso l’ingresso, lasciando dietro di sé una scia di neve e fango.
Ma quella sembrava una giornata costellata da pessime decisioni. Sì, la cioccolata aveva convinto i bambini a rientrare in casa, ma le tre ragazze non avevano considerato un piccolo particolare. Era veloce da bere e gli zuccheri in essa contenuti potevano avere conseguenze catastrofiche se mischiati all’emozione di un pomeriggio di neve.
«Oh, oh…» disse Katherine guardando i bambini sfidarsi a chi mangiava più biscotti senza vomitare.
«Oh, oh, davvero.» Lydia si sfregò la fronte. L’unico suo desiderio era poter andare in camera sua e chiudersi nell’oscurità più totale per cercare di dare sollievo alla propria testa pulsante. Ma non poteva dirlo. Perché poi Katherine le avrebbe chiesto come mai aveva il mal di testa, e con il suo intuito da giornalista, avrebbe indagato fino a quando non avrebbe scoperto la verità sugli esperimenti illegali di Lance, e poi lo avrebbe detto a Duncan, e questo avrebbe significato la fine di Lydia e Lance.  E di Caitlin, non che lei fosse preoccupata di tale possibilità. Se Lydia era sull’orlo di una crisi di nervi, lei, al contrario, era la tranquillità fatta in persona e si limitava a sorseggiare la sua tazza di cioccolata semisdraiata su una sedia. Lydia si accorse che pareva persino godere della loro disperazione, come se stesse assistendo ad uno spettacolo di suo gradimento. «Ti stai divertendo?» le ringhiò.
Caitlin ebbe almeno la decenza di non mentirle. «Molto. Buon Natale a me!» esclamò sollevando la tazza di cioccolata per brindare.
Un lampo di dolore attraversò la mente di Lydia.
 
La folla di studenti riempiva la piccola stazione di Hogsmeade. Un’allegra confusione aleggiava sui binari, la gioia dell’inizio delle tanto agognate vacanze di Natale non poteva essere attenuata neanche dalla bufera di neve che scendeva su di loro. Una studentessa in particolare era entusiasta dell’improvviso maltempo che aveva colpito il paese.
«Così è perfetto. Nessuno si accorgerà di noi.» esclamò Lydia soddisfatta.
La neve scendeva talmente fitta da rendere difficile vedere i vagoni dell’Espresso di Hogwarts, nonostante si trovassero a soli pochi metri di distanza. E questo significava che anche dai finestrini dei suddetti vagoni sarebbe stato impossibile vedere fuori.
«La via è libera.» Lance si calò il berretto sulle orecchie congelate.
Alice invece, guardava sconsolata il treno davanti a lei. «Siamo proprio sicuri?» Aveva sperato fino all’ultimo che i suoi amici desistessero.
«Assolutamente sì.» Che ingenua. Dopo due anni e mezzo di amicizia, ormai avrebbe dovuto sapere che era impossibile far cambiare idea a Lydia Merlin. Aveva provato a fare leva sul buon senso di Lance, ma anche in quel caso si era scontrata contro un muro.
«È una splendida idea!» Le aveva ripetuto ogni volta che Alice gli aveva fatto notare tutto quello che sarebbe potuto andare storto nel loro piano. «Ci meritiamo anche noi il nostro giretto natalizio.»
«E poi se ci pensi non è colpa nostra. La colpa è tutta della professoressa McGranitt.» aveva continuato Lydia «È stata lei a metterci in punizione e a impedirci così di partecipare all’ultima gita ad Hogsmeade. Se ci avesse lasciati andare ora non dovremmo scappare dal treno.»
«Ma abbiamo incendiato mezza serra di Erbologia…» aveva provato a farla ragionare Alice «Una punizione ce la meritavamo.»
Lydia aveva sollevato le spalle. «È stato involontario. Un piccolo incidente di percorso.»
«E cosa mi dici del fatto che tu e Lance eravate sulla Torre di Astronomia in piena notte, ore dopo il coprifuoco?»
«Lance voleva solo mostrarmi una cosa.»
«La stella di Ecate.» ricordò malinconico Lance. «Era una serata perfetta. L’avremmo vista di sicuro se non fosse comparsa la professoressa McGranitt.»
Paul si tolse gli occhiali per pulirli in un angolo della giacca «E comunque non ho capito come mai ci siamo andati di mezzo anche io e Alice. Noi non eravamo sulla Torre, anzi, non sapevamo neanche che foste lì.»
«Ripeto.» replicò Alice «Abbiamo incendiato metà serra. In quell’occasione eravamo presenti anche noi.»
Era una fortuna che la punizione fosse scattata proprio dopo l’infausto incidente del fuoco fatuo e le piantine di Astel, in quel modo Alice e Paul non avevano minimamente sospettato la causa reale della loro punizione. Quando la professoressa McGranitt aveva scovato Lydia e Lance sulla Torre di Astronomia, aveva immediatamente pensato che anche Alice e Paul fossero presenti sul luogo del crimine, nascosti da qualche parte. Un effetto collaterale di essere sempre insieme. Lydia e Lance avevano costatato che era meglio lasciarli nell’ignoranza, oppure Alice e Paul non avrebbero smesso di dare loro il tormento.
Ed ecco come Lydia, Lance, Alice e Paul si erano ritrovati alla stazione di Hogsmeade all’inizio delle vacanze natalizie del terzo anno ad organizzare una fuga strategica. Lydia e Lance avevano formulato un piano a loro dire perfetto, che implicava un’invasione di grilli e una Strillalettera ben piazzata, presentato agli altri due amici con degli schemi precisi ed articolati. In realtà bastò loro semplicemente voltarsi e uscire dalla stazione con i rispettivi bagagli. Nessuno li vide e nessuno li fermò.
«Non ci lasciano mai divertire.» borbottò Lydia gettando nel primo cestino che trovò il foglio con il suo piano in sette punti per una fuga perfetta.
Paul faticava a trascinare il suo baule pieno. «Però adesso possiamo divertirci. Senza professori o genitori tra i piedi!»
La prospettiva fece tornare il sorriso a Lydia.
I bauli erano troppo pesanti per portarseli dietro per tutto il viaggio, ma Lydia e Lance avevano già pensato anche a quello. Con fatica attraversarono le vie principali di Hogsmaede e si diressero verso la parte meno frequentata, in particolare in direzione di un locale che qualsiasi mago rispettabile evitava peggio del Vaiolo del Drago.
«Il pub Testa di Porco!» esclamò Lydia quando giunsero all’uscio del bar, con un entusiasmo che nessuno degli avventori aveva mai provato nel raggiungerlo. L’aspetto decrepito e il lugubre proprietario rispondevano esattamente alla descrizione che era stata fornita a Lydia. Un luogo perfetto per poter evitare di incappare in qualcuno che si conosceva, più precisamente professori in ferie. Quando chiesero al proprietario del bar se potevano lasciare lì i loro bauli, quello rispose con un semplice grugnito, che i quattro ragazzi decisero di interpretare come un consenso. Lasciarono qualche moneta sul bancone per ringraziarlo della gentilezza, ma si rifiutarono di consumare qualsiasi bevanda per paura di beccarsi qualche malattia infettiva, e poi tornarono di corsa verso la zona dei negozi di Hogsmaede.
La loro avventura poteva avere ufficialmente inizio.
 
Lydia scosse la testa per scacciare il ricordo e le immagini dalla testa. L’effetto collaterale tanto temuto (o sperato?) da Lance si era infine presentato. E Caitlin non se ne era neppure accorta, constatò Lydia osservando la ragazza ancora sdraiata sulla sedia, un’espressione di beatitudine sul volto che mal si accordava al delirio che stava avvenendo nella sala da pranzo. La sua presenza era ufficialmente inutile, anche se Lydia non lo avrebbe mai ammesso. L’ultima cosa che voleva era trovarsi Henry come sua guardia personale, probabilmente quel bambino avrebbe spifferato tutto nel giro di dieci minuti. Il suo unico desiderio in quel momento invece era trovare un modo per calmare e tenere impegnati un’orda di bambini con troppe energie da spendere che non comportasse una Trasfigurazione in una colonia di rane.
Forse Caitlin aveva ragione, forse era davvero troppo fissata con le rane.
Lydia si appoggiò allo schienale della sedia con un sospiro. Socchiuse gli occhi sperando che potesse così contrastare l’emicrania. Non funzionò. Si voltò a guardare l’orologio, con la speranza che mancasse poco alla fine del suo incarico. Nel farlo, il suo sguardo si posò sul calendario appeso accanto all’orologio, riportandole alla mente le parole pronunciate da Caitlin prima del suo black-out. Un lampo di ispirazione le illuminò il volto.
«Oh, oh.» ripeté Katherine.
«Cosa c’è?»
Katherine fissava Lydia con gli occhi spalancati. «Conosco quello sguardo. Hai in mente qualcosa. E quando hai in mente un piano non finisce mai bene.»
Lydia ignorò le preoccupazioni di Katherine, si alzò in piedi sulla sedia e batté le mani. I bambini si voltarono all’unisono verso di lei, al contrario di Caitlin, che continuò a sorseggiare la sua bevanda senza prestarle la minima attenzione. «Ho un compito per voi!» annunciò a gran voce. Diversi sopraccigli si alzarono perplessi. «Manca meno di un mese a Natale e questa casa ha bisogno dello spirito natalizio. E chi meglio di voi può adempiere a questo compito?» L’altra metà dei sopraccigli si levarono, questa volta per la sorpresa. Aveva catturato la loro attenzione, ora bastava solo non creare un disastro. «Voglio alberi di Natale, decorazioni, ghirlande, disegni sui vetri, casette di marzapane, villaggi di Natale… qualcuno sta prendendo appunti?»
Lizzie corse a prendere un taccuino dalla sua borsa e la sua penna si sollevò in volo per poi avventarsi sulla carta, per recuperare tutti gli ordini di Lydia. «Voglio biscotti, omini di zenzero, bastoncini di zucchero, vischio, canti natalizi e bigliettini di auguri. Mi avete capito?» Lydia drizzò la schiena, in piedi sulla sedia come un generale di fronte al suo esercito.
E i bambini si misero sull’attenti.
«E allora tutti subito di sopra a dividervi i compiti!» Un gracchiare di sedie e i gridolini dei bambini che tentavano già di farsi affidare certi compiti li accompagnò mentre uscivano di fretta dalla sala da pranzo, lasciando sole le tre ragazze. Lydia scese con un balzo dalla sedia. Era soddisfatta della sua idea. Di sicuro li avrebbe tenuti impegnati per diversi giorni, anzi, se sarebbero stati fortunati anche fino a Natale. La sua soddisfazione si incrinò quando si voltò verso Katherine e la trovò ad osservarla con un sorriso malizioso. «Vischio, è?»
Lydia alzò gli occhi e le braccia al cielo con un verso esasperato. La scena bastò per attirare finalmente anche l’interesse di Caitlin. «Aspettate, cosa mi sono persa?»
«Niente.» risposero in coro Lydia e Katherine. Solo che la prima replicò quasi ringhiando, mentre la seconda con un tono fin troppo innocente.
Caitlin non ci cascò. «Accidenti, mi sono davvero persa qualcosa! Cosa sta succedendo? Dovete dirmelo.» e davanti al loro silenzio, continuò «Non è giusto! Fate sempre così, parlate tra di voi e a me non mi raccontate nulla.» E altre proteste che Lydia si rifiutò di ascoltare.
«Se vuoi mi posso occupare io del vischio.» continuò a punzecchiarla Katherine.
«Smettila.»
«Vischio? Perché il vischio?»
«Ho in mente alcuni punti della casa in cui ci starebbe benissimo…»
«Perché dovremmo mettere del vischio in casa? Non è ancora Natale!»
«In salotto…»
«Katherine, ti avviso… non un’altra parola.»
«Insomma! Dovete dirmelo!»
«Al secondo piano…»
«Katherine, ti sto per lanciare una fattura.»
«Sulla porta di un certo laboratorio…»
«Oh, cresci un po’!» sbottò Lydia, esasperata.
Il volto di Katherine si rabbuiò, il sorriso completamente scomparso. «Ho bisogno di un po’ di leggerezza, Lydia… Da quando è iniziata la guerra non so più cosa vuol dire essere spensierati.»
E Lydia si sentì vagamente in colpa. Da quanto tempo non vivevano una giornata allegra senza l’ombra della guerra ad adombrarla? Da quanto non si concedevano la possibilità di essere semplicemente felici?
Il suo sguardo si posò sulla neve candida che volteggiava nell’aria invernale, il pensiero rivolto ai tanti momenti di gioia che aveva vissuto ma che sembravano appartenere ad un’altra vita.
 
L’atmosfera natalizia rendeva il villaggio di Hogsmaede ancora più magico, e il buonumore si impossessò dei quattro ragazzi, Alice compresa. Non riuscivano a credere di essere davvero lì, liberi e senza il controllo di Prefetti, Capiscuola o professori. Acquistarono scorte di caramelle per un anno intero, si nascosero dietro un albero ad ascoltare un gruppo di cantori, si fecero scattare una foto ricordo da un fotografo ambulante e si arrischiarono persino ad arrivare fino ai cancelli della Stamberga Strillante. Lydia e Lance erano decisi ad avventurarsi al suo interno, ma Alice e Paul erano di tutt’altro avviso e alla fine il buon senso di Alice prevalse. Dopo essersi ritrovati con le dita delle mani completamente congelate, fu d’obbligo scaldarsi con delle cioccolate calde acquistate ad un banchetto nella via principale di Hogsmaede.
Lydia soffiò sulla sua tazza. «Non posso crederci che ce l’abbiamo fatta.»
«Lo devo ammettere.» disse Alice «Per una volta sono contenta di essermi lasciata convincere da voi. Ci voleva proprio una giornata così. Niente compiti, niente compagni di classe, solo noi.»
Lance non poteva essere più d’accordo. «Niente Moore, Harris, Mills e i loro compari. Già per questo è una giornata perfetta.»
«L’ultima volta che siamo stati ad Hogsmaede hanno minacciato di buttarlo nella fontana.» spiegò Paul.
Lance lo fulminò.
«Beh, sarebbe stato difficile visto che non ci sono fontane ad Hogsmeade.» La cioccolata scaldò lo stomaco di Lydia. «E comunque non pensiamo a loro oggi. L’importante è che siamo qui e ci stiamo finalmente godendo la giornata che ci meritavamo.»
«Però…» cominciò Alice.
Lydia le puntò un dito contro. «Non ricominciare con la storia della punizione meritata.»
«Però un po’ è vero.»
Lydia gemette. «Ti prego, Alice, basta con i sensi di colpa.»
«Ma la professoressa McGranitt ha avuto le sue ragioni per punirci! Lydia, abbiamo incendiato la rarissima collezione di piantine di Astel!»
«Non l’abbiamo fatto apposta!»
«Ma…»
«È stato un effetto collaterale!»
«Sì, ma…»
«E poi perché tenevano cinque dei venti esemplari al mondo di piantina di Astel in una serra aperta agli studenti? Ti sembra una scelta responsabile da parte del Preside e della professoressa Sprite?»
«No, ma…»
«Che poi noi non volevamo scatenare un fuoco. Volevamo solo scaldare la serra per riuscire a finire i nostri compiti senza rischiare l’ipotermia. È colpa nostra se alle cinque del pomeriggio le serre sono già completamente al buio e gelide?»
«Ancora no, ma…»
«Alice!» la interruppe Lydia «Giuro che se ripeti ancora una volta ‘ma’ ti sommergo di neve.»
Alice non era particolarmente colpita. «Sto solo cercando di farti ragionare.»
«Ah, ah!» la ammonì Lydia «Ultimo avviso. Non un’altra parola sulla responsabilità e sulle conseguenze delle proprie azioni!»
«Più che una parola servirebbe un saggio intero. Ehi!» La palla di neve era atterrata dritta sul suo naso, spiaccicandosi su tutto il volto. Alice si pulì con la manica della giacca.
«Ti avevo avvertita.» si difese Lydia. Batté le mani per ripulirle quando un missile la colpì sulla guancia. Si voltò di scatto verso Lance. «Questo non dovevi farlo.» sibilò. Paul guardò Lance e poi si allontanò di qualche passo, giusto in tempo per non finire travolto insieme all’amico sotto una valanga di neve.
Il volto di Lance comparve sputacchiando dal mucchio di neve che copriva interamente il suo corpo. «Non è valido con la magia!»
Lydia riprese la tazza di cioccolata dal muretto su cui l’aveva appoggiata. «Nessuno ha parlato di regole.» E una freccia di neve le colpì la mano, facendole perdere la presa sulla tazza. La cioccolata sfrigolò al contatto con il pavimento ghiacciato.
Alice si rimise in tasca la bacchetta. «Vedi? Questa è un esempio di cosa succede quando compi delle azioni senza pensare alle conseguenze.» Ma la lezione di Alice ebbe vita corta, interrotta dal fatto che fu costretta a cercare riparo dietro alla panchina più vicina per non essere colpita dalla furia di magia e neve di Lydia.
«Non osare!» la minacciò Alice, vedendo i fiocchi di neve cristallizzarsi a mezz’aria.
Un sorrisetto malefico curvò le labbra di Lydia. «Prova a fermarmi.»
«Ventus!»
Lydia si tuffò a terra per evitare i suoi stessi frammenti di ghiaccio. La risata di Alice però si spense velocemente, sostituita da un lamento quando venne colpita dietro alla testa da un’altra palla di neve.
«Perché stai sempre dalla parte di Lydia!?» borbottò esasperata.
Lance scrollò le spalle. «Perché è lei ad avermi comprato la cioccolata.»
L’urlo di vendetta di Alice riecheggiò nell’intera via.
Quella che era iniziata come una vera e propria guerra, si trasformò presto in una scherzosa battaglia, e fece dimenticare le lezioni su conseguenze e punizioni. Lydia e Lance fecero squadra contro Alice, capace di difendersi dagli attacchi di entrambi, mentre Paul cercava di colpirli da una ragionevole distanza di sicurezza. Lydia aveva appena lanciato il suo ultimo dardo quando un luccichio attirò la sua attenzione. «Fermi!» Il suo urlo congelò gli amici nell’atto di bombardare i loro avversari. Lydia si avvicinò al punto in cui aveva notato lo strano bagliore.
I suoi amici la seguirono all’istante. «Sarà un rottame sepolto dalla neve.» ipotizzò Alice chinandosi accanto a Lydia per guardare meglio.
«Oppure un antico manufatto riportato alla luce dallo scioglimento dei ghiacciai. Che c’è?» chiese Lance sulla difensiva quando gli altri lo guardarono accigliati «Nei romanzi succede sempre.»
«Oppure è un amuleto maledetto.» concluse Paul, con un pizzico di terrore. «Non toccarlo!» strillò.
Lydia ignorò il suo suggerimento e tese una mano. Con la punta delle dita toccò il gelido metallo, lo tirò e… «Un doblone!» esclamò stupefatta «Un doblone d’oro!»
Gli occhi dei ragazzi si illuminarono.
«Hai presente cosa possiamo comprare con un doblone d’oro?» chiese subito Paul, come se avessero davvero rinvenuto un tesoro nascosto.
Alice si guardò attorno. «Magari è di qualcuno.» Ma non c’era nessuno nello spiazzo in cui si trovavano, ed era stato deserto da quando erano arrivati. Era loro di diritto, e Lydia sapeva esattamente come iniziare ad usarlo.
«Un altro giro di cioccolata per tutti!» esclamò sollevando in aria il doblone. Lance, Alice e Paul esultarono con lei.
 
 
La fila al chioschetto si era allungata rispetto alla prima visita. I ragazzi attesero, impazienti di potersi riscaldare ora che la neve lanciata aveva fatto il suo effetto congelando loro le dita delle mani. Lance, stretto nel suo cappotto umido, saltellava sul posto per riuscire a scaldarsi. «Se vuoi posso usare un incantesimo Riscaldante.» propose Lydia.
«No!» urlarono Lance, Paul e Alice in coro. Gli altri avventori sobbalzarono spaventati dal loro grido. «No.» continuò Alice a voce più bassa. «Vorrei ricordarti che è stato proprio il tuo tentativo di riscaldarci ad incendiare mezza serra.»
Lance ricominciò a saltellare sul posto.
La fila scalò e i ragazzi si avvicinarono al banchetto. Ancora due clienti e poi era il loro turno.
«Non c’era bisogno di ricordarlo.» borbottò Lydia.
«Non è stata colpa tua!» si affrettò a consolarla Lance «Ti abbiamo distratta ed è successo il disastro.»
Un cliente.
Lydia studiò Lance di sottecchi. «Grazie…»
«Cosa desiderate, ragazzi?» Erano arrivati in cima alla fila e la strega addetta li guardava con un cordiale sorriso.
 «Quattro cioccolate extra calde.» Lance si strofinò le mani. Nel farlo però, urtò il gomito di Lydia, la quale stava già tendendo il doblone verso la commessa e, presa alla sprovvista, lasciò la presa. La moneta rimbalzò sul pavimento sconnesso, sotto gli sguardi atterriti dei quattro ragazzi.
«La prendo io!» urlò Lydia, gettandosi immediatamente all’inseguimento del doblone, che continuava a rotolare imperterrito sulla strada lievemente in discesa. Si allungò per afferrarlo ma le sfuggì dalle dita. «Ma insomma!» esclamò, riprendendo la sua corsa. Lance, Alice e Paul si lanciarono all’inseguimento di Lydia.
«Ce la faccio, ce la faccio!» urlava Lydia, tentando di fermare la folle corsa della moneta con mani e piedi. La scena era quasi comica. «Ce la faccio!» Lance la raggiunse. La moneta rimbalzò su un sasso e sia Lydia sia Lance tentarono il tutto per tutto e si gettarono a terra per afferrarla. Fu Lydia a riuscire a prenderla e sollevarla entusiasta verso il cielo. «L’ho presa! L’ho presa!»
Alice e Paul frenarono all’istante la loro corsa. Dalla sua posizione a terra, Lydia non poteva vedere i loro volti terrorizzati.
«Lance, l’ho presa!»
Ma Lance stava guardando verso l’alto, un’espressione di puro orrore dipinta in volto. E così anche Lydia alzò lo sguardo.
Lì, esattamente davanti a loro, ad appena un metro di distanza, la professoressa McGranitt li fissava, le labbra strette e le narici tese.
«Emh…» Lydia pensava di essersi ormai abituata a vedere la professoressa McGranitt infuriata dopo tutti i guai che lei e i suoi amici erano riusciti a combinare nel corso di soli tre anni. Si sbagliava.
Forse però c’era ancora un modo per salvarsi.
Sollevò il doblone.
«Vuole una cioccolata?»
 
 
I preparativi di Natale furono davvero un’idea grandiosa. I bambini non si erano mai mostrati così entusiasti, e anche quelli che continuavano a cadere vittime dell’influenza, trovavano un po’ di sollievo nella preparazione delle ghirlande e nello spirito natalizio che aleggiava in casa. Lydia non era mai stata una grande appassionata del periodo natalizio, eppure anche lei non poteva resistere al suo fascino e si trovava a sorridere più spesso di quanto avesse fatto negli ultimi tempi; come era successo quando Duncan era rimasto ingarbugliato in una matassa di luci ed aveva dovuto passare il resto del pomeriggio a girovagare per casa come un enorme albero di Natale perché nessuno voleva aiutarlo. Oppure quando il signor O’Brien aveva insistito per preparare dei Babbi Natale di cioccolato i cui risultati furono così catastrofici da causare nell’uomo una vera e propria crisi esistenziale. Oppure ancora quando la signora O’Brien aveva concesso ai ragazzi un’uscita fuori programma per andare a comprare i regali di Natale ai bambini.
«Puoi andare anche tu.»
Si voltarono tutti verso la signora O’Brien. Tutti tranne Caitlin, che continuò a sfogliare pigramente la sua rivista senza accorgersi di essere lei la destinataria della frase.
«Mamma…» sussurrò Duncan «Sei sicura?»
«Sono sicurissima. Prendilo come il mio regalo di Natale per te.» Ma le sue parole continuarono a non sorbire alcun effetto in Caitlin.
«Cait?» la chiamò Katherine.
«Mh?» rispose lei, senza sollevare lo sguardo dalla sua rivista. Katherine guardò i signori O’Brien e visto che nessuno parlava, fu lei a ripeterle la notizia. «Puoi venire con noi.»
Caitlin sbuffò dal naso. «Sì, certo. E Voi-Sapete-Chi ha deciso di darsi all’ippica.»
«No, Cait. Puoi davvero venire con noi.»
Il tono di Katherine fu abbastanza convincente da far alzare lo sguardo a Caitlin, la quale si trovò il resto della famiglia che la guardava con varie espressioni stupite dipinte in volto. Caitlin spalancò la bocca. La richiuse. Boccheggiò di nuovo.
Duncan si alzò in piedi. «Meglio se partiamo subito, o i bambini si accorgeranno che siamo usciti tutti insieme.» Le sue parole provocarono dei saluti affrettati ed una corsa verso l’atrio.
Lydia si stava infilando gli stivali mentre fingeva di ascoltare le infinite raccomandazioni della signora O’Brien, quando si accorse che Caitlin era ancora seduta sul divano, immobile nella stessa posizione, con il giornale dimenticato tra le mani. Tirò la manica di Lance. «Penso che abbiamo rotto tua sorella.»
Lance scrollò le spalle e si abbottonò il cappotto. «È solo sotto shock. Un ottimo motivo per lasciarla qui.» In risposta si beccò uno scappellotto sulla testa da parte della madre.
«Ho detto che viene con voi e lei viene con voi. È sotto la vostra responsabilità, se combina qualche guaio scordatevi il giorno libero a Natale.» Fu abbastanza per mettere sull’attenti sia Lydia sia Lance. Soddisfatta del risultato, la signora O’Brien batté le mani. «Op, op, Caitlin, o gli elfi di Babbo Natale partiranno senza di te.» Caitlin scattò come una molla e prima che la signora O’Brien finisse la frase era già nell’atrio, con uno stivale mezzo indossato e la berretta all’incontrario. «Avete due ore di tempo.» La signora O’Brien raddrizzò la berretta di Caitlin. «Se non tornate entro le due ore dovrete pulire i bagni dei bambini per i prossimi due mesi, capito?» Lydia e Lance annuirono energicamente.
Katherine invece ridacchiò. «Se dovessimo incontrare qualche Mangiamorte riferiremo il nostro coprifuoco.»
E così anche lei si prese uno scappellotto sulla testa.
«Non dirlo neanche per scherzo.» Katherine si massaggiò la nuca e la signora O’Brien cominciò a spingere i ragazzi verso la porta d’ingresso. Quando uscirono sulla ghiaia ricoperta dalla neve, la signora O’Brien aggiunse. «Se incontrare qualche Mangiamorte potete dirgli che se riesco a mettergli le mani addosso, saranno loro a dover pulire il bagno dei bambini per il resto della loro vita.» E richiuse la porta alle loro spalle.
Lydia fissò la porta chiusa. «Qualcuno dovrebbe riferirlo a Voi-Sapete-Chi. Sono sicura che la guerra finirebbe in un lampo se si trovasse di fronte a vostra madre.»
Gli altri annuirono in silenzio.
 
Con la decisione della signora O’Brien, lo spirito natalizio raggiunse infine anche Caitlin. Una volta ripresa dallo stupore infatti, si lasciò travolgere dalla gioia di essere finalmente fuori casa (questa volta con il benestare dei genitori) e le successive due ore si trasformarono in un viaggio nei negozi di un paesino a nord di Cambridge, alla ricerca dei regali più adatti per ogni bambino, che si tramutò a sua volta in una sfida a chi riusciva a trovare gli oggetti più bizzarri da poter regalare. Fu solo il buonsenso di Duncan che fece riportare al loro posto calzini con disegni di mucche e trombette da stadio, per optare su doni più classici e educativi come giochi, libri o dolci.
«E con questo abbiamo finito.» dichiarò solennemente Lance, prendendo busta e scontrino infinito dalle mani del commesso.
«Alleluja!» intonò Lydia. La sua mente era già rivolta verso il calore del camino e la cioccolata calda del signor O’Brien che li attendeva a casa.
«Sia lodato il cielo!» Il sospiro di sollievo del commesso fu ben poco professionale, anche se Lydia non poteva dargli torto. Lo avevano torturato nel tentativo di trovare regali adatti a più di venti bambini sotto i dieci anni. Meritava un aumento, o un giorno di riposo.
Duncan controllò l’orologio. «Giusto in tempo. Tra cinque minuti scadono le due ore.» I tre fratelli O’Brien rabbrividirono simultaneamente al pensiero della furia di loro madre e Lydia dovette trattenersi dal fare lo stesso. Aveva visto poche volte la signora O’Brien infuriata, ma le erano bastate per una vita intera. L’ultima volta era stata terrificante, e lei non c’entrava neanche! Si era semplicemente trovata nel posto sbagliato al momento sbagliato, o meglio, in cucina nell’attimo in cui Simon e Daniel avevano rovesciato un’intera bacinella di farina addosso a Edrik Smith. Loro si erano difesi dicendo che si era trattato solo di un incidente ma il povero Edrik aveva impiegato ore per riuscire a scrollarsi di dosso tutta la farina e… Lydia incespicò, facendo inciampare a sua volta Lance, che comminava pochi passi dietro di lei.
«Abbiamo dimenticato Edrik.» Gli altri ragazzi non pensarono neanche di controllare se fosse vero. Edrik era il bambino più calmo e tranquillo del gruppo e tutti avevano la spiacevole abitudine di dimenticarlo. A colazione, in giardino, a lezione e… nei regali di Natale.
Senza una parola, i cinque ragazzi si voltarono ed iniziarono a correre all’impazzata verso il negozio di giochi.
«Ancora voi?» gemette disperato il commesso. Per un istante sembrò sul punto di abbandonare il posto di lavoro, preferendo un licenziamento in tronco piuttosto che avere di nuovo a che fare con loro. Ma poteva stare tranquillo. Non avevano tempo da perdere. Le due ore erano agli sgoccioli e nessuno di loro aveva la minima intenzione di subire le ire della signora O’Brien. Lydia afferrò la prima cosa che vide, Lance lanciò la banconota sul bancone e i cinque erano fuori prima ancora che la porta si richiudesse.
Fu un vero e proprio miracolo, ma riuscirono a varcare la soglia di casa allo scoccare esatto delle due ore e trovarono ad attenderli proprio la signora O’Brien, con uno spazzolone in mano ed un’espressione delusa sul volto.
«Siamo tornati in tempo!» riuscì a dire Katherine, nonostante la mancanza di fiato.
«Peccato.» rispose la signora O’Brien. «Ho sperato fino all’ultimo che foste in ritardo.»
«Cosa?»
«I bambini hanno intasato uno dei water. È per questo che ho lasciato venire Caitlin con voi. Speravo vi rallentasse abbastanza da farvi arrivare in ritardo e finire in punizione.» replicò innocentemente la signora O’Brien.
Alla fine uno di loro finì davvero in punizione, più precisamente Caitlin, che, una volta conosciute le reali motivazioni del suo permesso per uscire, si profuse in una serie di imprecazioni che le fecero guadagnare il ruolo di stura water per l’intera settimana. Neanche questa conclusione però, riuscì a smorzare il suo spirito natalizio appena risvegliato, e i giorni successivi anche la sua voce si unì alle carole natalizie, portando Lydia a sospettare che fosse proprio quello l’obiettivo della signora O’Bren sin dall’inizio.
 
Giunse infine il giorno di Natale.
La mattina fu una vera e propria esplosione di gioia. Gli intensi preparativi portati avanti dai bambini nelle ultime settimane, avevano aiutato ad impegnarli abbastanza da far superare loro la malinconia; solo alcune lacrime scesero sui loro volti al pensiero dei genitori lontani, subito asciugate alla visione dell’immensa catasta di regali comparsi sotto il maestoso albero di Natale che svettava in salone, decorato accuratamente dai bambini stessi.
Quando Lydia scese le scale li trovò già seduti proprio sotto l’albero, ad aspettare impazienti che tutti si riunissero per poter iniziare a scartare i loro regali.
Lydia fu tra gli ultimi a scendere in salone. Per la prima volta da quando aveva messo piede in casa O’Brien, si era soffermata in camera a prepararsi. Per un giorno aveva abbandonato maglioni e abiti comodi per sostituirli con un abito rosso che era finito a caso nella sua valigia. I bambini più piccoli furono i primi a notare il suo cambiamento. «Hai messo un vestito!» Ewart le corse incontro ed iniziò a tirarle la gonna.
«Non abituarti troppo.» scherzò Lydia, cercando di mettere in salvo il leggero tulle dalle mani appiccicose del bambino. Per fortuna, essendo arrivata tardi, il suo arrivo significò anche che era giunto il momento in cui i bambini potevano iniziare ad aprire i loro regali, quindi tornarono subito ad ignorarla e corsero all’attacco dell’ammasso di pacchetti. Le loro urla riempirono la stanza mentre ognuno di loro cercava il pacchetto con il proprio nome scritto sopra. I signori O’Brien stavano cercando di gestire la situazione e Lydia si avvicinò in punta di piedi all’angolo del salotto occupato da Katherine, Caitlin e Duncan.
«Buon Natale!» esclamò Katherine. Duncan si limitò ad un grugnito, ma probabilmente la sua reazione era dovuta in gran parte al cerchietto con le corna da renna che era stato costretto ad indossare.
Caitlin, mezza sdraiata sul pavimento e già circondata da incarti di regali, le lanciò un biscotto al cioccolato. «Buon Natale, non vedo l’ora che sia sera, che tutti loro siano rinchiusi nelle loro stanza e che finisca questa giornata infernale. Ma li sentite? Come fanno a produrre dei suoni tanto fastidiosi?»
Katherine aggiustò il cerchietto di Duncan. «Oh Cait, puoi smettere di mentire con noi. Lo sappiamo tutti che in realtà i bambini ti stanno simpatici.»
«Solo Simon e David.» borbottò Caitlin. «E te l’avevo detto in confidenza. Non c’è bisogno di sventolare ai quattro venti le mie debolezze.» Lydia ridacchiò e spinse Katherine per farsi spazio sul divano.
«Le corna ti donano, Duncan.»
«Non una parola, Merlin.»
«Non ti preoccupare, Lydia. Gli ho già fatto una foto.» Lo sguardo feroce di Duncan non ebbe l’effetto desiderato sulla sorella, soprattutto perché sul cerchietto erano presenti cinque campanellini che risuonavano ad ogni suo movimento. Lydia e Caitlin dovettero mordersi il labbro per non scoppiare a ridere.
«Joy to the world!» La porta del seminterrato si aprì di colpo rivelando un Lance dalle braccia spalancate ed un enorme sorriso a distendergli il volto. «The Lord is come; Let Earth receive her King!» continuò a cantare. Superò a grandi passi lo spazio che lo separava dai ragazzi e, appena li raggiunse, li stritolò tutti insieme in un grande abbraccio. «Buon Natale a tutti voi!»
«Non respiro!» boccheggiò Katherine, rimasta incastrata da qualche parte tra il braccio di Lance e la spalla di Lydia.
«Tieni giù le mani!» si ribellò invece Caitlin.
«Dlin dlin!» protestarono le corna di Duncan.
Il buon umore di Lance rimase comunque intatto. Rubò dalle mani di Lydia il biscotto al cioccolato e si sedette sul bracciolo del divano accanto a lei. «Oggi è un grande giorno!»
«Sì, lo sappiamo.» Lydia tentò di riprendersi il suo biscotto, senza riuscirci. «Buon Natale e tutto il resto.»
«Quello e ho finalmente recuperato tutte le pozioni rovinate da papà! Anzi, mi sono portato anche avanti. Abbiamo scorte per i prossimi tre mesi, il che significa…» tamburellò le dita sul divano «Niente più notti insonni e giornate intere chiuso in laboratorio! Posso finalmente tornare a vivere!» La sua felicità contagiò anche Lydia.
«Allora puoi tornare ad occuparti dei bambini.» disse Caitlin.
Lance mise le mani dietro alla testa. «Qualsiasi cosa che non sia in quel laboratorio.»
Lydia gli pizzicò una gamba. «Quindi puoi occuparti del trio malefico.» Gli sguardi dei ragazzi si rivolsero verso Henry, intento a parlare senza sosta con Daniel, occupato a sua volta a lanciare pezzetti di carta regalo nei capelli di Simon, mentre quest’ultimo legava di nascosto le stringhe di Henry tra di loro. Il sorriso di Lance si incrinò. «Non proprio qualsiasi cosa…»
I bambini nel frattempo avevano aperto i loro primi pacchetti regalo ed una valanga di caramelle babbane si erano riversate sul pavimento, confondendosi con la carta regalo stracciata.
«Caramelle?» chiese Lydia «Chi ha regalato delle caramelle?»
Lance ingoiò in un boccone il biscotto di Lydia. «Le caramelle sono da parte mia.»
Caitlin guardava la scena disgustata. «Come se avessero bisogno di altri zuccheri.»
«Ne avranno bisogno nei prossimi mesi.» spiegò Lance «Ho quasi finito il colorante per le pozioni Anti-Traccia. Ho pensato che le caramelle potessero essere un incentivo sufficiente a farli bere un intruglio grigio che sa di pece.»
Lydia decise di non pensare alle sicure sceneggiate che il cambio di pozione avrebbe generato. Era Natale. Tutto poteva essere rimandato. Poi i bambini cominciarono a scartare i regali portati da Babbo Natale e i loro gridolini di gioia riempirono l’aria.
«La macchinina radiocomandata!»
«Il puzzle dei dalmata!»
«Guardate, Babbo Natale mi ha portato il telescopio!»
«Oooh!»
«Uno spazzolino?» La voce di Lizzie risuonò su quelle dei suoi compagni, attirando l’attenzione dei ragazzi. Edrik era al centro del gruppetto di bambini, seduto a terra tra i resti dei pacchetti regali, e stringeva in una mano una custodia decorata con minuscoli delfini, mentre nell’altra un semplicissimo spazzolino di plastica azzurro. Il suo sguardo era scettico, così come quello degli altri bambini e dei signori O’Brien.
«Perché Babbo Natale ha portato uno spazzolino a Edrik?» Henry strinse tra le braccia il suo peluche a forma di drago, per paura che qualcuno glielo portasse via e lo scambiasse con uno spazzolino.
Lydia però sapeva con esattamente cosa era accaduto. Nella sua mente rivide il preciso istante in cui lei e gli altri erano corsi di nuovo nel negozio: Lydia era stata la prima ad entrare e per la paura di arrivare in ritardo, aveva afferrato letteralmente il primo oggetto che aveva visto. Ingenuamente aveva pensato si trattasse di un astuccio di matite colorate, e poi Edrik aveva una passione per gli animali marini. Non si era fermata a controllare l’etichetta, e dopo essere tornati a casa, aveva completamente dimenticato la vicenda.
I signori O’Brien si voltarono verso di loro, e Lance, Caitlin, Duncan e Katherine, da veri traditori, puntarono immediatamente il dito contro Lydia.
Lydia allontanò l’indice di Katherine con una sberla. «Babbo Natale vuole dirvi che dovete sempre lavarvi bene i denti.» improvvisò.
Lizzie, la solita impicciona, sollevò un sopracciglio. «Ma Edrik li lava sempre.» Anche questo era vero. Tra tutti i bambini presenti in sala, Edrik era l’unico a non lamentarsi mai quando arrivava il momento di lavarsi. La mente di Lydia lavorava febbricitamene alla ricerca di una via di fuga, finché fu colpita da una rivelazione. I suoi occhi si illuminarono. «Ma quello non è uno spazzolino normale! È uno spazzolino magico!»
«Non farlo! Succedono sempre guai quando ti metti in testa certe cose.» bisbigliò Lance nel tentativo di fermarla. Katherine condivideva la sua preoccupazione. Al contrario, Caitlin e Duncan erano pronti a godersi lo spettacolo.
«Uno spazzolino magico?» ripeté Edrik tra lo scettico e l’incredulo.
«Certo!» esclamò Lydia. La sua mano scivolò sulla bacchetta incastrata nella cintura del vestito. «Sembra un normale spazzolino ma quando gli chiedi ‘per favore’ si trasforma…» Il suo sguardo vagò sulla custodia. «In un delfino!»
«No!» gemette Lance con voce strozzata.
«Qui finisce male. Malissimo.» Katherine si mise le mani sugli occhi per non assistere al dramma.
Caitlin prese la macchina fotografica.
Edrik strinse il suo spazzolino e pronunciò un timido «Per favore.»
L’incantesimo saettò silenziosamente tra i bambini fino a colpire lo spazzolino, e le esclamazioni di gioia dei bimbi si tramutarono ben presto in urla di terrore. La maggior parte di loro scattarono in piedi e corsero strillando verso il perimetro della stanza, i più coraggiosi (o incoscienti) invece si gettarono sul pavimento, sollevando una nuvola di carta straccia. In tutto questo disastro la ranocchia creata da Lydia saltellava tranquillamente verso le fronde dell’albero di Natale.
«Ma perché sei così fissata con le rane!?» Katherine sollevò i piedi da terra, la sua disperazione mescolata al disgusto.
Lydia avrebbe dovuto essere dispiaciuta per il danno appena compiuto. Si impose di esserlo. Eppure… c’era qualcosa nella scena dei bambini terrorizzati, degli altri che cercavano di arrampicarsi sull’albero nel tentativo di catturare la rana, i signori O’Brien che correvano da una parte all’altra per riprendere il controllo della situazione, che… Le sfuggì uno sbuffo divertito. Cercò di tramutarlo in un colpo di tosse ma l’istinto di ridere era sempre più forte. Neanche la cattura della rana da parte del signor O’Brien e la sua conseguente ritrasformazione in spazzolino fu sufficiente a smorzare l’ilarità di Lydia.
Solo l’improvviso suono del campanello le impedì di scoppiare.
«Vado io!» urlò, e senza lasciare il tempo agli altri di alzarsi, corse ad aprire la porta d’ingresso.
Fu un grave errore.
Perché Lydia si sarebbe aspettato di tutto tranne di trovarsi davanti agli occhi la visione di Silas O’Brien appoggiato casualmente alla colonna d’ingresso ed avvolto in una inconfondibile pelliccia maculata da donna.
«Buon Natale, cugini!» esclamò Silas allargando le braccia per abbracciare Lydia. Compiendo il movimento, la pelliccia si mostrò in tutto il suo autentico splendore, cintura di pizzo compresa, e Lydia non riuscì più a trattenersi.
Iniziò a ridere. L’espressione sgomenta di Silas degenerò solamente la situazione. Lydia rideva, e rideva ancora. Si ritrovò piegata in due e con le lacrime che le scorrevano sulle guance. Silas incrociò le braccia al petto, imbronciato. «Non era l’accoglienza che mi aspettavo di ricevere.»
La signora O’Brien corse verso di loro e spostò a forza Lydia dall’ingresso. «Scusala, Silas caro. Ovviamente siamo felicissimi di avervi qui!» E fece accomodare Silas, seguito da Cyril e Anthony, il quale mise una mano sulla bombetta in segno di saluto.
Lydia intanto non aveva ancora smesso di ridere. Cercò di raddrizzarsi per riprendere fiato ma nel farlo incrociò lo sguardo di Caitlin. Un altro errore imperdonabile.
Si trattò di una vera e propria reazione a catena. Prima cominciò a ridere Caitlin, poi Lance e persino Duncan si coprì la bocca con le mani per tentare di nascondere le sue risate. Solo Katherine riusciva ancora a trattenersi.
Silas intanto scuoteva la testa. «Ve l’avevo detto che questo mantello è stato un ottimo affare. Avete visto che figurino mi fa uscire?» La sincerità delle sue parole riuscirono a spezzare la corazza di Katherine, facendo cadere anche lei nella trappola delle risate.
Lydia, rimasta completamente senza fiato, le lacrime che le inondavano il viso, non ricordava più da quanto tempo non rideva così. Si accorse che era solo Silas a continuare a lamentarsi dell’effetto generato, la signora O’Brien si era fatta invece estremamente silenziosa ed osservava i ragazzi seduti sul divano con gli occhi lucidi e le mani sul cuore. E poi Lydia vide la scena come la vedeva lei. I suoi figli, così diversi e così testardi, con tutte le loro incomprensioni e diffidenze, che ridevano come bambini, aggrappati gli uni agli altri. Il suo più grande desiderio avverato nonostante tutto, nonostante la guerra, l’incertezza e il dolore. La loro era una piccola bolla di felicità e Lydia, in quel momento, decise che avrebbe fatto qualsiasi cosa per mantenerla intatta.
Silas continuò a sbuffare e lamentarsi per tutto il pranzo. Le portate si susseguirono e lui proseguiva a sostenere che nessuno di loro possedeva un minimo di buon gusto, scatenando risatine isteriche in Caitlin e Lance.
La conversazione proseguì anche quando si riunirono di nuovo attorno all’albero, rifocillati e in tranquillità. I bambini erano impegnati con i loro nuovi giochi, i signori O’Brien erano intenti a discutere sulla situazione attuale della guerra con Anthony, mentre i ragazzi si erano accomodati attorno ad un tavolino, un gioco di carte avviato nelle loro mani.
Nessuno di loro chiese notizie del mondo. Era come se avessero stretto un tacito accordo. Per un giorno, per un giorno soltanto, il mondo vero non esisteva, con il suo buio e la sua desolazione. Almeno finché Silas non nominò Paul e l’aria si gelò immediatamente.
«Ho sentito dire che è andato fuori di testa.»
Lydia non poteva che dargli ragione. Lance si aggiustò il polsino della camicia. Caitlin buttò sul tavolo la carta dell’Avvicino. «Non è mai stato particolarmente intelligente.»
Katherine lanciò la carta del Grifone e catturò lo Gnomo di Duncan. Poi fu il turno di Cyril, che si limitò a pescare silenziosamente dal mazzo al centro. Lydia provò a mettere sul tavolo la carta della Chimera.
«Cait, ora che ci penso… come hai fatto a leggere la sua scrittura-?» Si bloccò in tempo. Dopo l’attacco sulla spiaggia erano ormai tutti a conoscenza del fatto che Paul li avesse contattati all’inizio del suo folle piano, ma nessuno tranne Caitlin sapeva del viaggio di Lance e Lydia per le strade di Diagon Alley.
Caitlin rimise in ordine le sue carte. «Ci scrivevamo spesso, qualche anno fa.»
Il Drago di Silas sconfisse il Grifone di Lydia ma a lei non importò. Era più impegnata a cercare di capire il motivo che aveva spinto Caitlin ad avere una corrispondenza con Paul Kenston.
Lance pescò una carta e lanciò la bomba. «Stavano insieme.»
«Non ci posso credere!» Lydia si sarebbe aspettata di tutto. Tranne quello.
«Ha passato qualche settimana estiva a casa nostra. Aveva il suo fascino.» raccontò Caitlin, come se nulla fosse.
«È stato il suo primo ragazzo.» concluse Lance, con un tono indifferente che cozzava con l’espressione del suo volto.
«Secondo.» lo corresse Caitlin.
«Ah sì?»
«Il primo è stato Roman Kallay. Poi c’è stato Paul e dopo di lui Jenna Evans.»
«Lei me la ricordo.» intervenne Duncan, bloccando con la carta del Tranello del Diavolo Katherine e facendole saltare il turno. «Ci portava sempre le crostate ai frutti di bosco.»
«C’è qualcosa che non va?» La voce di Caitlin era secca.
Lydia si riscosse, ma era difficile nascondere il suo stupore. «Tu e Paul…» boccheggiò «Tu e Paul!?» Non riusciva ad immaginare due persone più diverse.
Caitlin fece un sorriso sghembo. «Era gentile e mi adorava, cosa potevo chiedere di meglio?»
«Tutto!» rispose sinceramente Lydia.
«E comunque dillo a Silas. È lui quello che cambia fidanzata ogni settimana.»
Silas non si turbò particolarmente e continuò ad osservare le sue carte. «Che vi posso dire. Sono troppo affezionato alla mia libertà, senza contare il fatto che vivo una vita eccessivamente spericolata, metterei a rischio chiunque mi sia troppo vicino.»
«E non potresti semplicemente cambiare lavoro?» domandò Duncan «Se proprio vuoi chiamarlo ‘lavoro’.»
«Come osi?» Silas si mise una mano sul petto, profondamente offeso «Cy, dì anche tu a questo cugino screanzato che il nostro è un lavoro di fondamentale importanza!»
Cyril si limitò ad un grugnito.
«Perché, che lavoro fate?»
Se possibile, Silas si offese ancora di più alla domanda di Lydia. «Nessuno te l’ha mai detto?»
Lydia si guardò attorno, sperando che qualcuno la salvasse, ma i tre fratelli O’Brien alzarono gli occhi al cielo all’unisono e tornarono a guardare le loro carte, progettando le prossime mosse senza considerare l’orgoglio ferito del cugino.
Silas sospirò. «Non è colpa tua, Lydia cara. Nessuno in famiglia ha mai approvato i nostri metodi, né la nostra fama.»
«Siete famosi?»
«Sì può dire così.»
Lance emise uno sbuffo divertito, attirandosi un’occhiataccia da parte di Silas, che decise però di soprassedere e dare infine una risposta a Lydia. «Siamo artisti di strada.»
Lydia si era aspettata qualcosa di più. Cercò di mascherare la delusione, e dovette fare un buon lavoro perché Silas non se ne accorse e continuò a parlare. «I lavori convenzionali non ci hanno mai interessati, sai che noia dover passare il resto della vita dietro ad una scrivania, in un Ministero di vecchi o in qualche redazione ammuffita? Senza offesa.» Katherine era troppo concentrata a scegliere la mossa successiva per offendersi «E così ci siamo creati un lavoro tutto nostro e abbiamo cominciato ad organizzare spettacoli di magia nelle strade babbane?»
«Ma non è contro tutti i principi dello Statuto di Segretezza?»
Silas si giocò la carta del Moke. «Diciamo che abbiamo avuto diversi incontri con gli Auror ed altrettante udienze disciplinari, ma devi sapere, cara Lydia, che le regole sono facilmente aggirabili, specialmente se si conoscono i cavilli tecnici. Vedi, noi solitamente facciamo spettacoli di magia davanti ai babbani, questo è vero, e non sai quanto ne sono entusiasti. Non riescono proprio a spiegarsi come facciamo a compiere certi trucchi senza l’uso di effetti speciali e sì, se gli Auror ci prendono mentre stiamo compiendo magie per strada ci possono arrestare, come è effettivamente successo molte volte. Ma qui arriva il bello. Ci è bastato imparare qualche vero trucco babbano di quella che loro chiamano magia e… BAM! Il gioco è fatto! Tocca a te.»
Lydia si riscosse e lanciò sul tavolo una carta a caso. Un vermicolo. Fu immediatamente distrutto dal Kneazle di Lance e Lydia fu costretta a fermarsi per un giro. Non che le interessasse. «Non ho capito niente.» disse sinceramente.
Silas sorrise. «È semplice. In strada utilizziamo vere magie per impressionare i babbani e riempirci le tasche delle loro generose mance, quando veniamo portati davanti ai giudici del Ministero affermiamo di non aver mai compiuto incantesimi e mostriamo loro semplici trucchi di magia babbana. La loro ignoranza sui babbani e su dove possano arrivare le loro illusioni fa il resto. Si convincono che siamo solo esperti di ‘magie’ babbane, veniamo sollevati da tutte le accuse e poi ricominciamo tutto da capo. I giudici e gli Auror stanno incominciando a stancarsi di noi.»
«E siete sempre riusciti a farla franca?»
Silas si grattò un orecchio. «Solo una volta abbiamo rischiato di finire davvero ad Azkaban e con le bacchette spezzate. Devi sapere che la nostra fama si è sparsa nel mondo babbano, tanto che l’anno scorso siamo stati invitati ad esibirci a corte.»
«Oh, no. Non di nuovo questa storia.» si lamentò Caitlin, sprofondando nel divano.
«E allora non ascoltarla.» replicò secco Silas, prima di riprendere il suo racconto «Era una festa in giardino ed erano invitati i membri più facoltosi della società e la maggior parte della famiglia reale, compresa – non ci crederai mai! – Sua Maestà la Regina in persona!»
Era arrivato di nuovo il turno di Lydia. Pose sul tavolo una carta a caso senza neanche guardarla.
«Un pubblico eccellente, se posso dirlo. La Regina era la più entusiasta per la nostra performance, tanto da prendersi un istante a fine esibizione per farci i complimenti.» Gli occhi di Silas brillavano al ricordo. «Meno piacevole è stato il nostro ritorno a casa, dove siamo stati accolti da una squadra intera di Auror che ci hanno portati direttamente al Tribunale del Ministero per un processo per direttissima. Credevano di averci finalmente in pugno e, lo ammetto, anche io ho pensato che avessimo infine superato il limite.» Lydia ascoltava con il fiato sospeso. «Hanno presentato le prove, abbiamo provato ad usare i nostri trucchetti per uscire dai guai, ma abbiamo scoperto a nostre spese che il Ministero non prende alla leggera le violazioni di fronte alla Regina. Il giudice stava per emettere la nostra condanna quando ecco arrivare un gufo, proprio nell’aula del Tribunale. Non ho ancora capito come abbia fatto a superare tutte le difese ed entrare liberamente nel Ministero.»
«Lydia, Duncan ha mangiato il tuo Erumpent. Hai perso.» la informò Lance. Lydia lo liquidò con un gesto della mano.
«Abbiamo subito capito che era qualcosa di grosso. Il giudice, la giuria e gli Auror si sono irrigiditi appena hanno visto il gufo entrare. Il giudice ha preso la lettera e, subito dopo averla letta, ci ha dichiarati innocenti e liberi di tornare alle nostre occupazioni. Non so cosa sia successo, ma sono abbastanza sicuro di aver visto il sigillo reale stampato sulla lettera.»
«E siete tornati ad esibirvi?»
L’entusiasmo di Silas si incrinò. «Non per molto. Dall’inizio della guerra abbiamo dovuto ritirarci. Se fossimo finiti di fronte ai giudici corrotti dai Mangiamorte saremmo stati spediti direttamente ad Azkaban. E non volevamo mettere nei guai nostro padre; già prima veniva mal visto da alcuni suoi colleghi per i nostri metodi discutibili, se avessimo continuato lo avremmo messo in pericolo, con tutto quello che avrebbe comportato.» Fece un cenno verso i bambini, ancora intenti a giocare spensierati. Senza le informazioni del padre di Silas e Cyril, molti di loro non sarebbero stati lì quel giorno. «Papà è stato contentissimo. Non è mai stato particolarmente orgoglioso della nostra professione. Anche se sarebbe molto meno contento se venisse a sapere del nostro nuovo lavoro.» aggiunse abbassando la voce e chinandosi verso di lei.
«Come va con il vostro traffico?» chiese Lance. Lydia lanciò un’occhiata al tavolo di gioco e scoprì che anche Caitlin e Duncan erano stati eliminati.
«Bene. C’è stato un bel po’ di passaparola e il nostro giro si è allargato, ma le scorte che ci hai fornito ci basteranno comunque per mesi.» Silas scosse la testa «Non sai quante persone disperate stiamo vedendo. L’altro giorno è arrivato un padre pronto a venderci la sua bacchetta pur di avere la pozione contro il Vaiolo del Drago per il proprio figlio. Ed è anche il motivo per cui le nostre entrate sono quasi nulle.»
La gioia e il buonumore vissuti fino a quel momento furono adombrate da un velo di rabbia e tristezza. L’ombra della guerra era riuscita comunque a raggiungerli.
Fu Anthony, a sua insaputa, a spezzare la tensione che era inevitabilmente calata sui ragazzi. «Occorre un brindisi!» esclamò raggiante. Sollevò la bacchetta come un direttore d’orchestra e dei bicchierini volarono fuori dalla cucina ed iniziarono a svolazzare sopra le teste degli adulti presenti. Lydia afferrò al volo il suo e lo costrinse a stare fermo mentre la bottiglia di Whisky Incendiario lo riempiva fino all’orlo.
Silas ritrovò la sua allegria e si alzò in piedi. Afferrò con un balzo il bicchiere intento a girargli attorno alla testa e gli altri lo imitarono, sollevando a loro volta i calici.
«Alla famiglia O’Brien!» continuò Anthony «A tutti i sacrifici che state affrontando per proteggere i più fragili. Ai nuovi amici!» continuò facendo un cenno verso Lydia «Che hanno accettato di combattere al nostro fianco. A tutti i nostri cari! Possono essere lontani fisicamente ma sono sempre nei nostri pensieri e nei nostri cuori.» Lydia abbassò impercettibilmente il braccio, il pensiero rivolto ad Alice, ai suoi genitori e a sua nonna.
«Sono tempi difficili. È inutile negarlo. Ma vedervi qui davanti a me mi ha ricordato che si può trovare del bene anche nei momenti più oscuri… A tutti noi!» concluse sollevando il bicchiere.
«A noi!»
«A nostri amici!»
«A sua maestà la Regina!» esclamò Silas.
Il Whisky Incendiario scivolò nella gola di Lydia, lasciando una scia di fuoco al suo passaggio.
 
Il resto della serata fu una confusione di brindisi, partite agguerrite, scherzi e risate, fino a quando Silas, Cyril e Anthony salutarono e tornarono a casa. Una volta usciti gli ospiti, i bambini furono costretti, tra molti lamenti, ad andare a letto e in poco tempo, Lydia e Lance si trovarono da soli nel salotto, che recava inevitabilmente tutti i segni della festa appena conclusa.
«Dici che dobbiamo riordinare?»
Lance osservò il disastro che li circondava.
«Domani. Sistemiamo domani.»
Lydia non obiettò.
«Ci serviva una giornata così.»
«Sì, ma mi chiedo come faremo a tenere impegnati i bambini ora che i preparativi di Natale sono finiti.»
Lance fece una smorfia. «Meglio non pensarci. E poi il Natale non è ancora finito.»
«Ah no?» Lydia sollevò la testa.
«No.» sorrise Lance «Ho ancora una sorpresa per te.» Le prese la mano e la costrinse ad alzarsi dal divano. Lydia barcollò leggermente. Il suo corpo non era più abituato a reggere il Whisky Incendiario. Quando ritrovò l’equilibrio, seguì Lance fino all’albero di Natale e si inginocchiò al suo fianco sul pavimento ancora ricoperto da carte da pacco variopinte. Lance frugò tra le stoffe che coprivano la base dell’albero ed estrasse un piccolo pacchetto azzurro.
«Aspetta… questo non è mio…»
«È il mio.» disse Lydia «Il mio regalo per te.»
«Non dovevi…»
«Smettila di dire fesserie e aprilo.»
Lance non se lo fece ripetere. Con delicatezza aprì il pacchettino mal confezionato, facendo comparire una piccola fotografia. Le figure al suo interno si muovevano, salutando felici con la mano. «Non sapevo che ce l’avessi tu.» disse stupito.
«Come potevo buttarla? Quello è il giorno in cui la professoressa McGranitt ha minacciato di licenziarsi pur di non avere più a che fare con noi.» Nella foto Lydia, Lance, Alice e Paul ridevano spensierati, sullo sfondo si stagliava una via innevata di Hogsmaede. «Ed è anche il giorno in cui abbiamo trovato il doblone. Quello però non so che fine abbia fatto.»
«Ce l’ho io.» rispose immediatamente Lance «L’ho conservato in attesa di poterlo finalmente spendere tutti insieme.»
Presa dallo spirito del Natale, Lydia si trovò ad immaginare il giorno in cui finalmente lei, Lance, Alice e Paul si sarebbero riuniti una volta finita la guerra, e avrebbero trovato il modo di spendere quel doblone che per anni interi non avevano saputo come utilizzare, permettendosi per la prima volta da molto tempo di sperare nel ritorno di un periodo di pace.
«Grazie.» Lance le sorrise «Adesso però è il mio turno.» Posò con delicatezza la fotografia alla base dell’albero e tornò a frugare alla ricerca del suo regalo. Quando lo trovò, lo porse con delicatezza a Lydia.
«Buon Natale, Lydia.»
Lydia prese il pacchetto. Era pesante per le sue dimensioni ridotte. Con una piccola esitazione, sciolse il nastro che lo legava e tolse la carta, rivelando un piccolo libricino dalla copertina di cuoio. ‘L’importanza della concentrazione nelle pratiche di Transfigurazione.
«Ehi!» protestò Lydia.
Lance rise. «Per scongiurare altre trasformazioni in tassi.»
«È successo una volta sola!» Eppure non riuscì a trattenere un sorriso. «La prossima volta ti trasformo in un porcellino d’india. I bambini ne sarebbero entusiasti.»
Lance indicò il libricino. «Prova ad aprirlo.»
Lydia sollevò la copertina. Si aspettava una dedica, o qualcosa di simile. Tutto il contrario di quello che si presentò al suo sguardo. Intravide Lance che abbassava la luminosità delle lampade del salotto, lasciandoli nella semioscurità.
Nonostante vivesse circondata dalla magia da ormai diversi anni, per Lydia fu impossibile non ritrovarsi senza fiato allo spettacolo che avvenne davanti ai suoi occhi. La piccola perla contenuta nel falso libro emanava una dolce luce bianca e tutto attorno ai due ragazzi erano sospese migliaia di stelle, piccoli punti luminosi che galleggiavano nell’aria. Lance indicò un insieme di stelle. «La costellazione del Grifone.» sussurrò «La stella di Harvey.» continuò indicando la forma che si intravedeva vicino ad una delle finestre. «E la stella di Ecate.»
«La stella più luminosa del cielo…» concluse Lydia, incantata da tanta bellezza.
Lance sorrise dolcemente. «Compare solo durante la settimana di Natale ed è invisibile agli occhi dei babbani.»
Lydia la ricordava. «Dicono che arrivi per illuminare la strada di tutti i maghi del mondo affinché possano tornare a casa dai loro cari.» Si voltò verso Lance «Grazie.» disse, anche se una sola parola non le sembrava sufficiente per il dono che le aveva fatto.
Lance sfiorò la sua mano e le loro dita si intrecciarono. E Lydia decise che no, un semplice grazie non sarebbe mai bastato. Perché Lance le aveva regalato il cielo.
Forse fu per il Whisky Incendiario, forse per la felicità che aveva provato quel giorno o forse fu semplicemente una parte del suo cuore che aveva cercato di seppellire tempo prima, ma Lydia fece quello che le sembrò più naturale.
E illuminati da migliaia di stelle incantate, Lydia baciò Lance, con la sensazione che la stella di Ecate l’avesse realmente guidata fino a casa.
 
 

 

  

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