
Hogwarts - anno scolastico 1972-1973
Che ne sai di un bambino che rubava
E soltanto nel buio giocava
La prima volta che James incontrò Regulus erano due bambini. Davvero nient'altro che due bambini, ora James poteva vederlo. Era il crepuscolo, l'aria attorno ad Hogwarts si era riempita di densa foschia e, inizialmente, James non era sicuro di aver visto bene. Eppure era proprio lui, Regulus, uno dei ragazzini più ricchi del Mondo Magico, con i genitori facenti parte dell'ala più conservatrice e bigotta del Mondo Magico, che seminascosto accanto alla Serra si stava rigirando tra le dita una penna a sfera, di quelle che James aveva visto usare ai propri compagni di classe provenienti da famiglie Babbane. James sbattè gli occhi un paio di volte a quella vista. Nemmeno Sirius era stato mai così sfacciato da avere una penna a sfera babbana.
Avrebbe voluto avere con sé il Mantello dell'Invisibilità di suo padre, ma ancora non era riuscito ad avere il permesso di prenderlo - o di trovare un modo di realizzare una copia sufficientemente veritiera che, da dietro un vetro, non sarebbe stata immediatamente notata. Quindi si nascose nelle ombre, cercando di fare meno rumore possibile.
Le mani di Regulus che smontavano quella penna era ipnotizzanti, quasi spettrali alla luce che stava pian piano perdendo i colori caldi del tramonto e assumendo sempre di più quelli glaciali della sera. Anche Sirius aveva una pelle simile. Ma Sirius non lo intimoriva come faceva quel ragazzino di un anno più piccolo.
Onestamente, James non riusciva a comprendere, oggi, come fosse potuto essere tanto ottuso all'epoca.
Regulus era bello, ai suoi occhi. Bello come una di quelle opere d'arte che sua madre lo portava a scoprire, come qualcosa di intoccabile perché ancora sei troppo piccolo per capire dove effettivamente tutto quello che senti andrà a sbocciare. E forse, se le cose fossero state diverse…
Ma non lo erano state.
E James si ricordava ancora il piccolo suono di stupore quando la penna gli era infine esplosa in mano e l'inchiostro contenuto nella piccola cannula aveva macchiato le sue mani.
James si era aspettato del risentimento, invece quello che si trovò a sentire fu la più piccola, dolce risata che avesse mai udito.
Non ne fece una cosa abituale. Non poteva certo sviare tre suoi amici ogni singolo giorno per scoprire cosa facesse Regulus Black, da solo, nelle Serre, al crepuscolo. Ma lo aveva rivisto, sporadicamente, facendo sempre attenzione a non farsi scoprire, né da lui né dai suoi amici, specialmente Sirius. Ma dopo la penna a sfera l'aveva visto leggere, attentamente, ridendo tra sé e sé, un libro intitolato Mercier e Camier che era improvvisamente scomparso dalla borsa della Evans per poi ricomparirvi pochi giorni dopo. Una ragazzina Corvonero aveva piagnucolato per tre giorni che le sue ranocchie saltellanti si erano prima rotte e poi perse e James aveva intravisto Regulus smontarle e studiarle pezzo a pezzo. E l'aveva spiato mentre si impiastricciava le mani di Coccoina.
Regulus era un ragazzino strano. Che gli faceva provare piacere a fare qualcosa che non si sarebbe mai aspettato gli potesse piacere: fermarsi a guardare un'altra persona.
Era una continua contraddizione, così spensierato nella scoperta privata e segreta del Mondo Babbano, quanto spietato nell'attraversare le pieghe sociali di quello Magico.
Hogwarts - anno scolastico 1975-1976
E del sole che trafigge i solai, che ne sai
La prima volta che aveva avuto l'impulso di baciare Regulus invece che lanciargli un sortilegio, era stato durante il suo quinto anno. E non ne andava fiero.
Stavano litigando. Regulus e Sirius. Come accadeva ogni sacrosanta volta che quei due si incrociavano. Ma, ne fosse andata della propria vita, quella volta non avrebbe saputo dire su cosa i due si stessero accapigliando. Perché mentre Sirius urlava, l'unica cosa su cui James sembrava in grado di focalizzarsi era quel raggio di luce che, infrantosi sui vetri policromi di quel corridoio, improvvisava giochi di luce pazzeschi sul volto di Regulus. E quegli occhi ombrosi si erano accesi di una luce selvaggia, le guance sembravano irrorate dal fervore divino e i capelli splendevano pieni e lucidi in onde che scendevano sinuose fino alle spalle.
James avrebbe voluto esser in grado di scrivere una poesia sulla bellezza di Regulus.
Sulla sua pelle.
Sui suoi occhi.
Sulle mani.
Sulle… labbra.
Distorte in quel ghigno di puro sdegno, perfettamente disegnate, impossibilmente morbide.
E mentre Remus tratteneva Sirius e Peter teneva a bada i compagni di dormitorio di Regulus, James sognava di ridurre le distanze, prendere il volto di Regulus tra le mani, specchiarsi in quei frammenti di infinito, vederli spalancarsi per lo stupore di averlo lì, così vicino. Di inalare l'odore dei suoi capelli mentre con la punta delle labbra gli sfiorava la tempia, scivolando piano verso il basso per andare a incontrare le altre labbra, mentre le dita inanellavano ricci scuri.
Un sogno proibito ad occhi aperti.
Sirius l'avrebbe ucciso.
Londra - estate 1976
E di un mondo tutto chiuso in una via
E di un cinema di periferia
Sirius aveva appena abbandonato Grimmauld Place e, con un eufemismo, non stava messo bene. I coniugi Potter erano costantemente con lui la St. Mungo's Hospital in attesa che si riprendesse, mentre avevano mandato James a casa per farlo riposare.
Ma James non era in grado di riposare. Non dopo quello che aveva visto.
Conosceva la strada per arrivare a Casa Black. O meglio, conosceva la strada che da Diagon Alley portava a Grimmauld Place. Nell'atrio del St Mungo's James prese una manciata di Metropolvere per uscire al Paiolo Magico.
La ragione per cui James sentisse la necessità di recarsi a Casa Black gli era al momento ignota, motivo per cui, una volta arrivato, non seppe esattamente cos'altro fare se non fermarsi davanti alle finestre del numero 12**, seminascosto dalle cime degli alberi.
D'un tratto una delle finestre si aprì e, sul davanzale si appallottolò la figura tremante di Regulus Black. Sentì le urla di Lady Black dalla strada e il rumore di oggetti infranti. E notò Regulus trasalire al primo grido e poi piantarsi le unghie nei palmi per ancorarsi al presente finché la voce di Walburga non lo informò che era attesa altrove e che si aspettava che il suo unico figlio sapesse come comportarsi.
Pochi minuti dopo Regulus era fuori di casa. A dieci passi da James. Che lo guardava stupito di esser stato scoperto tanto facilmente.
"Come sta."
"Fino a un'ora fa era vivo. Perché non sei scappato con lui?"
"Impossibile. A meno che tutta la tua famiglia non voglia morire."
"La tua famiglia non mi fa paura."
Regulus alzò gli occhi al cielo, come a chiedere un intervento divino su tanta stupidità.
"Andiamocene da qua, questa via è claustrofobica."
Non attese risposta, non ingaggiò nuovamente la precedente conversazione, non fu di alcuna compagnia.
Ma lo condusse a un piccolo cinema poco lontano dove comprò due biglietti per i posti in ultima fila.
E mentre Il Conte di Montecristo passava sul grande schermo, Regulus ricominciò a chiedere a mezza bocca, tra una scena e l'altra, notizie di suo fratello, di cosa avessero detto i medici, di cosa i Potter avessero intenzione di fare e se fossero preparati a subire l'ira di Lady Black. Finché James non riuscì ad estorcergli cosa fosse successo, di come Sirius avesse nuovamente litigato con sua madre ma di come, per la prima volta, Orion Black si fosse messo in mezzo. Paradossalmente la goccia che aveva fatto traboccare il vaso era stato Sirius che - con un gesto completamente involontario - aveva dato uno schiaffo a sua madre.
Orion aveva annichilito Sirius.
Regulus aveva provato a rabbonire i suoi genitori ma era paralizzato. Letteralmente. Ma appena fu nuovamente in grado di muoversi curò Sirius alla bene e meglio, gli mise la Metropolvere in mano, gli diede una pacca sulla spalla dirigendolo verso il camino.
E James lo baciò lì, nella sala buia del piccolo cinema.
Regulus non lo scansò.
Hogwarts - anno scolastico 1976-1977
Che ne sai della nostra ferrovia, che ne sai
Quando Hogwarts riaprì a settembre - dopo quel bacio, dopo che Walburga e Orion avevano provato a riprendersi Sirius con ogni mezzo, dopo che, con un gesto inutilmente drammatico, Lady Black aveva bruciato il volto del figlio maggiore dalla tappezzeria di casa, dopo che James e la sua famiglia, che ora comprendeva anche Sirius, se ne erano andati da Casa Black - Regulus era distante. Distante da tutti, come se avesse deciso di mandare a scuola solo il proprio corpo, ma non la sua anima. Un fantasma al contrario.
James non aveva avuto il coraggio di fare sapere a Sirius del suo incontro con suo fratello, né ciò di cui avevano parlato. Sirius non voleva parlare con James di quella notte o dei giorni a seguire e James sperò che ne parlasse almeno con Remus. Era stato James a riunire i loro amici e a confezionare un riassunto stringato della situazione. Peter, che non aveva l'empatia sufficiente per poter aiutare dal punto di vista emotivo, si era impegnato a più non posso a cercare di distrarre Sirius, e così, quell'anno, il primo colpo dei Malandrini era stato messo a punto ben prima di Halloween, data storica di inizio del loro anno accademico.
Fu nuovamente a un crepuscolo, poco prima del sorgere della luna piena di novembre che, controllando la mappa nel lasciare i dormitori, James si rese conto che Regulus era fuori dal castello.
Avvertì gli altri che aveva visto uno studente al limitare della Foresta Proibita e che li avrebbe raggiunti appena riportato l'altro al Castello. Poi si era infilato la mappa in tasca ed era corso a perdifiato per le scale.
Trovò Regulus lungo i binari della ferrovia. Non il tratto che portava gli studenti a Hogwarts, ma un'altro che proseguiva verso i monti, evidentemente in disuso. C'era una galleria poco più avanti, più scura della notte.
Regulus, avvolto nel suo mantello da passeggio, un cappello messo sulle trequarti e un libro in mano sembrava uno sbuffo si oscurità uscita dal nulla per risucchiare le anime dei vivi.
Soprattutto quando, voltandosi verso James, i primi raggi di luna piena gli illuminarono il viso spettrale e gli occhi di ghiaccio.
"Cosa ci fai qui?"
"Ti ho visto uscire…"
"E hai pensato di pedinarmi?"
"E ho bisogno di parlarti."
"Mi pareva ci fossimo già detti tutto. La mia famiglia non ha più conti aperti con la tua."
"Perché mi hai baciato?"
"Potter, capisco che l'età avanzi, ma sei stato tu a baciare me."
"Non ti sei scansato, hai continuato a baciarmi per tutta la durata del film. Perché?"
"Ti monterai la testa, ma baci bene. E non ho molte occasioni di baciare."
"Di baciare in generale, di baciare altri ragazzi o di baciare me?"
"Sei scaltro per essere un Grifondoro."
"A costo di risultare antipatico, conosco tuo fratello da sei anni. Conosco ogni suo modo per non rispondere a una domanda. Tu e lui non siete poi così diversi."
"Non dirglielo, potrebbe nuovamente scappare di casa."
"Regulus, per quanto questa conversazione mi appassioni, dobbiamo rientrare. Non è prudente rimanere fuori nelle notti di luna piena."
"E questo sarebbe una tua responsabilità da…?"
"Da quando ti sei fatto baciare senza maledirmi. Andiamo via, per favore."
"Mi piaci quando implori."
La ferrovia divenne il loro nuovo punto di incontro ma adesso erano entrambi presenti, entrambi parte attiva delle loro conversazioni, degli studi empirici di Regulus sugli artefatti Babbani, delle ripetizioni di danza di James, delle serate passate a leggere sui binari, appena dentro la galleria, un paio di cuscini e qualche plaid buttato a terra, illuminati da una miriade di piccole lanterne che Regulus aveva portato chissà quando da chissà dove.
Il luogo dove baciarsi, come se il tempo non esistesse, come se i rumori del castello portati dal vento non fossero reali, come se intrappolati su quel tratto di ferrovia ci fossero solo loro, per tutta l'eternità.
***
Hogwarts - verso la fine dell'anno scolastico 1975-1976
Conosci me, la mia lealtà
Lily Evans era bellissima. Aveva i capelli del sole al tramonto e gli occhi come pietre preziose. Era intelligente, gentile, affabile, morbida, amabile.
Lilly Evans era alta un barattolo e mezzo di testardaggine, aveva una bocca larghissima che non smetteva mai di ricordare la differenza tra giusto e sbagliato, e più di una volta era stata vista letteralmente seduta sopra chi non volesse starla a sentire.
Lily Evans era una forza della natura. Era testarda, impulsiva, prorompente, geniale.
E non era minimamente interessata a James. Anzi, sembrava odiare James.
E questo era inaccettabile.
James aveva deciso, il suo primo anno di scuola, che sarebbe riuscito a conquistare Lily Evans.
Ma erano arrivati verso la fine del quinto anno e la situazione era di poco migliorata. La cosa assurda fu che senza quel piantagrane di Snivellus forse le cose non sarebbero progredite affatto.
No, James non stava distrattamente giocando con un boccino, Remus non stava studiando e il resto dei Malandrini non stavano solo facendo gli scemi.
Severus Snape era sempre stato una spina nel fianco ma mai come quell'anno.
E, nonostante ciò che poteva dire, era entrato nella Stamberga Strillante con tutte le intenzioni di uccidere Remus.
E ora che era in debito con James, in qualche modo era diventato ancora più sgradevole con Lily.
E ora la sola cosa che James voleva era umiliare quel pervertito dai capelli unti.
Quindi James stava aspettando che arrivasse una folla abbastanza grande, incuriosita dalle evoluzioni del boccino dorato o dalle buffonate degli altri due. Remus controllava, dalla mappa aperta dentro il libro di testo, che non arrivasse nessun professore.
E le cose erano più o meno andate secondo i piani… finché Lily non era intervenuta, Snivellus gli tagliò una guancia e chiamò Lily con un termine decisamente inappropriato. James sentì il sangue andargli alla testa, e le cose da quel momento in poi presero una piega che non piacque nemmeno a lui. Ma ormai l'aveva fatta, Lily si era resa finalmente conto a quale pezzo di sterco di vacca avesse dato la propria amicizia e tutti coloro che negli anni avevano pianto per colpa di Snape, ora ridevano di lui senza domandarsi troppo quale fosse la differenza tra giusto e sbagliato.
Mentre abbandonavano la scena del crimine diretti in infermeria, Remus gli passò un braccio attorno alle spalle. "So che ciò che abbiamo fatto è stato sbagliato. Ma la soddisfazione di vedere la sua espressione cambiare quando si è accorto che abbiamo usato un suo incantesimo contro di lui… sublime. Non credo che abbiamo mai fatto qualcosa che abbia avuto altrettanta importanza. E ne sono fiero."
Hogwarts - anno scolastico 1976-1977 - settembre
Tu sai che oggi morirei per onestà
La Sala Grande era quasi vuota. James si era attardato a parlare con dei ragazzi delle altre case e aveva fatto tardi per il pranzo. Aveva un tramezzino in bocca, il libro di pozioni aperto davanti a sé, con gli appunti che gli aveva mandato suo padre e stava aggiungendo delle cose che gli aveva spiegato il professore. James sentì lo sguardo di qualcuno scivolargli addosso e notò, dall'altro lato della Sala, gli occhi di Severus puntati su di lui.
Andò a grattarsi la cicatrice sulla guancia, mandò giù un boccone che sapeva di fiele e ricominciò a leggere attentamente.
Lily Evans, al tavolo Corvonero, stava restituendo un quaderno a una ragazza del loro stesso anno, un sorriso gentile a illuminarle il volto.
Stavano quasi per iniziare le lezioni del pomeriggio e Lily Evans si fermò davanti a lui, riferendogli che i suoi amici lo stavano aspettando, gli occhi come due splendide pozze profonde intente a scrutarlo.
Lui le sorrise. Non ne poteva fare a meno. Se Lily gli rivolgeva la parola, lui sorrideva.
"Non ti avevo mai visto studiare tanto."
Lui fece spallucce, tirando via dal tavolo la borsa coi libri. "Non ho mai avuto bisogno di studiare tanto."
Lei alzò gli occhi al cielo, dandogli uno scappellotto dietro la testa, e lui si sorprese a sorridere, formulando nella propria mente le parole da lei pronunciate, consumate dal tempo e dall'usura: "Sei così pieno di te!"
" Imparare non è sapere: ci sono gli eruditi e i sapienti. È la memoria a fare i primi, ma è la filosofia a fare i secondi. *"
Lily Evans si fermò.
Nel suo tragitto verso la lezione di pozioni di un qualunque pomeriggio di metà settembre.
Lily Evans si fermò.
Perché il mondo doveva riallineare il proprio asse.
Gli occhi di James, per un istante, parvero brillare.
"Conosci Dumas?"
"Da quest'estate."
"Perché?"
"Non dirlo a Sirius, ché quest'estate non se l'è passata benissimo, ma l'ho visto al… cinema , giusto? Sì. E poi ho comprato il libro."
"Da… da quando ti interessa la cultura Babbana?"
"Da quando ho capito che può essere affascinante, ingegnosa ed estremamente profonda."
"Severus ha sempre rifiutato la nostra cultura di partenza."
James fece roteare il collo che scrocchiò rumorosamente. Non aveva molta voglia di iniziare una conversazione profonda, ma forse era invece proprio questo il momento.
"Snape è uno sciocco che non sa nulla."
Lily Evans avrebbe difeso l'amico a spada tratta.
Lily, gli si avvicinò un poco e gli chiese di spiegarsi, come se le interessasse davvero la sua opinione e non giusto per fare conversazione.
"Rifiutando parte delle proprie radici non ha avuto modo di formare una personalità critica nei confronti delle interazioni sociali all'interno di una società complessa."
Lily sbatté gli occhi con la chiara espressione di chi si stava chiedendo cosa che ne avesse fatto di James Potter.
"Ma soprattutto ha creduto alla versione sterile e artefatta del Mondo Magico conosciuto su antichi tomi polverosi. Ha creduto in una favola, che ha nulla o poco a che fare con la realtà dei fatti."
Era la prima volta che non si limitava a un "perché respira" che sì, era comunque un riassunto perfetto dei suoi sentimenti ma a Lily quello non poteva certo bastare. Non dopo come il bastardo si era comportato.
"Sai perché non lo sopporto? Perché ha la presunzione di venire a dire a me, che sono nato e cresciuto nel Mondo Magico, come il mio mondo funziona."
James non si curò di come le sue parole potessero essere prese da una Nata-Babbana, perché il suo pensiero non si limitava a quello ed era tempo che anche Lily ne fosse consapevole.
Lily non era nata nel Mondo Magico: poteva sapere quali fossero le leggi che lo governano, ma non avrebbe mai potuto assaporare cosa significasse crescere in questo Mondo.
"Perché ha sempre trattato te come una sorta di discepola che doveva pendere dalle sue labbra perché sua madre gli aveva raccontato come funzionava il Mondo Magico , ma quando ti sei accorta che questo mondo non è come te l'aveva dipinto, lui non l'ha potuto sopportare."
James si rese vagamente conto che Lily aveva smesso di parlare, e forse aveva anche smesso di starlo a sentire, ma dopotutto era stata lei a chiedergli di spiegarsi.
"Perché è un pozionista grandioso e, invece di venire da me per arrivare a mio padre, gli ha quasi teso un agguato a Diagon Alley un paio di estati fa per potergli parlare. Perché evidentemente io sono un traditore del sangue mentre mio padre, che la pensa esattamente come me, è un grande pozionista. Ipocrita."
Erano arrivati a destinazione e James si voltò per guardare Lily per la prima volta da quando aveva iniziato la sua tiritera e ciò che vide gli riempì il cuore. Aveva conquistato Lily Evans.
"Lo odio," finì. "Perché invece di cercare di integrare la sua cultura con la nostra, come fanno la maggior parte dei figli di due Mondi, permettendo di crescere e innovare questa società, sta dalla parte della stagnazione, del ai miei tempi non c'erano tutti sti babbani , della morte per noia e logoramento. E, ne andasse della mia vita, non permetterò al mio mondo di morire."
Hogwarts - anno scolastico 1976-1977 - ottobre
Conosci me, il nome mio
James sapeva di esser cambiato negli anni. Aveva lasciato tutte quelle stupide moine da bambino in cerca di attenzioni o quelle da leader del suo piccolo gruppetto di malfattori. Era cresciuto, stava diventando un uomo, e alcune cose che prima lo divertivano ora le trovava insopportabili.
Normale, ad un certo punto della vita, volenti o nolenti, si cresce. E lui era cresciuto con Snape che importunava Lily, con Sirius riverso sul pavimento di casa sua, con la guerra che richiedeva prezzi sempre più elevati, con l'incertezza di chi sia amico, chi conoscente, chi compagno di scuola e chi nemico.
Ora si accorgeva molto più velocemente dei cambiamenti che avvenivano attorno a lui, era forse più vigile e sicuramente dormiva meno.
Quel pomeriggio di inizio anno tutti i suoi compagni di corso si erano ritrovati in sala comune, avevano lanciato alcuni incantesimi per non essere disturbati e ora erano tutti lì, a guardarsi negli occhi.
E a parlare del futuro. E di tutte quelle cose che li spaventavano.
"Credo che una volta fuori di qui entrerò nella resistenza contro Voldemort."
Le ragazze si guardano interdette. Lily con una luce infuocata nello sguardo.
I suoi tre compagni di stanza lo guardarono intensamente. Sirius distolse lo sguardo serrando la mandibola.
"Ne sei sicuro?"
"Ma non avevi detto che volevi diventare un Giocatore Professionista?"
"Un professore di Difesa Contro Le Arti Oscure?"
"Fondare una rock band con Sirius?"
"Sposare la Evans e fare il mantenuto, considerando la sua intelligenza di gran lunga superiore alla tua?"
Le voci si accavallarono ma quando Peter mise in mezzo Lily, James si sentì in obbligo di interromperli.
"Sì, sì, ho detto tutto questo… o una sua parafrasi. Ma quelle erano le parole di un ragazzino. E io non sono più un ragazzino."
"Dovremmo iniziare a chiamarlo nonno Jim."
"Ergh, orribile."
"Ragazzi, sto cercando di fare un discorso serio. Grazie. Non nego che tutte quelle cose elencate siano state dette, né che non possa ritornare su alcuni di quei piani una volta che Voldemort sarà sconfitto."
Lily accavallò le gambe e si sporse leggermente in avanti e, anche in quel momento, James sentì una vampata di calore invadergli il corpo. Non poteva evitarlo, Lily era pur sempre la sua Lily Evans.
"Di cosa hai bisogno?"
"Di aiutarmi nelle materie che ho trascurato perché avevo altri piani."
Altri piani. Faceva paura dover accantonare i propri sogni perché là fuori, qualcuno, ha deciso che iniziare una guerra civile è più interessante che andare avanti con la propria vita e cercare di cavarne il meglio possibile.
Per questo stirò un sorriso sulle labbra che avevano osato tremolare e si obbligò a allentare la morsa che gli bloccava il respiro.
"Fortuna che nessuno può sentirci: non mi posso permettere di farlo sapere ai più giovani. Perderebbero tutta la stima che hanno in me!"
Un cuscino gli arrivò in faccia.
"Sei un cretino James Potter." Rise Lily.
E il mondo fu improvvisamente più luminoso.
Hogwarts - anno scolastico 1976-1977 - novembre
Tu sola sai se è vero o no che credo in Dio
Sirius stava per compiere diciassette anni.
Ovvero, Sirius stava per prendere il diploma di Apparizione e divenire ancora più… Sirius.
James era terrorizzato. Sia lui che Remus sarebbero stati gli ultimi a poter prendere la licenza e il pensiero di cosa Sirius avrebbe potuto fare senza supervisione - Peter non era abilitato a prendersi cura degli altri, dato che era un altro che aveva bisogno di un supervisore che si prendesse cura di lui - gli gelava il sangue nelle vene. Perché Sirius era solo all'apparenza calmo e controllato: era la placida superficie di un lago ghiacciato su cui potevi spiecchiartici e non vedere altro se non te stesso, mettere i pattini e giocarci, seguendo le sue regole, o potevi cercare di scalfirlo e rischiare di essere inghiottito e trascinato sul fondo della sua follia in un paio di respiri gorgoglianti.
Si accasciò sul libro di incantesimi che stava cercando di studiare, nascondendo il viso tra le braccia ed emettendo uno sbuffo rassegnato.
Una pila di libri atterrò accanto alla sua testa.
"Ehi, James! Che programmi hai per Natale?"
Natale. Era appena passato Halloween, Sirius doveva ancora compiere diciassette anni, e già si pensava al Natale.
James ricacciò indietro le sue preoccupazioni e alzò lo sguardo dal libro di incantesimi.
"Eviterò che Sirius si faccia arrestare…" borbottò tra le braccia, per poi alzare la testa e cercare lo sguardo più dolce di tutta la scuola. "Mio adorato fiorellino delicato, credo che anche quest'anno mia madre potrebbe dare i numeri se non tornassi a casa."
Dopo quel giorno in Sala Comune, James e Lily avevano iniziato a studiare insieme. Da soli o in gruppi di studio, ma quasi mai separati. Era bello passare il tempo con Lily. Facile, quasi. Quindi lasciò che il proprio entusiasmo per le prossime festività prendesse il sopravvento e iniziò a parlare come se qualcuno li stesse inseguendo sparando maledizioni. "Suppongo abbia organizzato qualcosa di speciale ora che Sirius sta da noi. Non dirglielo, ma credo si sia già messa d'accordo con Remus e Peter per averli tutti da noi, almeno un paio di giorni. Se la conosco appena un po' avrà fatto in modo di avere un intero maiale a sua disposizione per i giorni di festa. Ti avverto: tornerò ancora più rintronato del solito, tra il cibo, le musiche e le danze, i riti… non ci fermeremo un attimo. Spero solo che non ci tocchi, anche quest'anno, di dover partecipare al Ballo al Ministero. Se vuoi sapere per quale motivo con una crisi in atto il Ministro della Magia si diverta a indire un ballo… chiedilo a mia madre: è lei quella che si interessa di politica in casa mia." James notò come Lily avesse aggrottato la fronte, come se ci fosse qualcosa che non le tornasse. E James ci mise un momento per capire cosa fosse. "Oh… Natale, giusto. Tu non festeggi Jule, tu festeggi il Natale."
Era un peccato che Lily non potesse avere la sua stessa fissazione per Yule perché non aveva mai davvero sperimentato Yule. James aveva una mezza idea di cosa fosse il Natale, dopo sei anni passati insieme a compagni mezzosangue era normale si fosse fatto un'idea.
"È davvero così diverso?"
"Oh, mia dolce brezza estiva, tu non ne hai idea. Se un giorno decidessi di voler perdere il sonno per il prossimo futuro ti consiglio di chiedere a Sirius. Soprattutto quando è in quell'umore un po' malinconico, un po' rassegnato. Ti dico solo che l'inizio delle feste di Yule a Casa Black è l'impiccagione e il rogo del cristianesimo e il corteo funebre dell'inizio della segregazione dei maghi. Ci sono i biscotti a forma di Babbani farciti con le visciole, in modo che quando li addenti sembra che esca il sangue. E mentre gli adulti finiscono sempre per parlare di politica, i ragazzi e i bambini sono costretti nei loro vestiti impeccabili ad esibirsi per il loro divertimento e per sopravvivere ci si deve destreggiare nel tentativo di non essere visti, o combinarne una epica da rimanere nella storia, o ignorare ogni regola di buon senso e buttarsi sui regali prima che a fine serata vengano mandati nelle rispettive Famiglie."
"Sembra… inquietante. E quante volte saresti stato a un Gran Ballo organizzato dai Black?"
"Una. E mi è bastata a vita." Era bello ridere con Lily. Era rilassante vederla arrossire quando le si faceva un complimento diretto o indiretto e sentirla a voce alta cambiare discorso. James amava spendere il proprio tempo con Lily.
"Vorrei poterti deludere e dirti di essere completamente sconcertata dalle vostre feste. Ma la realtà è che una parte di me vorrebbe parteciparvi, immensamente."
"Se la mancanza di decorazione natalizie non ti disturba, potrei sempre chiedere a mia madre se posso avere un più uno per ospietarti alla nostra cena danzante."
"Sarebbe meraviglioso."
"La maggior parte delle famiglie purosangue ormai festeggia più per tradizione che per un effettivo ringraziamento dell'anno appena passato, e un periodo di riposo e di glorificazione della luce. Per questo mi piace anche il vostro Natale, anche se non lo comprendo appieno. Un dio che si identifica come padre e come figlio al contempo è abbastanza rivoluzionario già di per sé. Se poi questo figlio decide di immolarsi per semplici umani… è una bella storia."
***
Hogwarts - anno scolastico 1977-1978 - settembre
Che ne sai tu di un campo di grano
Poesia di un amore profano
Essere baciati nuovamente dopo esser stati lontani per così tanto tempo, fu come incontrare la rugiada del mattino dopo una giornata passata sotto il sole cocente. Fu come essere risvegliati da un sogno agitato, tornare a respirare dopo una lunga apnea. Anche se mancava il respiro ogni volta che si sfioravano ancora.
Regulus amava cambiare posto. Ogni anno trovava un luogo appartato, alla larga da dove gli altri studenti avevano deciso di passare le proprie giornate. Era talmente tanto bravo da arrivare a chiedersi se fosse lui a saper leggere gli umori delle folle talmente bene da adattarsi prima ancora che la folla decidesse coscientemente di invadere un determinato posto o se fosse la sua scelta a determinare dove tutti gli altri si sarebbero dovuti incontrare.
I Black erano potenti, ma non così potenti.
Forse.
E James ogni volta che lo andava a cercare passava qualche ora, se non qualche giorno, semplicemente a vederlo vivere. Essere.
Era entusiasmante fermarsi, arrendersi allo scorrere delle ore senza cercare di sopraffarle, e osservare il mondo schiudersi tra le mani di Regulus.
Non era mai riuscito a farlo ridere.
E forse non ci sarebbe mai riuscito.
C'era troppo dolore dietro quelle pozze ghiacciate, troppo sconforto aveva levigato i lineamenti di quel viso perfetto, troppe lacrime si erano cristallizzate tra le sue ciglia.
E James avrebbe fatto di tutto per poter dare tutto il proprio cuore, la propria anima, la propria essenza vitale affinché l'altro riuscisse a percepire almeno una volta cosa significasse essere protetti, voluti, accuditi.
Anche se Regulus non glielo avrebbe mai permesso.
Regulus era un mago indipendente. E in quanto tale stava imparando il più possibile a utilizzare la magia senza l'uso della bacchetta. Perché, in questo mondo, non si sa mai quando il nemico potrebbe attaccarti.
James non aveva avuto il coraggio di chiedergli a quale nemico si riferisse, se loro due sarebbero stati nemici una volta lasciata Hogwarts o se ci sarebbe stato ancora un loro due ,
La luna era quasi piena e i suoi raggi illuminavano la sua pelle come se fosse fatta di rugiada. Impossibile distogliere lo sguardo, nonostante lui non amasse particolarmente essere osservato. James però sapeva che, più passava il tempo e più sembrava che Regulus facesse meno fatica ad accettare la sua adorazione.
"Credo di aver finalmente capito."
James invece si sentiva piccolo e stupido. Non aveva idea di cosa stesse parlando l'altro.
"La magia senza bacchetta. Guarda."
Chiuse gli occhi, sollevò la testa al cielo, i palmi della mani verso le stelle, il corpo ondeggiante come sospinto da una lieve brezza. E una impercettibile luminescenza. Il grano tutt'attorno a loro iniziò a crescere, nutrendosi dell'energia vitale del giovane mago espandendosi a macchia d'olio attorno a lui, crescendo, spigando, maturando.
James chiamò il suo nome tre volte prima che Regulus uscisse da quella sorta di tranches e tornasse tra i vivi.
"Non farlo mai più."
I polpastrelli, leggeri come fiocchi di neve, scivolarono sul suo viso, incontrarono il suo collo e lo attirarono in un bacio profondo.
"È una sensazione indescrivibile, fa tremare le vene nei polsi sapere che da un momento all'altro potresti perderti per sempre e non riuscire più a trovare la via di casa."
James strinse i denti e si strinse ancor di più accanto all'altro. No, l'idea di perdere Regulus non era accettabile.
"Non farlo mai più, ti prego."
"Mi piace quando implori."
Hogwarts - anno scolastico 1977-1978
La paura d'esser preso per mano, che ne sai
C'era un modo, in cui i ragazzi di casa Black reagivano al tocco delle persone, ad essere estremamente peculiare. Era come avere a che fare con delle bestie selvatiche, bellissime, indomite e letali.
Dei predatori.
Affamati di affetto quanto di sangue fresco.
Sirius aveva due modalità: quella festaiola, circondato di persone, capace di resistere all'assalto sensoriale di corpi che si alternavano addosso a lui come onde a infrangersi contro uno scoglio; e poi c'era quella 'non mi toccate'. E, in quel caso, si poteva venir maledetti anche solo per essergli passati troppo vicino. Remus era riuscito a portare a galla una terza modalità, che poteva essere applicata solo a lui: la ricerca del contatto fisico. Quando Remus gli era accanto, Sirius gli si appallottolava addosso, stringendoselo forte. E Moony aveva imparato, col tempo, a capire quando poteva scansarlo senza ripercussioni emotive e quando no.
Si erano rincorsi per sette anni, ci avevano girato attorno, avevano giocato coi propri sentimenti e con quelli dell'altro, si erano fatti male e si erano leccati vicendevolmente le ferite.
Vederli insieme era qualcosa che faceva male per quanto era bella.
Anche Regulus aveva le medesime due modalità di Sirius, anche se la prima l'aveva vista esclusivamente sul campo di Quidditch. E qualche volta, negli ultimi due anni, l'aveva visto adattare anche quella 'koala' . Nella galleria, nelle ore di lettura, i suoi piedi erano finiti più volte addosso a James, tra il grano che aveva fatto crescere si erano seduti sorreggendosi a vicenda, schiena contro schiena, quando si baciavano Regulus non si era mai tirato indietro.
James adorava ogni dimostrazione di quanto Regulus volesse proprio lui, di come non fosse solo qualcosa di conveniente, di scelto solo per mancanza di altre opzioni.
Ma quel tardo pomeriggio, durante la libera uscita a Hogsmeade, ritrovarsi entrambi, per caso, da Honeydukes con i rispettivi amici, era stato strano. E ancora più strano era stato averlo vicino, sentire il dorso della sua mano sfiorare il proprio, le dita intrecciarsi per un istante.
Un istante lunghissimo.
Un istante in cui James sentì il proprio cuore tentare di sfondare la cassa toracica, la sudorazione aumentare, il mondo stringerglisi intorno quasi a volerlo soffocare.
Non erano mai stati così vicini in pubblico. Non erano mai stati ad un appuntamento insieme.
Non si erano mai tenuti per mano.
Ed era terrorizzante.
Ed era bellissimo.
***
Hogwarts - anno scolastico 1977-1978 - gennaio
L'amore mio
Erano tornati dalle vacanze invernali meno riposati di quando non fossero partiti. Voldemort aveva intensificato la propria offensiva contro il Mondo Magico e nessuno sembrava essere più al sicuro. Peter era scosso ma determinato, Remus avrebbe voluto rinchiudersi in un archivio per il resto dei suoi giorni ma si sentiva in obbligo di aiutare la resistenza messa in piedi da Dumbledore, mentre Sirius aveva già deciso che lui sarebbe stato il primo Black a diventare un Auror.
James aveva passato tutte le vacanze con loro, a pianificare il loro futuro, a rimettere in gioco le proprie vite, a spalleggiarsi e farsi coraggio a vicenda, a essere la colonna portante del loro gruppo, ad amare ogni loro insicurezza.
Era rientrato a Hogwarts stremato.
Ma non avrebbe cambiato nulla.
Lily lo trovò in biblioteca che osservava il volo di una coppia di gufi e dovette schiarirsi la voce un paio di volte prima di attirare la sua attenzione.
Quelle vacanze, gli disse, erano state le peggiori: sua sorella l'aveva accusata di star mettendo in pericolo tutta la famiglia con quella storia della guerra e lei non era intenzionata a farsi coinvolgere in un conflitto che non la riguardava in alcun modo.
Lily aveva contattato Dumbledore, era rientrata a Hogwarts subito dopo il giorno di Natale e si era arruolata nell'Ordine della Fenice.
James osservò i suoi occhi accendersi di una fiamma che non aveva mai visto prima, una vitalità nuova che smosse il suo spirito, scosse le fondamenta del proprio essere, fece battere il cuore un ritmo sincopato che ben conosceva.
Lily Evans era la scintilla in grado di accedere un incendio.
Lily era il fuoco scoppiettante che si prende cura di un cuore esausto.
Questa sua nuova versione era un incendio che abbracciava e consumava ogni cosa al suo passaggio.
James restò senza fiato per un istante e, il momento dopo era rapito, intrappolato senza possibilità di fuga da sentimenti troppo forti.
***
Hogwarts - anno scolastico 1977-1978 - marzo
(che ne sai di un ragazzo perbene)
Pioveva.
Le brutte notizie non si dovrebbero mai dai nei giorni di pioggia: il mondo è già tinto di grigio, non c'è bisogno di attingere a sfumature più scure.
"Immagino che dalla fine di quest'anno saremo in due schieramenti avversi peggiori di quelli di Quidditch."
James sentì il petto implodere, incapace di prender aria, e gli occhi scoppiare, come se vi fosse una pressione troppo forte dietro quelle orbite.
Regulus non lo stava guardando, ma lo stava sentendo. In quel modo tutto suo di avvertire le cose attorno a sé, come se davvero la vista non fosse che uno dei sensi e non quello prefisso a vedere.
"Il tuo animo Grifondoro non lo può accettare, ma questo non è in grado di cambiare nulla."
La tenda di puro potere magico che avevano steso in modo che non si bagnassero lasciava vedere il cielo monocromatico piangere tutta la disperazione che James stava provando ma che non riusciva a lasciare i suoi occhi. Dovette distogliere lo sguardo a quella vista. Regulus non era un Mangiamorte, non credeva nei valori e nei principi alla base delle teorie di Voldemort, né alla risoluzione dei problemi utilizzando la forza bruta. E, in modo assolutamente inaspettato, nemmeno i suoi genitori credevano nei mezzi di Voldemort. Quindi perché?
"Non pensavo però che l'idea di separarci, andare ognuno per la propria strada e ritrovarci solo per spararci maledizioni addosso potesse intaccare così tanto la percezione che ho del futuro."
Perché si stava votando a qualcosa che dalle sue stesse parole pareva essere inevitabile.
James alzò gli occhi e quelli d'altro lo stavano soppesando. Ma in una maniera che infondeva speranza in quel futuro che Regulus non vedeva più.
"Non dovrei parlarne, perché so che vorrai cercare un motivo, una scappatoia, un modo. Ma non c'è futuro degno di tale nome se non faccio ciò che devo. Se non fai ciò che devi."
Perché si stava votando a un martirio che nessuno gli aveva chiesto di compiere?
Fece un passo verso di lui, come una falena attirata da una luce troppo intensa. "Perché ci stai separando?"
***
Hogwarts - anno scolastico 1977-1978 - marzo
È roccia ormai
James aveva un debole per le persone autentiche, forti, decise. Era qualcosa che poteva arrecargli una quantità di dolore immenso, e lo sapeva. Lo sapeva bene. Ma comunque, anche se poteva far male, quelle erano le persone che amava avere attorno. E per lui era estremamente difficile lasciare andare la presa una volta che si aveva acquistato quel posto nel suo cuore.
Sirius l'aveva conquistato prima ancora che aprisse bocca e si conoscessero. L'aveva conquistato in Sala Grande, davanti a insegnanti e studenti, davanti ai suoi pari e a quelli che la società avrebbe definito volentieri scarti, davanti a tutti coloro che non si aspettavano altro che veder crollare un Black.
E invece avevano visto Sirius innalzarsi nei suoi colori rosso-oro, il primo della sua specie, in quegli occhi di ghiaccio che avevano scrutato la stanza, avevano memorizzato nomi e volti, in quel sorriso che aveva rivolto al tavolo Grifondoro quando finalmente, dopo un momento di stupore, tutta la tavolata aveva applaudito nell'abbracciare il primo Grifondoro di quell'anno.
Remus in ogni suo silenzio che sapeva di una stanchezza di vivere che non lasciava il passo all'apatia, in ogni suo machiavellico piano puntigliosamente preparato, in ogni suo sguardo lacerato ogni volta che qualcuno si avvicinava troppo all'orribile verità della sua condizione.
Remus era il secondo pilastro che sorreggeva le fondamenta di ciò che era James Potter. Era tutto ciò che James non sarebbe mai potuto essere e tutto ciò che avrebbe voluto essere.
Peter era colui che lo riportava per terra ogni volta che la sua testa si gonfiava troppo rischiando di proiettarlo nell'iperspazio, era colui che tra tutti loro amava davvero la vita e se ne prendeva cura, era colui che proponeva le soluzioni più assurde ai problemi più gravi. Come diventare degli animagus per proteggere un amico mannaro. Come quando prima di essere in grado di lanciare efficacemente gli incantesimi di cura, imparò le tecniche Babbane per prendersi cura delle ferite di Remus, quelle meno visibili di Sirius e dello "sto bene" di James. Come quando ricordava a James di come non fosse un dio, e che gli era consentito piangere e urlare, ogni volta che il proprio petto gli chiedeva di essere ascoltato.
E poi c'era Lily. Che, nell'arco di una manciata di mesi era passata dall'essere la ragazza che non se lo filava, ad uno dei suoi migliori amici, a qualcuno che avrebbe potuto amare al punto da farlo diventare un pilastro portante della propria vita.
E così era stato.
James amava Lily. E, per una volta, prendere nota dell'esistenza di quel sentimento non era qualcosa che lo spaventasse, quanto piuttosto qualcosa di ineluttabile e bellissimo. Che scaldava il cuore, riempiva il corpo di energia, elettrificava l'animo esausto. Qualcosa viscerale. Di profondo e sacro. Di inamovibile.
***
Hogwarts - anno scolastico 1977-1978 - marzo
(che mostrava tutte quante le sue pene)
Amare Regulus faceva male. Aveva sempre fatto male. Di quel dolore che si prova vedendo qualcosa di profondamente bello, di intrinsecamente buono, fatto di istanti rubati e aliti di vento. Effimero. Destinato a finire troppo presto.
La paura di perdere Regulus era parte integrante dell'amarlo.
James amava e odiava quella sensazione, la consapevolezza di essere sull'orlo di un precipizio, di avere una spada pronta a trafiggergli l'anima. Lo amava, perché rendeva ogni attimo di vita concesso significativo e importante, ogni parola scambiata pesante, ogni sguardo rubato vitale. Lo odiava perché gli serrava il petto e gli spezzava il fiato. Gli faceva contare i minuti di ogni breve incontro con l'amara consapevolezza che presto sarebbero finiti.
E poi c'era la speranza, il maledetto impulso a guardare oltre quel tempo effimero, a cercare riparo dalla tempesta in arrivo perché dopo… dopo sarebbe stato tutto diverso. Dopo sarebbe stato bello, facile, eterno.
Una lacrima gli bagnò la guancia.
Sotto il tendone magico la pioggia scrosciava spietata dipingendo una sinfonia di note lugubri.
"Promettimi che farai attenzione."
Regulus non era avvezzo a rispondere alle domande dirette. Non era abituato a reclamare i propri sentimenti. Ma quei sentimenti te li lanciava addosso, quasi come se fossero senza peso.
Eppure quella lacrima era un mare di dolore e il suo solco una trincea di disperazione serrata da labbra umide.
"Promettimi che terrai mio fratello fuori dai guai."
James si morse le labbra. Regulus gli aveva fatto giurare che mai avrebbe detto a Sirius cosa stessero facendo se non dietro ordine diretto da parte di Regulus stesso. E, inizialmente, non gli era sembrato un prezzo così esoso. Dopotutto stava cercando solo di tenere Regulus fuori dai guai.
Ma poi le cose erano cambiate e Sirius aveva il diritto di sapere quanto Regulus lo amasse.
"Promettimi che non verrai a cercarmi."
E Regulus, per la prima volta, sgranò gli occhi a sentire i singhiozzi disperati di James.
***
Hogwarts - anno scolastico 1977-1978 - marzo
E sfida il tempo e sfida il vento e tu lo sai
Era un pomeriggio assolato.
I giorni non dovrebbero mai dissonare così tanto con le proprie emozioni. E James si sentiva piccolo, insignificante, in un mondo troppo grande, troppo complicato, troppo ingiusto.
Almeno la sala comune Grifondoro era vuota. Almeno non doveva mantenere la facciata scanzonata che apparteneva al vecchio sé. Era stanco di quella facciata, ma era facile tirarla su, facile come esalare un sospiro.
Lily lo osservava dalla porta del dormitorio femminile e James non seppe mai da quanto tempo fosse lì.
Ma sospirò e le sorrise.
E Lily aggrottò la fronte.
"Non devi fingere. Non serve."
James sorrise dicendole che si sbagliava, non stava fingendo nulla.
"Un attimo fa. Eri assorto, preoccupato, ferito. Ora fingi che vada tutto bene. Non serve."
"Pensi che qualcuno possa ferirmi?"
"Penso che l'abbia già fatto."
James reclinò la testa all'indietro, contro lo schienale del divano.
"Pensi che disperarmi, urlare, tirare incantesimi possa farmi stare meglio? Ipoteticamente."
Lily gli si sedette accanto.
"Penso che rinchiuderti non ti farà star meglio. Penso che chiunque ti abbia ferito non meriti il tuo dolore e che non ho intenzione di perdonare né ora né mai chiunque ti abbia fatto apparire quell'espressione sul viso."
James sospirò di nuovo. Poi la sua testa scivolò lungo lo schienale del divano per terminare la propria discesa contro la spalla di Lily.
Era bello sentirsi, per una volta, protetti. I suoi amici avrebbero probabilmente reagito come Lily, forse in modo anche più violento, ma lui in quel momento non aveva bisogno di altra violenza. Ce ne sarebbe stata a sufficienza negli anni a venire, in testa gli sarebbero risuonate quelle parole il cui peso andava ad aggiungersi a quello già noto del periodo storico in cui si trovava a vivere.
Ma Lily non preannunciava violenza. Lily era l'ultima corsa verso la dispensa prima di addormentarsi, le braccia che avrebbero sostenuto il suo pianto, un whisky secco da trangugiare prima di cauterizzare le proprie ferite. Ma soprattutto, era il ritorno alla vita. Era la promessa di una primavera prorompente. Di una rinascita.
James capì che avrebbe potuto amare Lily.
James poteva.
Per questo si fece trascinare fuori da quella Sala Comune che sapeva di dolore in putrefazione, si fece condurre verso del pomeriggio assolato, verso quella giornata di festa, verso i suoi amici che si illuminarono di gioia quando lo videro.
"Grazie." Le sussurrò all'orecchio.
E Lily lo spinse via, con una risata cristallina, con il sorriso sulle labbra.
Sì, James si era facilmente innamorato di quell'energia scoppiettante e di quella positività e quella tenacia.
Era già successo. Senza che se ne accorgesse.
***
Hogwarts - anno scolastico 1977-1978 - marzo
(la mia sincerità per rubare la sua verginità)
"Ti amo." Le lacrime gli offuscarono la vista, i singhiozzi gli rendevano difficile parlare. "Ti amo, ti amo, ti prego non posso perderti." Le sue dita avrebbero voluto afferrarlo, ma Regulus era aria, era tempo rubato.
Regulus era un'aspirazione.
Così James crollò a terra, come un peccatore inginocchiato in preghiera. "Non ora. Non così." Si chinò a terra, sbattendo i pugni, per poi rialzare il viso, supplice, verso l'altro ragazzo che lo guardava con tale pena nello sguardo da fare rompere nuovamente gli argini alle lacrime di James. "Abbiamo ancora tempo." Sussurrò avanzando, arrivando davanti a lui, le braccia sollevate nell'inconscio tentativo di un abbraccio, un gesto disperato per tenerlo ancora lì, ancora un poco. "Ti amo, ti supplico non lasciarmi."
Regulus si portò una mano a coprire le labbra, ma poi allungò l'altra per andare a sfiorare il volto devastato di James. "È più grande di me e te. Più importante."
James spinse il viso contro quella mano, prendendola poi nella propria. Scacciò le lacrime dagli occhi e, quando riuscì a specchiarsi in quelli di tempesta, propose, sicuro: "la risolveremo insieme."
Regulus si passò la mano tra i ricci neri, in un gesto disperato.
"Impossibile. Non è destino."
James si alzò in piedi di scatto, facendo indietreggiare l'altro di qualche passo. "Si fotta il destino!" Urlò, afferrandogli entrambe le mani. "Non saranno le stelle, non sarà una visione né una profezia, non sarà la volontà di qualcun altro a impedirmi di vivere come io ho deciso."
Regulus lasciò che la propria fronte cadesse sulla spalla dell'altro, borbottando: "non è così che funziona…"
"Invece sì!" James portò una sua mano diafana ad appoggiarsi sul proprio petto. "Resta con me, insieme cambieremo il corso della storia." Le proprie dita trovarono la linea della sua mascella e gli chiesero di alzare il viso.
Regulus non poté far altro se non seguire la corrente.
"Non ho paura di amarti." Le labbra di James scivolarono sulla sua tempia, sussurrandogli direttamente all'orecchio. "Non ho paura di nulla."
Regulus deglutì rumorosamente. Le sue mani si afferrarono alla veste dell'altro come fosse la propria salvezza e le sue labbra trattennero il fiato mentre quelle di James scorrevano sulla sua pelle fino ad ingaggiare una breve lotta con quelle dell'altro.
"Amami." Chiese James, stingendoselo addosso, permettendo alle mani di esplorare quel corpo fremente di paura e di passione. Il bacio che ne seguì era ricolmo di nuove promesse.
E Regulus abbracciò ogni promessa, bevve ogni parola, ricambiò ogni gesto.
"Resta con me." Lo supplicò James, sdraiando entrambi sotto quel cielo plumbeo e quell'ombrello di magia, le loro mani a esplorare pelle, tendini, muscoli. "Resta."
E Regulus cedette al suo cuore, ignorando
per una volta il buon senso, perdendosi in quella miriade di sensazioni nuove, di brividi, di desiderio, di passione, di amore.
"Odio quando implori."
***
Hogwarts - anno scolastico 1977-1978 - aprile
Sì, tu lo sai
Erano giorni che ovunque guardasse trovava Lily. Quasi lo stesse seguendo. Come se lo stesse pedinando.
E ogni volta che sorrideva, lei rideva con lui. Ogni volta che era triste, lei era lì a consolarlo. Ogni sua vittoria, ogni sua sconfitta, produceva una reazione nella compagna. Ora non era più solo lui a inseguire lei, ma anche lei aveva iniziato a inseguirlo.
Era una caccia avvincente. Un gioco in cui si è preda e predatore. Un gioco così spensierato rispetto a tutto il resto. Un gioco che James amava giocare.
Amava un po' troppo giocare.
Sirius fu il primo ad accorgersi del cambiamento. A prendere in giro entrambi per quel girarsi attorno, quella danza d'accoppiamento che James aveva iniziato il primo anno e che ora, quasi alla fine del loro tempo ad Hogwarts, Lily aveva iniziato a seguire. A dirigere.
Peter aveva immediatamente iniziato a fare il tifo, a sgomberare lo spazio quando si trovavano da soli, ad ammiccare con gli altri due Malandrini, a fare scommesse su quanto tempo ci avrebbero messo per mettersi finalmente insieme e liberare James dalle sue pene.
Remus era l'unico che probabilmente oltre al divertimento e alla felicità per il suo amico era anche lievemente preoccupato.
Al punto da prendere James da parte. "È ciò che vuoi?"
James sorrise. Ricacciando indietro ogni esitazione sorrise all'amico. "L'ho rincorsa per sette anni." si voltò verso la ragazza che, dall'altro lato della Sala Comune stava ridacchiando con le sue amiche e con Sirius, che in un modo o nell'altro era entrato anche nel gruppo delle ragazze. "Come tu e Sirius no?"
"James… non sviare e sai che non è possibile."
Lily si voltò verso di lui e un sorriso potente come il sole esplose sul suo volto illuminando la stanza. James ricambiò il sorriso per poi rimprovevare Remus: "non sei mai stato uno sciocco Moony, non iniziare ora."
Sirius seguì lo sguardo di Lily e si ritrovò a guardare Remus, occhi brillanti e bellissimi dall'altro lato della stanza. Occhi che supplicavano di essere visti, riconosciuti, amati. Occhi tanto belli da far male.
"Come puoi esserne sicuro?"
"Moony, Sirius ti cerca anche quando non vuole nessuno attorno. Ti permette di toccarlo anche quando ha i nervi a fior di pelle. Non sei mai stato solo un amico per lui. E tu lo sai."
"E tu e Lily?"
"Probabilmente nemmeno lei vuole più essere solo un'amica per me."
"E ne sei sicuro?"
James sorrise.
"Lo sai."
Con tre falcate era da lei, un braccio sulle sue spalle, i suoi occhi raggianti fissi nei propri.
***
Hogwarts - anno scolastico 1977-1978 - giugno
(ma che ne sai)
Era una notte di luna nuova. Gli esami erano finiti, Hogwarts stava per terminare e James aveva addosso tutta la malinconia di un tempo che inesorabilmente sta volgendo al termine.
Sdraiato sul plaid circondato dal campo di grano che Regulus aveva fatto crescere sovrastato da una trapunta di stelle tanto fitta da proiettare l'idea di infinito, si sentiva pesante come se solo in quel momento si fosse reso conto del peso che gravava sulle sue spalle, che gli pressava il petto, gli contorceva le viscere.
"Non ero sicuro ti avrei trovato qui."
"Dove altro sarei dovuto essere?"
Regulus non rispose. Ovviamente non rispose.
"Non ho intenzione di lasciarti andare, non mi importa quello che mi hai ripetuto in questi mesi."
"Non posso permettermi di essere scoperto."
Speranza. È orribile la speranza. Soprattutto quando a darti speranza è un Serpeverde manipolatore con la visione precisa di ciò che avverrà nel suo futuro. Soprattutto quando tale Serpeverde ti ha detto che non c'è né ci sarà mai nulla da poter fare per cambiare il destino.
James si sedette, sciolse i muscoli contratti del collo e sollevò una mano, silenziosa richiesta di essere afferrata.
Le dita seriche si intrecciarono alle sue e Regulus gli si sedette accanto, con un movimento fluido e morbido, quasi fosse fatto al rallentatore.
"Ho un'idea. I tuoi non sospetteranno mai che tu possa usare uno strumento Babbano, giusto?"
"Continua."
"Scegliamo un giorno della settimana per sentirci. Vicino al cinema dove siamo andati c'è una cabina telefonica rossa, parti da quella. Ogni cabina ha un suo numero. Tu mi scrivi il numero della tua seguito da un orario. O solo un orario se non cambi cabina. Se non senti nulla da me vuol dire che ti chiamerò il giorno prestabilito all'orario richiesto. Se non ci sentiamo, riproviamo il giorno successivo allo stesso orario. Dopo una settimana ti verrò a cercare, non importa ciò che dirai. Se io ho bisogno di cambiare ti mando io il numero da chiamare e l'orario."
Regulus alzò il viso alle stelle. Gli ingranaggi della sua mente sembravano prender forma e muoversi sulla sua testa.
Poi quell'incurvarsi di labbra, e, per la prima volta, una risata.
James rimase trafisso, incredulo a guardare la notte più scura illuminarsi di una luce calda, gentile, delicata. Sentì gli occhi riempirsi di lacrime. La gola chiudersi incapace di prendere aria per paura di alterare quell'istante perfetto.
Le orecchi si riempirono del suono più delicato e prezioso del mondo. Un ricordo che sarebbe rimasto indelebile fino alla fine dei suoi giorni.
"Ti amo."
E le labbra di Regulus reclamarono quelle di James, le sue dita afferrarono i capelli stringendoselo addosso, il corpo, tutto, si accomodò contro quello tonico e scattante sotto di lui.
E James amò ogni istante di quei baci languidi, di quella pelle che piano piano si svelava sotto le proprie dita, di ogni piccolo suono che strappava a quelle labbra.
Fecero l'amore lentamente, come se non avessero alcun pensiero, come se il mondo non stava per crollargli addosso, come se avessero tempo.
Tocchi gentili a invogliare i corpi a muoversi, ad aprirsi, a donarsi.
Parole sussurrate sulla pelle, annodate ai capelli, perse dentro altre bocche e altri aliti di vita.
Diedero tutto ciò che potevano dare, presero tutto ciò che potevano prendere. Si accoccolarono sotto le stelle e si svegliarono ai primi raggi del sole.
Le bacchette abbandonate tra i vestiti.
La luce dorata ad ammorbidire la realtà.
Non c'era un tempo migliore per dirsi addio.
Non esisteva un tempo migliore per imparare a odiare la speranza.
***
Estate 1978
Davanti a me c'è un'altra vita
La nostra è già finita
Remus e Sirius si erano appropriati del divano, un miscuglio di braccia e gambe intrecciate tra loro. Peter si era seduto sul tappeto morbido ai piedi della poltrona che aveva occupato James.
Erano appena rientrata dal loro primo incontro con l'Ordine e…
"Siamo pochi."
"Sì, Peter."
"Siamo poco addestrati."
"Sì, Peter."
"Abbiamo poche risorse."
"Sì Peter, c'eravamo anche noi alla riunione."
Sirius aveva appena iniziato l'Accademia Auror e, nei prossimi mesi avrebbe iniziato il servizio sul campo, ovviamente scortato da istruttori o Auror più anziani.
Peter aveva trovato un lavoro come amministrativo nel Dipartimento Incidenti e Catastrofi Magiche.
Remus aveva un part time in una libreria a Diagon Alley.
James era formalmente in anno sabbatico. Il che lo avrebbe reso un membro dell'Ordine in servizio h24
I suoi genitori non erano stati contenti.
Capivano che con la guerra alle porte James non si sentiva come se avesse molte alternative, ma in ogni caso nessun genitore vorrebbe vedere il proprio figlio incastrato in un gioco più grande di sé.
Lily stava avendo probabilmente la medesima conversazione.
Regulus probabilmente ne stava avendo una leggermente diversa.
James non si era mai permesso di pensare ai due nello stesso momento. Ma in questi giorni separarli era impossibile. Si era lasciato alle spalle il tempo in cui poteva amoreggiare con uno di notte e far lo scemo con l'altra di giorno, senza averci troppi pensieri. Ora temeva per le loro vite ogni minuto, ogni secondo.
Così come temeva per le vite dei suoi tre migliori amici, dei suoi genitori, dei suoi compagni di scuola.
Ma… ma era tutto più viscerale con quei due. Gli mancava Regulus come manca il respiro mentre si è sott'acqua. Gli mancava Lily come il pane quando si ha fame.
Si sentiva nuovamente fuori posto, come era successo poco prima di entrare a Hogwarts, quel sentirsi senza fondamenta, scosso dagli eventi. Ma ora era peggio. Ora non c'era il paracadute della giovinezza a proteggerlo dalla discesa libera.
Ora doveva decidere dove stare, e mai decisione fu più difficile.
Perché non si vive senza respirare. Ma non si vive nemmeno senza cibo.
"Peter, ci inventeremo qualcosa. Siamo noi quattro contro il mondo, come sempre."
"Troveremo un modo per sopravvivere Pete."
"Smetti di tremare e inventa qualcosa. Il tuo cervello è solo pigro e si diverte a mostrarti gli scenari peggiori. Ci siamo noi con te."
E nuove notti e nuovi giorni
Cara, vai o torni con me
Erano in scozia, abbastanza vicino Hogsmeade da intravedere il chiarore delle luci della cittadina ma sufficientemente lontani da non riuscire a scorgere anima viva.
Oltre la siepe, c'era un mulino abbandonato. Nel mulino abbandonato c'era il lieve chiarore che filtrava da una crepa nel muro. Qualcuno aveva lanciato un incantesimo schermante prima di accendere la luce ma non aveva fatto i conti con quanto decrepite fossero quelle mura. Peggio per loro.
Purtroppo oltre la luce non c'era altro che si sentiva provenire da là dentro.
Per lo meno la soffiata era stata giusta.
"Non credevo che fare un appostamento sarebbe potuto essere tanto entusiasmante."
"James, siamo qui da due ore e non è successo nulla."
James si allungò sull'erba morbida, le dita intrecciate dietro la testa, la bacchetta incastrata in qualche modo nella mano destra.
"Siamo io e te, da soli, sotto le stelle, a bearci della reciproca presenza. Come puoi definirlo nulla?"
Lily osservava la casa, quasi fosse in grado di vedervi dentro. "Sei in vena di poesia, James?"
James si sollevò sui gomiti, portando lo sguardo sulla ragazza che aveva accanto, catalogando nella propria mente come e quanto fosse cambiata dalla fine della scuola.
Non molto.
Non si cambia molto in meno di un mese.
"Chi non ama un po' di poesia nella propria vita?"
"Io, quando sono preoccupata che un Mangiamorte possa spuntare da un momento all'altro e ucciderci." Lo freddò lei e James dovette mordersi le labbra per non scoppiare a ridere. Era così tanto da loro: lui diceva una cosa poco appropriata e lei lo redarguiva più o meno bruscamente.
"Non succederà stasera. Le stelle sono troppo belle per permettere che qualcosa di brutto accada."
"Dove hai lasciato la tua metà equestre?"
Lily dovette ammutolire James che non riusciva più in alcun modo a trattenere le risate.
Ma la nottata passò liscia. Non riuscirono a identificare nessuno, ma non era stata completamente una perdita di tempo.
Si erano appena smaterializzati nel punto conosciuto a entrambi più vicino alle coordinate che gli erano state date. Nonostante ciò avevano ancora una ventina di minuti di camminata per raggiungere il posto prestabilito. Era un'eventualità che poteva succedere quando non si frequentano abitualmente luoghi malfamati. Sirius era stato un'intera giornata a cercare di convincere gli altri tre ad accompagnarlo, a turno, nelle sue ronde per scoprire luoghi dove non era mai stato, ma era stato velocemente messo a tacere.
Ora James non era più tanto sicuro di aver fatto la scelta giusta. Probabilmente Sirius si sarebbe riuscito a smaterializzare molto più vicino alle coordinate ricevute.
Lily si stava rigirando una specie di portachiavi tra le dita. "Siamo nuovamente insieme." disse spezzando il silenzio. "Sembra quasi che qualcuno lo stia facendo apposta a metterci nello stesso gruppo."
James le diede una leggera spallata e ridacchiò. "Siamo forti insieme, Lily. Finora ce la siamo sempre cavata alla grande."
"Ecco, l'hai detto."
"Beh, ma non ho detto la parola nefasta, no?"
Lily gli si rivoltò contro, un dito puntato contro il suo petto. "Potter, chiudi quella fogna, vuoi? Oggi non è giornata." poi fece un passo indietro e ricominciò a camminare spedita verso la meta.
James chiuse per un istante gli occhi, facendo un poco mente locale, per poi avvicinarsi abbastanza alla compagna senza però toccarla. "Successo qualcosa?"
"Mi sorella si sposa." Lily cercò le stelle nel cielo ma erano in città, e sollevando lo sguardo si poteva vedere solo una cappa di smog. James avrebbe voluto darle le stelle. "E non mi vuole al matrimonio." Aggiunse, riportando lo sguardo a terra.
"Mi dispiace."
Lei ridacchiò. Una risata forzata che non aveva nulla di felice. "La cosa buona è che non dovrò fingere di essere estasiata del suo compagno. La cosa brutta è che non sarà certo lei a dover spiegare ai miei nonni perché io non ci sarò."
James le diede un piccolo colpetto e poi le passò un braccio a cingerle le spalle, tirandosela vicino. "Se vuoi una spalla, io ci sono. Sempre."
Lei gli passò un braccio attorno alla vita, aggrappandosi a lui come se fosse un'ancora. "Grazie. È bello sapere che non sarò lasciata da sola in questo dramma familiare."
Lui le diede un bacio tra i capelli.
Poi la guardò dritta negli occhi. "Posso portare i poc corn?"
Lei si liberò dalla presa, scansandolo con forza e ridendo, finalmente senza ombre sul viso. "Smettila, scemo."
"LILY!"
C'erano macerie ovunque.
"LILY!!!" la voce di James si mischiò a quella degli altri che cercavano di ritrovarsi. Si guardò attorno disperato, senza più voce. Ma poi li vide: capelli rossi sopra una figura tremante appoggiata a quella che era una porta. "Oddio, sei viva!"
Le corse incontro e lei alzò lo sguardo. Gli occhi vitrei lo osservarono avvicinarsi e, con un filo di voce, lo chiamò a sé. "James…"
James la prese tra le braccia. "Va tutto bene Lils, sei viva." Le sue dita afferrarono la carne morbida, lasciando probabilmente segni visibili. "Va tutto bene."
Le braccia di Lily si sollevarono appena per aggrapparsi ai suoi abiti. "Ho ucciso…" mormorò con voce tremante, ma James la interruppe prima che finisse la frase.
"Va tutto bene."
Un singhiozzo le squassò il petto. "James!"
"Sono qui e tu sei viva." La rassicurò, passandole le mani tra i capelli sporchi, scendendo poi ad accarezzarle la schiena. "È la sola cosa importante."
"Non lasciarmi." grosse lacrime le rigavano il volto. "James, non lasciarmi."
Lui le prese il viso tra le mani. Appoggiò la fronte sulla sua. Poi sfiorò quelle labbra morbide.
"Non ti lascio." Ripeté, baciandole una guancia. "Sei al sicuro ora." Le labbra salirono alle palpebre chiuse. "Sei al sicuro." E tornarono a incontrare le altre labbra, in un susseguirsi di tocchi sempre più disperati.
Davanti a te ci sono io (dammi forza, mio Dio)
O un altro uomo (chiedo adesso perdono)
"Lo incontrerò tra un paio di giorni."
James non voleva iniziare la conversazione crollando in ginocchio e supplicando ma in quel momento gli era davvero davvero difficile. Prese un respiro incerto, stringendo la cornetta della cabina telefonica con tutta la forza che aveva nelle mani, quasi fosse un salvagente.
Prese un respiro e poi esalò: "Regulus, no… ti prego."
Il silenzio dall'altro lato della cornetta era devastante.
"Mi dispiace James. È inevitabile."
"Perché?"
James avrebbe voluto picchiarsi da solo: Regulus non rispondeva alle domande in modo diretto. Perché continuava a chiedere?
"Hai mai provato a bloccare un'emorragia senza sporcarti di sangue?"
James sbatté le palpebre. Era troppo sperare che quella fosse la risposta e non un saltare di palo in frasca? Non lo sapeva, seguire le parole di Regulus era quasi sempre come dare un senso al volo di una farfalla.
Ma James doveva provare a capire. A capire perché Regulus stava per concedere la propria anima ad un altro uomo. "Sono stati i tuoi a chiedertelo?"
"Padre è interessato all'eredità. Madre al prestigio. Fine dei loro interessi."
"È molto più di questo e tu lo sai."
"Non farti condizionare da Sirius. Lui non è mai stato scaltro."
"Tu non odi i nati-babbani, i tuoi genitori non ti stanno obbligando, quindi… perché?"
Il silenzio dall'altro lato della cornetta fu infinito.
"Mi manchi. Il modo in cui tu percepisci il mondo è così semplice."
James non fece in tempo a rispondergli che Regulus interruppe la chiamata dicendogli che era troppo tardi e doveva andare.
James si batté un paio di volte la cornetta sulla fronte e poi abbandonò la cabina telefonica per raggiungere un luogo isolato. E lì si mise a urlare.
Perché Regulus stava per ottenere il Marchio Nero e la sola cosa che James avrebbe voluto fare sarebbe stato dirlo a Sirius, ma poi Regulus probabilmente non gli avrebbe più parlato e allora dirlo a Sirius sarebbe stato del tutto inutile. Perché ancora una volta Regulus aveva parlato di destino con la stessa trepidazione di chi parla della propria morte e non c'era nulla che lui potesse fare per impedire al destino di compiersi. Perché non era abbastanza forte per proteggere chi amava e qualunque fosse stata la sua decisione avrebbe inevitabilmente finito per far del male a qualcuno. E non c'era nulla che lo straziava maggiormente che l'idea di ferire i propri amici.
Sarebbe dovuto andare a palesare tutto. Avrebbe dovuto essere sincero con Lily e parlargli di Regulus. Sarebbe stato più giusto inginocchiarsi davanti a Sirius e confessare che Regulus lo amava più di ogni cosa e che lui amava Regulus senza remore. Ammettere degli anni che aveva passato a rubare istanti preziosi per passarli con Regulus.
Ma non poteva. Perché aveva promesso. Perché aveva paura.
E nuove notti e nuovi giorni
Cara, non odiarmi se puoi
Era passata un'ora.
Non era mai capitato di stare un'ora al telefono con Regulus: solitamente le loro conversazioni erano molto brevi. Non pensava potesse avere così tante cose da dire a qualcuno senza effettivamente dire nulla di rilevante per la guerra, o delle persone che frequentava - perché dopotutto le due cose erano connesse. Eppure…
Si strinse nel cappotto.
L'autunno stava iniziando a lasciare spazio a un rigido inverno e James si rese conto di quanto gli mancasse davvero Regulus: gli mancava il modo in cui occupava spazio con la sua presenza, il tono della voce - così simile a quello del fratello che James si era ritrovato a sobbalzare più di una volta - e, soprattutto, il contatto con la sua pelle. I suoi baci. Le sue dita che danzava tra i ricci scuri, le labbra a mappare la sua pelle.
Doveva dirglielo.
Perché lui e Regulus non erano mai stati ufficialmente qualcosa, nemmeno tra di loro, ma lo sentiva sulla punta della lingua il sapore del tradimento ogni volta che baciava Lily. Perché con lei, invece, le cose si stavano chiarendo dopo quel bacio di fine estate.
James avrebbe voluto spaccarsi la testa da qualche parte, o almeno avere qualcuno con cui parlarne.
Ma non aveva nessuno con cui farlo.
La verità è che l'unica persona con cui si sentiva a suo agio ad aprire il cuore era Reg.
Doveva dirglielo.
E sperare che uno dei due continuasse ad amarlo comunque.
Ma aveva appena finito la conversazione più lunga, per telefono con un Black. Anche solo pensarla una frase del genere faceva venire un capogiro. E avevano parlato di cose importanti come il senso della vita, le relazioni umane, l'amore. Come se questi fossero dei temi facili per un Black. O forse erano facili perché erano in due, dietro una cornetta di un apparecchio babbano.
E Lily lo aspettava all'ingresso dell'Ordine della Fenice. Con il sorriso radioso di chi sa scorgere il sole anche in una tempesta, con quella forza attrattiva tipica delle persone belle. James voleva tenersela stretta ancora un poco, o tutta la vita. Perché il sole di Lily illuminava i chiaroscuri di James e lui sapeva che il proprio cuore batteva per la sua luce.
Non lo avrebbero mai perdonato.
***
Scozia - Natale 1978
Conosci me
I suoi genitori adoravano Lily. Chi non avrebbe adorato Lily, dopotutto.
Erano state senza dubbio le migliori festività mai passate assieme. Sirius aveva fatto venire Remus per presentarlo a Fleamont e a Euphemia come il suo ragazzo.
Era stato tremendamente tenero.
James si era fatto avanti per primo, appena Lily si era materializzata alla porta della Casa di Famiglia dei Potter. Aveva il cuore in gola ma quando sua madre li vide insieme squittì come una ragazzina deliziata dalla vista dei due.
Sirius era dietro di loro, teneva una mano di Remus stretta nella propria nascosta dietro la schiena.
"James, non mi avevi detto sarebbe venuto anche Remus! Devo aspettarmi di veder arrivare anche Peter?"
"No, mamma, c'è solo Remus. Quest'anno festeggiamo in famiglia."
Fleamont, che stava salutando Lily, alzò la testa interdetto.
"In realtà…" la voce di Sirius s'era fatta piccola, come i primi tempi che era arrivato a Casa Potter. Cercò lo sguardo di James, poi fece in modo che le mani intrecciate fossero visibili a tutti. "Io e Remus stiamo insieme."
"Ufficialmente." aggiunse Remus, stringendo la mano di Sirius e guardando il proprio ragazzo con malcelato orgoglio.
"Oh, Sirius!" Euphemia andò ad abbracciare Sirius e il ragazzo si aggrappò a lei come se ne andasse della propria vita.
Lily tornò verso James che le passò un braccio sulle spalle mentre continuava ad osservare la scena davanti a sé, con Fleamont che, guardando Remus dritto negli occhi gli disse: "tratta bene il mio ragazzo, e io e te non avremo problemi."
James sentiva il cuore gonfio, come se volesse esplodere. Rise insieme agli altri, baciò Lily sotto il vischio - e poi Sirius, e sua madre, e di nuovo Lily, e Remus che fu immediatamente intercettato dal suo fidanzato, e ancora Sirius e Lily - ballarono e cenarono, e scartarono i regali.
Alla fine, davanti al caminetto acceso raggomitolati tutti e quattro sotto una coperta morbida, james si sentì nuovamente se stesso.
"Dovremmo farlo ogni anno."
"È questo il piano."
"Stare con voi fa bene al mio spirito."
"Sono contenta ti senta meglio."
"Da quando hai bisogno di qualcuno che ti risollevi lo spirito? Non sei mica Moony qui."
"Ah, Paddy, ma tu che ne sai! Solo il mio fiorellino delicato sa come mi sento davvero."
"Tradimento!"
James si sentì nuovamente uno studente, senza problemi e senza una guerra da dover combattere.
Inghilterra - primavera 1979
(che ne sai di un viaggio in Inghilterra)
Era a Diagon Alley per delle commissioni. Era un po' di tempo che non tornava in Inghilterra, con l'Ordine che lo spediva ai quattro angoli del mondo con la scusa che tanto lui era libero.
Ma, dopotutto anche questa era una missione per conto dell'Ordine, se così si poteva dire.
Doveva recuperare i materiali per le pozioni in modo che i loro migliori pozionisti - Lily e suo padre - potessero riempire nuovamente gli scaffali della loro farmacia pericolosamente vuoti dopo gli ultimi eventi.
James stava entrando a Knocturne Alley quando vide una silhouette nota in fondo alla strada. Non riusciva a credere che fosse lì.
Stava entrando dentro Borgin and Burkes ma, appena entrato James si accorse che Regulus aveva castato qualche tipo di incantesimi anti-origliamento perché le vetrine divennero quasi a specchio e, anche avvicinandosi i rumori provenienti dall'interno erano praticamente inesistenti. Appoggiandosi al muro accanto al numero 13b, James si accese una sigaretta precedentemente confiscata a Moony e, facendo la massima attenzione, lanciò un controincantesimo.
Burke stava parlando pianissimo e con voce monocorde e James non riusciva davvero a sentirlo. Ma poteva facilmente udire Regulus.
"Quando è morta Hepzibah Smith?"
"Non parlerai a nessuno di questa mia visita né ti ricorderai di ciò di cui abbiamo parlato. Finite ."
Regulus non fece in tempo a uscire dal negozio che James lo prese sottobraccio e iniziò a camminare con passo spedito ma noncurante. Regulus gli si adagiò immediatamente addosso, copiandone il passo e l'andatura, il cappuccio e il mantello mascheravano le sue forme.
"Avrei preferito saperti a scuola invece che in giro ad affatturare la gente, spero tu lo sappia."
"Io avrei preferito un bistrot sulla Senna, un bicchiere di vino e una buona compagnia. Almeno l'ultima pare esser migliorata."
"Sirius pensa che tu sia a scuola."
"E continuerà a pensarlo. Hai promesso."
"Lo so, ma è ogni giorno più difficile."
Regulus alzò una mano per nascondere ancora di più le proprie fattezze mentre James prendeva una camera a ore in una bettola circondata da puttane.
Entrati nella camera Regulus si tolse il mantello e, immediatamente dopo, fu tra le braccia di James. Un abbraccio stretto, le mani tra i capelli, le altre a stringersi in vita, forte affinché nulla avrebbe mai più potuto separarli.
"Dovremmo cambiare posto. È già la seconda volta che veniamo qui."
"La prima, però, ero io la tua puttanella."
"Potter, il tuo romanticismo mi sconvolge."
James rise, con il colto ancora nascosto nell'incavo del collo dell'altro. Inalò a fondo respirando l'odore quasi dimenticato, poi le sue mani iniziarono a mappare il corpo dell'altro finché una consapevolezza non lo colse impreparato: Regulus era diventato più alto ed era più magro di quanto non fosse l'ultima volta che si erano visti.
"Dovrei sgridare quel tuo Elfo Domestico cui sei tanto affezionato se non ti fa mangiare abbastanza."
"Lascia stare il mio Elfo Domestico. Non tutti possiamo essere come te."
E, prima che James potesse replicare, Regulus gli prese il volto tra le mani e le sue labbra andarono a prendersi quel bacio che agoniavano da quando si erano presi sottobraccio.
La mente di James si spense mentre il corpo si svegliava con una fame irrazionale e insaziabile. In pochi istanti le vesti erano a terra, le mani avevano completo accesso alla pelle, alla carne a quelle sensazioni incredibili che solo insieme riuscivano a provare.
"Mi sei mancato."
"James…"
"Ho bisogno di te."
"James!"
Poi furono solo sospiri, gemiti e parole troppo dolorose per poter esser ripetute.
Scozia - estate 1979
Quel che darei
Peter lo teneva dritto mentre Remus spalancava la porta della sede provvisoria dell'Ordine della Fenice.
Peter urlò a squarciagola per un medico, mentre Remus caracollava su una sedia tenendosi un fianco, bianco in volto e con un rivolo di sangue che scendeva da una maledizione che l'aveva colpito in testa.
Peter posizionò James su una brandina e la testa del ragazzo rotolò di lato, inerme.
Arrivarono immediatamente sia Lily che Molly, pronte a rimettere in sesto il ragazzo, mentre Peter andava a controllare come se la stesse passando Remus.
Un tonfo leggero richiamò la sua attenzione.
Da una tasca della veste di James era caduta una scatolina.
"Oh, dannazione, devo…" Peter cercò di raggiungere la scatolina mentre finiva di fasciare a mano la testa di Remus, ma ovviamente non fu possibile.
E ovviamente fu Lily ad accorgersi della scatolina e lei a prenderla.
E ad aprirla.
"James ci ucciderà." Peter mormorò a Remus mentre entrambi guardavano con occhi sbarrati Lily aprire la piccola scatola di velluto blu notte.
Il respiro le si mozzò in gola.
"Vuoi sposarmi, Lily?"
James, pallido come la morte, con Molly che gli teneva le viscere al loro posto con un incantesimo mentre con la bacchetta tracciava segni sul ventre insanguinato nel tentativo di richiudere la ferita, sorrideva all'espressione incredula sul volto di Lily.
"Non parlare ora, conserva le forze."
Lily gli passò le dita tra i capelli insanguinati, sfiorandogli piano la fronte come se avesse paura di fargli male. James chiuse per un istante gli occhi, beandosi di quel momento di tenerezza.
"Troveremo chi ti ha ridotto così, non preoccuparti. Si pentirà di quello che ti ha fatto."
La tensione nella voce di Lily era evidente e si rimediò un'occhiataccia da Molly che, evidentemente, pensava che quelle parole fossero troppo dure. James invece ridacchiò soddisfatto, interrompendo per un istante il lavoro di Molly.
"L'unica cosa di cui sono preoccupato è che ancora non mi hai risposto, oh mio fiore delicato."
Lily ebbe un momento di esitazione, come se non si ricordasse di cosa l'altro stesse parlando. Poi guardò gli altri due ragazzi, che stavano imitando il gesto di aprire qualcosa di piccolo…
James si rese conto del momento in cui il cervello della sua ragazza mise tutti i pezzi a posto rendendosi conto che sì, James le aveva davvero chiesto di sposarlo quasi per caso.
"Da quanto tempo ti porti questa scatolina dietro."
"La verità? Da ieri."
"E quando avevi intenzione di chiedermelo?"
"Probabilmente oggi alla riunione. Ma forse alla fine avrei optato per una cena solo io e te."
"Solo io e te. Suona bene."
"È un sì?"
"È un sì."
Israele - novembre 1979
(che ne sai di un amore israelita)
Le strade d'Israele erano uguali e diverse da quelle delle Gran Bretagna. Avevano un ritmo differente, degli odori e dei colori estranei, un calore che persino in pieno inverno sembrava avvolgere i passanti.
James era stato mandato a investigare: Voldemort - qui lo poteva dire, lo poteva pensare - aveva lasciato tracce che conducevano qui, e qui si fermavano. James era l'unico a non essere gravato da corsi o lavori da poter essere mandato a controllare. Si teneva in contatto con gli altri attraverso lo specchietto che condivideva con Sirius, ma così lontano da tutti, in una realtà completamente nuova, si sentiva un po' perso.
Il suo contatto parlava un inglese a malapena comprensibile e il proprio incanto di poliglottismo non era molto efficace su qualcosa di cui non aveva alcuna conoscenza.
Da quanto era riuscito a capire, Voldemort era passato qui prima di essere Voldemort e aveva interagito con alcuni sapienti. Solo uno viveva in città, recluso nella propria casa; gli altri due erano degli eremiti, trovarli avrebbe comportato un viaggio più lungo di quanto non si aspettasse.
Aveva appena avuto la conferma, tramite Sirius, che sarebbe potuto rimanere per tutto il mese, quando venne accecato dal riflesso della luce che, in pieno giorno, sbatté sulla mano che si stringeva addosso una kefiah.
Conosceva quel pallore.
Si fece largo a gomitate nella folla cercando di non perdere l'esile figura davanti a sé in quell'orgia di corpi.
Gli afferrò la mano prima ancora di pensare di verificare che non fosse seguito, che fosse effettivamente da solo.
I suoi occhi - l'unica cosa visibile del suo volto - erano indescrivibili. Non tanto per la loro bellezza, che gli erano mancati come l'aria che respirava, ma per la quantità di emozioni che vi lesse dentro.
Terrore. Accettazione. Sollievo. Determinazione. Amore.
Speranza.
Regulus gli lanciò le braccia al collo e se lo strinse a sé. Le braccia di James andarono a circondargli la vita esile, ad afferrargli la base del collo. Era cresciuto in altezza, ma era ancora più magro dell'ultima volta che si erano visti.
"Da quanto sei qui? Sei da solo? Ti hanno seguito?"
James gli prese il volto nascosto dalla stoffa tra le mani per interrompere il fiume di ansia, rassicurandolo con gli occhi e con le parole.
Venne fuori che cercavano la stessa cosa.
James per conto di Dumbledore, Regulus per se stesso.
"Non chiedermi perché. Se lo sapessi le cose si complicherebbero solamente."
James avrebbe voluto dare un pugno al muro. E un altro. E un altro, finché tutta la frustrazione provata non distruggesse il muro o le sue mani.
Invece, nella sua stanza d'albergo, gli prese nuovamente il volto tra le mani e lo baciò, con tutta la disperazione che l'aveva accompagnato in quei mesi di lontananza, pretendendo attenzione e amore in ugual misura, donando in cambio se stesso.
Perché negli altri ritrovassi gli occhi miei
Prima di partire James aveva salutato tutti i suoi amici. Non sarebbe stata una missione lunghissima, ma un paio di settimane lontani parevano infinite.
Sirius fu il primo ad abbracciarlo stretto.
"Non riesco ancora a credere che non sarai al mio fianco nei prossimi giorni." gli mormorò all'orecchio mentre lo stringeva in un abbraccio serrato.
James ricambiò l'abbraccio per poi scrutare quegli occhi tanto amati.
"Non fare nulla che io non farei."
E Sirius rise. Lo sguardo s'illuminò della medesima luce che brillava nel suo.
Remus venne a prendersi il suo abbraccio subito dopo.
"Ovunque tu andrai," disse fissandolo in viso con quell'intensità propria di chi conosce i pericoli del mondo sulla propria pelle ma confida nelle capacità dell'altro, "qualunque cosa accada, riporta la tua pellaccia dura a casa, ci siamo capiti?"
Remus era come lui. Aggressivamente supportivo.
Peter gli mise una borsa in mano.
"Ci sono dentro generi di prima necessità, pozioni di vario tipo che potrebbero esserti utili se incontrerai dei nemici, un anestetico, un antipiretico, delle bende sterili tenute sotto un incantesimo e una passaporta non autorizzata in caso ti serva una via di fuga molto molto rapida. Per attivarla devi sporcarla con un paio di gocce del tuo sangue, in modo che percepisca che tu sei tu. Ho ampliato il raggio d'azione dello specchio che tu e Sirius usate per comunicare in modo che la connessione risulti più stabile, sappiamo entrambi che Sirius non sopravvivrebbe a stare più di due ore senza parlarti. Poi…"
Peter venne interrotto dall'abbraccio di James. Ombre si stavano addensando nello sguardo dell'amico, la preoccupazione stava diventando paura e la paura portava a scelte affrettate e pericolosamente sbagliate.
"Grazie. Farò in modo da non dover usare nulla del contenuto di questa borsa. Beh, a parte lo specchio: Padfoot non è davvero in grado di stare da solo per più di due ore. Grazie Peter. So di poter contare su di te. Non cacciarti in troppi guai mentre non ci sono, ok? Nel dubbio va' da Lily. o da Remus. Non andare da Sirius che voi due insieme non fate altro che danni."
"EHI!" sbottarono insieme i suoi due amici. E James rise, perché le ombre negli occhi di Peter si erano diradate, almeno un poco.
"Quindi parti." la voce di Lily lo prese quasi alla sprovvista. Anche lei era spaventata. Anche lei aveva paura.
"Sarai nei miei pensieri ogni minuto, ogni secondo. Non ti lascerò mai davvero sola."
"Vorrei avere anch'io uno specchio come Sirius."
"Non ne hai bisogno, io sono qui, con te." le posò una mano sul petto all'altezza del cuore.
Poi strizzo un poco e Lily gli diede uno schiaffo sulla mano.
"Sei un porco, James Potter." rise e il suo sguardo tornò a essere quello di una diciannovenne spensierata.
"Un porco che hai deciso di sposare, ti ricordo." Le ricordò James prima di baciarla intensamente lì, davanti ai suoi amici che facevano il tifo.
Come gli stupidi ragazzini che erano.
Ma erano suoi.
Israele - dicembre 1979
(di due occhi sbarrati che mi han detto bugiardo è finita)
Regulus era sdraiato sul loro letto. Erano stati due giorni insieme, avevano recuperato ciò di cui avevano entrambi bisogno e James si sentiva per la prima volta nuovamente a casa. Una casa diversa da quella dov'era cresciuto, una casa meno rumorosa e allegra, una casa che non odorava di mela e cannella ma sapeva di attesa, di lavanda essiccata, di silenzi gentili e di sorrisi rubati.
Era una casa che conosceva bene.
Per questo percepì immediatamente il mutamento nel silenzio.
Regulus era seduto sul letto, aveva indosso il maglione di James, quel cardigan con le tasche profonde, quello che portava il primo giorno che era arrivato in Israele e che non aveva più rimesso.
Quello che conservava in una tasca l'anello che lui e Lily si erano scambiati.
"Cos'è questo?"
James non aveva mai sentito la voce dell'altro tremare in quel modo.
"Regulus…"
"È una fede, non è così?"
James lo vide rigirarsi tra le dita la piccola banda d'argento. Non aveva nulla di speciale se non una leggerissima incisione lungo tutta la corona con dei Lilium stilizzati.
"Regulus posso…"
"È una fede. Una promessa. Un impegno. E non è con me."
Regulus si era alzato. I suoi occhi avevano abbandonato l'anello che ancora teneva tra le dita per incontrare quelli di James. Quegli occhi facevano paura. Non erano mai stati tanto freddi, non erano mai stati tanto spietati. Nemmeno quando lo aveva visto terrorizzare i ragazzi più grandi o mentre litigava con Sirius erano mai stati così.
"Ti prego…"
"No. Lily Evans, giusto? È a lei che hai promesso il tuo cuore, il tuo corpo, il tuo spirito, i tuoi pensieri, le tue ore, i tuoi respiri! E allora cosa diamine ci fa qui con me?! Da quanto, James? Da quanto va avanti?"
Era a un passo da lui ora. La mano che teneva l'anello era rigida e immobile ma il resto del corpo sembrava tremare. E tutta la casa sembrava tremare con lui.
"Io non…"
"Ma davvero? Da così tanto? Come ho potuto esser tanto cieco!"
Con un pugno in pieno petto gli ridiede l'anello e, senza nemmeno afferrare la bacchetta, la sua magia iniziò a recuperare le proprie cose, gli strappò di dosso quel cardigan mentre la lunga veste andava a ricoprire quel corpo rigido e furioso.
James provò a fare un passo avanti. "Lasciami spiegare!"
"Ah, perché hai addirittura una spiegazione? Cosa, che non puoi amare un Mangiamorte? Un uomo?"
James sentì il gelo di quegli occhi passargli sottopelle e attanagliargli le membra.
Non poteva lasciare che le cose finissero così, non poteva permettere che lui se ne andasse.
Si fece largo tra la magia di Regulus - non gli aveva mai dato quella sensazione sulla pelle - e gli afferrò un braccio prima che potesse estendere le dita per prendere la bacchetta.
"No, Regulus!"
"Lasciami! Lasciami e sparisci dalla mia vista! Avresti potuto aspettare! Non ci sarebbe voluto molto e invece no! Invece stai con lei e chiami me, le prometti amore eterno e fai sesso con me, te la stai per sposare! E le promesse che hai fatto a me? Quelle non contano?"
C'era del pianto nella voce di Regulus. E James si sentì gelare il sangue nelle vene.
Aveva sbagliato tutto. A Regulus non andava bene la relazione che avevano, ma avrebbe voluto di più e James non aveva capito. Pensava di riuscire a interpretare tutti i silenzi e tutti i sottintesi dell'altro ma non aveva capito che per Regulus, loro due stavano insieme. Forse non ancora al punto di scambiarsi promesse eterne, ma erano una cosa seria.
Come aveva fatto a non capirlo?
"Io ti amo Regulus!"
Provò, cercando di incanalare in quelle parole tutto ciò che provava per l'altro.
Ma la magia di Regulus, a quelle parole, parve scoppiare.
"SPARISCI!"
Urlò. ma fu lui ad abbandonare la stanza. A smaterializzarsi appena uscito.
James rimase nel caos di una camera vuota col cuore in frantumi e la consapevolezza di aver sbagliato tutto. Pur non sapendo cosa avrebbe potuto fare di diverso.
Che ne sai di un ragazzo che ti amava
Che parlava e niente sapeva
Era rientrato subito, aveva portato a Dumbledore il risultato delle sue - loro - ricerche e poi era scappato via da tutti, adducendo come scusa la stanchezza di un paio di settimane lontano da casa, ma in realtà non aveva dormito nemmeno un giorno. Aveva scritto a Regulus. Più volte. Ma Regulus non aveva risposto. Le prime due lettere erano state rimandate indietro. Ma l'ultima era ancora là, a Casa Black, e James non poteva fare a meno di sperare che forse quella avrebbe avuto risposta, forse non sarebbe stato tutto vano.
Non lasciare che la mia stupidità uccida ciò che eravamo, ciò che siamo stati e che potremmo tornare a essere.
James misurava a lunghi passi la propria camera, scrutava l'orizzonte alla ricerca di un segno, uno qualunque, che Regulus potesse perdonarlo.
Ti amo a tal punto da fare male e ho ingenuamente pensato che l'amore che provo verso Lily potesse attenuare quel dolore. Non ti mentirò dicendoti che non esiste sentimento tra me e lei. Ma tu sei la mia vita. Sei il battito del mio cuore. Sei colui che mi ha forgiato per essere l'uomo che sono.
Non dormiva da molto più di ventiquattrore. Era esausto ma non poteva permettersi di dormire. Doveva rimanere vigile nel caso Regulus si fosse fatto vivo.
È la mia stupidità che ci ha diviso, non il destino. Ti prego, ti scongiuro torna da me, perdona la mia follia e ricomincia ad amarmi. Non ho più paura del dolore. Ora so cosa significa non averti e non è tollerabile.
Torna da me.
Ti prego.
Ti prego
Eppur quel che diceva chissà perché chissà
Adesso è verità (sì, tu lo sai)
Erano due giorni che non aveva notizie di Regulus. L'ultimo gufo era tornato senza risposta. Quindi l'altro aveva ricevuto la lettera, ma aveva deciso di non rispondere.
Era finita.
Come poteva essere finita?
James sentiva il petto scoppiare e le lacrime premere per uscire.
Guardò per un'ultima volta oltre la finestra.
Doveva dirlo a Lily.
Doveva spiegarle ciò che provava, ciò che era successo, come era successo. E sperare che almeno lei non l'abbandonasse.
E doveva dirlo a Sirius.
In qualche modo, cercando di aggirare la promessa fatta.
Per Regulus aveva vagliato ogni possibilità e aveva scelto di nascondere al mondo la loro relazione. Regulus aveva dettato le regole per ciò che erano, per i tempi, per i luoghi, le persone.
Ma James non aveva comunque capito e ora, la relazione tenuta nascosta a tutti era finita, come se non ci fosse mai stata, come se non era destino.
James odiava il destino.
***
Londra - 8 Dicembre 1979
Davanti a me c'è un'altra vita
La nostra è già finita
La notizia arrivò come un fulmine a ciel sereno. La voce di Remus dal caminetto che chiamava a gran voce, un gufo da Peter e uno da Dumbledore, un patronus da Euphemia.
James corse al caminetto mentre il patronus della madre sussurrò di una terribile notizia, e di Sirius in shock.
E Remus più o meno gli stava urlando le stesse cose, aggiungendo l'informazione che si trattava di qualcosa avvenuta a Casa Black. Il cuore aveva iniziato a battere all'impazzata mentre afferrava le due lettere e una manciata di metropolvere.
"È venuta Walburga mentre non c'ero." Lo accolse Remus nel salotto dell'appartamento che condivideva con Sirius. "L'ho vista andare via mentre rientravo." Arrivarono in cucina. Un bicchiere era a terra in mille pezzi. Accanto, seduto sul pavimento, Sirius. "L'ho trovato così e non riesco a riscuoterlo."
"E-ehi Pads. Posso avvicinarmi?" James fece un passo che fece scricchiolare i vetri sotto le sue scarpe.
Sirius alzò gli occhi. Vitrei, fissi su Remus immobile nello specchio della porta. Poi li spostò su James e si riempirono di lacrime.
E il mondo esplose.
Sirius iniziò a piangere disperato mentre i vetri per terra si polverizzarono e le vetrine della cucina iniziarono a tintinnare come scosse da un forte vento.
Senza pensarci due volte James si buttò in ginocchio, le sue braccia circondarono l'amico, le sue dita andarono a posarsi protettive sulla nuca e sulla schiena di Sirius. Le urla di Sirius divennero solo più forte, le sue dieta si arpionarono ai vestiti di James, le sue lacrime inzupparono la veste dell'altro.
James lo tenne stretto finché non gli si addormentò tra le braccia, lì sul pavimento di una cucina in pezzi.
James e Remus, senza far rumore, trascinarono Sirius nella loro camera. Remus rimase con lui e James tornò in salotto dove Lily e Alice, arrivate con la metropolvere mentre James cullava Sirius sul pavimento della cucina, lo stavano aspettando.
"Non so cosa sia successo." Disse loro prima che loro potessero parlare. Alice aveva un'espressione contrita che James notó immediatamente. "Ma tu lo sai."
"Ero presente quando Moody ha comunicato la notizia a Dumbledore."
James tirò fuori dalla tasca della sua veste le due lettere che non aveva ancora aperto.
Quella di Dumbledore era breve.
Signor Potter
Mi dispiace informarla che Regulus Black è stato dichiarato morto questa notte alle ore 3.39 in corpore absentia.
La prego di porgere le mie condoglianze al Signor Black.
James sentì le ginocchia cedere. Alice e Lily si sbrigano a sorreggerlo e a farlo sedere sul divano più vicino. James cercò di riprendere possesso della propria capacità di respirare e, incapace di emettere alcun tipo di suono, passò la lettera di Dumbledore a Lily perché la leggesse.
La ragazza sbatté le palpebre momentaneamente presa in contropiede: Sirius dopotutto non aveva mai dato sfoggio in pubblico dell'amore profondo che lo legava al fratello, solo gli altri tre Malandrini lo sapevano.
Nessuno sapeva di James.
James chiuse gli occhi cercando di riprendere possesso del proprio corpo e delle proprie emozioni senza grande successo mentre una lacrima gli scendeva lungo il viso. Stava borbottando a bassa voce senza rendersene conto e le due ragazze lo osservano perplesse.
"Cosa significa che due giorni fa era vivo?"
Remus l'aveva sentito dalla porta. James alzò la testa di scatto rendendosi conto del proprio errore.
"Non…" la voce usciva strozzata, gli occhi erano ricolmi di lacrime non versate.
Ma Remus non si fece commuovere. "Non ci provare." Sibilò, ma si sentiva che, se non fosse stato per Sirius addormentato nella stanza accanto, avrebbe urlato.
James si girò la piccola fede d'argento al suo anulare, la stessa che portava anche Lily, una promessa per un futuro insieme.
"Ho visto Regulus due giorni fa mentre ero in missione."
"Perché non l'hai riferito a Dumbledore?"
Non riusciva a prendere fiato, il respiro si era bloccato in petto. Le immagini di quel soggiorno in Israele si impilarono dietro le palpebre socchiuse.
"Non era rilevante." Riuscì a balbettare.
Remus aveva già capito. I suoi occhi gli dicevano che aveva già capito e James era terrorizzato.
Non era importante. Non era più importante.
Regulus era morto.
Un'altra lacrima scivolò fino a sparire tra la barba vecchia di due giorni.
Alice gli si piazzò davanti, eclissando Remus. "James, hai visto un Mangiamorte durante una missione per trovare informazioni sulle attività di Tu-Sai-chi negli ultimi anni. Come poteva non essere rilevante?"
Regulus era rilevante, stava tutto lì il problema. Regulus era il perno attorno al quale giravano i pensieri di James, attorno al quale si era formato il ragazzo che era ora.
Regulus era tutto.
Regulus era nulla.
"È personale. Ed è irrilevante per la guerra."
Lily strinse la mascella mentre faceva saltare lo sguardo tra Remus e James.
"James." La sua voce era dura e fredda. Solo un'altra volta era stata così. "Chi era Regulus?"
Regulus era stato tutto.
Regulus non era più nulla.
"Il fratello di Sirius. Da quando Sirius è scappato di casa io e Regulus ogni tanto parliamo… parlavamo di lui e di come sta."
La verità più semplice da condividere. Quella che faceva meno male. Quella sopportabile.
Non secondo Alice, comunque.
"E non hai mai pensato di dircelo?"
La verità? "No."
Lily… ovviamente Lily sibilò la domanda più scottante.
"Ogni quanto parlavate?"
C'era la guerra. I suoi migliori amici riusciva a vederli per passare assieme del tempo senza il lavoro o l'Ordine più o meno una volta al mese. Lily cercava di vederla più spesso ma…
"Una volta a settimana, circa…"
Lily trattenne il fiato per un istante. Poi esplose. "James!" Remus ringhiò dalla porta e Lily abbassò la voce, continuando a urlare, ma in sordina. "Io e te ci sentiamo di meno, e siamo fidanzati."
James abbassò la testa e si passò le dita tra i capelli, stringendoli forte.
"Lo so."
Amava Lily, ovviamente amava Lily. Ma Regulus era l'aria che respirava.
"James…"
Lily era la sua roccia, il pilastro della sua esistenza. Ma Regulus era il vento tra i capelli mentre volavano, era la meraviglia della scoperta, era la bellezza di un tramonto, era la delicatezza di un sorriso su labbra troppo spesso severe.
"Ti prego…"
Lily era la spensieratezza, il gioco, il movimento continuo. Regulus gli aveva insegnato la pazienza, il silenzio, l'amore.
"James."
Lily era la donna che amava. Ma Regulus… "Era l'amore della mia vita."
Londra - Natale 1979
E nuove notti e nuovi giorni
Cara, vai o torni con me
I giorni che seguirono la notizia della morte di Regulus furono terribili.
Nella sua lettera Peter li informava che Orion Black era stato ricoverato al St. Mungo's Hospital quello stesso giorno per un aneurisma. Era morto in poche ore.
Lo zio di Sirius, Alphard, era andato direttamente da Voldemort per chiedere notizia del nipote e perlomeno restituirgli il corpo. Non era andata bene: Voldemort aveva negato, Alphard si era alterato, Voldemort aveva nicchiato che forse Regulus era solo scappato, Alphard aveva perso la testa, Voldemort l'aveva ucciso.
Sirius era diventato il nuovo Lord Black, sotto le insistenze del nonno. Era tornato distante e taciturno e James avrebbe voluto poter essere d'aiuto, ma Sirius non gli parlava più. E nemmeno Remus o Lily.
E a James andava bene. Se l'era meritato. Ma non per questo si sentiva meno solo.
Era Natale e casa era vuota.
Euphemia, per riempire quel silenzio lasciato da Sirius decise di partecipare al Ballo di Natale del Ministero.
Riluttante, James aveva indossato il proprio sorriso migliore, messo un abito consono e salutato tutti i presenti con un paio di parole gentili e un cenno del capo. E, costantemente al limitare del proprio campo visivo c'era Sirius, la sua divisa da Cadetto Auror, i pugni serrati delle tasche, la linea rigida della bocca. Avrebbe voluto avvicinarsi, ma purtroppo l'amico lo teneva costantemente dall'altro lato della Sala.
James era al suo quarto calice di prosecco quando il pavimento vibrò di un numero imprecisato di Mangiamorte si materializzò nella Sala.
James vide Sirius spezzare il ciondolo che portava al collo così da dare l'allarme.
Un attimo dopo era il caos.
Nei pochi minuti che servirono all'Ordine per arrivare, James riuscì a mettere in salvo un paio di vecchi maghi, il figlio minorenne del Giudice capo del Wizengamot, quattro camerieri, e un'altra manciata di persone. Aveva però perso di vista i propri genitori.
Mentre lottava con un uomo incappucciato, permettendo ad una ragazzina di scappare, vide Sirius proteggere la piccola area adibita ad Ospedale che Peter aveva appena allestito, Lily tenere a bada due Mangiamorte, poco lontano da dove era lui.
In quel momento nella Sala arrivò Voldemort. E un raggio di luce verde colpì un Auror che non ebbe nemmeno il tempo di voltarsi per vedere chi l'avesse attaccato.
James, davanti a lui, vide la morte pasteggiare con la luce dei suoi occhi, bere il colore caldo della sua pelle, tranciare i fili che reggevano il suo corpo. Un attimo dopo la figura raccapricciante di Voldemort occupava la sua vista.
Un incantesimo distrasse il Mago Oscuro e James riprese possesso di sé. Non avrebbe permesso che quella notte Voldemort avrebbe ucciso ancora.
Rinsaldò la presa sulla propria arma e, con Lily accanto e tutto l'Ordine alle spalle, riuscì a portare Voldemort e i suoi Mangiamorte alla ritirata.
Sirius si gettò su di lui, urlandogli nelle orecchie di quanto stupido, avventato, assolutamente geniale fosse stato il suo combattimento contro Voldemort e "ti prego non farlo mai più. Non posso perdere un altro fratello."
Peter si avvicinò e gli si accasciò su una spalla, tremante ed esausto.
Lily lo osservava con occhi enormi, incapace di credere che avessero davvero cacciato Voldemort. Che James davvero per poco non era morto. Che il suo ultimo sguardo sarebbe stato per lei.
Gennaio 1980
Davanti a te ci sono io (dammi forza, mio Dio)
O un altro uomo (chiedo adesso perdono)
Era passata una settimana dall'attacco al Ministero e James sospettava che le cose stessero, dopotutto, andando bene.
Probabilmente non sarebbero potute andare meglio. I suoi amici avevano ricominciato a parlargli - non che Peter avesse effettivamente mai smesso - la situazione dal fronte era piuttosto calma, i suoi genitori stavano bene.
Lily aveva iniziato a frequentare Alice più di prima, e con lei che gli amici di Frank.
Frequentava molto gli amici di Frank.
"Il mondo non ruota attorno a te, Potter."
James chiuse gli occhi e abbassò la testa, in un assenso faticoso.
"Lo so Reg, lo so."
"I nomignoli riservali ai tuoi amici. Io non sono un tuo amico."
"Ti amo Regulus."
"Dimostralo."
"Dimostraglielo."
Remus era l'unico a cui potesse davvero chiedere. Era l'unico a non esserci stato durante l'attacco al Ministero quindi era l'unico a non essere abbacinato dalla sua performance stellare davanti a Voldemort. Ed era l'unico che ancora gli teneva il broncio, anche se molto meno rispetto a prima. Per questo, prima di parlargli di Lily, gli chiese di loro due, se le cose tra loro stessero realmente bene.
"Sì. Ero più preoccupato per Sirius che per me. E Sirius pare aver superato lo shock. C'è qualcosa che però non capisco: Lily e Regulus. Una nata-babbana e un suprematista purosangue. Insieme. Come?"
"Sono entrambi molto più di questo. Lily è sempre stata la più brava del corso, quella da impressionare, da raggiungere. Sempre troppo lontana. Una sfida continua. È tuttora una sfida. Poche cose mi esaltano più delle sfide. Poi è diventata molto più di questo: è passione, desiderio, tormento. È ciò che mi tiene vivo. Regulus invece… probabilmente non era nemmeno quello che tu e Sirius pensate: l'ho visto troppe volte giocare con cose babbane, studiarle e rimanerne affascinato. Regulus era un purosangue? Sì. Un Mangiamorte? Sì. Un convinto sostenitore di quelle ideologie? Non ci crederai nemmeno se me lo giurasse. Ma soprattutto era chi mi ha insegnato il silenzio, la meraviglia nei dettagli, è colui che mi ha insegnato a fermarmi ed assaporare l'attimo, fare un passo indietro a contemplare l'infinito. Regulus era la mia anima più profonda, e ora che non c'è più brancolo nel buio."
"Ti sei innamorato di entrambi."
"Perdutamente. E la vita è troppo breve per dover scegliere. È stata ancora più breve di quanto temessi."
"Dille questo."
"Dille questo."
"Cosa faccio se ha già voltato pagina, se lottare è inutile?"
"Pensi che lottare per lei sarà mai inutile? Dopo sette anni?"
"No. Non è mai stato inutile."
"Dille questo."
"Dille questo."
E nuove notti e nuovi giorni
Cara, non odiarmi se puoi