Eileen Moore

Harry Potter - J. K. Rowling
G
Eileen Moore
Summary
Per tutta la sua vita, Eileen Moore ha odiato ogni genere di ingiustizia. Nata in una famiglia Purosangue, cresciuta in una società magica che voleva solo dimenticare gli orrori della Prima Guerra dei Maghi, Eileen ha imparato sin da bambina a combattere contro pregiudizi ed ingiustizie.Ma quando Harry Potter fa il suo ingresso ad Hogwarts, l’ombra di una nuova guerra lo accompagna, costringendo ogni mago o strega ad affrontare i propri demoni e terribili scelte.Riuscirà Eileen a scegliere tra la sopravvivenza dei suoi cari e il coraggio di combattere?Una storia di famiglie antiche, virtù sepolte ed eroi dimenticati.Dal capitolo 1:Sua madre aveva mormorato qualcosa di un certo Signore Oscuro che era stato ucciso da un neonato, anche se Eileen era sicura di aver capito male. Come avrebbe potuto un bambino più piccolo di lei e di suo fratello sconfiggere questo Signore Oscuro di cui la mamma aveva parlato spesso con reverenza? I bambini erano stati mandati subito a letto, ma Eileen aveva sentito i suoi genitori litigare furiosamente quella notte. Non aveva compreso le cose che dicevano. Sua mamma parlava di onore, sangue, nobiltà; suo padre di vittime innocenti, guerra ed odio.
Note
Il presente racconto è uno spin - off di "Piume di Cenere" ma può essere letta anche da chi non conosce la storia originale!
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L'ultima possibilità

L’ultima possibilità

 
 
Eileen avrebbe fatto qualsiasi cosa per proteggere suo fratello, se solo si fosse lasciato aiutare.
Tentò in tutti i modi di farlo ragionare, di avvicinarlo e fargli comprendere che desiderava solamente il suo bene. Blake non capiva, rimaneva rinchiuso nella sua prigione mentale convinto di essere libero, anno dopo anno si dimostrava incapace di svegliarsi e riuscire a distinguere il giusto dallo sbagliato, il bene dal male.
Intanto Eileen sentiva il mondo attorno a lei mutare; per quanto la comunità magica stesse negando che ci fosse qualcosa di diverso, era chiaro che la situazione politica e sociale si stava inesorabilmente disintegrando davanti ai loro stessi occhi. Dopo aver vissuto pochi, luminosi anni in cui il pericolo sembrava lontano, era come se un’ombra si stesse stendendo sulla Gran Bretagna, invisibile a chi non la voleva vedere, ed erano in molti coloro che continuavano a vivere nell’assurda convinzione che andasse tutto bene.
Fu durante la cerimonia dello Smistamento all’inizio del suo settimo anno che le più profonde paure di Eileen trovarono la loro conferma. Osservò Harry Potter avanzare al centro della Sala Grande, circondato dagli altri studenti del primo anno; quando venne chiamato il suo nome lo guardò avanzare, voltarsi verso di loro per indossare il Cappello Parlante dandole la possibilità di vedere per la prima volta la famosa cicatrice sulla sua fronte. Molti maghi l’avevano descritta come il segno inconfondibile della caduta e disfatta del Signore Oscuro, era diventata il simbolo della sua fine. Ma nel vederla finalmente di persona, Eileen non la riuscì a vedere come il segno finale di una guerra ormai conclusa. No, quella cicatrice dava pericolosamente l’idea di un inizio, il principio di una storia che era destinata a concludersi con una guerra. Eileen si voltò verso il fratello. Era seduto con i suoi soliti amici, il volto plasmato nel ghigno che presentava sempre in loro compagnia, era da anni che non lo vedeva ridere sinceramente, senza cattiveria. Se la guerra era inevitabile, come avrebbe fatto a salvarlo? Aveva provato tutto: le punizioni, la sottrazione di punti e privilegi, le discussioni, una volta, durante l’estate, si era trovata persino in lacrime a pregarlo di ascoltarla, lui le aveva voltato le spalle e se ne era semplicemente andato. La sua speranza si era andata assottigliando nel corso degli anni ed ora era un filo sottile, pronta ad essere spezzata al primo colpo di vento della burrasca che li aspettava.
«GRIFONDORO!»
Un ruggito si levò dal tavolo dei Grifondoro per celebrare la presenza di Harry Potter tra loro. Eileen non applaudì, rimase ferma ad osservare suo fratello inveire contro il Ragazzo-Che-Era-Sopravvissuto, la mente fissa su un unico pensiero: come avrebbe fatto a salvarlo?
 
 
La fine del proprio percorso scolastico ad Hogwarts era un momento fondamentale per ogni mago e strega del Paese, era il simbolo dell’inizio della vita adulta, oltre ad essere un cambiamento radicale nella vita dopo aver trascorso la quasi totalità dei sette anni precedenti tra le mura della scuola. Per Eileen invece significava solamente una tremenda verità: la fine di ogni minima influenza su suo fratello. Se fino a quel giorno era riuscita a bloccare ogni suo tentativo di andare oltre le semplici minacce, ciò non sarebbe stato più possibile. Non avrebbe più potuto vegliare su di lui, era completamente nelle mani dei suoi amici. Avrebbe potuto mandargli delle lettere tutte le mattine ma non avrebbe cambiato nulla, già ad essere presente di persona era riuscita solo a non farlo peggiorare. Se solo Blake non fosse stato così sciocco da allontanare Lydia Merlin… quante volte nel corso degli anni aveva cercato di farli riavvicinare? Blake si era comportato da stupido in ogni singola occasione e Merlin aveva altri amici con cui stare, amici che non la insultavano continuamente (anche se Kenston non sembrava essere la migliore compagnia possibile).
E gli eventi della fine dell’anno non fecero altro che peggiorare le sue preoccupazioni. I pettegolezzi si erano diffusi ad una velocità impressionante anche per gli standard di Hogwarts: Harry Potter aveva salvato la Pietra Filosofale dalle grinfie di Colui-Che-Non-Doveva-Essere-Nominato. Grazie all’intervento del Grifondoro, il ritorno del Signore Oscuro era stato scongiurato, ma se aveva tentato di tornare in vita una volta, cosa gli avrebbe impedito di provarci ancora?
La guerra era più vicina di quanto Eileen avesse immaginato. Ed Harry Potter era solo un ragazzo, con la Pietra Filosofale aveva avuto fortuna, ma Colui-Che-Non-Doveva-Essere-Nominato era considerato uno dei più potenti maghi oscuri degli ultimi secoli, i cui poteri potevano rivaleggiare quelli di Silente, che possibilità aveva un ragazzino contro di lui? Il Signore Oscuro sarebbe tornato ed Eileen avrebbe dovuto farsi trovare preparata e proteggere suo fratello ad ogni costo.
 
 
Fu strano per Eileen trovarsi al binario nove e tre quarti il primo settembre senza dover salire sull’Espresso per Hogwarts.
Con grande nostalgia lasciò scorrere lo sguardo sul treno lucente. Nell’aria vi era l’inconfondibile suono che caratterizzava le partenze per Hogwarts, le ultime raccomandazioni dei genitori, i saluti incerti degli studenti del primo anno, il bubolare dei gufi. Avrebbe tanto voluto salire sul treno e tornare a quella che era diventata la sua seconda casa, restare con Blake. Lo stesso Blake che al momento se ne stava al suo fianco chiuso in un ostinato silenzio.
Il suo baule era già stato caricato sul treno ma quando aveva tentato di nascondersi in uno scompartimento per attendere lì i suoi amici, la madre lo aveva costretto a scendere di nuovo sulla banchina per perpetuare l’immagine di famiglia felice. In verità Blake ed Eileen non si scambiavano una parola e i loro genitori erano troppo impegnati per accorgersene; stavano conversando allegramente con un’altra famiglia, probabilmente purosangue, constatò Eileen notando le inconfondibili vesti da maghi che indossavano. In ogni caso Blake era bloccato insieme a lei e la rigidità dei suoi arti tradiva il suo disgusto.
Era stata un’estate difficile, Eileen aveva tentato incessantemente di far ragionare il fratello e tutto ciò che aveva ottenuto era di averlo allontanato ancora di più, e così si era trovata a passare dalla disperazione ad una profonda apatia. Aveva fallito, se la sua presenza e il suo amore non erano stati sufficienti a cambiarlo, non vi sarebbe riuscita ora che erano costretti a separarsi per mesi interi. Aveva perso suo fratello e si sentiva sola come quella sera trascorsa sulla torre di Astronomia, isolata e persa nel mondo.
Gli ultimi preziosi minuti stavano scorrendo, presto Blake sarebbe salito sul treno con i suoi amici e per loro sarebbe stata la fine, Eileen lo sapeva, eppure non aveva la forza di avviare l’ennesima, inutile discussione. Tornò ad osservare il binario, le famiglie che si salutavano, gli amici che si rincontravano, e a soli pochi metri di distanza da loro…
Eileen si chinò leggermente in avanti per vedere oltre suo fratello.
Aveva visto bene, accanto a loro si trovava proprio Lydia Merlin, intenta a conversare con i suoi genitori, probabilmente anche lei in attesa dell’arrivo dei suoi amici. Fu a quel punto che Eileen constatò di non essere l’unica a guardarla, Blake stava lanciando verso la ragazza delle occhiate veloci, per paura di essere notato, il che spiegava anche la rigidità della sua postura. Eileen sorrise tristemente, suo fratello non era cambiato proprio per niente se reagiva ancora così alla presenza di Merlin.
«Sai…» disse facendo finta di guardare di nuovo il treno «Lydia ci è rimasta malissimo quando vi siete allontanati durante il vostro secondo anno.» Ad Eileen non sfuggì l’espressione di pura sorpresa sul volto di Blake ma continuò a parlare con un tono di finto disinteresse «Dovevi vederla alla fine di quell’anno, un giorno l’hai insultata sulla scalinata, ero lì per caso e l’ho vista, stava piangendo.»
Blake era senza parole, la sua maschera di indifferenza completamente distrutta.
«Secondo me ci teneva proprio tanto alla vostra amicizia, o almeno, a quella che avrebbe potuto diventare un’amicizia.» Non sapeva nemmeno lei perché glielo stesse dicendo. «Non che a te importi qualcosa.» Lasciò trapelare la delusione nei suoi confronti, era stanca e le mancavano le forze o la volontà di trattenersi.
Se fosse stata meno immersa nel suo profondo disappunto, nel vuoto che sentiva dentro di sé, si sarebbe accorta dello sguardo di Blake. E invece non vide Blake fissare Lydia, né Lydia incrociare per caso il suo sguardo, non vide Blake sorriderle timidamente, non vide Lydia ricambiare con un piccolo sorriso ed un cenno del capo. Non vide nulla di tutto questo, e non scoprì mai quello che accadde quell’anno ad Hogwarts.
 
Ed infine, una notte di fine giugno, arrivò il momento che cambiò per sempre il Mondo Magico: durante la terza prova del torneo Tremaghi, Harry Potter assistette al ritorno del Signore Oscuro. I brevi anni di pace erano finiti, la maggior parte dei maghi e delle streghe tentarono di aggrapparsi ad essi negando tutto, dando del bugiardo al Ragazzo-Che-Era-Sopravvissuto. Non Eileen, lei credette dal primo istante alle sue parole. Il Signore Oscuro era tornato ed era solo questione di tempo prima che ricominciasse anche il suo regno.
 
Il Ministro della Magia era stato uno sciocco, i maghi e le streghe sotto il suo potere avevano preferito chiudere gli occhi piuttosto che affrontare la verità. Eileen non era stata né sciocca né capace di chiudere gli occhi. Lei aveva sfruttato il tempo che, suo malgrado, Cornelius Caramell le aveva regalato. Aveva esaminato i futuri possibili e formulato diversi piani di conseguenza, studiato la Prima Guerra dei Maghi, le strategie utilizzate dai Mangiamorte, letto i resoconti dei loro processi, analizzato gli incantesimi e le maledizioni da loro preferite, le tecniche di tortura e distruzione, cercando contemporaneamente delle protezioni contro ognuna di esse. I suoi genitori non erano a conoscenza di cosa stesse facendo, Eileen non pensò neppure di raccontarglielo. La fiducia che aveva provato per loro si era ormai spezzata, con sua madre ai tempi dell’asilo, nel momento stesso in cui si era trovata ad affrontare Betty Crowe, suo padre invece, colui che credeva essere la sua roccia e il suo unico alleato, l’aveva distrutta negando i comportamenti di Blake e reputandoli come delle sciocchezze senza conseguenze. Sua madre sembrava incapace di amare altro oltre il nome della famiglia, suo padre era accecato dall’amore. Sapevano solamente che Eileen trascorreva la maggior parte delle giornate chiusa nello studio di casa e di questo erano profondamente contrari.
«Ti stai preoccupando troppo» le avevano detto uno sera di dicembre a cena, quando Eileen aveva provato a convincerli a far tornare a casa Blake e lasciare il Paese. Una settimana dopo Eileen aveva usato una parte dell’eredità lasciatale dalla nonna materna per comprarsi un appartamento in campagna. Era inutile rimanere a casa, Blake si era trasferito con i suoi amici in una casa nei sobborghi di Londra subito dopo aver finito Hogwarts e i suoi genitori avrebbero solo ostacolato i suoi piani.
I mesi passavano, i giornali continuavano ad insultare Harry Potter ed Albus Silente, Colui-Che-Non-Doveva-Essere-Nominato non dava ancora segni concreti del suo ritorno. Eileen valutò che la volontà del Signore Oscuro di rimanere nascosto nell’ombra per poter agire liberamente aveva anche bloccato ogni tentativo da parte di coloro che condividevano i suoi ideali di farsi avanti e combattere al suo fianco. Questo significava che l’arruolamento non era ancora iniziato, solo degli accenni sussurrati nei vicoli, senza il coraggio di alzare la voce o di compiere delle azioni concrete. Tuttavia era solo questione di tempo prima che la situazione politica cambiasse e il Signore Oscuro reclamasse il posto che bramava da decenni: il potere sull’intera Nazione. E per farlo avrebbe avuto bisogno di fedeli servitori; i suoi Mangiamorte erano stati decimati dalla prima guerra e da Azkaban, per rimpiazzarli si sarebbe dovuto circondare di altri gruppi, ed Eileen conosceva la maggior parte di coloro che avrebbero servito la causa: i loro nomi erano scritti in tre liste, consegnate diligentemente al Preside al termine dei suoi ultimi tre anni scolastici, ed alla fine di ogni elenco figurava il nome di suo fratello.
Eileen scrisse su un foglio di pergamena i nomi dei ragazzi delle liste che avevano raggiunto la maggiore età ed ogni mese ne spedì anonimamente una copia all’ufficio degli Auror. Il Ministero della Magia negava ancora ma Eileen sperava che prima o poi le sue lettere arrivassero nelle mani giuste o potessero tornare utili nel momento in cui ci sarebbe stato il brusco risveglio. Nel frattempo trascorreva le sue giornate ad allenarsi sugli incantesimi difensivi e di attacco, decidendo di padroneggiare anche alcune maledizioni, se potevano salvare delle vite non si sarebbe fatta alcun scrupolo. Tutte le sere invece faceva delle lunghe passeggiate durante le quali prese a lanciare incantesimi protettivi sulle case che incontrava nel suo cammino; nell’impossibilità di riuscire a creare delle difese sufficienti per tutti, si concentrò sulle abitazioni in cui vivevano bambini. Cominciò dal suo vicinato, ogni sera una via diversa, allontanandosi giorno dopo giorno da casa sua.
Blake continuava a non rispondere alle sue lettere in cui lo pregava di lasciare il Paese, o almeno tornare dai loro genitori. Dopo un mese le rispedì indietro, dopo due il gufo di Eileen tornò a casa con un profondo squarcio sull’ala destra.
Quella sera di aprile Eileen pianse per la morte del suo famiglio e di ogni speranza di salvezza per suo fratello.
Quella sera, Eileen ideò il suo ultimo piano.
Quella sera, Eileen scrisse il suo testamento.
 
A giugno, dopo un anno dalla terza prova del Torneo Tremaghi, un’effrazione nel Ministero della Magia costrinse il Primo Ministro ad ammettere il ritorno del Signore Oscuro. Fu l’inizio della fine.
Una settimana dopo Zachary Harris e Thaddeus Mills fermarono Eileen in un vicolo di Diagon Alley. Lei si mostrò offesa e disgustata dalla proposta che le fecero, li insultò, urlò loro che non avrebbe mai accettato, che non sarebbe mai scesa al loro infimo livello per tutto l’oro della Gringott.
«No, per l’oro no… ma per tuo fratello sì.»
L’espressione di puro orrore sul volto di Eileen li convinse di aver mosso la pedina vincente, la ragazza balbettò di lasciarle tempo per decidere. Ma Eileen aveva avuto anni interi per pensare. Quando tornò a casa si lasciò cadere sulla sedia del suo studio con un sospiro di sollievo, davanti a lei un foglio già scritto e incantato; il giorno dopo incontrò di nuovo i due Serpeverde in uno squallido bar di Nocturn Alley, disse di aver trascorso tutta la notte a pensarci e di aver capito che era l’unica soluzione possibile. Parlò con le lacrime agli occhi.
«Accetto solo se voi firmate questo…» disse infine, facendo scivolare il foglio sul tavolino che li separava.
«Cos’è?» abbaiò Mills con una smorfia.
«È un accordo, firmando io accetto di unirmi al vostro gruppo e voi di non arruolare mio fratello, in questo o qualsiasi altro gruppo legato al Signore Oscuro. Anzi, costringerete i vostri fratelli a fare lo stesso e tenerlo fuori da ogni attività legata al Voi-Sapete-Chi; questo include anche che dovrà lasciare l’appartamento a Londra e tornare a casa dei miei genitori. Blake rimarrà fuori dalla guerra.» Ci vollero diversi minuti di discussione per riuscire a convincerli, Eileen dovette ricordare loro le sua abilità nel combattimento e la sua astuzia, ma alla fine accettarono e firmarono il contratto suggellandolo con un bicchiere di Whisky Incendiario.
«L’avevamo detto che ci saresti tornata utile.» dissero dopo aver svuotato i loro bicchieri in un sorso solo, e nella loro superbia non sospettarono mai la verità. Erano stati loro ad essere tornati utili ad Eileen.
 
Tornata a casa con il contratto firmato ben stretto tra le sue mani, Eileen sentì di aver vinto, era andato tutto proprio come aveva immaginato mesi prima. Sapeva che Harris avrebbero cercato in tutti i modi di farla entrare nel loro gruppo, l’avevano fatto intendere troppo chiaramente durante gli anni di scuola, sapeva anche che se avesse rifiutato sarebbe stata costretta a nascondersi e molto probabilmente sarebbe finita uccisa, ma lei non aveva mai avuto intenzione di scappare, era consapevole che quella era l’unica soluzione rimasta per proteggere suo fratello e non avrebbe sprecato l’occasione. Era stato fin troppo semplice ingannarli, farli pensare che la loro proposta fosse una sgradita sorpresa, mostrarsi impaurita dalle conseguenze per poter giustificare una resa così veloce, forse sarebbe stato più credibile attendere qualche giorno, fare finta di nascondersi dalle loro grinfie, ma come avrebbe potuto sprecare ore preziose? Era già passata una settimana dall’inizio dell’arruolamento ed era fondamentale mettere in moto il piano il prima possibile, prima che Blake si unisse a loro, per questo si era fatta trovare a Diagon Alley fingendo fosse un caso quando in realtà sapeva perfettamente che Harris e Mills passavano lì i loro pomeriggi, a cercare le loro vittime predefinite tra le folle di maghi e streghe che conducevano i loro ultimi disperati acquisti per prepararsi ai tempi duri che li attendevano. Però era riuscita ad arrivare in tempo, Blake era salvo, sarebbe presto tornato a casa con i loro genitori. Eileen provò una fitta al petto al pensiero di sua madre e suo padre. Firmare il contratto aveva anche significato per lei abbandonare la sua famiglia, perché di sicuro sarebbero stati i primi ad essere informati della scelta della figlia; suo padre sarebbe stato furioso mentre sua madre aveva più volte dichiarato di non approvare un coinvolgimento diretto nei ranghi del Signore Oscuro preferendo proclamare l’arte del dimostrare il supporto senza lasciarsi però coinvolgere personalmente, per avere una via di fuga sia in caso di vittoria sia di sconfitta. Se il Signore Oscuro avesse vinto sarebbe stata fiera di lei, se, come Eileen sperava intensamente, avesse perso, sua madre l’avrebbe diseredata e condannata ad una vita da reietta.
Forse però finita la guerra avrebbe potuto spiegare loro la verità, pensò con malinconia, ma Blake come avrebbe reagito? La reali ragioni della scelta di sua sorella avrebbero finalmente fatto nascere dei sensi di colpa nel suo animo di ghiaccio? E se fosse successo, Eileen era disposta a farlo vivere con la consapevolezza che i crimini commessi da lei fossero colpa sua? No. Eileen non lo avrebbe mai condannato a tale fine, anche se significava essere una Mangiamorte agli occhi dei suoi cari.
Eileen stese con le mani il contratto firmato. Se voleva tenere celate le vere ragioni avrebbe dovuto trovare un posto dove nascondere la prova per antonomasia. Ma dove? In casa sarebbe stato subito visto nel caso le fosse successo qualcosa, lo stesso per la sua cassetta di sicurezza alla Gringott. Nell’impossibilità di trovare una soluzione fattibile, si ripromise di ripensarci in seguito e si lasciò scivolare sulla poltrona fino a posare il capo sullo schienale, schiacciata improvvisamente da una grande stanchezza.
Odiava la debolezza che provava, era solo all’inizio, come poteva essere esausta se il peggio non era neppure ancora iniziato? Come avrebbe fatto a sopportare le azioni orribili che sicuramente sarebbe stata costretta a compiere? E tutto per proteggere suo fratello. La stanchezza fu sostituita all’istante dalla rabbia. Se solo Blake non fosse stato così stupido, così smanioso di compiacere gli altri tranne sé stesso e sua sorella. Se solo avesse avuto la forza di sottrarsi alla volontà degli altri e avesse iniziato a decidere con la sua testa… Ma i se non avrebbero cambiato la realtà, il risentimento avrebbe solo peggiorato la situazione, doveva continuare a pensare di star agendo per il bene di Blake, era l’unica motivazione che l’avrebbe spinta a continuare con il suo piano senza farsi sopraffare.
 
 
Eileen era stanca. Della guerra, dei sotterfugi, dell’ansia, della paura, del dolore. Eileen era stanca ma andava avanti. Un giorno alla volta, era diventato il suo motto, un passo dopo l’altro, ogni sera ringraziare il cielo per essere ancora viva ed ogni mattina sperare di arrivare in vita alla sera.
Le giornate si susseguivano in una macabra routine.
Nei primi tempi erano poche le razzie compiute dal suo gruppo. Erano in una decina di maghi e streghe, alcuni erano ragazzini appena usciti da scuola (due di loro erano stati nella lista di Eileen), altri erano maghi all’incirca di trenta o quaranta anni, tutti in qualche modo imparentati tra loro. Harris e Mills, gli indiscussi leader, avevano ancora paura della forza del Ministero, gli Auror non si lasciavano intimidire facilmente, così i loro attacchi erano pochi, basati principalmente sul rompere vetrine e lanciare stupidi incantesimi contro i babbani. Provavano un malsano piacere nel vedere la sofferenza e l’orrore delle persone quando si trovavano con parti del corpo trasfigurate. Eileen si limitava a stare nelle retrovie, chiedendosi come mai i due Serpeverde l’avessero voluta con loro considerando che in quei primi tempi non era stata molto utile.
Comprese le loro reali motivazioni alcuni mesi dopo. Con l’arrivo dell’inverno gli attacchi in tutta la Gran Bretagna iniziarono ad essere sempre più aggressivi, il Ministero era sovraccarico di lavoro e le sue forze cominciavano a diminuire, non si poteva dire altrettanto dei sostenitori del Signore Oscuro. Entro gennaio il gruppo di Eileen reclutò altre sette persone e le loro mire cambiarono, dove prima si limitavano a rompere le vetrine e le merci, ora incendiavano e razziavano.
Una sera si trovavano in una piccola città ai confini con la Cornovaglia, Harris e Mills avevano preso di mira la via del centro su cui si affacciavano i negozi, ridendo e scherzando avevano cominciato a distruggere tutto ciò che trovavano sul loro cammino, fino ad arrivare alla libreria.
«Una volta ho trovato dei libri di babbani nella Sala Comune.» disse Harris contemplando la vetrina «Sono così stupidi.» sputò schifato. Si voltò verso il resto del gruppo. «Eileen, l’onore è tuo!» disse spostandosi con un ironico inchino.
Eileen avrebbe preferito rimanere invisibile nelle retrovie, ma gli altri erano tutti sparsi per la via a compiere i loro saccheggi, sentiva le loro risate, miste alle urla in lontananza dei babbani che si erano accorti dello scompiglio. Lo doveva fare per suo fratello. Sferzò la bacchetta e la vetrina esplose ricoprendo i libri al suo interno di un sottile strato di vetro. Al buio pareva quasi polvere.
Harris incrociò le braccia al petto e fissò pensieroso la scena. «No, no, non va bene… Non basta…» Un sorriso crudele si allargò sul suo volto, puntò la bacchetta verso lo scaffale vicino all’entrata. «Incendio.» La fiammata centrò precisa il bersaglio, occorsero solo pochi secondi e il fuoco cominciò a divorare la carta. Delle urla di giubilo si levarono alle loro spalle. «Forza Eileen!» Come un automa, Eileen sollevò la bacchetta e, di nuovo senza pronunciare una parola, lanciò il suo incantesimo. Alle urla dei babbani si unirono il rumore delle sirene in lontananza. Eileen osservava affascinata le fiamme che arrivavano ormai fino al soffitto; il fumo rese l’aria pesante, il calore emanato era talmente forte che incominciò a sudare, Harris arretrò continuando a ridere, lei rimase immobile a fissare incantata il fuoco che divampava.
C’era qualcosa di profetico in quella visione, pensò Eileen abbassando la bacchetta. Un fuoco che bruciava tutto ciò che trovava sul suo cammino, ad una velocità impossibile, senza rimorsi. Le pagine dei libri si accartocciavano, le copertine parevano delle carcasse in putrefazione, gli scaffali collassavano uno sopra l’altro. Andava tutto in pezzi e non era forse ciò che era successo alla sua vita?
Un bruciore improvviso al cuoio capelluto la risvegliò dai suoi pensieri, si portò una mano alla parte del capo ferita e quando la riabbassò aveva tra le mani dei capelli bruciati, li lasciò cadere e si allontanò bruscamente dalla libreria in fiamme. Fortunatamente era bruciata un’unica ciocca di capelli, lasciandole solo una parte di scalpo scoperta, o meglio, occupata da una dolorosa bruciatura. Così imparava a lasciarsi distrarre, si rimproverò, in fondo era solo una libreria, i beni materiali erano facilmente sostituibili.
 
Non poteva dire altrettanto delle vite umane. Distruggere gli oggetti era un conto, vedere le persone ferite e torturate era un vero e proprio incubo. Il Signore Oscuro dimostrava di avere un potere sempre maggiore sul mondo magico, i rapimenti e delitti compiuti dai suoi Mangiamorte aumentavano ogni giorno ed Harris e Mills volevano attirare l’attenzione del loro “maestro”, come lo definivano veneranti. E così iniziò ad accadere ciò che Eileen temeva sin dall’inizio: iniziarono a prendere di mira le persone, e non più solo con maledizioni ed incantesimi, si stavano trasformando in vere e proprie torture.
Quando accadeva, Eileen si nascondeva nell’ombra, era diventato semplice da quando il gruppo aveva raggiunto le trenta unità, lei stava nascosta dietro a tutti pregando che finisse presto. Era iniziato una sera di marzo. Mills aveva trascinato un uomo in un vicolo buio, colpevole solo di essere un Nato Babbano, ed aveva invitato il gruppo di farlo «divertire un po’», gli altri si erano gettati subito sul povero uomo, come animali selvaggi pronti a divorare la loro preda. Eileen era rimasta dietro, nascosta nell’oscurità, incapace di muoversi, di parlare o anche solo chiudere gli occhi per non dover vedere i tremori dell’uomo agonizzante, o cercare di tapparsi le orecchie per non dover sentire le sue urla disumane. Quando infine Mills si ritenne soddisfatto ordinò a tutti di andarsene, nessuno si accorse che Eileen era rimasta nel vicolo. Appena anche l’ultimo del gruppo si fu Smaterializzato, Eileen si fece coraggio e si avvicinò a piccoli passi all’uomo sdraiato a terra. Il respiro era a rantoli, gli arti tremavano così violentemente che per un attimo temette fosse in preda alle convulsioni. Eileen si guardò intorno, se qualcuno avesse cambiato idea e fosse tornato indietro per finirlo sarebbe stata nei guai. Ma il vicolo era vuoto e l’unico rumore che si sentiva era il rantolo del ferito. Per paura di essere scoperta non usò nessun incantesimo, lo aiutò a rialzarsi, parlandogli con un tono di voce basso e tranquillo per cercare di calmarlo, si avvolse un suo braccio sulle spalle e si avviò verso il centro abitato. L’uomo cercava di camminare da solo ma il suo peso era quasi completamente sulle spalle di Eileen, la ragazza sentiva i polmoni bruciarle, le gambe tremare e fu un sollievo quando giunsero infine di fronte ad un bar. Lo fece sedere davanti alla porta e bussò con forza sulla vetrina prima di scappare dietro all’angolo dell’edificio. Rimase a guardare di nascosto gli avventori del bar uscire a controllare la fonte del rumore e trovare il ferito, li sentì urlare di chiamare un’ambulanza e rimase fino a quando sentì le sirene avvicinarsi, le luci intermittenti ben visibili in fondo alla strada. Solo allora si Smaterializzò e tornò a casa. Quella notte non riuscì a dormire in preda ai conati di vomito. Le notti successive fu tormentata dagli incubi.
 
Era come vivere in una costante tortura. Di giorno, di notte, da sveglia e dormendo, era perseguitata da incubi reali o frutti della sua immaginazione. La situazione degenerava, le torture stavano diventando delle costanti ed Eileen si sentiva vicina al punto di rottura. Per sua fortuna, Harris e Mills erano presi da una tale frenesia da non rendersi conto che Eileen non partecipava mai attivamente, solo poche volte l’avevano costretta a contribuire. Se nei mesi precedenti, quando si trattava di distruggere, Eileen aveva alzato la bacchetta non appena glielo chiedevano, ora agiva con lentezza. Ogni singola volta in cui veniva richiamata, rimaneva per qualche secondo con lo sguardo fisso sulla sua vittima, i muscoli che si rifiutavano di obbedire, la mente annebbiata che non le permetteva di ricordare nessun incantesimo. Come poteva infliggere dolore ad una persona? Harris disprezzava le sue esitazioni, le urlava di smetterla di mostrare le sue debolezza, di crescere, di accorgersi che la vita era così, dettata dalle leggi del più forte. Una volta la prese per il collo e la sbatté contro il muro, ringhiandole in faccia di obbedire o fare a cambio con la strega che avevano preso di mira quella sera. Eileen era rimasta impassibile, lo sguardo fisso sul volto implorante della ragazza. Un pensiero aveva preso forma nella nebbia della sua mente: avrebbe preso volentieri il suo posto piuttosto che diventare carnefice della sua tortura. Probabilmente non fu abbastanza abile da nascondere il pensiero dal suo viso, perché Harris lo intuì e avvicinò le labbra al suo orecchio. «Oppure potremmo invitare tuo fratello ad unirsi a noi, sarebbe bello poterci esercitare con lui.» Eileen fu scossa da un brivido di orrore, l’immagine di Blake agonizzante che implorava la fine si stampò nella sua mente. Fu uno stimolo sufficiente. Nel cercare di difendere Blake aveva anche offerto la migliore arma ai suoi nemici. Da quel momento suo fratello veniva nominato ogni volta che Eileen tentava di tirarsi indietro.
Ogni singolo giorno, ad ogni tortura commessa da lei o da altri, Eileen sentiva di perdere una parte della sua anima. Era come se ogni maledizione, ogni urlo le strappasse un pezzo di sé, lasciandole un vuoto dentro che non riusciva e non sarebbe mai riuscita a riempire. Alcune notti, quando tornava a casa e si sdraiava nel letto, pregava di non risvegliarsi. Solo un pensiero le permetteva di andare avanti: Blake. Finché lei era in vita Blake non poteva essere toccato e non avrebbe mai dovuto assistere agli orrori che lei vedeva ormai ogni giorno, Eileen aveva perso la sua anima e non avrebbe mai permesso che a suo fratello succedesse la stessa cosa. Ma fino a che punto si sarebbe spinta? Forse era un bene sentire quell’immenso vuoto dentro di lei, così non avrebbe rischiato di commettere un’imprudenza e mettere in pericolo Blake, sentirsi incapace di provare sentimenti tranne l’angoscia le avrebbe impedito di intromettersi. Sapeva anche però che non sarebbe riuscita a continuare così, la guerra non sembrava destinata a finire presto, e Harris avrebbe presto cominciato a pretendere e voler far qualcosa in più per farsi notare dal Signore Oscuro. Fino ad ora era riuscita a torturare per evitare che la stessa sorte toccasse a suo fratello, ma sarebbe stata capace di uccidere quando sarebbe arrivato il momento? Perché era sicura che ormai fosse solo questione di tempo prima di giungere a quel punto. Sarebbe stata capace di togliere una vita per salvare quella di Blake? La risposta la disarmò. No. Non avrebbe mai ucciso una persona solo per risparmiare Blake. Aveva già fatto troppo per lui, non poteva perdere anche l’ultimo pezzo della sua anima. Poteva solamente sperare di aver guadagnato abbastanza tempo per salvare almeno la sua di anima.
Fu così che decise che nel momento stesso in cui avrebbero iniziato a colpire con l’intenzione di uccidere lei se ne sarebbe andata.
 
Fu infine la morte di Albus Silente a decretare l’inizio dell’ora più buia della guerra magica. Nel momento stesso in cui Eileen venne a conoscenza della tragica notizia provò la consapevolezza che anche la sua fine si stava avvicinando. Era destinata ad incontrare la stessa sorte, lo sentiva nel profondo del vuoto che si era impossessato della sua anima. Eileen però non era ancora pronta, il testamento era già scritto ma come poteva lasciare la sua famiglia senza neanche un saluto? Prese dei fogli di pergamena ed incominciò a scrivere. La prima lettera la indirizzò a sua madre. Era la più semplice da comporre, la ringraziò per l’amore che le aveva donato ma le scrisse anche che il mondo era molto diverso da quello che lei anelava. Non poteva esistere un mondo della magia come lo desiderava, puro e senza contaminazioni, come le chiamava lei, era semplicemente impossibile; scrisse che vivendo nel suo regno immaginario si stava perdendo la bellezza di quello che la circondava, che Blake aveva bisogno di vedere quella bellezza e come madre aveva il dovere di scoprirla lei stessa e mostrargliela. Le disse addio e le chiese di non dimenticarla, di non cancellarla dalla famiglia, di conservarle un posto nel suo cuore.
La seconda lettera la indirizzò al padre. Non nominò le decine di lettere che lui le aveva spedito durante gli ultimi mesi in cui le aveva ripetuto costantemente di tornare a casa, di smetterla di comportarsi da stupida, ma soprattutto l’ultima, la più dolorosa, in cui le aveva scritto chiaramente di essere profondamente deluso da lei e di non sopportare il pensiero che sua figlia, il suo angelo, fosse diventata un mostro. Non gli scrisse neanche che anche lui l’aveva delusa. Quando si era rivolto a lui, il suo amato consigliere, per chiedere come aiutare Blake e aveva ricevuto solo scusanti, quando aveva giustificato i comportamenti del figlio dicendo che erano solo ragazzate, che i suoi amici non erano pericolosi e che lei si stava preoccupando per nulla. Eppure quel nulla la stava conducendo alla sua inevitabile morte. Se solo suo padre fosse stato in grado di guardare oltre l’amore, come stava facendo ora nei suoi confronti, se solo l’avesse aiutata a guidare Blake come aveva fatto con Betty Crowe. Invece l’aveva lasciata sola nel momento in cui aveva più bisogno del suo aiuto.
Non scrisse niente di tutto questo. Gli spiegò invece che le sue scelte da adulta erano state condizionate dal tentativo di fare del bene, per quanto fosse impossibile comprenderlo. Non gli raccontò il reale motivo, perché causare dolore e discordia nella sua famiglia solo per riabilitare il proprio nome? Fece finta di parlare con il padre che da bambina l’aveva guidata ed aiutata ad affrontare Betty Crowe, il padre che l’aveva sostenuta ed amata incondizionatamente. Scrisse il suo addio e lo pregò di ricordarla come la bambina che aveva fatto tutto il possibile per aiutare i suoi amici, la bambina che voleva far costruire un fossato attorno ad Hogwarts, perché nel suo mondo infantile non poteva esistere un castello senza fossato. Lo pregò di ricordarla come il suo angelo.
Giunse infine all’ultima lettera, la più difficile. Scrisse l’intestazione, «Caro Blake» e si bloccò. Cosa poteva scrivere ad un fratello che non voleva più avere nulla a che fare con lei? Che la odiava e la disprezzava? Un misto di emozioni si risvegliò nell’animo vuoto di Eileen fissando la pergamena intonsa. Si sentì sopraffare dall’angoscia, il risentimento, la paura e per ultimo dall’amore. Rimpianse il vuoto, era semplice da gestire, ora si sentiva soffocare da una marea di parole non dette, frasi rifiutate, azioni condannate. Si ricordò di quando da piccola correva a casa dall’asilo per raccontare la sua giornata al fratello, delle lunghe e fitte lettere che gli mandava ogni settimana da Hogwarts. Si ricordò gli scherzi che organizzavano insieme in occasione delle sontuose feste organizzate dalla madre, le serate al campeggio in compagnia di loro padre, le partite di Quidditch a cui avevano assistito sin da bambini, le lunghe passeggiate nelle serate estive, le sfide, i giochi, le risate. Fu come se il suo cuore fosse scoppiato e si fosse ricordato all’improvviso cosa significava amare. Le lacrime le bagnarono il viso, cadendo sulla pergamena, le frasi cominciarono a formarsi nella sua mente, una marea di parole impossibili da fermare. Eileen scrisse e cercò di far ricordare anche a suo fratello cosa significava amare ed essere amati, di rammentare tempi in cui le loro uniche preoccupazioni erano l’ira di loro madre e le giornate di pioggia, in cui avevano potuto essere semplicemente loro stessi, incuranti di coloro che li dicevano come e chi dovevano essere.
Quando infine, a notte fonda, concluse la lettera con un saluto ed un’ultima dichiarazione di affetto, il risentimento non apparteneva più al cuore di Eileen e vi era solo un immenso amore che le colmava l’animo e la rassicurava. Qualsiasi cosa fosse successa, sia se per caso e fortuna si fosse riuscita a salvare sia se la sua fine era vicina, Eileen era in pace. Aveva fatto tutto ciò in suo potere per salvare il fratello e non se ne pentiva. Chiuse la pergamena con il sigillo ed osservò le tre lettera sulla scrivania. Era in pace, ma era ancora presente un’ombra nel suo cuore. In nessuna delle tre missive aveva raccontato la sua vera storia. Era meglio lasciar credere alla sua famiglia che il suo unirsi ai sostenitori del Signore Oscuro fosse stato dettato da un errore di giudizio, aveva fatto comprendere quanto sdegnasse i loro comportamenti ma non avrebbe mai confessato loro la verità. Però significava anche che nessuno avrebbe mai conosciuto la vera Eileen.
Una persona, le sarebbe bastato che almeno una persona la potesse ricordare per come era realmente.
Non comprese cosa la spinse a prendere il nuovo foglio di pergamena, né ad iniziare a scrivere. Era come se le sue mani si muovessero da sole, guidate da un profondo bisogno di far conoscere a qualcuno la verità. E le venne in mente solo una persona a cui raccontarla.
 
Cara Lydia,
Ti starai di sicuro domandando il perché di questa lettera considerando che ci conosciamo poco. Ti darò presto la risposta ma prima, ti supplico, regalami un po’ del tuo tempo, consideralo come l’ultimo desiderio di una condannata.
Se hai ricevuto questa lettera significa che sono morta.
Ecco, l’ho scritto.
Sì, io, Eileen Moore sono morta a causa delle decisioni che ho preso nella mia vita. Tutte le scelte che ho fatto negli ultimi anni hanno portato a questo esatto momento.
Ho appena finito di scrivere la mia lettera di addio per Blake, pensavo di riuscire così a sentirmi in pace con me stessa, pronta a quello che inevitabilmente accadrà se questa stupida guerra non finirà presto. Il problema è che quando ho finito di scrivere non mi sono sentita in pace. No, una piccola parte di me pretende che io racconti la mia storia a qualcuno.
La mia vera storia.

 
Iniziò così la sua lettera. E una volta cominciato a scrivere le fu impossibile fermarsi. Riversò sulla pergamena tutti i pensieri che non aveva mai potuto rivelare a nessuno, le consapevolezze che aveva acquisito, le decisioni a cui avevano portato, le scelte che aveva fatto, le emozioni che le avevano guidate. Rivelò l’amore nei confronti del fratello, la paura di non avere abbastanza potere per proteggerlo, confessò la profonda solitudine in cui aveva vissuto nei suoi ultimi anni di vita; non poté trattenersi dal raccontarle i suoi sogni, il mondo che immaginava e in cui avrebbe desiderato vivere. Un mondo senza divisioni, in cui l’amore avesse potuto essere più importante del sangue, in cui i bambini potevano essere liberi di essere ciò che volevano. Un mondo senza Maghi Oscuri, maledizioni e guerre, un mondo in cui la magia assomigliava a quella delle fiabe. Ma soprattutto pregò Lydia di ascoltarla, di lasciarle raccontare la sua verità, così che la sua storia non fosse condannata a morire con lei. Eileen sentiva di aver bisogno che almeno una persona conoscesse la verità, non per raccontarla ad altri, anzi, nessuno al di fuori di Lydia avrebbe mai dovuto conoscerla, ma così che Eileen potesse sentirsi finalmente completamente in pace.
Le raccontò tutto: dal primo scontro contro i tre Serpeverde, al suo impegno per essere migliore e poter aiutare i suoi compagni, della sua soddisfazione nel diventare Prefetto e successivamente Caposcuola, ingenuamente convinta che un distintivo potesse fare la differenza. Poi inserì anche Lydia nel racconto, le confessò il reale motivo per tutte le punizioni del secondo anno, guidata dal suo desiderio di far avvicinare Blake alla Grifondoro, per aiutarlo a distaccarsi dalla sua presunzione e dalle ideologie in cui era cresciuto. Scrisse di quanto era rimasta delusa e amareggiata quando aveva scoperto che Blake non era stato in grado di mantenere l’amicizia con Lydia, le descrisse come si era allontanato anche dalla sua stessa sorella, che ad ogni anno che passava era sempre più avvinghiato alle sue “amicizie”, senza rendersi mai conto di quanto fosse infelice. Le spiegò di aver tentato in tutti i modi di farlo ragionare senza mai aver successo. E infine cercò di farle comprendere di non essere riuscita a trovare altra soluzione che prendere il suo posto.

Ho pensato a lungo e intensamente a tutte le possibilità. Alla fine mi sono dovuta arrendere all’evidenza. Se Blake non era cambiato in tanti anni ad Hogwarts, dopo le innumerevoli opportunità che gli avevo dato, dopo le possibilità che tu gli avevi donato, non l’avrebbe fatto di sicuro ora, circondato da convinti sostenitori di Voldemort e senza via di fughe. Ecco, l’unico modo per salvarlo era offrirgli un’ultima via di fuga e costringerlo a prenderla anche contro la sua volontà.

Raccontò dell’incontro con Harris e Mills, di come aveva finto di essere sorpresa della loro richiesta quando in realtà era proprio ciò che desiderava. Descrisse il contratto, le spiegò le sue clausole, il fatto che con quello non avrebbero mai potuto permettere a Blake di unirsi a loro, anzi, di come lo avrebbero dovuto allontanare da ogni compagnia losca e costretto a tornare dai genitori.

Spero di aver guadagnato abbastanza tempo. Blake ha molti difetti, ma di sicuro non è un mostro e sono fermamente convinta che non si unirebbe mai a loro adesso, le violenze commesse sono sempre più violente e mio fratello è bravo a parlare, ma gli manca il coraggio (o la sventatezza) di mettere in pratica le sue minacce.

La pregò di non dire niente a Blake. Suo fratello non avrebbe mai dovuto sapere la verità, i sensi di colpa lo avrebbero distrutto, lo stesso valeva per i suoi genitori. Non voleva che reagissero accusandosi a vicenda oppure, peggio ancora, incolpando Blake della sorte della sorella. Era stata una decisione di Eileen, nessuno l’aveva costretta e di sicuro non se ne pentiva. Da piccola si era ripromessa di proteggere sempre gli altri, era quello che aveva fatto.
Confessò infine il vero motivo che l’aveva spinta a scrivere proprio a Lydia. Le chiese un ultimo favore: di proteggere suo fratello. Blake avrebbe avuto bisogno di sostegno ora che Eileen non poteva più aiutarlo.

So di star chiedendo molto e dopo il dolore che Blake ti ha causato hai anche tutti i motivi per dirmi di no. Ma sei l’unica a cui posso chiederla, l’unica di cui mi fido. I miei genitori sono stati incapaci di sostenerlo nella maniera adatta negli ultimi vent’anni, li amo ma come posso fidarmi di loro? Per quanto abbia tentato di nasconderlo e negarlo, Blake prova una grande stima nei tuoi confronti e sono sicura che sei l’unica persona che ascolterebbe. Ti prego, aiutalo a ritrovare la parte buona della sua anima, aiutalo a fargli comprendere di non aver bisogno delle opinioni degli altri per vivere.

Concluse ringraziando Lydia per il tempo che le aveva dedicato e, se avesse accettato il suo desiderio, per l’aiuto che le avrebbe dato. Piegò il contratto e trovò finalmente il suo posto infilandolo nella busta dedicata a Lydia, incantò i fogli in modo che solo la Grifondoro potesse leggerli. Ed infine, in fondo alla pergamena, firmò la sua ultima lettera.
 
 
 

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