Nel silenzio dell’oscurità

Harry Potter - J. K. Rowling
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Nel silenzio dell’oscurità
Summary
Dopo la morte di Sirius, Harry sprofonda in un abisso di dolore e rabbia. Il legame con i suoi amici si incrina e il suo comportamento diventa sempre più imprevedibile. Silente, preoccupato, decide di affidarlo per l’estate a una figura inaspettata: Severus Piton.Costretti a vivere sotto lo stesso tetto, i due iniziano a conoscersi realmente, lontani dai ruoli scolastici. Lentamente, Piton scopre un Harry fragile, ma straordinariamente determinato. Intanto, Draco Malfoy, che vive un distacco crescente dal padre, viene coinvolto da Silente in un piano per redimere sé stesso. Draco finirà per essere temporaneamente affidato anche lui a Piton.I tre si troveranno in un delicato equilibrio di odio, rivalità e comprensione, che cambierà per sempre la loro vita.
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Il rumore del niente

Era tornato da giorni. O forse settimane. Non lo sapeva con certezza.

Il tempo aveva smesso di significare qualcosa appena Sirius era caduto. Da quel momento, tutto era diventato opaco. Non grigio, che è ancora un colore. No... opaco. Spento. Come se qualcuno avesse preso ogni cosa dentro di lui e l'avesse immersa nel silenzio.

Privet Drive non era cambiata. Lo zerbino era sempre sfilacciato nell'angolo, la porta sempre cigolante, ei Dursley sempre… Dursley. Solo che stavolta non c'era nemmeno la forza di rispondere ai loro insulti. Nemmeno una scintilla per ribattere.

Zio Vernon urlava ancora. Zia Petunia lanciava occhiate taglienti come coltelli. Dudley evitava lo sguardo, più per paura che per disprezzo. Non parlavano con lui, e quando lo facevano, era per ricordargli che era un peso. Un errore.

Harry li lasciò fare.

Non mangiava molto. Giusto qualche avanzo, ogni tanto, giusto per non svenire. Passava ore nella stanza, sdraiato sul letto, gli occhi fissi al soffitto crepato. A volte stringeva la bacchetta in mano per ore, senza fare nulla. Altre volte, la lasciava cadere sul pavimento e si chiedeva perché la tenesse ancora.

Non dormiva. Non sognava. Quando crollava, il sonno era un precipizio, pieno di grida e specchi infranti, mani che cadevano oltre un velo che non avrebbe mai potuto attraversare.

Sirio era morto.

La verità non lo colpiva come un fulmine, ma come una goccia. Una lenta, costante goccia che scavava. Ogni mattina si svegliava e ricordava di nuovo. Ogni notte, la stessa scena si ripeteva: la risata, lo sguardo sorpreso, e poi il vuoto.

Aveva scritto una sola lettera, la notte dopo essere tornato. Tre parole: È tutta colpa mia. Poi l'aveva bruciata.

Hermione aveva scritto. Ron puro. Lettere piene di preoccupazione, di frasi gentili, di promesse che suonavano come tentativi disperati. Non le apriva più. Le accatastava in un angolo, tutte sigillate. Guardarle era già troppo.

Silente non si era fatto vivo. E per questo, in un angolo del cuore, Harry era grato.

Il silenzio era tutto ciò che aveva. Tutto ciò che meritava.

Quella sera, il sole stava calando lento dietro le tende sporche. La stanza era immersa in un'ombra azzurra, densa. Harry era seduto sul pavimento, la schiena appoggiata alla parete. Le ginocchia al petto. Le mani nei capelli.

Avrebbe voluto urlare. Rompere qualcosa. Ma anche quello richiedeva una forza che non aveva più.

Era vuoto.
Ed era abituato a esserlo.

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